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CUBA E LA
REVOLUCION BONITA DEL
VENEZUELA
Non è solo di solidarietà ideologica e
di resistenza all’imperialismo il legame alla base dei rapporti in
impetuoso sviluppo tra la rivoluzione cubana e quella bolivariana del
Venezuela. C’è, come sempre quando Cuba esprime il suo
internazionalismo fattivo,
un reciproco darsi la mano sulle questioni concrete. L’insieme di
questi fattori si può ben dire che sia la forza propulsiva di questa
nuova America Latina reaparecida
che si sviluppa lungo l’asse Argentina-Bolivia-Brasile-Venezuela. Non
c’è alcun dubbio che se non ci fosse stata la lunga ed ininterrotta
sedimentazione della lezione cubana, quanto a possibilità di
trasformare radicalmente la società e di resistere al ritorno
dell’imperialismo colonialista e guerrafondaio, difficilmente le masse
in Argentina e negli altri paesi dell’effervescenza latinoamericana
avrebbero avuto la forza quantitativa e qualitativa per esprimere
bisogni radicali ed imporre alla propria classe dirigente svolte, in
alcuni casi per ora parziali, ma sicuramente già di grande significato
e conseguenze di lungo termine per l’assetto politico, sociale ed
economico del continente e per i suoi rapporti con il potente e
prepotente vicino al di là dei Caraibi.
Nella mia recente visita, per completare
un documentario video sull’America Latina “del risveglio”, a Caracas e
in altre parti del paese, fin nella selva tropicale dell’immenso delta
dell’Orinoco, dove gli indios Warao stanno per la prima volta
conoscendo luce, scuola, sanità, scambi, pur nella rigorosa
salvaguardia del loro impareggiabile ambiente, Cuba spuntava da tutte
le parti. All’ippodromo della capitale si festeggiava il milionesimo
alfabetizzato nel 2003 della
Mision Robinson, una campagna governativa per sradicare il
terribile analfabetismo ricevuto in eredità da decenni di regimi
corrotti ed autoritari dell’oligarchia latifondista ed
imprenditoriale, quella che con il dieci per cento della popolazione
controllava l’80% della ricchezza di un paese ridotto in uno stato
paragonabile alla Cuba del sanguinario fantoccio yankee Batista.
Ebbene quell’esaltante successo sarebbe stato difficilmente
raggiungibile senza il contributo di centinaia di insegnanti e
studenti volontari cubani che, con i colleghi delle scuole e dei
circoli bolivariani, sono penetrati ovunque nel paese, portando quello
che alla maggioranza della popolazione era stato sempre negato:
leggere, scrivere, conoscere, comunicare. Un’altra campagna, con
l’aiuto dei compagni cubani, ha recuperato agli studi e al diploma
decine di migliaia di vittime dell’abbandono scolastico e un’altra
ancora, con l’impegno di migliaia di medici cubani, ha raggiunto con
presidi sanitari il 12milionesimo abitante del paese. Quando si dice
l’internazionalismo!
Ed è contro l’amicizia con Cuba,
ribadita in faccia a uno sbigottito e irritato Bush anche da Kirchner,
Lula e Chavez nel recente vertice interamericano di Cancun, che si
scaglia con particolare accanimento, come sempre ispirata ed istigata
dai protettori e infiltrati USA, la propaganda dell’oligarchia
golpista, oggi alla terza prova di sedizione contro il governo
legittimo e democratico del presidente Hugo Chavez, dopo le clamorose
sconfitte del fallito golpe dell’11 aprile 2002, e della serrata per
la paralisi del paese di fine 2002 e inizio 2003. Due complotti che in
Cile avevano vinto, ma che qui sono stati battuti - e con metodi
integralmente democratici! – dalla maturità politica della popolazione
e dalla forza di una rivoluzione che non si è fermata a metà strada.
In questi mesi l’esperienza venezuelana,
che riconosce in Bolivar, Marx, Lenin, Mao, Josè Martì e Fidel i suoi
padri e riferimenti teorici, sta attraversando la prova più difficile.
Il colpo di Stato di Haiti, che ha spodestato il presidente Aristide,
democraticamente eletto, per opera di una banda di briganti eredi dei
Toton Macoute, eterodiretti, armati e finanziati dagli USA, è stato un
chiaro avvertimento. A Cuba, come al Venezuela e, più in là, a tutti i
paesi latinoamericani che stanno percorrendo una strada poco gradita a
Washington e alle istituzioni internazionali da Washington
controllati. Contemporaneamente il golpismo dei settori che Chavez ha
spodestato ha rimesso in piazza tutta la sua forza, prendendo a
pretesto la dichiarazione di nullità che il Comitato Elettorale
Nazionale ha adottato su quasi metà dei presunti tre milioni e passa
di firme raccolte per imporre il referendum revocatorio del presidente
e affermando, senza la minima prova, che tale dichiarazione era stata
imposta da un diktat del governo bolivariano. E pensare che perfino i
mediatori statunitensi di Carter e quelli latinoamericani avevano
potuto constatare come centinaia di migliaia di firme fossero di
deceduti, minorenni, o fossero state apposte dalla stessa mano. Di
altre gli stessi firmatari avevano denunciato l’imposizione da parte
dei datori di lavoro con il ricatto del licenziamento.
Come nelle altre occasioni, la risposta
non è mancata ed è stata tempestiva: oltre un milione di cittadini, di
quei ceti sociali, soprattutto proletari e contadini, ma anche in
misura crescente medi, cui Chavez ha per la prima volta dato
rappresentanza politica assumendone i bisogni e sancendone i diritti,
hanno manifestato a Caracas e in altre città in difesa della loro
rivoluzione.
A Roma abbiamo poi sentito due avvocati
personali del presidente, Jose Castello Suarez e Rene Duerto Gomez,
nel corso di un loro tour in Europa per contrastare la potenza
mediatica, praticamente monopolistica, dell’oligarchia venezuelana,
come di tanta stampa occidentale che ne accetta passivamente le
menzogne e diffamazioni. Obiettivo finale del viaggio, contrastare
davanti al Procuratore della Corte Penale Internazionale dell’Aja (da
non confondere con il tribunale-fantoccio creato da Clinton per
processare i patrioti jugoslavi) l’accusa portata dai golpisti di
“violazione dei diritti umani” da parte del governo, in occasione del
golpe dell’11 aprile e dimostrare come questa accusa, non solo manchi
dei più elementari requisiti giuridici, ma sia da rivoltare contro gli
accusatori, la cui parte politica è stata dimostrata
inequivocabilmente responsabile delle uccisioni di civili nel corso di
quel golpe (uccisioni, del resto, che si sono rinnovate nel corso
della sedizione del marzo scorso, quando i soliti provocatori hanno
sparato sulla folla per poi attribuire la colpa delle morti al
governo). Le imputazioni chieste contro i media e i dirigenti
dell’opposizione parlano di genocidio e incitamento al genocidio.
Quanto alla causa promossa dalla Coordinadora Democratica
(opposizione), la Corte l’ha dichiarata inammissibile, anche perché i
fatti denunciati risalgono all’11 aprile 2002, mentre la Corte
Internazionale è entrata in funzione solo il primo luglio di quell’anno.I
due legali di Chavez hanno anche incontrato i massimi esponenti della
diplomazia del Vaticano per chiedere ragione dell’atteggiamento della
gerarchia cattolica, schierata in Venezuela a fianco dell’oligarchia
fascistizzante diversamente dalle scelte fatte dal clero cattolico in
altri paesi latinoamericani, e per chiedere alla Chiesa un
atteggiamento quanto meno imparziale nel conflitto politico e sociale
in corso.
In parallelo, i due emissari venezuelani
hanno colto ogni occasione per incontrare, nei vari paesi europei,
esponenti dei mezzi d’informazione cui esporre la realtà della
situazione in Venezuela, contro le deformazioni della stampa
filoimperialista – guidata da quell’assocazione di trombettieri
dell’imperialismo che corrisponde al nome di
Reporters sans frontieres -
che si accanisce a rappresentare un paese preda di una spietata
dittatura, quando, nonostante le provocazioni, i sabotaggi e le
violenze del ricorrente golpismo dei ceti ricchi e le interferenze
statunitensi (18 milioni di dollari, spediti ai cospiratori in modo
clandestino dalla Bank of America di Miami, sono stati intercettati in
pacchi da 25 kg ciascuno all’aeroporto di Caracas a dicembre), il
governo si è attenuto finora con ineccepibile rigore alle norme
costituzionali ed ai metodi democratici, nel pieno rispetto della
divisione dei poteri, riuscendo a rintuzzare i tentativi eversivi
eminentemente con la forza del consenso popolare. Delle menzogne dei
media golpisti sono state portate prove documentarie e riprese video
che mostrano i pistoleros dell’oligarchia mentre sparano sulla folla.
Ci sono anche immagini di due alti prelati della gerarchia che firmano
l’atto costitutivo del governo golpista di Carmona, durato solo 24
ore.
Sono moltissimi gli elementi informativi
con cui Castello Suarez e Duerto Gomez riescono a decostruire
efficacemente l’immagine del Venezuela come rappresentata dal golpismo
interno e dai suoi sodali internazionali, tra i quali in prima linea,
accanto al Pentagono e alla Cia,. irresponsabilmente anche
l’Internazionale Socialista, e a restituire alla prima rivoluzione
democratica e pacifica del Sud America la sua verità. Cuba, che nel
processo bolivariano ha impegnato le sue forze migliori, sa bene
quanto pesi l’armamentario diffamatorio dell’imperialismo, con i suoi
alleati vassalli e i suoi utili idioti. Ne ha avuto un’ennesima
esperienza dolorosa in occasione degli eventi dell’aprile scorso,
quando su Cuba, in difesa di terroristi al soldo degli USA fatti
passare per “intellettuali dissidenti”, si avventò la canea della
diffamazione e della falsificazione e coloro che si azzardarono a
mettere in chiaro le cose come stavano furono duramente repressi
perfino da certa stampa di “sinistra”. Ma come Cuba, forte di una
rivoluzione condivisa dal suo popolo, ha saputo rintuzzare tutti i più
feroci attacchi terroristici e propagandistici, così c’è da aver
fiducia che la revolucion bonita,
avanguardia di un’America Latina reaparecida, saprà reggere l’urto e
di questa aggressione e delle altre che verranno.
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