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MANIFESTAZIONI,
LIBERAZIONI, ELEZIONI
06/06/2004
200.0000 italiani intemperanti stringono
in un cappio virtuale il probo superman Bush, la sua dolce Barbie
Condoleezza Rice e l’onesto Zio Tom Colin Powell, già
liberatore-pacificatore, in combutta con iraniani e israeliani, ai tempi
degli eroici contras in Nicaragua, pretendendo di dar fiato alla
perfida diffamazione condotta dalla disinformazione nazionale e mondiale
circa una presunta criminalità terrorista al potere nell’Occidente
Atlantico. Una ventina di impertinenti gridano mezza dozzina di volte lo
slogan “Dieci, cento, mille Nassiriya”. Astenuti, democratici, libertari
e apostoli vari della superiore civiltà cristiana – quelli che
Alessandro Curzi, grande umorista buonista, definisce “dirigenti
dell’Ulivo troppo apprensivi”, poveretti, rispetto agli allarmi di
Berlusconi, – pescano dal mare della manifestazione falsamente pacifista
(quanti orripilanti striscioni che plaudono alla resistenza irachena e
palestinese!) questo granchietto apparentemente innocuo e ne fanno
l’orca assassina onnivora che è. Non hanno capito, gli “apprensivi” – e
neanche Ferrara, pur notoriamente intelligente quanto Pico della
Mirandola - che quello slogan era indirizzato a 300 irresponsabili
facinorosi e terroristi iracheni, civili, donne, bambini integralisti.
Quelli che avevano intralciato il traffico urlando sconsideratamente
“pane e lavoro” e furono dunque liberati all’altro mondo nella gloriosa
“battaglia dei ponti”, reminiscente di Bava Beccaris e di Giarabub, dai
pacifisti-ricostruttori coi tricolorini sul braccio e le piume in testa.
Slogan destinato magari anche agli eversori, fintamente pacifici, del
Partito Comunista Operaio, provocatoriamente e terroristicamente riuniti
nella loro sede di Nassiriya, e quindi necessariamente bastonati,
arrestati e fatti sparire dai nostri pacificatori nei secoli fedeli,
all’insegna del sorriso garantista e condoleezziano della governatrice
Barbara – fateli fuori tutti ! - Contini, una vera mamma. Oppure,
ancora, lo slogan incriminato si applicava ai ciabattini, contadini,
bottegai, venditori d’acqua, studenti, uncinettiste, rastrellati per
caso, ma tutti integralisti e dunque terroristi e consegnati agli
assistenti sociali nelle carceri dell’umanitario generale Miller,
decorato al valor civile a Guantanamo, e delle attiviste di Amnesty
International guidate da Lynndie England. Come hanno potuto mai, questi
“apprensivi”, immaginare che quei quattro ragazzi ce l’avessero con i
nostri eroi e martiri e non con quella marmaglia fondamental-terrorista
che si azzarda a chiedere sovranità e convenzioni di Ginevra per uno
Stato Canaglia, composto da 24 milioni di canaglie? Va bene la coda di
paglia, ma, insomma, un minimo di buonsenso….
C’è, dal giorno della manifestazione
contro Bush, una grande, esaltante novità editoriale e mediatica. E’ la
nuova “Liberazione”, già leggero e colorito tabloid scritto da un
Bertinotti a sei mani (ognuna con un contrassegno: Curzi, Gagliardi,
Cannavò), che molti, anche ingenerosamente, definivano tabloid
autocelebrativo, quel tanto rozzarello, un po’ ignavo, un po’ ignaro e
un po’ subalterno a certe patacche imperiali, ma soprattutto censorio
quanto neppure la RAI del Berluska, tuttavia ogni tanto riscattato dai
bagliori critici di lettori che riuscivano a sfangarla nella palude
delle letterine dei fans.
Questa “Liberazione” già da qualche tempo
ci aveva fatto intravedere segnali di innovazione. Del resto come non
innovarsi, trasformarsi, cambiare, quando dall’editore di riferimento
queste tre parole, così pregne di universali significati e gravidi di
epocali prospettive, erano state assunte a pilastri del ponte
filosofico, ideologico e morale lanciato verso l’altro mondo possibile
e, dunque verso il futuro di tutti noi, quanto meno di dirigenti e
professionisti della politica in testa? Ad altermondialismo,
altergiornalismo. I segnali li aveva dato Bertinotti in persona, pur
utilizzando lo pseudonimo A.C., quando, a dispetto di quanto ribattevano
costernati lettori, non scevri del sospetto di antiamericanismo,
affermava e riaffermava l’eroico ruolo di liberatori che avevano avuto
gli americani, quelli, sì, buoni, nell’ultima contesa mondiale. Con lo
stesso nom de plume si
era arrivati a affermare che questi bravi americani “erano venuti in
nostro soccorso per ben due volte nel secolo scorso”. E qui non si
capiva bene se il riferimento era alla loro risolutrice partecipazione
nelle due guerre mondiali, oppure alla pacificazione nazionale, ottenuta
non solo imponendo a comunisti, che parevano a rischio di infischiarsene
di Salerno e Yalta, la riconciliazione con podestà e camicie nere varie,
ma anche riportando in patria Lucky Luciano perché garantisse
un’armoniosa e remunerativa “convivenza” (vedi Lunardi) tra picciotti e
le altre classi dirigenti. Forse, d’altronde, si intendeva la messa in
sicurezza dell’Italia, sul piano dell’ordine pubblico interno e della
“proiezione” internazionale, attraverso 160 basi e, dunque, la
permanenza eterna delle forze armate USA che, tenendoci per mano, noi
eterni, felici bambini, ci avrebbero guidato, attraverso le insidie di
canaglie varie, alla gloriosa espansione di quella casa madre di cui
tutti vogliamo restare figlioli, con grumi di hamburger tra i denti,
ketch-up sul mento, l’occhio catafratto sui virilmente sanguinari
videogame e il pisello lusingato da Sharon Stone.
Certo che questi di “Liberazione” erano
spiritosi assai, ingegni paradossali alla Oskar Wilde, quando davano
dei “liberatori” di Roma, già sgombra di tedeschi, a coloro che si erano
fermati negli stabilimenti balneari di Anzio e poi nei ridenti paesini
appenninici della Linea Gotica per 18 mesi, nell’attesa che la
Wehrmacht, troppo debole per reggere alla Quinta Armata di Alexander, si
rifacesse su quella gramigna di partigiani che preoccupavano per quel
loro occhio fisso su un’Armata Rossa che, dopo Stalingrado, aveva
praticamente già chiuso la partita per conto suo. Liberatori davvero,
con bombe liberatrici, di grandi quartieri romani, napoletani, torinesi,
genovesi dalla loro grossolana presenza popolare e operaia, nonché di
una polverosa cultura italiana racchiusa tra i quattro sassi millenari
di Monte Cassino. Liberatori, si è documentato, di 40.000 donne dalla
loro opposizione violenta, beghina e prevenuta, allo stupro dei
frustrati Gi’s. Era già, forse, per un vaticinio dell’innovatrice
teologia bertinottiana della nonviolenza planetaria, storica e
metastorica, che il generale Alexander, opportunamente imbeccato da
Roosevelt (che da poco aveva spinto la sua nonviolenza fino a farsi
volutamente sterminare la flotta del Pacifico da un annunciatissimo
attacco giapponese a Pearl Harbour - guai a pensare al 9 settembre! -
pur di lanciare oltre Pacifico la volontà di pace dell’intero popolo
statunitense), ordinò – inascoltato ahinoi – alle brigate partigiane di
gettare le armi e darsi alla floricoltura di crisantemi per la
rivoluzione. Siccome la Resistenza non va “angelicata” e le foibe sono
la sua onta perenne (Bertinotti dixit), “in soccorso” ci vennero gli
americani anche patrocinando la riabilitazione e riassunzione in
organismi demo-pacifisti vari (Gladio, Stay Behind, Borghese, P2, De
Lorenzo, SID-cum-stragi) di esperti nonviolenti come i comandanti delle
brigate nere, delle SS, della Gestapo, delle biotecnologie da Lager.
Vedete quanto umorismo nella nuova “Liberazione”?
Ma il vertice, anzi, il sublime il tabloid
che si dice “comunista” e, a volte, sussurrando, anche “rivoluzionario”,
l’ha toccato nel giorno della Grande Manifestazione. Qui non c’è “Male”,
non c’è “Cuore”, non c’è Benni che tenga. Qui “Il Travaso” e “Il merlo
giallo”, “Punch” e “Candido”, Petrolini, Totò e Sabina Guzzanti vengono
scaraventati nell’immondezzaio della storia. Dal centro del giornale di
quel giorno si alza e svetta come una bandiera nel sole della comicità
mondiale il paginone centrale, tutto dedicato alla più grande,
fulminante, megagalattica mitragliata di battute, calembour, nonsense,
barzellette, facezie, arguzie, gag, scherzi della storia mediatica di
sinistra. Già solo il titolo, quanto argutamente parafrasa lo stereotipo
di Bush: “ARMI DI TRASFORMAZIONE DI MASSA”!! E poi, facendo
improvvisamente e grandiosamente finta di essere seri: “198 tattiche
nonviolente per costruire un mondo migliore per noi tutti”. E, a
chiudere, la freddura epocale: “Progetto per un nuovo secolo
all’insegna dei diritti civili”. Se poi pensate che queste 198 tattiche
nonviolente sono dette di validità “in tutto il mondo” e se date
un’occhiata anche solo in tralice a Palestina, Iraq, Cuba, Venezuela, o
balzate nel tempo ai nativi d’America, agli algerini sotto la Francia,
ai libici sotto Badoglio, agli etiopici sotto Graziani, ai partigiani
sotto Wolff, ai sovietici sotto Keitel e Jodl, ai serbi sotto Himmler,
eccetera, eccetera, eccetera,
non vi riprenderete dalla vostra risata
convulsa neanche prima dell’umoristico numero successivo.
Vi risparmio l’elenco completo delle
burle. Se non lo avete comprato, ordinatevi quel numero impagabile: lo
incornicerete sopra il letto per addormentarvi sollevati e divertiti
anche dopo la peggiore delle giornate. Vi basti questo florilegio.
I capitoletti in cui è suddiviso questo
capolavoro umoristico sono tanti e già sprizzano comicità da ogni
sillaba: “Forme di protesta e di persuasione”, “Non- cooperazione
sociale” e “Azioni di non-cooperazione economica”, tra le quali c’è una
novità sbalorditiva e dunque esilarante oltre ogni dire: “scioperi”! Poi
“Non cooperazione economica”, “Non cooperazione in ambito politico” e,
chiudendo sulla più grande trovata petroliniana dei tempi moderni,
“Resistenza nonviolenta”. Ma è nello scritto piccolo, come nei contratti
assicurativi, che sta il fulcro della creatività umoristica. Sentite:
sotto “Azioni collettive” abbiamo una voce che ha del fantastico:
“premiazioni farsesche”. Interpreto: si acchiappa D’Alema, quello della
puzza al naso che è la sua, e gli si appioppa tra le gote un naso alla
Pinocchio. Ma vi rendete conto che “trasformazione di massa” in
moltitudo ridens? Essendo un quotidiano laico, uno dei vertici della
comicità è ottenuto con l’arma di trasformazione di massa “pregare e
riunirsi in luoghi di culto”. Qui perfino Woytila, attuffato ma pur
sempre autoironico, crollerebbe per le risate dalla sedia gestatoria. La
voce “socializzare con gli avversari”, presa sul serio da una Luisa
Morgantini del tutto priva di humour, ha fatto invece sbellicare
qualcosa come 8 milioni di palestinesi, fuori e dentro casa loro, con
convulsioni che per qualche attimo li hanno sottratti alla mira degli
“avversari” israeliani. Sempre nel travolgente paradosso laico si
inserisce la voce, sotto “Manifestazioni”: “pellegrinaggi”, da morir dal
ridere specie se si pensa a qualche pellegrinaggio che i musulmani
d’Italia volessero tentare, che so, verso Kerbala o Najaf. Ci sono
anche, e come potrebbero mancare da una tale esplosione di creatività,i
“Ritiri e rinunce”, tra i quali troviamo due voci che ho quasi paura a
rivelarvi, tanto sono sconvolgentemente buffe: “silenzio” e “voltare le
spalle a qualcuno”. Provateci con chi vi caccia dal posto di lavoro,
magari in un giornale, senza art.18 e non la finirete di scompisciarvi.
Vado più veloce, ne avrete da scordarvi le migliore serate con Zelig:
sotto “Ostracismo individuale” trovate, oltre a “scomunica” e
“interdizione” (ci vuole mica un papa e un magistrato?) nientopopodimeno
che lo “sciopero lisistratico”, spiegato ai non cultori dei classici con
“sciopero del sesso”. Gli spiritosoni devono aver pensato al detenuto di
Abu Ghraib che stringe le chiappe e rifiuta l’ingresso del manico di
scopa e ti immagini come si sono divertiti? Sotto “Astensione dalle
relazioni sociali” trovate una vera e proprio gemma dell’intuito comico:
“rimanere a casa” (non sono però sicuro che non si tratti di
un’infiltrazione abusiva di Fassino alla vigilia della manifestazione;
se non lo fosse, saremmo a una celia di valore assoluto). C’è anche, in
questo paragrafo, “emigrazione in segno di protesta”. A pensare come ha
funzionato con i kurdi di Turchia, la risata a crepapelle è garantita.
Corro: “rifiutarsi di dare in affitto immobili” (ai bingo-bongo,
ha,ha,ha!), “rifiutarsi di usare denaro”, “embargo” (agli iracheni è
venuto il mal di pancia dal gran ridere). Al parossismo arriviamo con
“svestirsi in segno di protesta”, “auto-esposizione agli agenti
naturali” (grande successo a Sarno), “riluttanza e lentezza nel
sottostare agli obblighi governativi” (ampiamente corrisposti dai doveri
governativi, che ridere!), “sit-in, stand-in, ride-in, wade-in
(sprofondare in mare: Rimini è strapiena di militanti), mill-in (girare
in tondo. Non “marciare”, come traducono gli incerti anglofoni di
Liberazione), cortei di preghiera” (altra sganasciatura del pontefice)
e, paradosso dei paradossi, quindi freddura suprema: “sciopero senza
astensione del lavoro”.
Amici, so di aver abusato delle vostre
coronarie, ma non ne è valsa la pena? Correte a diffondere e vedrete che
seminerete attorno a voi oceani di risate che quelle omeriche parranno
pianti, appunto, greci.
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Qui nel Centro Italia abbiamo due
opportunità per le elezioni europee, difficili da vagliare nei loro pro
e contro, entrambi con un retroterra comune, la Palestina.
I comunisti italiani presentano Bassam
Saleh, compagno di Fatah e presidente della comunità palestinese.
Rifondazione propone Luisa Morgantini, cislina e donna in nero, da
sempre “indipendente” (è che di comunisti pare non se ne trovino più
atti alla bisogna…). Luisa Morgantini è militante-capa della
nonviolenza, almeno di quella fisica, chè quando a Podgorica, nel 2000,
in piena Jugoslavia squartata dal papa e dall’imperialismo, in pieno
pogrom antiserbo di USA, Nato, ONU e razzisti vassalli albanesi, croati
e bosniaci (con tanto di Osama al fianco), allestì con le donne in nero,
collaborazioniste atlantiche e sorosiane a Belgrado, un seminario su
nientemeno che “Il fascismo serbo”, magari non di cazzotti si sarebbe
potuto parlare, ma di bombe a grappolo politiche immorali e reazionarie
sì. Una caduta terribile. Non vorrei aggiungere: sospetta. Acqua passata
(?)
Morgantini s’è presa a cuore la Palestina
e predica pace, dialogo e convivenza. E più gli israeliani riducono al
lumicino la presenza terrena di donne, bambini e uomini palestinesi e
più la resistenza palestinese provoca a Israele una crisi sociale,
economica, etica e politica senza precedenti nella sua storia, facendo
intravedere una vittoria in fondo a questa via, come la storia conferma,
e più Luisa agita la bandiera della nonviolenza, del dialogo,
dell’avvicinamento delle comunità (una, quella israeliana, vuole all’80%
la teocrazia e la cacciata di tutti i palestinesi, l’altra, la
palestinese, vorrebbe uno statarello minuscolo ma vero: dialogo tra
tigre e cavalletta). Ultimamente ha sponsorizzato, grande merito agli
occhi di un certo Migliore dal cognome abusivo, gli accordi di Ginevra,
accordi tra elite squalificate e per niente rappresentative agli occhi
della propria popolazione (come s’è visto dalle reazioni di massa) che,
pur negando il ritorno di 4 milioni di espulsi, la sovranità, le proprie
frontiere, la propria sicurezza, la propria acqua e terra, potrebbero
buttare un po’di nebbia tra chi lotta per la giustizia. Ennesimo
depistaggio nel momento della massima truculenza sionista e del massimo
rifiuto palestinese a farsi infinocchiare. Morgantini è donna poderosa,
rumorosa e coraggiosa. L’ho vista affrontare gli israeliani con grande
cipiglio. Lo stesso ha fatto con i kamikaze. E l’equivalenza non mi
torna. Non ho motivi per pensarla in malafede. Per la visibilità, il
dinamismo, un colosso di Rodi, per la politica un gremlin.
Bassam ha sfidato benpensanti e
malpensanti, dentro e fuori la sua comunità, come tutte intrise di
opportunismi e differenze di classe, contrapponendosi agli stereotipi
del “terrorismo” e rivendicando costantemente e in tutta Italia storia,
verità, giustizia e diritto di lottare con tutti i mezzi a un popolo
che, più di ogni altro, si vuole eliminare dalla faccia della terra e
che, più di molti, è dotato di forza morale, culturale, politica ,
saggezza. La sua preparazione politica va oltre i confini della sua
questione nazionale e vanta conoscenza e impegno per tutte le questioni
che l’imperialismo capitalista e il conformismo sedicente riformista
infligge all’umanità sfruttata e oppressa, qui come a Ramallah, Gaza,
Bagdad, Melfi. Non lo ha intimidito il lugubre boicottaggio delle
manifestazioni per la Palestina, allestite con compagni “non ortodossi”,
boicottaggio avvallato e sostenuto addirittura in prima persona da forze
che nominalmente dovrebbero essere a fianco dei palestinesi , ma che
allargano di giorno in giorno l’occhio di riguardo a quelle comunità
ebraiche che con Fini e con Sharon continuano ad avere un’implicita
connivenza. Bassam e Luisa, sono due voti per i diritti dei popoli e
contro i genocidi dei barbari. Per vie diverse
Avete i termini della questione.
Scegliete.
P.S.
capirei che ci si possa anche stufare del mio insistito trattamento di
temi attinenti a RC, al suo leader e al suo giornale. Ma li ritengo di
cruciale rilevanza nella fase che attraversiamo e nel mondo in cui io e
chi legge ci muoviamo. In tanto silenzio o pauroso, o timido, o
inconsapevole, o conformista, o subalterno, o disperato, una vox
clamantis in deserto potrebbe non essere sprecata. Se arriva al mare,
potrebbe anche contribuire un piccolo soffio alle vele in attesa.
Comunque cercherò in futuro di rivolgermi ad altri argomenti. Anche
perché forse tutto quello che c’era da dire su Bertinotti e Co. è stato
sostanzialmente detto.
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