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LA
CONTROFFENSIVA IMPERIALISTA E SIONISTA E L’ANTAGONISMO
GLOBALE, DALL’IRAQ ALL’AMERICA LATINA
18/01/2005
Riparte il Piano Condor, di pinochettiana e kissingeriana
memoria, negli emisferi aggrediti dalle bande di gangster
neonazisti insediati a Washington (con i brogli elettorali) e
a Tel Aviv (con l’invasione militare: ci si provi ad accusare
di antisemitismo chi non infila la testa nella sabbia di
fronte ai paralleli delle soluzioni finali, dichiaratamente
perseguite in quelle due capitali, con l’analoga strategia
hitleriana). La decisione di ricorrere a squadroni della
morte, di fronte all’avanzata irresistibile della Resistenza
irachena – che non mancherà anche in Palestina di
neutralizzare le strategie liquidazioniste e disfattiste
nuovamente tentate dai collaborazionisti e di rilanciare la
resistenza al genocidio israeliano - e contro la travolgente
ondata dell’antagonismo latinoamericano guidato dalle
rivoluzioni bolivariana e cubana, si è concretizzata in
seguito al totale fallimento di precedenti soluzioni tentate
dall’imperialismo.
In
Iraq la sconfitta della normalizzazione angloamericana
perseguita attraverso il massacro di intere popolazioni e la
polverizzazione di città e villaggi, nonché dell’irachizzazione,
con forze di repressione che registrano perdite e diserzioni
in massa, ha prodotto, in stretta collaborazione con i servizi
israeliani (già individuati come responsabili delle uccisioni
di centinaia di esponenti della scienza e della cultura
irachene), il ricorso, sotto il superesperto John Negroponte,
agli squadroni della morte finalizzati alla liquidazione di
protagonisti della resistenza armata e di quella civile non
controllata dagli occupanti, estrema ipotesi prima
dell’impiego di armi di distruzione di massa, che molti segni
indicano essere quelle nucleari. Squadroni della morte
collaudati soprattutto in Centroamerica sotto lo stesso
ambasciatore statunitense (allora in Honduras) che, insieme
agli assassinii mirati di oppositori, procedevano alle
stragi, a titolo di intimidazione, di intere popolazioni, per
un totale, ammesso con tardive e ipocrite scuse dal presidente
Clinton, di 300.000 vittime. Squadroni i cui addestratori e
dirigenti, oltre a essere stati formati nella Scuola delle
Americhe, frequentemente furono scoperti essere agenti
israeliani, da sempre fortemente attivi in appoggio alle
dittature e oligarchie centro- e sudamericane. Sono risultati
recentemente partecipi di tali squadroni, secondo le
rivelazioni di vari quotidiani dell’area e di servizi segreti
europei, a completare la misura del terrorismo unipolare oggi
attuato in tutte le parti del mondo, squadre di medici
statunitensi inserite nelle operazioni belliche con l’incarico
di recuperare i cadaveri delle vittime e i corpi dei feriti,
appositamente lasciati senza soccorso, allo scopo di
sottrargli tempestivamente gli organi da immettere nel mercato
statunitense dei trapianti.
In
America Latina, clamorosamente fallita tutta la serie di
aggressioni e sabotaggi nei confronti della rivoluzione
bolivariana in Venezuela (il colpo di Stato dell’aprile 2002,
la serrata padronale e il sabotaggio dell’economia nazionale,
il referendum che avrebbe dovuto revocare il mandato del
presidente Hugo Chavez, la campagna di attentati e uccisioni
dipanatasi dal febbraio del 2003 fino ai giorni nostri),
l’imperialismo yankee ha optato nuovamente, come ai tempi del
Piano Condor che vide i dittatori sudamericani, coperti dagli
USA, massacrare i propri oppositori all’interno e all’estero,
per il terrorismo degli squadroni della morte. Estremo mezzo
per arginare l’impetuosa avanzata delle forze popolari e il
moltiplicarsi di governi progressisti, o,.comunque, non più
succubi. Avanzata guidata da Venezuela e Cuba, con importanti
riflessi autonomistici in Argentina, Brasile, Uruguay,
Bolivia, Ecuador, Panama. Forze antagoniste che hanno
costretto ultimamente governi anche moderati, seppure a volte
riluttanti e con retropensieri, a sottoscrivere un principio
di integrazione indipendentista continentale nel vertice di
Cuzco in Perù, dove è stata data vita, sotto impulso del
Venezuela, alla Comunità degli Stati Sudamericani, nel segno
di quel blocco continentale antimperialista già perseguito da
Bolivar e Martì e ripreso da Hugo Chavez.
Il
sequestro a Caracas e la deportazione in Colombia del
responsabile esteri delle FARC-EP, Rodrigo Granda, ad opera di
agenti colombiani con la collaborazione di alcuni ufficiali
della Guardia Nazionale del Venezuela e di poliziotti della
Squadra Antisequestri, corrotti dalla taglia di 1,5 milioni di
dollari offerta dal presidente venezuelano Alvaro Uribe, fa
seguito all’analogo rapimento in Ecuador di Simon Trinidad,
mediatore nei negoziati per la smilitarizzazione del conflitto
per conto delle FARC-EP, successivamente addirittura estradato
negli USA, e al rapimento di diversi esponenti dell’ELN
colombiano nello stesso paese. L’unico governo ad aver reagito
con forza all’aggressione alla propria sovranità e alle
violazioni del diritto internazionale è stato quello di Hugo
Chavez, che ha sospeso le relazioni diplomatiche con Bogotà,
interrotto i rapporti commerciali e preteso da Uribe le scuse
e il ritiro del provvedimento terroristico con la messa in
libertà di Granda.
Sono anche stati individuati immediatamente i responsabili
venezuelani del sequestro che si trovano ora sotto processo
per alto tradimento e delitti connessi.
Il
silenzio del presidente ecuadoriano Gutierrez, la complicità
di Uribe, un vero e proprio Allaui latinoamericano, la
passività di fronte a questa strategia di assalto
all’indipendenza ed ai diritti dei paesi del Continente,
confermano il rafforzamento di un asse reazionario al servizio
dell’imperialismo statunitense lungo la costa pacifica
dell’America Latina, contrapposto al fronte progressista che
si affaccia sull’Atlantico dalla Terra del Fuoco al Caribe.
Una guerra a bassa intensità, per ora, condotta
dall’imperialismo e dai suoi vassalli con gli strumenti della
militarizzazione (rafforzamento di basi e reparti statunitensi
direttamente sul territorio di questi paesi) e del terrorismo
degli squadroni della morte e che, in prospettiva, nei
programmi non celati dei neonazisti di Washington, potrebbe
evolversi in aggressione militare aperta. Come ripete Chavez,
se finora sbarchi di marines (al di fuori della Colombia) e
aumento di basi militari hanno potuto essere arginati, questo
è dovuto al pesante ridimensionamento delle capacità belliche
statunitensi inflitto dall’inarrestabile avanzata della
resistenza irachena (definita “terrorismo” a Washington e, con
emulazione degna di miglior causa, sia dai bushlusconi
nostrani, sia dalle opposizioni sedicenti di sinistra, o di
sinistra radicale: vedi il tabloid revisionista
“Liberazione”).
Washington ha subito dato un pieno avallo alle azioni
brigantesche di Alvaro Uribe (del resto da Washington
ordinate), giustificate per ieri e per domani con il toccasana
imperialista della “guerra al terrorismo” (mentre il
terrorismo vero dallo stesso imperialismo è promosso e diretto
fin dai piani dei likudnik per l’11/9, lasciapassare per l’armagheddon
bushiana), avallo accompagnato da rinnovate minacce al
Venezuela, accusato di distruggere la democrazia, di ospitare
terroristi, di sostenere organizzazioni terroristiche, di
attentare alla proprietà privata con l’accelerazione della
riforma agraria, di voler imbrigliare i media, di
compromettere i rapporti con gli USA. Si scorge così un altro
parallelo tra America Latina e Medio Oriente: la Colombia, con
l’annesso Ecuador di Lucio Gutierrez, che, portato al potere
dal grande movimento indigeno, lo ha immediatamente tradito
ponendosi all’incondizionato servizio del complesso
militar-industriale USA, si è convertita in una specie di
Israele delle Ande, assumendo i tratti, tipicamente sionisti,
di uno Stato militarizzato e paramilitarizzato. Non meraviglia
perciò che agli investigatori dei paesi nel mirino
imperialista risultino presenze sempre più massicce
dell’intelligence israeliana nelle cospirazioni reazionarie
che vanno intensificandosi di pari passo con l’avanzata delle
forze antagoniste. Come succede nel Curdistan iracheno, ormai
una specie di protettorato israeliano, pilone dell’arcata
grandisraeliana dal Giordano all’Eufrate, affidato per la
gestione ordinaria ai due narcotrafficanti Balzani e Talabani,
gli alleati più stretti del collaborazionista Partito
Comunista Iracheno, a sua volta
pour cause
gemellato con il partito di Bertinotti; e come succede in
tutto l’Iraq, dove collaudati esperti israeliani istruiscono
ascari, mercenari e truppe occupanti nella tecnica della
liquidazione extragiudiziale di presunti nemici e di effettivi
civili attraverso assassinii mirati e punizioni collettive
(case rase al suolo con gli abitanti dentro, ambulanze
impedite di salvare i civili, terrorismo indiscriminato su
donne e bambini, lager concentrazionari per interi settori
della popolazione, tortura generalizzata). Il bersaglio
dell’imperialismo e delle oligarchie ad esso asservite non
essendo solo le forze politiche e governative che rifiutano il
ritorno colonialista degli USA, ma, con particolare
preoccupazione delle transnazionali nordiche, i grandi
movimenti sociali che sono alla base del nuovo antagonismo
continentale, tutti assimilati al “terrorismo”: i piqueteros e
le sinistre partitiche dell’Argentina, i Sem Terra e i settori
sindacali e partitici che si rifiutano di sostenere
l’involuzione moderata di Lula, in Brasile, i grandi movimenti
indigeni in Ecuador, i cocaleros, contadini e operai della
Bolivia, le forze elettoralmente vincenti in Uruguay,
Nicaragua (sandinisti) e Panama. E’ in questa luce che vanno
visti, non solo i sequestri e attentati di cui sopra, ma anche
l’intensificarsi delle mobilitazioni fasciste in Argentina
(con un recente susseguirsi di “marce per la sicurezza”),
l’aumento in un anno del 70% del numero di assassinii di Sem
Terra in Brasile, gli omicidi di contadini operati dai
latifondisti venezuelani che sabotano la redistribuzione delle
terre, la strage continua di sindacalisti e oppositori nella
Colombia del narcopresidente Uribe.
Sono colpi di coda di un impero statunitense che rasenta il
collasso sul piano sociale, economico e militare, ma che, in
mano a psicopatici criminali, in Medio Oriente, Asia Centrale
(e ora, grazie allo tsunami, anche nel l’Asia del Sudest) e
Latinoamerica, si vede costretto a giocare il tutto per il
tutto dal momento che una vittoria presidenziale ottenuta con
i brogli elettorali gli consente altri quattro anni di
terrorismo e rapine. A questo fine sono mobilitati al massimo
sforzo i circuiti mediatici ufficiali, ormai totalmente in
sintonia con la strategia neonazista, con tanto di vivandiere
della stampa sedicente di sinistra al seguito, come si deduce
facilmente, non solo dalle fantascientifiche distorsioni delle
verità relative ai conflitti in atto, ma anche dalla fitta
coltre di silenzio in cui si tenta di avvolgere gli
avvenimenti epocali e geopoliticamente decisivi che si
svolgono tra l’Eufrate, il Giordano, i fiumi caucasici ed
esteuropei (Cecenia, Ucraina), il Rio della Plata, il Rio
delle Amazzoni e l’Orinoco.
E’
alla capacità di sacrificio, all’eroica determinazione, alla
lucidità politica, al coraggio e alla dignità manifestati da
queste grandi, giovani e crescenti forze della vita e della
rivoluzione che sarebbe scandaloso, oltrechè suicida, negare
tutta la solidarietà militante delle autentiche sinistre nel
nostro paese. Ma come, i guerriglieri iracheni (che vanno una
volta per tutte riconosciuti come le vere forze regolari
irachene) assaltano, muoiono, ma schiacciano al muro la
massima potenza tecnologica della storia umana, e noi
rinculiamo solo perché un guerrafondaio come D’Alema, o un
finto rifondarolo come Bertinotti, usano il loro mestolino per
intimidirci e per far cuocere i proletari del mondo nella
brodaglia imperialista della non-violenza e della mostruosa
truffa chiamata “spirale guerra-terrorismo.
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