di SERGIO MARINONI
( Presidente dell’Associazione Nazionale
d’Amicizia Italia-Cuba)
Uno degli avvenimenti
più importanti dell'inizio di questo terzo millennio è stata la comparsa
sulla scena della politica mondiale di un nuovo attore: l'America
Latina.
Questa parte del
continente americano - che si estende dal Río Bravo (al confine tra
Messico e Stati Uniti) fino alla Terra del Fuoco (nella parte più
meridionale dell'Argentina) e che comprende anche tutte le isole
caraibiche – viene definita con questo nome per comodità, ma il termine
è inesatto perché non tiene conto delle componenti indie, nere, mulatte,
meticce e di una piccola parte di origine asiatica che conformano
l'insieme della popolazione. In ogni caso, la definizione America Latina
è comunemente accettata poiché questa parte del continente americano è
stata per diversi secoli praticamente tutta sotto il dominio
ispano-portoghese.
Attualmente
l'America Latina, dopo secoli di oppressione e di sfruttamento coloniali
e neocoloniali, è la regione del mondo dove con maggior forza sono stati
accelerati i processi di cambiamento politico, economico e sociale,
facendo finire nella polvere gli ipotetici sogni della “fine della
storia” che alcuni ideologi dell’imperialismo e del capitalismo
neoliberista hanno prospettato nel momento della caduta del socialismo
europeo, agli inizi degli anni ’90.
E questi
cambiamenti, volti alla ricerca dell'unità tra le nazioni
latino-americane e a preservare una loro identità, non sono sorti dal
nulla, ma hanno le loro radici nel pensiero e nell'azione di due grandi
uomini latino-americani vissuti nel secolo XIX, il venezuelano Simón
Bolívar e il cubano José Martí.
Il più innovatore
nella proposta istituzionale è stato Simón Bolívar. Il Libertador, come
veniva chiamato, nei primi decenni dell'800 aveva proposto e cercato di
mettere in pratica la formazione di una Confederazione di Stati
Latino-americani come soluzione costituzionale per il consolidamento
dell’indipendenza e a garanzia del suo sviluppo.
José Martí, nella
seconda metà dello stesso secolo, ha ripreso il pensiero di Bolívar
sull’unità latino-americana e lo ha arricchito accentuando nel suo
progetto l’antimperialismo e mettendo in rilievo il carattere popolare
della sua concezione repubblicana. Martí ha definito "Nuestra América"
la parte centro-sud del continente per differenziarla dal "nord brutale
che ci disprezza". Ovviamente non si riferiva al popolo statunitense,
del quale aveva una grande stima, ma ai suoi governanti e al tipo di
sistema.
A partire dal
trionfo della Rivoluzione cubana, dal suo consolidamento, dalla sua
resistenza e dalla sua crescita in questi ormai quasi cinquant'anni, si
è incominciato a intravedere la possibilità reale di emancipazione e di
progresso per i paesi latino-americani e caraibici. La Rivoluzione
Bolivariana in Venezuela e, successivamente, la vittoria del Movimento
al Socialismo in Bolivia hanno dato ulteriore impulso a questa
prospettiva.
Per mezzo di
organismi regionali nei quali gli Stati Uniti non sono presenti, come il
Vertice dei Paesi Ibero-Americani, il Vertice dei Presidenti della
Comunità Sudamericana delle Nazioni, il MERCOSUR (Mercato Comune del
Sud), il CARICOM (Mercato Comune dei Caraibi), l'ALADI (Associazione
Latino-americana di Integrazione), l'ALBA (Alternativa Bolivariana per
le Americhe) e i TCP (Trattati di Commercio tra i Popoli), è stato
iniziato un percorso attraverso il quale raggiungere la completa
integrazione del continente latino-americano.
Soprattutto l'ALBA
propone un’integrazione diversa, basata sulla solidarietà e sulla
cooperazione tra i popoli latino-americani, e focalizza la sua
attenzione sulla lotta contro la povertà e contro l’esclusione sociale.
Mette in discussione l’apologia e il culto del libero commercio e
difende l’elaborazione di un’agenda economica e sociale concepita e
diretta dagli Stati sovrani, senza l’influenza dei poteri stranieri
delle multinazionali e dei Governi neoliberisti.
Quello che l'ALBA
intende creare è un vero blocco centro-sud-americano a livello politico,
economico, sociale e culturale, proponendo un processo di integrazione a
velocità differenti, in modo che ogni paese possa assumere gli impegni
che è in grado di prendere.
Il ruolo
dell'Europa, di fronte a questa nuova realtà che si sta producendo, è
quello di sviluppare una propria politica indipendente da quella degli
Stati Uniti, che non vedono di buon occhio il sorgere di questa "seconda
indipendenza" latino-americana. Troppo spesso i paesi europei – e
purtroppo occorre sottolineare con l'Italia in prima fila – hanno
condotto nei confronti dell'America Latina una politica servile e
subordinata ai dettami nordamericani.
Cuba è uno degli
esempi, forse il più eclatante, di come la disinformazione - pilotata da
stanziamenti di decine di milioni di dollari all'anno del Governo
statunitense, l'ultimo nel 2006 è stato di 80 milioni di dollari – porti
persone, anche in buona fede, a recepire situazioni che nulla hanno a
che vedere con la realtà. Anche la sinistra italiana dovrebbe fare una
seria riflessione su questo argomento.
E' necessario,
pertanto, mettersi in relazione con i paesi latino-americani per
promuovere una vera cooperazione. Questo deve avvenire su basi di
reciproco rispetto e senza ingerenze nelle loro politiche interne,
lasciando da parte quel senso di superiorità che gli Stati europei hanno
sempre avuto nei confronti dei paesi del Terzo Mondo, paesi che per
centinaia di anni sono stati saccheggiati prima dalle monarchie e poi
dalle multinazionali del Vecchio Continente. Nei loro confronti l'Europa
ha un debito inestimabile per le rapine e per i massacri compiuti nel
corso dei secoli.
La realizzazione
del sogno bolivariano e martiano della costruzione di un grande Stato
formato da tutte le nazioni dell'America Latina sarà utile per
l'equilibrio del mondo e servirà da contrappeso alle intenzioni di
dominio, di sfruttamento e di oppressione dell'imperialismo
nordamericano.