I Cinque: Ancora una volta
NO
Il nuovo rifiuto delle
autorità nordamericane di concessione il visto ad Adriana Pérez, la moglie
di Gererdo Hernández, è assurdo e indignante
DEISY
FRANCIS MEXIDOR
Per la sesta volta, ieri 5
ottobre, è stata negata la concessione del visto ad Adriana Pérez, dalle
autorità nordamericane, per andare a visitare suo marito Gerardo Hernández,
recluso nella prigione di Victorville in California.
Dopo la presentazione dei
documenti e l’attesa, come tutti gli altri cittadini cubani che desiderano
andare negli Stati Uniti, Adriana è stata ricevuta per “l’intervista” nella
Sezione d’Interessi Nordamericana, SINA
Domanda: Quando avevi
chiesto il turno?
Risposta: L’avevo chiesto
in giugno e mi hanno dato l’appuntamento per ottobre.
D. :Dopo quanti tentativi
sei riuscita a metterti in contatto con la SINA?
R.: Non me lo ricordo,
sono state tante volte, per mesi, fino a quando ho avuto l’appuntamento per
l’intervista.
D.: Com’è andata stavolta?
R.: Diversamente dalle
precedenti.
D.: Perchè?
R.: Non so spiegarti
esattamente, ma c’è stato un ritardo molto silenzioso. Di solito guardano i
documenti nel PC, controllano le informazioni registrate e poi si svolge il
dialogo che loro vogliono fare. Stavolta dopo il controllo delle
informazioni sono passati più di dieci minuti, nei quali sono andati a
consultare qualcosa o a verificare... Il mio passaporto aveva una piccola
nota applicata.
Quando il funzionario è
tornato con i miei documenti sono passati altri minuti di silenzio poi mi ha
chiesto l’età, che paesi avevo visitato ultimamente e perchè lo avevo fatto.
Mi ha chiesto perchè ero andata in Svizzera e io gli ho spiegato che era
stata a Ginevra durante la riunione della Commissione per i Diritti Umani.
Poi lui ha affermato che
sapeva che sono sposata. - Ha figli? - Mi ha chiesto. Ho risposto di no e
poi ha aggiunto - Il visto le viene negato - ha messo un timbro e m’ha
indicato che c’era un documento con le spiegazioni del rifiuto.
Le altre volte mi avevano
detto che il nostro caso era speciale e si doveva aspettare la decisione di
Washington.
Poi ho visto con mia
grandissima sorpresa che il rifiuto del visto derivava dalla mia possibile
categoria “di emigrante, poiché non ho solidi vincoli con il mio paese
d’origine”. Gli stessi argomenti che la SINA utilizza con tutte le persone
alle quali nega il visto.
D.: Come hai reagito?
R.: Ho cercato di stare
tranquilla, ma non avrei mai immaginato l’uso di questo argomento nel mio
caso...è un insulto, una burla crudele che mi neghino il visto per questo
motivo. Mi hanno dato solamente un visto nel 2002 poi revocato quando cercai
di entrare negli Stati Uniti nel luglio di quell’anno e poi mi posero nella
sezione 212a-A1, che sostiene che le autorità non ti permettono di entrare
negli USA per ragioni di sicurezza.
Poi mi hanno negato i
visto nell’aprile e nell’ottobre del 2003, dichiarando che ero un’agente
segreta della sicurezza di Cuba, una sabotatrice, qualcuno che poteva
provocare danni al governo degli Stati Uniti con la forza, la violenza e
altri metodi illegali. La stessa categoria l’hanno assegnata a Olga
Salanueva, la moglie di René González.
Nell’aprile del 2004
usarono le stesse motivazioni, poi in febbraio mi negarono il visto dicendo
che non lo si poteva concedere a stranieri che avrebbero potuto provocare
problemi alla nazione.
Insomma, prima ero un
pericolo per il territorio nordamericano, poi un’agente segreta o una
terrorista, poi un pericolo per la sicurezza nazionale e adesso invece sono
una possibile immigrante!
Quello che è accaduto è
indignante e infimo. È insultante e assurdo che mi cataloghino o mi
classifichino in questa categoria!
Nel 2004 una funzionaria
della SINA mi disse che se era per lei mi avrebbe negato il visto
immediatamente, ma che la decisione ultima dipendeva da Washington e dovevo
aspettare. Mi dissero di no il mese dopo. Quel che è avvenuto ieri mette in
evidenza che il funzionario ha deciso lì per lì, cioè è avvenuto il
contrario di quel che aveva fatto la sua collega un anno fa.
D.: Che cosa pensi di
tutto questo?
R.: Che non esistono
argomenti solidi per negarmi il visto! Non ci sono ragioni legali. Così si
dimostra solo la malevolenza delle autorità nordamericane che mi impediscono
di vedere Gerardo in prigione e sono sette anni che non lo vedo! Credo che
il rifiuto attuale sia anche più significativo per le condizioni nelle
quali si trova il Processo contro i Cinque dopo il verdetto del Tribunale
Superiore d’Appello di Atlanta che ha annullato il processo di Miami ed ha
revocato le condanne. Non mi stupisce quello che è successo considerando le
manipolazioni e i ricatti che le autorità nordamericane hanno cercato
utilizzare. È un’altra conferma che questo è un caso politico! Hanno perso
l’occasione di risarcire i danni che stanno facendo alla nostra relazione e
sopratutto a Gerardo, tenendoci separati fisicamente, ma non riusciranno mai
a separarci davvero! Voglio confermare che i viaggi che farò d’ora in poi
saranno sempre momenti di denuncia per questi rifiuti senza argomenti. Io ho
il diritto di denunciare questi rifiuti e non mi stancherò mai, chiederò
ancora e ancora il visto! Io sto solo difendendo il mio diritto di visitare
mio marito. Le attuali condizioni lo rendono anche un sequestro politico,
dopo la sentenza del 9 agosto. Spero davvero che Gerardo e suoi compagni
restino ancora per poco tempo reclusi, perchè abbiamo vinto legalmente un
processo e se ce ne sarà un altro lo vinceremo. I Cinque non sono degli
sconosciuti: il mondo sa perchè hanno lottato ed è cosciente delle
manipolazioni e di perchè il governo della Casa Bianca mi impedisce di
vedere Gerardo, anche se non riusciranno a impedire il loro ritorno a Cuba,
dove saremo felici come ci meritiamo.
“Questo nuovo rifiuto
della concessione del visto è solo una nuova tortura inflitta a questi
Cinque uomini e alle loro famiglie. È una forma d’applicare la tortura
psicologica non solo ad Adriana, ma anche a Gerardo, impedendo la
comunicazione!” ha precisato l’avvocatessa Nuris Piñero, consulente legale
delle famiglie dei combattenti contro il terrorismo.
“In quest’opportunità, ha
puntualizzato l’avvocatessa, si sono nascosti dietro all’articolo 214b che
sostiene che ogni persona che sollecita un visto è un possibile
immigrante, sino a che non si dimostra il contrario di fronte a un
funzionario dell’immigrazione... hanno trattato Adriana come tutte quelle
persone che vanno a fare la coda davanti alla SINA degli Stati Uniti!”.
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