I CINQUE

 

 

Adriana Perez ad Ancona: "Aiutatemi a rivedere mio marito"
L'appello della moglie di uno dei cinque detenuti cubani negli USA


di Donatella Mancini


Questo è uno dei tanti casi al mondo di violazione dei diritti civili, a parlarcene è la signora Adriana Perez, moglie di Gerardo Hernàndez Nordelo, uno dei cinque cubani detenuti nelle carceri statunitensi con l'accusa di "cospirazione volta a commettere delitti contro gli Stati Uniti". Una "cospirazione", o presunta tale, pagata molto cara perché con il primo processo sono state inflitte condanne anche di due ergastoli; la più lieve di 15 anni. Dopo anni di silenzio stampa, il caso è recentemente balzato agli onori della cronaca internazionale (New York Time, Humanitè) perché si sta per aprire il processo di appello. La Perez è stata ricevuta dalla Regione Marche e dalla Provincia, durante il suo soggiorno in Italia per chiedere aiuto alle autorità locali. La Regione ha discusso una mozione in cui si chiede al Governo degli Stati Uniti il rispetto dei diritti civili dei prigionieri, mozione a cui ha aderito anche la Provincia di Ancona. In breve la vicenda: i cinque cubani vivevano a
 Miami, all'interno della loro Comunità, ed erano riusciti ad infiltrarsi nelle organizzazioni paramilitari di estrema destra con lo scopo di prevenire e quindi neutralizzare gli attentati terroristici contro Cuba, dei quali i mass media non parlano mai. Ricordiamo che nell'attentato del 1997, che colpì in simultanea vari hotel e strutture turistiche dell'isola, perse la vita anche un giovane turista italiano Fabio Di Celmo. Il 12 Settembre 1998 i cinque uomini vengono arrestati con l'accusa di cospirazione e confinati in celle di isolamento, dove rimasero ben 17 mesi, in barba anche allo stesso regolamento carcerario statunitense che prevede l'isolamento solo come punizione per infrazioni commesse all'interno della prigione e per un massimo di 2 mesi. Da allora per loro non è stato mai possibile ricevere visite dai familiari. Dopo la prima condanna sono stati reclusi in cinque carceri diversi dislocati in diversi Stati, rendendo impossibile ogni comunicazione tra loro e difficile il
contatto con l'Ambasciata cubana in USA. Tra l'altro l'avvocato della difesa, Armanda Nuris, lamenta di non essere stata messa al corrente dalla Procura né circa tutti i capi di imputazione che pendono sulla testa dei suoi clienti né delle prove in possesso dell'accusa. Se non si fornisce un quadro completo di tutta la vicenda giudiziaria si nega il diritto alla Difesa. "Condividiamo il dolore del popolo spagnolo  - ha detto la signora Nordelo - vittima del terrorismo. Anche il popolo cubano ha subito degli attentati e il compito di mio marito era solo quello di difendere la Patria da questi vili attacchi.

 

dal settimanale PIAZZA

 

 

 

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