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DA NICK BERG A GIULIANA SGRENA: DATI,
IPOTESI E…AVVOLTOI
10/02/2005
DATI
C’è da chiedersi innanzitutto cos’è
successo alla memoria di coloro che si occupano dei fatti del mondo.
Svaporata perché scomoda, faticosa, imbarazzante, perché prende a
schiaffi la tua ignavia, perché ti fa dire quello che non è conveniente
dire, perché apre baratri di orrore a cui, tra un caffè alla macchinetta
di partito o di redazione e la cena tra amici in trattoria, non ci si
vuole assolutamente affacciare. Anche perché, dopo, salotti,
conventicole, postriboli e talk-show non si dovrebbero sapere più
frequentare con la necessaria levità e col cameratismo tipico dei membri
di una megabanda che, dopo tutto, beve gli stessi vini e mangia la
stessa pappa (come sa bene lo sbaciucchiatore di radicali – e dunque di
lama tibetani Cia - e futuro segretario SE, DS, GAD, FED, PLOFF, SPLASH,
Fausto Bertinocchio).
Non c’è
Giuliana senza Nick Berg.
Giovane idealista di padre pacifista e antineonazi, non ammaestrato
dalle minacce di morte che gli vengono da siti del partito bushista, va
in Iraq a metter su antenne per far vedere a quelli infilati nel sangue
fino al collo che nel mondo se ne raccontano di balle su di loro e sui
loro carnefici. Non va bene, gli occupanti si risentono, lo ingabbiano,
lo rilasciano quando il padre li denuncia, lo fanno trovare senza testa
tre giorni dopo. Poi appare un video che più istruttivo non si può: Nick
Berg immobile e senza respiro e dietro un presunto Abu Musab Al Zarkaui
(per chi non lo sapesse un rissoso ubriacone giordano che nel 1996
finisce in galera a Zarka, appunto, in Giordania e ne esce nel 1999,
arruolato da Osama Bin Laden (che la sua anima resti in pace, dopo che
hanno speso un trilione e mezzo di dollari dicendo che erano per
pizzicarlo), per andare a fare la guerra santa con i Talebani in
Afghanistan. Osama, poco prima, era stato catturato dai sudanesi nel
1997 (forse è per questo che Clinton ha poi bombardato l’unica fabbrica
farmaceutica di quel paese, concorrente impudente della Novartis), e
offerto su un piatto islamico al governo USA. Che, cristianissimo,
rispose (lungimirante e, lui, si, pieno di memoria): “Speditelo in
Afghanistan”. Non conta molto, Abu Musab, nondimeno i reporter senza
frontiere riferiscono che lì, in Afghanistan, intorno al 2001-2002, s’ è
fatto segare una gamba da una “Tagliamargherite”, l’aggeggino
statunitense che affetta gente meglio di un trituratore.“Trituratore”,
suona raccapricciante vero? E’ per questo che tutta la stampa del mondo,
giorni prima dell’invasione, aveva riportato la rivelazione di un (uno,
1) testimone – curdo! – che Saddam usava fare a striscioline i suo
avversari gettandoli nel tritacarta?. E allora, non vuoi fare la guerra
a uno così? Come già nel 1991, quando ambasciata del Kuwait a Washington
e Hill & Knowlton P.R al suo soldo., mandarono mezzo mondo a invadere
l’Iraq, libero, sovrano e benestante, ma fastidioso assai a Israele,
sulle ali dell’indignazione per la bufala “bambini kuwaitini estratti
dalle incubatrici e sbattuti per terra”.
Nel
video del povero Nick, Zarkaui si era fatto ricrescere la gamba, aveva
ignorato che era stato dichiarato, sempre dai reporter senza frontiere,
morto in un bombardamento del Curdistan nel 2003, aveva parlato con
accento ebraico (e, comunque, non giordano), all’atto della
decapitazione di Nick aveva compiuto il miracolo di non fargli schizzare
una goccia di sangue da entrambe le parti del collo sezionato (Nick era
già freddo come un salmone dell’Alaska tenuto all’aria per 24 ore),
aveva sovrapposto al nastro registrato, visto che i morti non urlano
neanche quando vengono decapitati, un grido, disumano sì, ma, per
lamentevole trascuratezza, di donna; e aveva girato l’intera scenetta in
un locale che aveva il soffitto e le pareti verniciate, una sedia e il
battiscopa proprio identici a quelli che si erano visto nelle riprese
delle giocherellone e dei giocherelloni su piramidi umane nude a Abu
Ghraib.
Nick
era servito ad introdurre il deus ex machina di Zarka, a redarguire
volontari, pacifisti, ficcanaso e scassaminchia dal mettersi di traverso
al genocidio statunitense-sionista in Iraq, a distogliere l’attenzione
dagli orrori che venivano rigurgitati, certo in piccola, ma comunque
irritante, parte dalle prigioni in cui le SS occupanti tenevano la
gente acchiappata alla rinfusa perché si dimenticasse di essere
irachena.
Non c’è
Giuliana senza Enzo Baldoni.
Generoso, euforico, un po’ azzardato personaggio tra
management a volontariato, che si affida nientemeno alla crocerossina di
Bushlusconi, Maurizio Scelli, se ne va con un convoglio della Croce
Rossa col quale non avrebbe mai dovuto andare, viene ripresentato, in
formato virtuale, decapitato (il corpo non c’è). Come sovraprezzo il
tabloid per ogni uso, “Liberazione”, lo presenta in prima pagina - ops!
- sbaciucchiato su entrambe le guance dalle bionde colleghe marine
della liberatrice di gente al guinzaglio in Abu Ghraib, caporale
England. Ah, la diversità delle donne, vero Lidia Menapace? Ma di te ci
occupiamo dopo.
Tra foto tipo paisà di “Liberazione” e volontariato
pacifista, il povero Baldoni serve i due classici piccioni con una fava:
la riorrorizzata resistenza e la necessità della presenza delle truppe
di Enduring freedom . Un
terzo che gode è Bertinocchio con la sua “spirale guerra-terrorismo”
ritirata a lucido.
Non c’è
Giuliana senza le Simone.
Simona Torretta, del “Ponte per” e Simona
Parri, già del Ministero della Difesa, con i loro colleghi arabi,
spariscono in pieno giorno, tra gli applausi scroscianti (ma inudibili)
della più potente forza d’occupazione del mondo, nel posto più
sorvegliato di Baghdad, come venissero portate a un picnic e vengono
inseguite da sorrisi e auguri. Che ignominia questa presunta Resistenza,
apposta subito derubricata da Bertinocchio a robaccia con la “r”
minuscola, anzi microscopica. Appaiono come il capitano Kirk in fondo al
tubo della transustanziazione fotonica, cappuccio in testa, davanti
nientemeno che a Maurizio – Padrepio – Scelli, in pieno deserto, ma,
con la principale moschea sunnita (!) in bella – e significativa! –
silhouette sullo sfondo. Si tolgono il cappuccio davanti a telecamere
pronte, accese, puntate, belle pimpanti e vengono via con una specie di
panettone, fino a Roma dove producono un’epifania vestite da madonna.
Finiranno in bikini sulle spiaggia delle Eolie a dettare autobiografie
ai giornali femminili. Intanto, in Iraq…
Erano i
giorni della più spaventosa strage bombarola, radioattiva, chimica, dai
tempi di Hiroshima.
Falluja,
l’Auschwitz USA-SION. E bisognava pure
spostare lo sguardo… Intanto il Berlusconi scellizzato si imporpora di
trionfi, la internazionalmente criticata CR italiana
fa dimenticare le sue beghe interne e
i provvedimenti ad personam del governo
e le Simone, ringraziato
a destra e a manca (eminentemente a destra) e sparate le loro povere
cartucce bagnate contro il “terrorismo”, possono farsi riprendere dai
magazines in spiaggia. Altro
che sabbia del deserto…
Non c’è Giuliana senza Margaret Hassan
di “Care”, una delle poche ONG internazionali a non avere nell’armadio
barbe finte, conti nel Lichtenstein, progetti di bolle di sapone, o
comitive turistiche. Una che le cose per il popolo iracheno le faceva
sul serio. Per il resto vedi sopra. Ma lei ci ha rimesso le penne.
Non c’è Giuliana senza Malbrunot,
Chesnot, Audenat.
Due giornalisti
francesi, basta la parola. E
basta vedere Parigi, oggi, ballicchiare, finalmente, al ritmo dello
swing suonato a Washington.
IPOTESI
La
granitica asserzione che si trattava di banditi di passo gli è stato
ricacciata nella strozza, ai mille e mille cronachieri che, in assenza
di un qualsiasi appiglio anche solo pseudoprofessionale, vi si erano
impiccati, grazie a una constatazione semplice semplice, fatta
dall’intero, variegato e competentissimo mondo della controinformazione
italiana, ma ancora più statunitense. Se fossero bande criminali non
avrebbero avuto la palese tolleranza delle guardie dell’università, lì a
tre passi, non avrebbero potuto agire a volto scoperto in un’area tra le
più sicure e, soprattutto, queste bande, che l‘imperialismo alleva
amorevolmente e con scrupolo non appena deve fare di popoli spremute di
petrolio, di rotte energetiche, di oppio e cocaina, o di capitalismo
all’ultimo stadio, da tempo sanno come operare nella necessaria
impunità, con il necessario utile e nella necessaria discrezione:
rapiscono e fanno riscattare uomini d’affari, banchieri, industrialotti,
riccastri. Il sistema è oliato: acchiappi, fai sapere, incassi e nel
giro di 24 ore tutto torna a posto. Una pratica in cui si muovono a loro
agio tipi come Chalabi e Al laui. E’ una vita che stanno nel
milieu!
E
dunque si è passati a qualche “formazione della Resistenza”, ormai tutta
Zarkawi, ubiquitoso peggio di Figaro, è dappertutto, fa tutto lui, serve
al paradigma caro al Bertinocchio,
sposta l’attenzione dei nonviolenti,
specie donne, violentissime quanto a picchiare i non-noviolenti, dalla
violenza dei guerrieri a quella dei guerriglieri, fa di tutto un brodo,
crea quella bella, fitta nebbia che stronca le gambe anche al più
formidabile marciatore per la pace. Resistenza tanto più perfida,
ottusa, sanguinaria, satanica, quanto più “8 milioni
di cittadini a rota di
democrazia hanno votato in Iraq” (scheletrino Fassino, D’Alema-con-la-puzza-sotto-il-naso-che-è-la-sua,
la X Mas, Bertinotti, la P2…) e quei maledetti non vogliono farsene una
ragione. Che fa se metà del paese non ha visto i seggi neppure da
lontano e i “giornalisti” (dalle virgolette esentiamo naturalmente il
grandissimo Stefano Chiarini del Manifesto, Giulietto Chiesa, Gianni
Minà, salvifici svergognatori di scribacchini, mignottoni e ancelle) e
gli osservatori e i buttafuori peshmerga ne hanno potuti vedere solo
cinque, quattro nella Baghdad a prevalenza scita, uno in quella a
predominio sunnita. Che fa se tutta la comunità araba, turcomanna,
assira, caldea del Nord non ha potuto votare per mancanza di schede e
seggi. Che fa se sono i marines a contare, tra un razzo e l’altro della
Santa Resistenza che finiscono sulla Zona Verde, i voti per il
masnadiere Cia-Mossad Chalabi, o il tagliateste Cia-Mossad Allaui.
Democrazia doveva essere per tirarci fuori dalla crisi di coscienza, per
far borborigmare a un papa col maldigola cose meno doppiosenso su pace e
guerra che quelle con le quali giocoliereggia dal riconoscimento della
Croazia in qua. “8 milioni”, hanno detto torturatori, squadronisti
della morte, specialisti cinquantennali di operazioni sporche. “8
milioni” e non uno di meno erano quelli che servivano. “8 milioni”
decretò Bush prima del “voto” e 8 milioni furono.
Poi,
la nemesi. Perbacco, Al Zarkaui prima rivendica, e ci mette tutti con
l’animo in pace, poi smentisce. Sfiga nera! C’è qualcuno che s’è chiesto
perché la centrale “Operazioni Sporche” di John Negroponte nella Zona
Verde, prima fa rivendicare e poi fa smentire? Eh già, se Zarkawi, che è
tutta la Resistenza, una e trina, a 360 gradi e con la benedizione della
quota Bin Laden nell’impresa Bush, smentisce, e la storia dei
banditelli alla Mesina non regge neanche un moccolo, chi cazzo ha rapito
Giuliana Sgrena? L’unico cartello stradale decifrabile indica: Falluja e
la carne di porco che i serialkiller a stelle e striscie hanno fatto
della vicenda umana.
L’ipotesi è che la sollevazione di tutto il mondo islamico e arabo,
quello della comunità sunnnita, della Resistenza patriottica vera,
entrambe politicamente interpretate dal Consiglio degli Ulema (dopottutto
rappresentano il 38% arabo del popolo iracheno, visto che, per la
verità, gli sciti sono il 39% arabo, i curdi il 20%, e il resto 3%
arabo, turcomanni e caldei),
abbia imposto agli autori il ritiro della versione “Zarkawi”. Sono
tutti coloro che si oppongono - gloriosamente in armi, e senza, con la
forza della loro verità, del loro coraggio (mica determinato dalle
fiamme alsistaniane dell’inferno come nel caso dei miseri votanti),
della loro sacrosanta ragione - al rapimento di una giornalista non
embedded, ad aver saputo
imporre ai media di tutto il mondo, milioni di gaglioffi compresi, una
domanda spiazzante, ma grande come il Codice di Hammurabi: come si può
continuare a far credere che Sgrena sia stata rapita da noi? Da coloro
che resistono sotto una pioggia di napalm e uranio e, nel nome
dell’umanità tutta, stanno vincendo? Da chi combatte la neoplasia del
mondo? Paradosso micidiale.
Ma
l’obiettivo dell’operazione “Scuola delle Americhe”, o “Piano Condor”,
si può ancora recuperare. Gli uffici “operazioni sporche” ne hanno di
carte di riserva. Intanto si continua con la doccia scozzese: sana e
salva, no, non si sa un tubo, prossima alla liberazione, no, prossima
all’esecuzione… in modo da frollare ben bene una pubblica opinione già
spettinata dagli artigli dei pennuti volanti, esperti, analisti,
commentatori, furie nonviolente, bertinocchi. Ciò che conta è continuare
a parlare di Iraq come di indistinto “caos”, una “orrenda palude”, un
triangolo delle Bermude, un “regno dell’anarchia e della violenza” (ah,
le ginocrate!), “dove tutti, come disse una volta un dirigente
dell’Ernesto al Dipartimento Esteri del PRC, che l’avrebbe dovuta sapere
più lunga, “sparano a tutti e non si capisce più niente tra amico e
nemico”. Ecco, rappresentare la guerra di liberazione di tutto un popolo
che vede due fronti chiaramente contrapposti, giustizia e vita contro
crimine e morte, come una specie di informe blob, un’ enorme escremento
pieno solo di mosche in contesa, è già un bel risultato, o no? Poi potrà
succedere (amici, non sono un profeta, la butto là, come si dice: qui lo
dico e qui lo nego) quanto segue.
Si estenua il tira e molla nella GAD
(Grande Alleanza Demonologica) sul voto per il rifinanziamento della
spedizione di guerra e repressione in Iraq (lo dico, perchè il Codice
Militare di Guerra per i giornalisti non è ancora passato, manca poco),
con Rutelli che sogghigna ai generali interventisti, Mastella che gli
sta nel taschino in alto a destra sotto i lustrini, D’Alema e Fassino
che sistematicamente fregano in guerra umanitaria e a destra Rutelli, e
la Sinistra Radicale (pessimissimo nome) che: “Non ci pensate
neppure!”. La tiritera prosegue, Sgrena resta in mano al gollum, il
voto viene rinviato, tutti confondono lacrime e fiaccole per la
malcapitata giornalista, ci si unisce in afflato nazionalsolidale come
per le Simone (mai scordare Bertinocchio: il ritiro immediato non è più
all’ordine del giorno), e, quando proprio non la si può più mandare
avanti e l’Ulivo è sufficientemente cotto, spunta uno Scelli, o irrompe
una pattuglia di marines (ricordare la farsa del blitz a porte aperte
per “liberare” i quattro “ragazzi” di Piero Sansonetti!), o si
materializza in mezzo al deserto il nunzio apostolico, con due cherubini
ai lati e Giuliana Sgrena (volesse il Sismi!) ci viene restituita in
jalabbiah. Vuoi vedere che a quel punto il voto per il rifinanziamento
del massacro di Stato iracheno trionfa e la GAD (Grande Allenza
Demagogica) si spacca in due, Radicali e Moderati, e tutto il disegnino
prodiano di una GAD (Grande Alleanza Demaniale) vittoriosa alle
regionali e poi alle politiche verrebbe cancellato dalla scolorina della
Centrale Operazioni Sporche? Vuoi vedere che il tappo Berlusconi
rimbalza ancora una volta in alto, dai fiaschi del suo mafia-cabaret? E
se invece, la uccidono? Non arriveranno all’esaltazione degli occupanti
(però, con D’Alema-Opus Dei non si sa mai), ma l’abominio della
“resistenza”, quello non se la lasceranno sfuggire. Cambia poco.
E a Bertinocchio non andrebbe neanche tanto male, anzi. Turgido, si
ergerebbe come l’unico vero interlocutore dell’oceanica volontà di pace
in Italia, solitario sovrano dell’aspirazione a un’autentica svolta
socialdemocratica, unico erede dell’intempestivo e impaziente Occhetto
nella strategia della fine della lotta di classe e antimperialista nel
nostro paese attraverso una Bolognina lunga 11 anni: cuore e cappello
della GAD (Grande Alleanza Demistificata, Demodulata, Demembrata e, su
tutto, Démodé peggio di Tanassi).
Avvoltoi
Dedica finale a Lidia Menapace, stendardo un po’ sgualcito, per quanto
fremente, del battaglione corazzato di femministe che in queste
settimane da Tramonto dell’Occidente (vedi Spengler) tsunamizzano il
tabloid “Liberazione” allo scopo di sommergere i pochi scogli di
resistenza al frastornamento revisionista, liquidazionista, nonviolento,
con cui il Bertinocchio ha ordinato di traumatizzare e passivizzare il
suo esercito (chiedo scusa per la metafora brutalmente militaresca) in
vista di un congresso che non sarà più
solo di “rifondazione”
(senza comunista) come quello scorso, quando gli mettemmo una pezza col
lenzuolo “comunista-comunista-comunista”, ma
neanche di “rifondazione”.
E noi che non ci accorgiamo che altro che di rifondare, ma piuttosto di
affondare si tratta..
Si
sono allineate e hanno sparato come un Organo Stalin, le ginocrate di
Rifondazione, hanno occupato tutti gli spazi, centrali, marginali,
epistolari, editoriali, saggistici, tracimando addirittura ben oltre il
kibutzaro addetto a castigare gli “integralismi islamici”, Guido
Caldiron (ed è stata dura). Ma nessuna si è arrampicata su vette più
eccelse del “bel pezzo” dell’ex.staffetta partigiana Lidia. Nel numero
di ieri, 9 febbraio, vale la pena di leggere, ma muniti di carta
asciugante, “La bellezza di Giuliana” (io credo che, se Giuliana Sgrena
ha un minimo di buongusto, e nulla farebbe credere che non ce l’ha, al
di là di quello che ci divide sul piano dell’analisi e della visione,
dopo aver letto cosa hanno scritto di lei orde di ipocriti o
frastornati, in maremoti di narcisistica santificazione, essenzialmente
un gettito autoreferenziale per brillare un attimo nell’occhio di bue,
andrebbe per il resto della vita in un convento di trappisti. O
piuttosto se ne resterebbe dalle parti di Sadoon Street, sequestri o non
sequestri.
Cito:
“Giuliana intensa, affettuosa, intenta, umana, Giuliana inerme,
delicata, limpida, levità e leggiadria, decisa, ragionevole e piena di
sentimenti… Giuliana, la bellezza” (tout court). “Giuliana con rovine
sullo sfondo e bambini che di lei non hanno alcuna paura (sic!), ma solo
confidenza e le tendono la mano (sic!)…Giuliana tende il volto ad
accompagnare domande pacate, razionali, pungenti, stimolanti”. Il
vocabolario di Menapace non ne poteva più. E ha preso a rimettere. A
fronte di questo paradiso allo sciroppo, si sono sentiti improvvisi
ruggiti e ululati: “I sequestratori o coi volti celati, o con l’intero
corpo nascosto sotto paramenti” (sono i contadini poveri, in Iraq, a
portare i “paramenti”, sono i partigiani iracheni ha avere in testa la
corona della kefiah)…”insetti corazzati, truci, minacciosi, feroci, con
gesti violenti sgraziati, con pratiche vigliacche, bisognerà pure che ci
rifacciamo la nostra educazione estetica” (e qui, Menapace,
rischi)…”mostruoso, vomitevole, da rifiutare …” Su chi si abbatte questa
tenera prosa della nonviolenta Menapace? Chissà, forse un tantino anche
sui terminator a stelle e striscie. Ma non lo dice. Certamente non si
addicono a chi ha rapito Sgrena, quelli stanno in uffici con aria
condizionata e linee rosse per Washington, Tel Aviv e Roma. No, a essere
bombardati con la melliflua brutalità di queste morgantiniane esperte in
kick-boxing sono i “violenti” tout
court, i “terroristi”, chi usa un’arma, non importa se per
difendere la vita del figlio non ancora trucidato come gli altri cinque
e il padre e per riconquistare il suo posto nell’umanità, o per
distruggere, devastare, obliterare e poi rubare. Ma Menapace ha anche
una soluzione, oltrechè un’educazione estetica. E guai a non dar retta a
una bianca occidentale, magari cristiana, europea perlopiù, e
“comunista” per sovraprezzo: “Il popolo iracheno ha il diritto di
resistere, non soltanto con le armi (quelle le autorizza un maschilista
Diritto Internazionale.
N.d.r.).
Quindi
spetta a noi, che possiamo guardare un po’ più da lontano (avvicinati
Menapace, avvicinati! N.d.r.). di trovare, suggerire, raccomandare forme
di difesa popolare nonviolenta, azioni dimostrative, manifestazioni
politiche, pratiche di solidarietà, ecc. E’ molto difficile, perché la
violenza della guerra è infettiva e suscita nei popoli il peggio delle
loro culture… La resistenza irachena, che continuo a considerare
legittima (?), deve (sic) dissociarsi dal terrorismo e cercare di
costruire alleanze e patti con la popolazione, concorsi e confronti con
l’opinione pubblica democratica dei vari stati…(Menapace compresa)”. Ah,
che farebbe il popolo iracheno se non ci fosse Menapace!
Mi
ricorda, Menapace, tale David Vender, uno del Prc di Roma, che un giorno
zeppo di stronzate, ebbe a pronunciare pensoso: “La resistenza
irachena non ci parla!” Come si dice? Non c’è peggior sordo…
Ma
Menapace ha avuto un momento di concretezza , o, come dicono,
di autocoscienza. Quando ha scritto che non si ricorda nessun nome.
Dai,
Menapace, non solo i nomi ti sei scordata!
Vauro ha fatto una vignetta: basso,
molto basso, volavano avvoltoi.
Avvoltoi con una spocchia senza fine.
Avvoltoi con ali nere e smisurate, come la loro spocchia.
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