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Gaza,
Baghdad, Beirut
PSEUDOSINISTRE
OFFRONO IL CAPPIO AL BOIA NAZISIONISTA
E
– lo sapevate? - l’olocausto di Gaza avviene da
cinque anni in Iraq ogni giorno
4/03/2008
Se
raccontate una bugia sufficientemente grossa e continuate a ripeterla,
la gente finirà col crederci. La bugia può essere mantenuta solo
finchè lo Stato riesce a proteggere la gente
dalle conseguenze politiche, economiche e militari della bugia. Diventa
così di importanza vitale per lo Stato usare
ogni suo potere per reprimere il dissenso, dato che la verità è il
nemico mortale della menzogna e, di conseguenza, la verità è il massimo
nemico dello Stato.
(Joseph Goebbels)
La
manipolazione dei media è oggi più efficiente che nella Germania
nazista, dal momento che ora siamo convinti
di ottenere tutta l’informazione che vogliamo. Questo equivoco impedisce
alla gente addirittura di cercare la verità.
(Mark Crispin
Miller)
Non
temete il nemico, poiché il nemico può solo
prendervi la vita. Molto meglio che temiate i
media, poiché quelli vi rubano l’onore. Quel potere orribile, l’opinione
pubblica di una nazione, è creato da un’orda di
ignoranti, compiaciuti sempliciotti che fallirono da zappatori o
calzolai e si aggrapparono al giornalismo sulla via verso l’ospizio.
(Mark Twain)
Boicottare i cannibali
La definizione della Palestina come “terra
senza popolo per un popolo senza terra”, finzione
ebraico-sionista accreditata in tutto il mondo dalla fine
del’800, inizio del piano predatorio, fino al
giugno 1967, quando le fiamme al cielo e la cenere al vento dei villaggi
e corpi palestinesi incendiati e dispersi si videro da un capo all’altro
del pianeta, sta per essere finalmente trasformata in realtà. Esponenti
dell’ultima delle giunte militari impegnate nel genocidio, hanno una
tale certezza di impunità internazionale da
aver espresso il proprio delirio sanguinario nei termini di “faremo un
olocausto a Gaza” (voce del governo). E in una loro settimana
lavorativa, pur di rimuovere quanto di una dirigenza non venduta e
comprata insiste a difendere il diritto alla vita del popolo
palestinese, i carnefici addestrati dal ricordo di Auschwitz e frementi
di emulazione, hanno ammazzato centoventi esseri umani e ne hanno
ferito, mutilato, neutralizzato altre
centinaia. Come si conviene agli eredi di bagni di sangue storici, per
primo quello del progenitore Erode, delle loro vittime metà sono civili,
bambini e donne. Effetti collaterali! Allora sono effetti collaterali
anche i colpiti dal kamikaze sull’autobus. Com’è che si fa tanto casino
per questi e si glissa su quelli? Ignorando che il kamikaze colpisce
comunque occupanti, complici oggettivi o soggettivi di un genocidio,
gli F16, occupati e perseguitati. Effetti di
un meccanismo collaudato sui civili palestinesi – Puntate! Mirate!
Fuoco! - dal fondatore dello stragismo
istituzionale israeliano, Ben Gurion, e
praticato ininterrottamente, da allora fino all’estinzione di tutti
coloro che opponevano pelle, ossa, ulivi e poesia al modulo “terra senza
popolo”.
Le armi
proibite dell’”Esercito più morale del mondo”
E vedendo le agghiaccianti foto della
gente maciullata dagli ordigni dell’”esercito più morale del mondo”, mi
sono riapparse le devastazioni nei corpi dei colpiti mostratemi dai
medici libanesi dopo l’invasione israeliana. Devastazioni interne,
organi trituratie
quasi nessun segno esterno. Necrosi che vanificano ogni imputazione.
Armi nuove, segrete, proibite,chimiche, ad
energia. Armi che fanno finta di niente, ma che protraggono agonia e
dolori inenarrabili. Abominazioni scaturite da laboratori
USraeliani, dalle
psicopatie di chi deve arrampicarsi su montagne di cadaveri, solcare
imperturbato oceani di sofferenza, per allontanare una nemesi che i
grumi di umanità sepolti in fondo al pozzo delle sue nequizie gli fanno
tuttavia percepire inesorabile. Mai come oggi è
politicamente, moralmente, umanamente, giustificato e necessario il
boicottaggio di queste belve. E mica solo alla Fiera del Libro
che ha rimpiazzato l’Egitto con lo Stato sionista come ospite d’onore e
ha ostracizzato i palestinesi. E va qui segnalato l’appello per la
costituzione di un Tribunale Internazionale
sulla Palestina, sul terrorismo israeliano, nell’esempio di quello di
Bertrand Russell sul Vietnam (sottoscrivete a
PalTribunal@gmail.com).
Brulicano le larve tra le carogne del palazzo
Intanto, una classe politica
irrimediabilmente e universalmente veltrusconizzata
(sono lieto che la mia crasi “Veltrusconi”
abbia incontrato tanto favore) e, dunque, in una fase terminale di
decomposizione che soltanto il brulicare frenetico di larve fa sembrare
viva e attiva, si volta dall’altra parte, per non vedere,
ma anche per occultare il
proprio compiacimento. E se la talpa non ha affatto
ben scavato, ben scavato ha invece la lobby. Quella che non c’è, ma che
si manifesta onnipotente e onnipresente. Quella composita e compatta
USraeliana che,
da un empireo sopra le nuvole, manovra le sue carogne di burattini dai
variopinti cappelli in testa: PD, PDL, Sinistra l’Arcobaleno, Lega, UDC,
Destra (gli unici che ammettono di esserlo)… Ologrammi dell’antipolitica
che ci ammorbano di putrefazione sfilando incessantemente, come carillon
impazziti, il Veltroblob (“la cosa più
orribile che abbia mai visto”) in testa, nei telegiornali e nei
cianciaspettacoli e rovesciandoci addosso
borborigmi senza senso e senza verità. Sono riusciti nel colpo maestro
esemplificato al meglio dagli Stati Uniti: controllare sia l’amico
che il nemico fabbricandoli tutti e due e poi
facendoli giocare alla lotta di classe, o alla guerra. Il primato
assoluto di una strategia che risale ai primordi della Chiesa cattolica
apostolica romana, con la simultanea identificazione con i potenti
(gerarchia, Salesiani, Opus Dei) e la manipolazione dei deboli
(Francescani, teologie della liberazione), lo
ha raggiunto il complessino terroristico
Bush-Rumsfeld-Wolfowitz-Cheney-Rice-Clinton & Co. quando,
coglionando il mondo intero, hanno messo in campo il pupazzo islamico Al
Qaida e gli hanno lanciato contro le “armate
del Bene”. Da noi, ripetizione in sedicesimo, con la
sceneggiata di quello che Grillo chiama psiconano
contro l’omino di burro.
L’omino
di burro, il Paese dei balocchi e i ciuchini
E
intanto si era fatta notte e notte buia: quando a un tratto videro
muoversi in lontananza un lumicino… e sentirono un suon di bubboli e uno
squillo di trombetta…Finalmente il carro (targa PD)
arrivò: e arrivò senza fare il minimo rumore, perché le sue ruote erano
fasciate di stoppa e di cenci… Lo tiravano dodici pariglie di ciuchini…
ma la cosa più singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia
quei ventiquattro ciuchini, invece di essere ferrati come tutte le altre
bestie da tiro o da soma, avevano in piedi degli stivaletti da uomo di
vacchetta bianca.
E il conduttore del carro?... Figuratevi un
omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con
un visino di melarosa, una bocca che rideva sempre e una voce sottile e
carezzevole, come quella d’un gatto che si raccomanda al buon cuore
della padrona di casa. Tutti i ragazzi, appena lo vedevano, ne restavano
innamorati e facevano a gara nel montare sul suo carro, per essere
condotti da lui in quella vera cuccagna conosciuta nella carta
geografica col seducente nome di “Paese dei Balocchi”. I ragazzetti
erano ammonticchiati gli uni sugli altri, come tante acciughe nella
salamoia. Stavano male, stavano pigiati, non
potevano quasi respirare: ma nessuno diceva ohi! Nessuno si lamentava.
La consolazione di sapere che fra poche ore
sarebbero giunti in un paese, dove non c’erano né libri, né
scuole, né maestri, li rendeva così contenti e rassegnati, che non
sentivano né i disagi, né gli strapazzi, né la fame, né la sete, né il
sonno…Ma l’omino non rise. Si accostò pieno di amorevolezza al ciuchino
ribelle e, facendo finta di dargli un bacio, gli staccò con un morso la
metà dell’orecchio destro. Scusate la lunga citazione, ma che
forza profetica quel Collodi! Per me, in
Italia, prima di lui non c’è che Dante.
Il
buonismo da rettile di Fabio Fazio
Fabio Fazio, il buonista ontologico dalla
testa di uovo sodo spellato, definito dall’acuto Celentano il peggiore
di tutti, si sdilinqua, pur ponendosi
protervo su una cattedra più alta di mezzo
metro dei suoi ospiti, in smancerosi e incongrui panegirici per Abraham
Jehoshua, della triade letteraria israeliana
– lui, più Grossman e
Oz - sguinzagliata dalla giunta di Tel Aviv ogni qual volta alle
sue zanne intrise di sangue occorre un veloce risciacquo. E quando
questo puntellatore di muri di contenzione,
esaurita il suo fiele contro “l’intifada terrorista”,
conclude scagliandosi contro la soluzione
dell’unico Stato binazionale, anatema per
chi da anni lavora alla reclusione dei palestinesi in inoffensivi e non
contagiosi bantustan, il
marchettaro del fine settimana si precipita
a farlo santo subito: Questa è
onestà intellettuale. E’ appena meno farisaico
di quell’ Abu Mazen che, presidente golpista
di un popolo pugnalato alle spalle, per spianare il
necropercorso di F16 e carri Merkava
sui sopravvissuti di Gaza, rinnova la già giudiziariamente smantellata
bufala israeliana di un Al Qaida a Gaza. A
Jehoshua e ai suoi compari di
dissimulazione, andrebbe messo davanti il
concittadino Jeff Halper, la cui vera
“onestà intellettuale” viene chiusa dal “manifesto” tra nefandezze
giornalistiche che, pure, non rappresentano che i tentacoli della piovra
USraeliana. Quel
Jeff Halper che, rifiutando l’infame
simmetria tra vittime che si difendono da assassini e assassini in serie
che si fanno passare per aggrediti, nel progetto “Due Stati per due
popoli” individua e denuncia il complotto colonialista di Israele e
della comunità internazionale, con la
collaborazione di Abu Mazen. Il progetto di
apartheidizzare i palestinesi in uno pseudo
stato bantustan
composto da Gaza e tre, quattro cantoni in
Cisgiordania, senza continuità territoriale. E senza tutto il
resto. E già, come farebbero i razzisti sionisti a infliggere
l’apartheid a quei “cani”, “scimmie”, “ragni” di palestinesi (così li
potete udire e leggere descritti nell’”Unico Stato Democratico del
Medioriente”) quando ci fosse uno Stato
democratico per entrambi i popoli? Oltretutto a rischio di sorpasso
demografico palestinese (e semita)?
L’astuto imbonitore del consumismo
pseudoculturale di Rai Tre, fosse un
giornalista vero, avrebbe potuto far balenare all’interlocutore ebreo
ciò che Veltroni in periodico viaggio di lavoro ad Auschwitz sicuramente
percepisce e accuratamente tace: il parallelo agghiacciante tra quel
campo di concentramento nazista e il consimile lager di Gaza. I tedeschi
rastrellarono gli ebrei polacchi e li rinchiusero dietro a una barriera
perimetrale in una minuscola zona di Varsavia.
I tedeschi privarono i reclusi del ghetto
di cibo e beni essenziali. I tedeschi ridussero a 241 calorie
al giorno la media alimentare degli ebrei. La
media per i reclusi di Gaza è al 61% del necessario. I tedeschi
tagliarono servizi indispensabili come acqua ed elettricità, sabotarono
l’assistenza sanitaria, infine distrussero il ghetto radendo al suolo
case ed infrastrutture. I reclusi del ghetto
si ribellarono e furono dai nazisti
schiacciati a suon di stragi. Segnalare le differenze tra Varsavia e
Gaza. Ce n’è una: il mondo onorò e onora le vittime e i sopravvissuti di
quella resistenza e di quel massacro; il mondo volta le spalle all’altra
parte, quando non regge il cappio del boia avallandone
la diffamazioni.
Quando
TDF molla la
contropulizia etnica di Milosevic e
s’avventura a Gaza
E qui ci mette del suo anche il “buon
Tommaso Di Francesco”, di formazione (e a volte deformazione) balcanica
e di depistaggi mediorientali Ho già scritto
della sussunzione da parte sua dell’inversione sionista-imperialista
della vicenda Fatah-Hamas a Gaza, quando TDF
stigmatizza “il golpe perpetrato da Hamas”. Da anni si sapeva che era
vero il contrario, già la stampa egiziana aveva pubblicato i documenti
scoperti da Hamas nell’arcoriana villa dello
spione USraeliano
Mohammed Dahlan, capo della sicurezza del
quisling Abu Mazen, che provavano il progetto Usa della liquidazione
fisica della dirigenza di Hamas, quella regolarmente eletta alla guida
del governo palestinese e già decimata dai rapimenti israeliani. Già
l’emittente “Al Jazira” aveva condotto
un’inchiesta coronata dallo stesso esito. Ma
TDF, con l’orecchio ai megafoni sionisti, tirava dritto. Poi
è venuta la rivista “Vanity
Fair”, frivola, mondana, ma non nuova a exploit giornalistici seri e in
controtendenza, a pubblicare quei documenti che dimostravano come Hamas
abbia solo prevenuto il golpe dei rinnegati. A questo punto anche Di
Francesco deve cedere. Lo fa in prima pagina (6/3/08), divincolandosi un
po’, ma compensando la ritirata con un profluvio di derisioni e dileggi
a carico della pubblicazione statunitense. Capisco l’imbarazzo.
Pasolini e la stampa di sinistra che “aballa”
E’ una vera tragedia questa “sinistra”,
questa “stampa di sinistra”, che avalla (aballa!)
le peggio cose confermando l’omologazione del
profeta Pasolini. Omologazione
veltrusconiana tra vampiri e succhiati: tutti vampiri alla fine,
di prima, seconda e terza classe. Morti viventi di
morte. E così “il manifesto”, ove più grave è
il torto, perché più alta la responsabilità. Nel pieno dello tsunami
omicida israeliano a Gaza, l’opinionista di lusso
Zvi Schuldiner, con
credibilità attestata dalle sue
compassionevoli frequentazioni dei bersagliati dai fuochi d’artificio di
Hamas a Sderot, ci spara dalle pagine nobili
del “manifesto” carichi di cerchiobottismo
che, come è intrinseco all’atteggiamento, comportano un colpo al cerchio
e dieci, risolutivi, alla botte. Cerchiobottismo
che, senza più tema di correttive intemerate
del compianto Stefano Chiarini, avvolge nella vasellina la mazza
ferrata del crociato sionista. Le bombe-carta “Kassam”
diventano “pioggia di missili”; la politica di Hamas, ricorrendo al
diritto dell’occupato di difendersi con tutti i mezzi, sancito dall’ONU,
oltreché dall’etica,
è criminale e sbagliata;
palestinesi e israeliani pagano prezzi
durissimi, e non si precisa, a parte l’abissale squilibrio
nei prezzi pagati, che i secondi se li meritano in quanto occupanti e
oppressori, mentre ai primi sono indebitamente imposti. Alla pari,
secondo Schuldiner, Hamas, con il suo popolo
decimato e i suoi rappresentanti eletti rapiti e sotto chiave senza
processo, e la leadership israeliana, impegnata da sessant’anni nel
genocidio, ci
stanno portando su una strada senza uscita, colma di sangue e
dolore. Chè,
vogliamo forse avere il cattivo gusto di misurare col bilancino morti e
distruzioni, ma anche responsabilità, dell’una e dell’altra parte?
Cerchiobottismo:
i primatisti del “manifesto”
Schuldiner
ha anche la fortuna di poter ricorrere a una spalla. Con entusiasmo cita
l’europarlamentare PRC Luisa Morgantini che,
recandosi con lui nella martoriata Sderot,
ha ben potuto ascoltare le voci di chi subisce l’attacco dei “missili”
di Hamas, accreditata tra gli israeliani “buoni” per
il fatto che non critica lo
Stato di Israele (criticare uno Stato teocratico fondato sul
dominio della razza eletta? Non sia mai!),
ma la politica sbagliata dei suoi governi. “Sbagliata”? Una
politica che ha per obiettivo precipuo di sbranare i popoli di questa
terra, di annichilirne i resti e di porsi come modello di Stato alla
Destra avanzante del Terzo Millennio, è solo un refuso? Non per nulla,
Hugo Chavez, che insieme
a Fidel la sa più lunga di tutti, e come tanti in America Latina
ha potuto sperimentare il ruolo di sostegno e guida che Israele ha avuto
e ha per i servizi di sicurezza e di repressione delle dittature e
oligarchie del Continente, ha definito la Colombia del dittatore
fantoccio degli Usa, Uribe, “l’Israele
dell’America Latina”. Immancabile la dilagante presenza della
Morgantini e affini nel “manifesto”
dall’iniqua equivicinanza sulla carneficina
colonialista di Gaza. Non solo nelle citazioni dell’occhiuto
Schuldiner. C’è anche nella firma che la sua
“Associazione per la pace”, insieme ad altri
(Arci, Cgil, Donne in Nero, Fiom, Pax Christi,
Ong varie, Un ponte per…) pone sotto una
lettera aperta ai candidati delle elezioni politiche. Qui, alterando
ancora una volta i fattori, si parla della
penalizzazione di un milione e mezzo di
persone, per le azioni e decisioni di una
piccola minoranza.
Se credete che come “piccola minoranza” questi promotori di fiori nei
cannoni degli assediati intendano la
ciurmaglia di tagliagole che governa la politica e l’esercito di
Israele, avete sbagliato. Riprovate. Saremmo fuori bersaglio se
interpretassimo quella “piccola minoranza” come un milione mezzo di
disperati, incazzati, insanguinati, mutilati che, nella stragrande
maggioranza, appoggiano chi ha il coraggio e la dignità di far valere il
diritto alla vita, almeno morendo in piedi, reagendo all’aggressione. I
bravi firmatari insistono:
Condanniamo i lanci di razzi “Qassam” in
Israele da parte di gruppi armati di Hamas ed
altre forze estremiste.
I razzi fanno vivere la popolazione di Sderot
nella paura e creano un clima sempre più ostile ai palestinesi.
Davvero alle generazioni di bambini frantumati dalle bombe e granate
mirate di
Tsahal, incarcerati, torturati, e ai loro genitori
esperti di analogo trattamento, dovrebbero rompere il
cuore le afflizioni degli abitanti di
Sderot, di quelle brave persone che, rubata
la loro terra, distrutto il loro villaggio, sradicato le loro
coltivazioni, cacciato nei campi profughi i titolari, hanno
fatto fiorire quella terra?
E non sono correttamente
estremisti
di entrambe le parti sia coloro che arrivano con le
bombe, la fame e la peste, avendo dietro le salmerie di tutto il mondo,
sia quelli che, soli come tonni nella mattanza, non si rassegnano a
subire tutto questo, limitandosi a invocare
morgantinianamente il solito dialogo tra lupo e agnello tra i
battimani dei bravi signori in tribuna? Peccato che Luisa e
co.,
mentre invocano un cessate il fuoco,
non si ricordino – come si ostina a non ricordarlo nessuno – che gli
“estremisti” di Hamas quel cessate il fuoco l’hanno proposto invano già
mezza dozzina di volte. Ora ci aspettiamo che la simpatica combriccola
di pseudo-equivicini formuli un appello
anche per l’Iraq, chiedendo agli “estremisti” della Resistenza di
smetterla di
far vivere nella paura i
portatori guantanamisti di democrazia, come
anche le loro marionette nella “Zona verde” e associate milizie
tagliagole a mezzo servizio con l’Iran.
Ah,
quegli estremisti di Hamas!
Potrei insistere con quel gioiello di
giornalismo equilibrato che questo Schuldiner
da prima pagina, pagina cui non accede
l’unica voce decente e competente, dopo Chiarini, che il “manifesto”
abbia in Medioriente, Michele Giorgio.
Quello di Hamas, “fazione dura” (?), sarebbe avventurismo militare.
Hamas ha aggravato la situazione”,
Hamas forza militarmente la crisi, “sono i duri di Hamas che erano
disposti a una nuova invasione israeliana… Palestinesi e israeliani sono
oggi vittime del gioco di scacchi tra gli
Stati Uniti, sempre più attivi con la loro politica del terrore (mica
quella di Israele!), Israele e la
fazione militare di Hamas… il gioco sporco di due leadership criminali…
il lancio criminale dei razzi…Sangue e vendetta, vendetta e sangue.
Sangue e vendetta? E già, mica occupazione e liberazione,
mica genocidio e resistenza, cosa vi
credevate? Con la “modernità” di Veltroni e “l’innovazione” di
Bertinotti, con l’equidistanza-vicinanza di pacifisti a 360 utilissimi
gradi e degli avvoltoi Ong, vogliamo ancora
trascinarci dietro le bubbole del diritto internazionale, delle
risoluzioni Onu, della sacrosanta legalità della lotta
di liberazione, di quella algerina, africana,
araba, irlandese, cubana, vietnamita…? Stiamo dalla parte giusta,
stiamo con i “moderati” di entrambe le parti,
dividiamo a metà torti e ragioni (un po’ più della metà
versus molto meno della
metà). Estremisti di entrambe le
parti (ma
soprattutto quei terroristi di resistenti),
raus!
Quei
martiri di Sderot
Per raddrizzare una bilancia
pericolosamente pencolante sotto il peso abnorme del sangue palestinese,
questo campionissimo della mistificazione
manifestaiola si precipita a Sderot
al momento in cui la macelleria israeliana a Gaza raggiunge il –
momentaneo – culmine. Bella mossa. Come spararti una torcia in faccia
mentre stai guardando bruciare Gaza. Permette al “manifesto” del
Valentino Parlato, che marchia di “antisemiti”
coloro che non vogliono onorare alla Fiera del Libro di Torino lo
Stato serial killer di
semiti, di porre sullo stesso piano e in analoga evidenza il massacro
nazistoide a Gaza, raccontato dalla
vox clamantis
in deserto Michele Giorgio, e le ambasce dei colonizzatori e
predatori di Sderot. Costoro sono alla
mercè della
pioggia criminale di missili, effetto
della politica criminale dell’ala dura di
Hamas. Schuldiner si aggiusta la
foglia di fico dell’equidistante, invocando in chiusura un
negoziato serio ed equo che, solo,
potrebbe rompere il circolo di sangue… Peccato che questo
criptosionista non si chieda chi abbia
offerto cento volte il dialogo e la tregua, venendo
sistematicamente respinto a forza di assassini e atrocità disumane. Chi
lo abbia perseguito invano, perfino a costo della propria dignità e
della sopravvivenza del suo popolo.
Giuliana Sgrena col cappio in mano
L’epitome della giornalista piagnona
epperò dotata di scudiscio a sette code in
difesa dei valori occidentali, glorificata per meriti di sequestro a
dispetto dei suoi deragliamenti scritti, è Giuliana Sgrena, l’eroina del
“manifesto”, rapita a Baghdad dopo aver intervistato le donne di Falluja
sopravvissute allo sterminio al fosforo degli Usa (senza peraltro averci
mai raccontato, prima dell’inchiesta di Sigfrido
Ranucci su Rai News 24, le cose che
quelle donne le avevano rivelato). Giuliana Sgrena è di quella categoria
di inviati, prospicua
nel “manifesto”, che versano calde lacrime sulle vittime della guerra,
confortando al tempo stesso le ragioni propagandistiche che
l’aggressione l’hanno voluta giustificare. Così sugli “integralisti
islamici” di Algeria e di tutti i paesi, così su Al
Qaida, così sul “terrorismo islamico”, così sulla “società
civile” afghana che vorrebbe tanto l’occupazione occidentale, solo un
po’ meno bombarola. Sgrena e i suoi colleghi
nel giornale non ci hanno mai spiegato come mai il “quarto uomo” della
macchina che portava Calipari, l’agente Sismi e Sgrena, di cui per tre
giorni loro e l’unità di crisi affermavano l’esistenza, sia poi
svaporato nel nulla, mai esistito.Un patto
con gli Usa che cela un passaggio inconfessabile delle trattative di
Calipari con i rapitori? Una dimenticanza? Un refuso?
Alì, il
chimico?
Ma
Giuliana Sgrena ha dato ancora una volta il meglio di sé in occasione
dell’annuncio dell’imminente impiccagione a Baghdad di Ali
Hassan Majid,
detto anche da lei “Ali il chimico”, come prescritto dalle centrali di
demonizzazione Cia. Il tribunale che lo ha
condannato è uno scherzo giuridico osceno, istituito e governato dagli
Usa, nel quale gli avvocati della difesa vengono ammazzati e i testimoni
sfavorevoli alla sentenza predecisa
picchiati e incarcerati. Ma Sgrena si limita
a deplorare che il tribunale
speciale iracheno non va molto per il sottile sui prigionieri eccellenti.
Gentile. Non fosse per quello, e non si trattasse di mera
vendetta, la sentenza
potrebbe anche passare, vero? Per Sgrena, Ali
Hassan Majid è, come da copione,
un criminale, uno dei più feroci
esponenti del regime di Saddam.
Naturalmente Al Majid,
in quanto comandante in capo delle truppe irachene nel 1988,
durante l’offensiva “Anfal” contro i
secessionisti curdi, quinta colonna del nemico iraniano, condusse a
Halabja
una feroce offensiva contro la popolazione kurda…
che aveva provocato secondo una stima di Human
Rights Watch,
circa 100.000 vittime, se non 180.000… un bombardamento di gas mostarda
e di gas nervino (sarin) provocò la morte di 5000 civili…
Pari pari dal “New York
Times”, massimo fautore mediatico dell’aggressione all’Iraq,
proprio perché motivata - secondo Bush - dal fatto che
Saddam gassò la propria gente.
Peccato che l’emula del “più autorevole giornale di
lingua inglese”, però dichiaratamente ed entusiasticamente
filo-israeliano, non abbia riportato anche l’ampio articolo sullo stesso
giornale il 31/1/2004, nel quale il massimo responsabile al tempo della
Cia per il conflitto Iraq-Iran, Stephen
Pelletiere, confortato da altri documenti
Cia, dimostra come a Halabja non morirono
5000, ma qualche centinaio di abitanti e che morirono non per un
bombardamento iracheno (è provato che in quella campagna non furono
impiegati aerei), ma per uno scambio di mortaio tra iraniani e iracheni.
Le granate contenevano gas nervino, poi spostato dal vento verso
l’infelice Halabja. Di nuovo, peccato che i
servizi segreti di tutti i paesi abbiano dimostrato che l’Iraq non
possedeva gas nervino, ma solo antrace, e che
il gas nervino invece era in possesso delle forze persiane e da loro
ripetutamente utilizzato nella guerra. Per
Pelletiere e tutti gli esperti non asserviti alle diffamazioni
Cia, quel gas era stato sparato dagli iraniani. Come dissero tutte le
fonti sul posto e anche il Dipartimento di Stato Usa al momento del
fatto. Quanto al massimo propulsore della leggenda
gas-Halabja, la
Ong “Human
Rights Watch”, presieduta dal
filo-israeliano Roth e nota per un sistematico approccio tipo due pesi e
due misure nei confronti dei nemici degli Usa, delle sue 100.000 e più
vittime di “Anfal” non si è mai trovato
traccia. E sì che si sono dati da fare per scovare le “fosse comuni di
Saddam” (esperti com’erano di clamorosi flop
per le “fosse comuni di Milosevic” in Kosovo).
Inevitabilmente, spargendo vittime lungo
il suo corso deragliato, Sgrena attribuisce le esitazioni Usa
sull’attribuzione ad “Ali il chimico” delle
nefandezze chimiche, al solito dogma dell’occidente
che ha rifornito il regime di Baghdad di armi chimiche,
implicando la trita patacca del “Saddam uomo degli americani”
che tanto è servita a sabotare il sacrosanto sostegno della sinistra
mondiale al paese aggredito. Le famose armi Usa fornite all’alleato
Saddam, le avete mai viste? In quale dei milioni di
immagini delle guerra Iraq-Iran,
della prima guerra del Golfo, del successivo conflitto tra governativi e
secessionisti sciti e curdi, della guerra del 2003, avete visto anche
solo un fucile di fabbricazione Usa? Sempre e solo armamenti sovietici
vecchi di trent’anni, qualcosina di
est-europeo, di italiano e di francese.
Giuliana Sgrena sospenda un attimo il lacrimare sui bimbetti iracheni –
quelli del tutto dimenticati dell’”una Gaza al giorno per cinque anni” –
e ricordi come fosse proprio l’anatema di Bush, della Cia e del
consanguineo “Human
Rights Watch” contro “Saddam
gassatore del proprio popolo”, a fornire il
pretesto per la più criminale guerra di aggressione, occupazione e
sterminio del nostro tempo. Poi le permettiamo una lacrima sul fatto
che, ripetendo ad usura il concetto, anche
lei abbia dato una mano a quel crimine. Esattamente come ora ha offerto
il cappio al boia di “Alì il chimico”. Dimmi con chi vai…
Di
fascisti e “narcoguerriglieri”
Non poteva mancare, nella scia del
cerchiobottismo imperfetto di Sgrena, Di
Francesco o Schuldiner (cerchiobottismo
che salva il cerchio e sfascia la botte) chi, approfittando dell’assenza
del valido latinoamericanista
Matteuzzi, s’intrufola nel giornale come
Guido Piccoli, o in rete come Gennaro Carotenuto, per schizzare fango
sulle FARC colombiane, a supporto di chi ne demonizza la lotta di
liberazione facendone “terroristi” e “narcoguerriglieri”.
Agevolando così il ruolo che gli Usa hanno
assegnato alla Colombia del narcofascista
vero, Uribe, quale ascaro contro i paesi e
governi che si sono affrancati dal dominio imperialista, Venezuela,
Bolivia, Ecuador. Nel momento in cui l’operazione controrivoluzionaria e
destabilizzatrice
diventa lampante, con il massacro di Raul
Reyes e altri 20 compagni delle FARC in territorio ecuadoriano,
al fine di sabotare uno scambio di ostaggi che stava procurando il
giusto riconoscimento alle FARC ed esaltava la mediazione di
Chavez, cosa fanno il “colombista”
Piccoli e il tuttologo Carotenuto? Paratosi il culo
con qualche biasimo al farabutto degli Usa, Uribe,
tornano ad avventarsi sulle FARC, come penosamente fatto quando,
all’epoca del primo scambio, fecero proprie le calunnie di
Uribe su una presunta truffa della
guerriglia relativa al figlio di uno degli ostaggi. Smentiti e
svergognati dagli avvenimenti, Piccoli e Carotenuto non si ravvedono, ma
contrappongono alla grande e
generalizzata barbarie di Uribe
una, più
limitata e sporadica, ma sempre ingiustificata, delle FARC!
Riecheggiando poi l’insinuante dubbio dei benpensanti di complemento se
questo protagonista armato sia forza
belligerante d’origine politica, o banda di terroristi o di
narcoterroristi. Piccoli non risponde esplicitamente, ed è
già una mascalzonata e un insulto a quanto tutti gli onesti e competenti
sanno. Ma, con perfidia, avvolge la sua risposta al cianuro (del resto
già data molte volte) nel cellophane:
E’ vero: le Farc
assomigliano poco ai rivoluzionari cubani della Sierra Maestra, ai
sandinisti del Nicaragua e, ancora meno, agli zapatisti messicani,
avendo troppe volte usato gli stessi metodi del nemico, contribuendo a
imbarbarire la guerra interna… Ma il sublime della
professionalità giornalistica la raggiunge questo Carotenuto quando così
suddivide il bilancio delle nefandezze in Colombia:
95% a Uribe,
5% alle Farc.
Ovviamente questo luminare della statistica ha battuto palmo
palmo i milioni di chilometri quadrati della
Colombia, non lasciandosi sfuggire neanche la più piccola delle
nefandezze di ambo le parti. Scientifico. Pulitzer non avrebbe saputo
fare meglio. Sapendo quali sono i termini del conflitto cubano e
latinoamericano, nel quale le FARC sono da quasi mezzo secolo
un’avanguardia della liberazione, a leggere queste cose viene la nausea.
Precisiamo, comunque, come sia una bella fortuna che
la guerriglia colombiana non assomigli ai fasulloni
messicani, governati da 14 anni da un despota onanista, modellato su
Zorro, il quale non ha saputo far di meglio che sabotare la vittoria
presidenziale del candidato della sinistra, Lopez
Obrador. Quel candidato più o meno
socialdemocratico, ma certamente un’ottima tortilla rispetto al
rigurgito tossico dell’amerikano
Caldiron, che, alla faccia del logoro
vaniloquista mascherato del
Chapas, avrebbe se non altro sottratto il
Messico allo schiavista Usa.
Pane
avariato e vino con lo spunto
Annunciando l’edizione speciale del
giornale il lunedì durante la campagna elettorale, Valentino Parlato, un
altro lacrimatore sulle sventure causate dai
cattivi e, d’altro canto, sdegnato fustigatore degli “antisemiti”
promotori di olocausti che boicottano la Fiera del Libro, invoca
l’ennesimo soccorso dei suoi lettori. Lettori, peraltro, obnubilati
dalla ripetizione di stereotipi perfidi e falsi. Dice che il giornale
vuole essere presente in questa
campagna elettorale, anche il lunedì, per dire pane al pane e vino al
vino, per dire la verità… Viste le
premesse, si va verso un altro festival di patacche imperialiste e,
dunque, verso un altro salasso di vendite. Basta vedere come il giornale
ora pencoli verso quella quintessenza
dell’impostura e del cinismo capitalista che è Hillary Clinton. Orrida
ma donna. E a proposito
di elezioni, scartato l’ambiguo appello del solito Campo Antimperialista
ad “astenersi”, cioè ad annullarsi nella
palude indistinta dei menefreghisti, mai come stavolta risalta
l’opportunità di intervenire, attivamente e in modo da potersi contare,
con la scheda annullata. Rifiuto esplicito e riconoscibile della
complicità oggettiva con quella galleria degli orrori che si dipana
dalla Sinistra l’Arcobaleno fino allo squadrista Storace. Una galleria
degli orrori al cui capezzale sinistro, alla faccia di tutto,
sono subito accorsi la Veneranda Maestra di
Rue de Rivoli, Rossana Rossanda (solita spocchia:
niente è più derisorio delle punte di
astensionismo che emergono qua e là, infantile “non gioco più” mentre
rotola il mondo), e il suo scudiero Parlato che fantastica di
voto utile per frenare il PD…
nel quale tanti sono compagni.
Compagni tuoi, Valentino, soprattutto se insisti col mantra
filo-nazisionista dell’”antisemitismo” e col
far imbrattare il tuo giornale dalle diffamazioni elaborate nei
laboratori della menzogna guerrocratica.
Compagni di quel Bertinotti che, preso a pesci in faccia dal
restauratore veltrusconiano di un
protocapitalismo in salsa
fascistoide, sulla cui lista svettano i
gagliardetti di generali Nato, sbirri di rango, fanatici cattolici,
radicali dei diritti civili e di Israele e
licantropi dell’economia capitalista, promette che
se saremo forti, il PD sarà costretto a
guardare un po’ a sinistra. Giusto
un po’, mica pretendiamo
molto. Solo un po’, come con Prodi.
I
Cobas, sempre loro
Dovremmo mandare a memoria le inserzioni
dei Cobas. La cantano in maniera ineccepibile
agli invotabili delle spedizioni coloniali,
dell’apartheid sindacale, dei contratti nazionali evirati e
triennalizzati, delle privatizzazioni,
esternalizzazioni, aziendalizzazioni, a massacro degli utenti paganti e
a iperprofitto di una classe dirigente tutta
fatta da mafiosi, scaldini, furbetti del quartierino, degli sconti del
fisco (cioè di tutti noi) su salari massacrati dalle imprese, degli otto
ammazzati al giorno sul lavoro e da malattie professionali, della
devastazione demenziale dell’ambiente e della civiltà con Grandi Opere
predatorie, del ritorno al nucleare, dell’incenerimento
diossinico, della spesa pubblica dirottata a
scuole e cliniche private e via dall’istruzione e dalla salute. La
devono cantare, costretti in un angolo
a
pagamento da un “manifesto”
che gli nega visibilità per non irritare i firmatari degli accordi su
welfare, legge Biagi,
precariato, contratti metalmeccanici e missioni di guerra. Non un
candidato, non una lista da votare, dicono i
Cobas. Non un candidato, non una lista.
All’armi,
all’armi! Siam veltruschini…
E mentre tutta la galleria degli orrori
stende la sua tacita connivenza
sullo tsunami di morte con cui i più cari e democratici dei
nostri alleati investono mezzo mondo, davanti alle coste
libano-palestinesi alza le sue batterie di missili l’incrociatore Usa
“Cole”. Pronto a dirottare quell’uragano anche contro gli irriducibili
di un Libano nel quale i “nostri ragazzi” col casco
blù si stanno preparando a dare corso
al mandato della “comunità internazionale”. Un mandato che farebbe
l’invidia dei Graziani e dei Badoglio di Libia e Abissinia, pivellini in
orbace di quanto ci apprestiamo a fare noi in casco
blù, dal Libano all’Afghanistan, dal
Sudan al mondo, sgambettando allegri al filo dei pupari. E se Prodi,
saltando a piè pari macerie di ospedali e scuole, servizi pubblici da
rottamare e sfascio industriale, ci ha fatto settima potenza militare
mondiale, possiamo immaginarci cosa farà
l’omino di burro, il Veltroblob. Tutto
questo ci renderà pezzenti, ma incrementerà il PIL. Tutto questo si
chiama “sviluppo”, strumento della Banca Mondiale e del FMI per
indebitare e privare della sovranità i paesi deboli e poveri, “Sviluppo”
che oggi è diventato “bipartisan”, condiviso perfino dalla sedicente
dissidenza interna del bertinottume. Quella
fintidenza
di magniloquenti rivoluzionari e, al tempo
stesso, firmaioli di guerra e portatori d’acqua del regime. Coloro che
se ne intendono pensano e Claudio Grassi e Alberto
Burgio, poltronari parlamentari
ex-“Ernesto”. Sviluppo come strumento di lavoro per la
costruzione di quel consenso dei
subalterni che Antonio Gramsci definisce
cruciale per qualsiasi progetto di egemonia (Ugo Mattei, in
quegli spazi del”manifesto” per i quali ancora ci sottoponiamo alla
gogna delle sue adulterazioni). Ricordiamoci anche che questo
“sviluppo”, o “crescita”, mantra che incessantemente rotola
nell’ ore
rotundo di tutti, dal Capo dello
Stato all’antagonista dello “sviluppo sostenibile”, si incarna nelle
privatizzazioni e produce ovunque disastri sociali spietati e
irrimediabili che, a loro volta, esigono apparati repressivi fascisti
(es. Legge Acerbo=
Porcellum), comportano la Genova del G8 e successiva sfilza
ininterrotta di mazzate, le condanne delittuose di Firenze, Milano,
Cosenza, il soffocamento di ogni anelito di rivolta e di ogni tentativo
di emancipazione.
In
origine fu la guerra. Dove casca l’asino dell’omino di burro.
Siccome al centro di tutto questo sta la
guerra e la politica di riconquista coloniale del Mondo,
con in prospettiva lo scontro
Armagheddon tra Asia e Occidente, le cadute
del “manifesto” e delle “sinistre radicali”, le mistificazioni, il
passivo o attivo ripetere dei falsi stereotipi fabbricati per una
lobotomizzazione a fini di dominio, sono da
denunciare e combattere con precedenza assoluta. Sono avvolte nella
nebbia della credibilità tradita, non
verificata. E’ quella nebbia che va dissipata. Se
la mia casa brucia, con chi me la prendo per primo, con
l’incendiario, o con mio fratello (si fa per dire) che mi impedisce di
spegnere? Sempre che non voglia ricorrere al sicuramente
miracologenico cadavere riesumato di Padre
Pio, che spegne ogni cosa, anche il lume della ragione. Battuta? Perché,
quel Bertisconi, sodale e missionario dello
sbiancacervelli Massimo Fagioli, una specie
di guru alla Raineesh dalle dodici
Rolls Royce
bianche, è una battuta? E pensare che sfottevamo
Craxi per i suoi nani e ballerine.
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