I CINQUE

 

  

 

La fermezza si burla della reclusione

 

Quello che ho fatto è stato motivato dall’amore per la mia patria e dalla convinzione che la storia dimostrerà che era la sola opzione per il popolo cubano per evitare la morte di tante persone innocenti e le distruzioni che portano con sè le azioni dei terroristi commesse contro il mio paese, dichiarò Fernando González nel suo allagato. Nelle prime ore di oggi 18 agosto del 1963 nacque questo Eroe della Repubblica.

Elena Milián e Zenaida Aldama 

La giustezza dei suoi atti gli tiene compagnie nella cella della prigione federale  di Oxford, a nord est degli Stati Uniti.  Lui è uno dei cinque cubani che da quasi cinque anni sono ingiustamente detenuti nel paese dove si trovavano con la missione di inviare nell’Isola le informazioni sul piani dei gruppi terroristi radicati a Miami, quegli stessi la cui scalata criminale costò la vita a più di 3000 cubani e ne rese invalidi almeno 2000. L’arresto di Fernando assieme a Gerardo, Antonio, René e Ramón avvenne il 12 settembre del 1998 e fu il preambolo di un inverosimile processo  nel quale non si provarono le colpe di nessuno.

I Cinque vennero condannati in totale a quattro ergastoli e 77 anni.

Magalys Llort Ruiz e Rosa Aurora Frejianes, madre e compagna nella vita di Fernando rivelano qui le sfumature dello spirito di un uomo integro che nè l’iniziale isolamento, nè il processo illegale sono riusciti a piegare.

Aveva fretta di divenire al mondo

Nelle prime ore del mattino del 18 agosto del 1963 nell’ospedale materno Ramón González Coro, Magalys mise al mondo rapidamente il suo terzo figlio, l’unico maschio che faceva prevedere dalla premura un inquieto temperamento. Da bambino cambiava continuamente l’attività, terminava di disegnare e cercava un’altra cosa da fare, giocava sempre a baseball che è il suo sport favorito.  Non mi ha mai dato problemi, era studioso, applicato, compiva i suoi doveri, era responsabile, aveva molti amici e continuò così per tutto il periodo scolastico. Era molto organizzato e solidale e siccome io lavoravo durante gli anni di internato il fine settimana si lavava i suoi vestiti da solo. Una volta nel giorno della mamma mi mandò sette cartoline: una dedicata alla mia mamma; l’altra a mia mamma cederista; a mia mamma confederata e i mie compagni di lavoro rimasero stupiti per quelle espressioni di grande amore.

Un cubano tipico

Non è straordinario nè meraviglioso: è fanatico della squadra degli Industriali e ammiratore di Augustín Marquetti; gli piace ballare con i Van Van o NG e la Banda, la musica e le canzoni di Silvio;  vede le cose da un punto di vista positivo.  Sente un amore speciale per la famiglia, si diverte a prendere in giro le sorelle Martha e Lourdes con scherzi e barzellette.  È un cubano tipico e come quasi tutti gli piace la yucca con il mojo (salsa di arancia amara, aglio e olio). 

Una Rosa  e l’amore

Fernando cura Rosa come un giardiniere appassionato. Da 13 anni sono una coppia felice. La separazione inevitabile li ha uniti più che mai in questi cinque anni, in maniera paradossale.

È l’uomo del quale ti innamori non per le grandi cose ma per le cose di ogni giorno, capace di organizzare una vita in comune molto piacevole, confessa Rosa Aurora. Lei era amica di Martha, la sorella maggiore di lui e si potevano conoscere molto tempo prima, ma lui studiava come interno si incontrarono nel 1989, quando la giovane preparava la tesi di tecnico in collaborazione economica.

Fernando la aiutò, lui che era laureato con il diploma d’oro nell’Istituto Superiore di Relazioni Internazionali. Il cinema, la letteratura, la poesia, il teatro, i gusti comuni li resero inseparabili come amici e confermarono la necessità di percorrere insieme la vita. Fernando è molto casalingo e in più fa i complimenti per tutte le cose, è capace di sostituirmi se non sto bene per fare un lavoro o di terminare di lavare per esempio e anche adesso si occupa dei dettagli delle cose, della casa e della famiglia.  Mi sembra di ascoltarlo cantare senza preoccuparsi delle stonature e dire molto serio: “ Se il Benny mi sentiva correva e mi faceva cantare  insieme a lui.”

Ha una dote speciale per apprendere le arti e anche se lui sostiene che la poesia non è  certo il suo campo, io conservo una poesia che mi ha dedicato nel febbraio del 1999.  Abbiamo diviso molti sogni e anche se non sappiamo nè come nè quando non rinunciamo al sogno di avere un figlio.

La prigione

La calma terminò nella casa di Magaly Llort la mattina del 13 settembre del 1998, quando la famiglia seppe la notizia della detenzione di Fernando.

Da allora e per 17 mesi nei quali lo mantennero in isolamento totale, non ebbero mai un’occasione per parlare con lui o per leggere una sua lettera.  Ogni volta che è possibile Fernando scrive anche se questo non addolcisce certo la dura realtà della prigione. Di sicuro non scrive dettagli che possono far soffrire maggiormente i suoi cari.  Il suo tono è tranquillizzante, dice la madre. Lui assicura che le condizioni della prigione sono in carattere con le circostanze e non chiama la cella in questo modo: la chiama ”la mia stanza”.

Io so quanto è stato difficile per mio figlio tutto questo tempo perchè è esposto a rigidi cambi di temperatura nella prigione che si trova in una zona molto fredda in inverno e molto calda in estate.   È duro ma ci compiace vederlo così deciso, tanto convinto della verità, come ha dimostrato assieme a tutti i suoi compagni sin dalla sentenza. Non hanno avuto un attimo di debolezza, nemmeno ricevendo condanne così assurde ed estreme.

Siamo convinte che la lotta sarà dura: ho visto nel tribunale vari personaggi della mafia di Maimi che non potevano immaginare che tutti noi ci saremmo comportati in maniera così ferma e decisa, senza commuoverci nei nostri sentimenti di solidarietà.  Mi sono sentita molto orgogliosa quando mio figlio, in un gesto di disprezzo per il suo dolore di vivere lontano, mi disse: “Non importa se sono 19 o 80 gli anni di condanna...fino a quando ci saranno i miei compagni condannati all’ergastolo il loro problema è il mio problema!”

All fine di aprile del 2002 e dopo molto tempo senza vedere la sua compagna, Fernando ricevette la visita di Rosa Aurora  e di sua madre.  Rosa Aurora ricorda perfettamente l’incontro. Quando si aperse la porta della sala delle visite lui entrò con le braccia aperte e uno splendido sorriso da un’orecchia all’altra e venne verso di noi, ci baciò, ci abbracciò e conversammo con la stessa naturalezza di prima, come se non fosse passato tanto tempo senza vederci.

Le idee non hanno carcerieri

In tutto il mondo sta crescendo il sentimento di solidarietà con questi Cinque cubani e il loro coraggio.  E non potrebbe essere altrimenti: il loro sacrificio è la prova più alta della responsabilità che si sono assunti contribuendo a liberare l’umanità dal terrorismo.  I guardiani della prigione non capiscono perchè Fernando riceve e risponde a tante lettere che gli giungono da molti luoghi molto lontani tra di loro, come l’Australia o la Nuova Zelanda.

“Ho sempre avuto la convinzione che non siamo soli nella lotta, ma non avrei mai sperato in un movimenti di solidarietà di queste dimensioni verso di loro” assicura Rosa Aurora e precisa che Fernando considera un dovere rispondere ad ogni lettera ricevuta.

Attualmente, mentre gli Stati Uniti cercano di blasonare il loro ruolo mondiale nella lotta contro il terrorismo questi Cinque uomini sono forse l’esempio più puro che esiste nella battaglia contro questo flagello.  Gli allegati dei Cinque girano il mondo con la forza irresistibile della ragione che assiste il loro piccolo paese aggredito da organizzazioni contro rivoluzionarie che per più di 40 anni hanno cercato di distruggere il progetto sociale cubano.

“Quello che ho fatto l’ho fatto per amore alla mia Patria e con la convinzione  che la storia dimostrerà che è la sola opzione che resta al popolo cubano per evitare la morte di tanti innocenti e la distruzione che segue le azioni di terrorismo che si commettono contro il mio paese” ha detto Fernando nel suo allegato.  Quello che ammiro di più è la sua lealtà a tutta prova verso i suoi fratelli, per la Rivoluzione, il suo tremendo coraggio, la sua umiltà... è semplice e immagino che non si sente certo un eroe, ma è convinto che a Cuba ci siano tante persone che meritano  questa condizione  più di lui.

Così pensa Rosa Aurora, soddisfatta di dividere la propria vita con chi ha una statura morale tanto elevata.  Magalys che lo ha messo al mondo 40 anni fa non può fare  a meno di sentirsi orgogliosa, di vedere l’opera della Rivoluzione nel figlio, perchè solo uomini forgiati dai principi più nobili verso i loro simili sono capaci di una totale dedizione per il bene dell’umanità.  

 

 

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