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VERNICE ROSSA
Nei 'favolosi' anni
settanta non tutti i ragazzi ascoltavano il mieloso duo Mogol-Battisti e
neppure erano presi da interessi ameni.
Al contrario, la generazione post sessantotto, era molto consapevole del
proprio ruolo. Arrivare un attimo dopo il break del '68 senza averlo
vissuto ma con un cammino quasi tracciato, la gioventù di quegli anni
era conscia di potere e dovere fare qualcosa per continuare quel
movimento spontaneista del quale aveva solo sentito parlare ma ne doveva
rilevare l'eredità.
Prima del periodo degli anni di piombo la sinistra italiana si poteva
facilmente suddividere in quella istituzionale, riformista e
revisionista del PCI di Longo e Berlinguer, i pochi fuoriusciti del
gruppo Il Manifesto, poi tramutatosi in Democrazia Proletaria e la
sinistra extraparlamentare con tutte le sue sfumature ideologiche di
Lotta Continua, Avanguardia Operaia, il PCML, Stella Rossa, Potere
Operaio e Avanguardia Operaia che avevano sostituito l'allora ormai
trasandato Movimento Studentesco di Mario Capanna.
Sarà da questa sinistra
che arriverà la contestazione più dura rappresentata da momenti di lotta
anche cruenta per le piazze di ogni città e saranno i giovani attivisti
a rimanere uccisi dalle forze dell'ordine e dai mazzieri fascisti che,
svolgendo il loro potere repressivo, erano chiamati ad arginare un quasi
incontrollabile movimento di massa di sinistra e destra.
Era l'epoca dove la salomonica filosofia degli opposti estremismi,
fungeva da fulcro della bilancia parlamentare italiana, ben sposata da
quel PCI tanto rimpianto dopo i fatti della Bolognina. Eppure, quei
ragazzi di sinistra hanno rischiato sulla propria pelle le manganellate,
le brutalità squadriste, le intimidazioni, il carcere in nome di un
ideale e su dei principi sui quali ha creduto fermamente.
Questi giovani, oggi cinquantenni, si ritrovano delusi dal risultato che
non è arrivato e che speravano. La politica, le convenienze, il potere,
hanno fatto sì che tutto quello che all'epoca si creò, si distrusse
attraverso congiure, infiltrazioni, cambiamenti sociali e un nuovo
imperialismo globalizzante che ha imposto stili di vita vuoti di
contenuti, imbarbarendo, grazie ai media, ogni possibile stimolo di
conoscenza.
Adesso appaiono
talmente sciocche ed inconsistenti le battaglie anche della cosiddetta
sinistra radicale, che fanno rimpiangere perfino i circoli della FGCI di
allora per la sterilità delle programmazioni politiche dove tutti
(pochi) non fanno altro che lottare per ottenere una supremazia
prettamente di immagine dalla quale partire per crociate che saranno
solo televisive e senza costrutto. In buona sostanza i pochi rimasti
sono diventati (o credono) tutti capi e non c'è più alcun militante che,
vernice rossa in mano, spinga la carretta.
C'erano i compagni che
armati di colla e manifesti, andavano di notte ad attaccarli nelle città
rischiando scontri con i fasci; così come c'era chi s'industriava con il
ciclostile, c'era la base...umile, operaia, studentesca che s'indaffarava
in nome di un ideale e di mille speranze.
C'era Cuba, il Vietnam,
l'Angola, il Mozambico, la Cina di Mao, la Sardegna dei minatori come la
Milano degli operai. C'era il polo di Porto Marghera, le linee, i
camalli di Genova...tutti uniti nello stesso impegno politico: cacciare
i padroni, guadagnare la giustizia, vivere una vita dignitosa e non
alienata.
Cerco qualcuno che
abbia il coraggio di riprendere in mano quel barattolo di vernice rossa
per continuare a vergare le mura di ogni città per dire che siamo ancora
vivi e che non ci arrendiamo ad alcun tipo di arroganza: ne del potere
e, tanto meno dei vari forchettoni.
CaneSciolto
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