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sinistre
“Sinistre”
da
randagi che abbaiano alla luna
a sorci da
interstizio di
governance
le nuove avventure di Bertisconi
e dei furbetti della sinistrina (sulla pelle di Palestina, Iraq
e di tutti noi)
05/06/2006
La risacca di sapore massonico che
ha trascinato a fondo tanti bravi compagni al traino della
carretta bertinottiana, peraltro sospinta in mare dai venti
benevoli degli inceneritori televisivi berlusconiani e dei
lupanari vespaioli, sia per intima affinità etica e mercantile,
sia per meriti conquistati nella difesa a cannonate parlamentari
di quel monopolio (governi Dini e Prodi, pronube il munifico
berlusconista Niki Grauso), continua a rigurgitare sulla
spiaggia rottami d’ogni genere. Siamo alla discarica. Pure
tossica se, tra i cumuli di rifiuti, si riesce a scorgere un
recente paginone di “Liberazione”, bollettino glbt-femminista
delle imprese del principotto e del di lui imperatore D’Alema.
Pagina intera nella quale Guido Caldiron (che è poi la Fallaci
dopo l’intervento a Casablanca) e consimili corifei dell’impero
sionista, tornano a trasfigurare in “primavera libanese” (tipo
le analogamente idolatrate “primavere” di Georgia, Ucraina e
Jugoslavia) la manovra di destabilizzazione del Libano
funzionale alla distruzione della Siria, telediretta dai
terroristi di Stato di Tel Aviv e dai colonialisti di Washington
e Parigi ed eseguita dai fascisti libanesi della Falange e dai
berlusconidi del clan Hariri. Sempre sull’inqualificabile foglio
viene esibita al rallenti in prima pagina la luciferina bufala
del giornale nazisionista canadese “National Post”,
trasparentemente finalizzata a lubrificare il consenso all’irachizzazione
anche dell’Iran, secondo cui in quel paese agli ebrei verrebbe
imposta una fascetta gialla, di chiaro richiamo nazista (e alle
altre minoranze altri colori). La smentita, dilagante su tutti i
media del mondo, viene liquidata il giorno dopo in uno di quei
trafiletti in capo alle pagine che nessuno legge.
Quiz: chi assomiglia di più a
Hitler?
Intanto l’obiettivo dei guerrieri
psicologici nazisionisti è stato raggiunto: Ahmadinejad come
Hitler, iraniani e, di nuovo, musulmani, come nazisti. Ed è
stupefacente che ci provino ancora, dopo che il trucchetto
Cia-Ned-UsAid-Mossad si era già abbondantemente ripetuto e
logorato con Castro, Arafat, Milosevic (“Hitlerosevic”), Saddam,
il mullah Omar e più recentemente con Chavez e Morales.
Evidentemente contano, a ragione, sull’ottundimento
mediasettiano della gente e sulla perenne disposizione alla
captatio benevolentiae
delle sinistre. Mai nessuna di queste che, magari confrontandosi
con il sindaco criptorabbino di Roma ( o con il suo emulo alla
regione, presidente Marazzo, di sciocca memoria tv, che
accompagnando studenti e rabbini romani a studiare la Shoah in
Israele, coglie l’occasione per la colonizzazione sionista del
Lazio in termini di accordi economici vari e manca l’occasione
per guardare oltre il muro di Sharon all’olocausto dei
palestinesi) avesse osato un ben più giustificabile accostamento
tra la defunta epitome del Male e uno qualunque dei premier
israeliani. Eppure questi ultimi non gli sono mica molto da meno
quanto a soluzioni finali per interi popoli, guerre di
aggressione (“Crimine supremo contro l’umanità”, secondo
Norimberga), occupazioni, polverizzazione dei diritti umani e
del diritto internazionale, sprangate sui denti alla “comunità
internazionale” (leggi ONU), torture, genocidio, punizioni
collettive, assassini mirati, terrorismo bombarolo, minacce
nucleari…
Sgrena e le altre. I silenzi sul
rapimento.
Non poteva mancare al richiamo del
pifferaio sorciaiolo di “Liberazione” il caposquadra delle
femministe al cianuro che alluvionano gli scarsi fogli del
giornale con ossessioni machiste di genere, di corpi e di veli
islamici. Monica Lanfranco, a smentite straripetute da giorni,
ancora rinnova l’istigazione a razzisticamente delinquere
ribadendo la balla criptonazi della fascetta gialla agli ebrei
d’Iran. Ignoranza, malafede? In ogni caso accanimento
psicossessivo di veterofemministe con il bazooka, più
fanaticamente occidentocentriche che intelligentemente
femministe, che in ogni caso fanno vibrare di soddisfazione
coloro che, scambiando da sessant’anni il proprio ruolo di
carnefici con quello delle vittime, grazie a simili coperture
possono perpetuare e allargare i crimini. E’ della stessa
scuola, dispiace dirlo, anche Giuliana Sgrena, della quale
rispettiamo la dura esperienza subita, ma non per questo
apprezziamo l’interpretazione delle cose. Lacrimevole e faziosa
sostenitrice dei peggiori stereotipi della propaganda
imperialista con falsificazioni come la “primavera berbera”
(strategia destabilizzatrice della Francia contro l’Algeria), il
“terrorismo” e “l’integralismo” islamico (di cui mai intende il
telecomando Usa-Sion), i “crimini di Saddam e del Baath”
(interamente usciti dalle agenzie di disinformazione),
specialista in vittime e non violenza e quindi inconsapevole
fiancheggiatrice di chi sinceramente avversa, ancora ci deve
parlare di molte cose misteriose che circondano il suo
sequestro. Tra le altre, che ne è stato del “quarto uomo” sulla
vettura di Calipari, successivamente svaporato, ma di cui hanno
parlato per 24 ore dalla liberazione e ancora ieri a “Report”
(4/6/6) il direttore Gabriele Polo, Nicolò Pollari, Gianni Letta
e tutti i media. Ci spieghi anche per quale ricatto, o
pressione, o (comprensibilissima) paura ha atteso le rivelazioni
di RaiNews 24 su Falluja, un anno dopo, per riferirci almeno
qualcosina di quanto le avevano raccontato di quell’olocausto le
donne sopravvissute, intervistate prima del rapimento. Monica
Lanfranco, a smentite da giorni già straripetute, ancora rinnova
l’istigazione a delinquere della fascetta gialla agli ebrei
iraniani. Ignoranza o malafede? In ogni caso accanimento
psicossessivo e orrendamente occidentecentrico, da far vibrare
di piacere coloro che, scambiando da sessant’anni il ruolo di
carnefici con quello delle vittime, grazie a simili coperture
possono perpetuare e allargare i propri crimini.
Bertisconi e la sua spilla
Cosa faceva intanto il
prestidigitatore Berluscotti, neopresidente della Camera e
quindi vieppiù disponibile (e autorizzato) a ogni nefandezza in
nome del “ruolo istituzionale”? Mandava i suoi graduati a
mostrarsi nella marcia antiguerra e antimperialista (Grazie
Piero Bernocchi, che ci hai messo la voglia e la faccia, a
dispetto della diserzione veltroniana dei neoaccoliti del
sindaco, Disobbedienti e radiocomunisti) e, mentre i suoi
sicofanti mediatici, allievi di funambolismo, glielo
puntellavano, ergeva un ditino per nascondervisi dietro. Il dito
era la spilletta della pace, il pachiderma che vi si intravedeva
dietro era l’ex-segretario del PRC e presidente della Camera
(che, diciamolo una volta per tutte, da nessunissimo obbligo
istituzionale era costretto a tale sconcezza) sul palco della
parata dei militi del nuovo colonialismo, professionisti
destinati a “proiettarsi oltremare dove far sventolare – nelle
parole del correo dell’assassinio di Jugoslavia e jugoslavi,
Massimo D’Alema - orgogliosamente il vessillo tricolore della
Sesta Potenza Militare del mondo”. A questo proposito c’è da
chiedersi, oltre i fumogeni arcobaleno con cui ne circonfonde il
bellicismo “Liberazione”, cosa aspettiamo a capire che Massimo
D’Alema è proprio il più pericoloso di tutti, un illusionista
inciucista e guerrafondaio, legato a proprio tutti i poteri
peggiori, divorato da un’ambizione che, mancando una cultura
purchessia e un’intelligenza profonda, si inerpica sui gradini
della più presuntuosa iattanza. E sapete cosa fa il
bertinocchiano “Liberazione”: da uno a cento, gli assegna uno
smagliante 75 di identità di sinistra! Come mettere alla volpe
le piume della gallina spennata. Tornando alla spilletta di
Bertisconi, la lazione è che è così che si fa la non-violenza:
cioè rigorosamente limitata, ovviamente nel loro interesse
(magari più etico che biologico), ai deboli e alle vittime, a
palestinesi, iracheni, afgani, popoli e irregolari imbecilli di
tutto il pianeta. Quanto a noi - vero Berluscotti? - si va alla
grande al passo dello zum-pa-pa, zum-pa-pa, che fa cinguettare
il patrio cuore. Non per nulla, rinnovando antiche intimità,
l’abbraccio più affettuoso glie l’ha dato al termine dello
zum-pa-pa lo sponsor originale, Silvio. Del resto, cosa
aspettarsi da un Bertisconi che, quando inusitatamente un pezzo
riottoso della sua guardia pretoriana aveva chiesto di non
restare in Afganistan con gli USA a massacrare contadini e
smerciare eroina, aveva dato la nobilissima risposta: “E ché,
vogliamo far cadere il governo?”
Handke e Sofri
Restiamo con “Liberazione”,
solitamente vetta del transgender ideologico da sinistra. Vi si
riferisce della secessione del Montenegro dall’unione con la
Serbia, estremo rimasuglio di una Jugoslavia sovrana,
progressista, multiculturale e multiconfessionale, dall’Italia
dalemian-veltronian-prodiana cosbranata, facendo sgorgare dalle
colonne il tripudio di una folla osannante al micronarcostato da
taschino, subito indossato dalla mafia, oltrechè da Nichi
Vendola (imperialismo pugliese?) e dai becchini di libere
nazioni insediati a Bruxelles, Washington e Tel Aviv. Neanche un
rigo su una secessione ordinata dagli imperiali ed eseguita da
un vassallo, Milo Djukanovic, perseguito per mafia e grande
ufficiale della criminalità organizzata internazionale.
Evidentemente sta bene all’autore che il Montenegro diventi,
insieme al Kosovo e all’Albania, corridoio privilegiato e
assicurato per uno scambio sul quale far campare i residui
sprazzi di vita dell’ultracapitalismo. Scambio tra armi e
armamenti verso l’Asia russa, cinese e petrolifera, ed eroina
afgana verso le vene di quelle banlieues incazzate d’Occidente
contro le quali si stanno approntando, a ribadire il concetto,
anche le armi a energia (grazie, RaiNews 24!) che sminuzzano,
recidono, accecano, torturano, senza che neanche sai cosa e da
dove ti colpisce. Neanche un rigo, invece, sulla grandiosa
conferma della libertà d’espressione in Europa come esercitata
nei confronti di uno dei massimi scrittori viventi di lingua
tedesca, l’austriaco Peter Handke, dai media di sinistra e
destra tedeschi e dai parabertinottiani consiglieri comunali
verdi e socialdemocratici di Duesseldorf. Peter Handke era stato
insignito del prestigioso premio letterario “Heinrich Heine”.
Qualche settimana prima nella Francia della “feccia” sarkozyana
nella banlieu, messa in ginocchio da quell’altra feccia di
studenti e lavoratori, vittoriosi sulla precarietà senza confini
di Villepin, il regime si era rifatto con una sua longa manus,
la Commedie Francaise,
che aveva bandito un lavoro teatrale di Handke.
Contro il conferimento dell’”Heinrich Heine” avevano sputato
fiele sia la Frankfurter
Allgemeine Zeitung, di destra, sia la
Tageszeitung, di
sinistra. Conseguentemente, manco fossero il Bertinotti che
liquida il candidato Marco Ferrando su ordine di Casini e Bondi,
i consiglieri comunali verdi e rossi di Duesseldorf, città
autrice del premio, lo revocano. Quale il delitto di Handke per
la Commedie, la
stampa d’ogni tipo, il Comune di Duesseldorf? Rizzate le
orecchie: aver presenziato al funerale di Slobodan Milosevic,
presidente della Jugoslavia, ucciso dal Tribunale dell’Aja per
non essersi piegato e per aver sbugiardato i suoi accusatori e i
loro crimini. Tale è l’orrenda coda di paglia degli stragisti
euro-statunitensi, che rendere omaggio a una salma contraddice
la mostrificazione a copertura della strage costruita in decenni
di falsificazioni e deve essere immediatamente punito. Intanto
il verde Joska Fischer, già ministro degli esteri, di
provatissima fede sionista, incita a menar le mani in Afganistan
e dappertutto e il verde Marco Boato, di fede ultrasofriana (e
può esserci di peggio?), caccia il petto, dalle molte
decorazioni di sistema, alla parata dei proiettandi ai Fori
Imperiali. Intanto un ragazzino serbo dei sopravvissuti alla
pulizia etnica UCK-Onu-Nato del Kosovo (l’unica pulizia etnica,
caro Tommaso De Francesco del “manifesto”, l’unica, non la tua
ossessiva “contropulizia”!) viene ucciso a fucilate a Zvecan ed
è la 186esima aggressione subita da coloro che sono rimasti dopo
la cacciata dei 300.000 per grazia di Clinton, D’Alema, Veltroni,
Prodi, Kouchner, Solana, Albright e altri. Ricordo con dolore,
rabbia e commozione un incontro con Peter Handke, alto e
sottile, timido, attento e intenso, già tormentato
dall’ostracismo per essere stato tra i pochi ad aver scritto e
detto alcune verità sulla Jugoslavia, sui serbi, su Slobo,
verità insopportabili per gli “interventisti umanitari”. Era
l’inverno 1999-2000, Parigi, Aula Magna della Sorbona, si
proiettava il mio “Serbi da morire”. Handke si era seduto
lontano, in alto. Non aveva voluto intervenire, anche perché
aveva gli occhi rossi, ma mi aveva stretto forte la mano. Come
dire: noi terremo duro. Lui l’ha fatto, lo sta facendo, sette
anni di diffamazioni, persecuzioni, esclusioni professionali.
Handke all’inferno, Adriano Sofri, mentitore e propagandista al
servizio della criminalità politica internazionale, graziato,
libero e imperversante. Tutti gli altri “politici” dentro a
marcire da trent’anni.
Chi ha fatto l’11 settembre?
“il manifesto”, diversamente da
“Liberazione”, mantiene una sua dignità, momenti di coraggio e
coerenza intervallati da stupefacenti cedimenti o assenze.
Nessuno scrive meglio di Medio Oriente, Palestina, America
Latina non sempre, interni, cultura… Su alcune cose
fondamentali, la dove non dovrebbe mai, l’asino casca. Una è il
“terrorismo islamico” con tutto il suo corredo di Osama, Al
Zarkawi, Al Qaida, cellule qua, cellule là, attentati a Sharm El
Sheik, Amman, Londra, ovunque. Sempre solo la versione di comodo
dei veri terroristi. Il giochino epocale dei terroristi di Stato
nazisionisti, con “il manifesto” funziona sempre. E non solo
quando si precipita nell’abisso di un “meglio i marines dei
tagliatori di testa”, del non rimpianto ex-direttore Barenghi
cui, pure, un minimo di esperienza delle provocazioni (in Italia
ne siamo l’abbecedario, da Piazza Fontana in qua) avrebbe dovuto
accendere quantomeno uno zolfanello tra le sinapsi, seppure già
contaminate da stipendi Fiat in avvicinamento. Di tale impeto e
forza è cresciuto l’uragano delle controverità sull’11
settembre, di protagonisti tanto qualificati a tutti i livelli
si è arricchito negli Stati Uniti e fuori (da noi solo un
pochino in rete, niente a sinistra), tali e tante prove, audio,
video, testimoniali, documentali, sono state prodotte contro la
grottesca, reticente e controllata versione ufficiale (in questo
momento è in corso un megaconvegno di accademici Usa a Chicago),
da aver costretto anche i media più in sintonia con l’impostura
della “guerra al terrorismo” di affrontare la questione. Non “il
manifesto”, che si penserebbe il più coinvolto. L’ha fatto in
ben tre puntate Enrico Mentana in “Matrix”. Ovviamente l’ha
fatto con la scaltrezza del finto investigatore, aperto a tutte
le opzioni. Ha esibito per un decimo dei tempi le principali
obiezioni alla menzogna ufficiale, poi ha allestito un consesso
di demolitori che, assolutamente senza argomenti fattuali, con
la solita tecnica della ridicolizzazione di una presunta
“enormità”, della messa sullo stesso piano di arzigogoli come il
“Codice da Vinci” o “I protocolli di Sion” e dell’accusa di
“dietrologia” e “complottismo”, hanno fatto piazza pulita
perfino del minimo dubbio. Tutto a posto, fino alla prossima
bocca lavica. Magari, nel frattempo, salterà
Notre Dame o il
porto di Genova e per un po’ la vulgata dei “terroristi
islamici” avrà di nuovo indiscusso corso legale. Su “il
manifesto”, solo un paio di cartelle dell’ineguagliabile
Giulietto Chiesa, ultimo dei moicani. E neanche comunista…
Veltroni e i furbetti della
sinistrina
E qui entrano in campo alla grande
dei minuscoli neoadepti della scenografia planetaria disegnata a
Langley e, oggi, dallo zar terrorista John Negroponte. Ne ho
già parlato in questa rubrica: sono quelli che non si sono fatti
vedere alla marcia Cobas contro la parata militare di Roma, ma
che molto si erano fatti vedere e sentire (hanno qualche centro
sociale, una radio, una facoltà, qualche rivista) a supporto di
Veltroni sindaco. Sì, di quel Veltroni che resterà nella storia
nazionale e internazionale come benzinaio della guerra dalemiana
contro i Balcani, frequentatore di sinagoghe e conventicole
sioniste e mai di frantumi di Palestina, sponsor della
“Sinistra (giulianoferraresca e gianfrancofiniana) per Israele”,
garante della sicurezza occidentale dai bruti islamici,
primogenitore di quel Partito Democratico clintoniano (dal
modello alla farsa) destinato a ridurci ai bassifondi della
civiltà umana, ma distolti dalla “cognizione del dolore” grazie
a feste, mostre, band, nani e ballerine. In chiaro: polvere di
stelle per coprire le polveri sottili che ci ammazzano ora dopo
ora. Quel Veltroni fregoliano reinventatosi “mai comunista” dopo
trent’anni di onori, prebende e traffici PCI. Quel Veltroni che
in cinque anni ha degradato una capitale peggio di molti suoi
predecessori, dando la stura alle prevaricazioni e devastazioni
di ogni singolo potere forte, accompagnando queste prestazioni
di regime con la demolizione dei servizi pubblici, una mobilità
da formicaio incendiato, un inquinamento da camera a gas
ciarlatanescamente affrontato con le targhe alterne, una
nettezza urbana da capitale delle pantegane, le
privatizzazioni, le precarizzazioni, gli appalti, subappalti,
gli sgomberi e le rimozioni di cui ha anche menato vanto
rispetto al “lassismo” dei fascisti e berlusconidi (ultimo, la
cacciata di molte famiglie di immigrati senzatetto dalla “Casa
dei diritti negati”, occupata e ottimamente gestita per mesi).
Gli ex-antagonisti della lista
veltronian-vernacolare Arcobaleno, stancatisi di abbaiare alla
luna, hanno voluto, una volta di più, dopo la fregatura
rifilatagli dal Bertisconi, strumentalizzare e sfruttare
immagine e nome di ‘nu bravo
guaglione, Nunzio D’Erme, mandandolo allo sbaraglio
(Nunzio con i furbi, ti dovevi candidare, non con i furbetti) e
beccandosi la bellezza dello 0,6% del voto capitolino. Ecco lo
schiaffazzo che i romani (che pure avevano premiato un
precedente sforzo dei centri sociali,
sine furbetti) hanno
ritenuto di dover riservare a chi ieri, da “antagonista
rivoluzionario”, serpeggiava per le vie in kefì’ah e oggi si è
prestato da puntello sinistro a un Veltroni che non ne aveva il
minimo bisogno, visto che lo sostenevano burocrazia, mercato,
opusdeisti e integralisti d’ordine, palazzinari e loro
clientele, Vaticano e sue clientele, immobiliaristi di ogni
estrazione e clientele. Uno 0,6% che li ha estromessi perfino da
quegli “interstizi della
governance” (in linguaggio primitivo: governabilità.
Vedi l’editoriale di Radio Città Aperta del 30 maggio)che ora
sono tornati a disprezzare, ma in cui avevano cercato di
annidarsi fin da quel loro strabiliante documento che,
suggeritore Lucio Caracciolo (De Benedetti non è lontano),
s’inchinava, sposandola con fervore, alla frode neocon del
secolo, forse del bimillennio: “Al Qa’ida oppositore globale
degli Usa”. E non più, come è dimostrato da mille prove,
coronate dalla disintegrazione della bufala dell’11 settembre,
“dipartimento provocazioni della Cia”. Si sa, piegarsi alla
menzogna che tiene in piedi tutta quanta l’architettura dei
criminali impossessatisi del potere imperiale e dei loro ascari,
ne garantisce la sopravvivenza, gli evita la forca e gli
assicura ricchezze incalcolabili e
conditio sine qua non
per accedere anche solo ai tinelli del potere. L’avevano capito
molti anni fa i boss del PCI-DS, l’ha capito, sicuramente fin
dal 1993, Bertisconi, i furbetti della sinistrina sono arrivati
fuori tempo massimo. Gli rimane il “delegato zero”, Zorro,
l’uomo mascherato, il furbone della selva che con loro ha
diverse affinità. Salvo una: mentre gli arcobaleno si sono
spesi, e hanno speso ogni residuo di credibilità (e non
basteranno cento convegni ultraradicali a ridargliela) al
servizio di un sindaco nemico di classe, lo pseudozapatista a
cavallo si spende invece per far fuori Amlo, Lopez Obrador, uno
cento volte meglio di Veltroni, ma dal provocatore Marcos
definito “pessimo come tutti gli altri”, per quanto già
bravissimo sindaco di Città del Messico, unica speranza per il
disperato paese di uscire vagamente a sinistra dalla contesa
presidenziale, contro i delinquenti amerikani del Pan e del Pri.
Caro manifesto, Draghi compagno
di strada???
Chiudo. Di solito risparmio “il
manifesto”. Un po’ perché a chi lì dentro si batte e resiste
voglio bene, conoscendolo, o gli devo stima. Penso a Stefano
Chiarini, Carla Casalini (un costante imbarazzo per le
strepitone corpodipendenti di “Liberazione”), Marco D’Eramo,
Manlio Dinucci, Roberto Zanini…Un po’, perché una volta l’anno
appare la firma coraggiosa, incontestabile, controinformatrice
di Giulietto Chiesa. E un po’ perché, sennò, che cosa cazzo ci
rimane? Ma questa non gliela dobbiamo lasciar passare.
Il 1.giugno Galapagos (pseudonimo
di un economista) scrive un editoriale in cui si rende un
incredibile, sconvolgente tributo a Mario Draghi, direttore di
Bankitalia e reduce da una discorso all’establishment che più
spietatamente anti-proletario e arrogantemente schierato con i
poteri forti non poteva essere. L’avrete letto. Un delirio.
Colui che aveva riproposto i più logori e perfidi strumenti
dell’oppressione di classe – concorrenza allo spasimo sulla
pelle dei lavoratori, precarietà, bassi salari, mercato e solo
mercato, privatizzazione di ogni cosa, lavoro fino allo
sfinimento bio-fisiologico (80?), thatcherismo se non chicagismo,
addirittura manchesterismo senza limiti – e tutto questo, come
scrive di rimando (per pietà di patria sul “manifesto”) il buon
Giorgio Cremaschi, condito da consenso bipartisan politico e
quasi totalitario dei media, bene, costui viene insignito
dall’inneggiante Galapagos del titolo di “innovatore” e,
delirio! di “compagno di strada”! Mario Draghi è colui che negli
anni ’90, da direttore del Tesoro, congiurò con la massoneria
britannica, il gangster della speculazione George Soros e la
finanza criminale ufficiale, contro l’Italia e la sua moneta.
Contribuì alla sua svalutazione che permise la messa sul mercato
dei gioielli di famiglia, le industrie di Stato, a prezzi
stracciati, promosse con Amato e nella collusione delle sinistre
sinistre, la più tsunamica privatizzazione mai vista in Europa.
Ci ridusse a brandelli. Ci cacciò nell’ospizio. Ora invita gli
avvoltoi a consumare i resti. Fa coppia con Hank Paulson, già
presidente e direttore esecutivo di Goldman Sachs, nominato dal
gangster numero uno al Tesoro Usa. Con Draghi, già vice di
Paulson nella più grossa – e malavitosa – banca d’affari
dell’universo, padrone di Bankitalia e nume tutelare dell’elite
finanziaria italiana, il suo capo e sodale padrone della Casa
Bianca, il vice capo della Banca Comune Europea, motore
dell’ultraliberismo e signora della moneta, Padoa Schioppa,
padrone della nostra economia, ci possiamo davvero dire
sistemati.
E la politica di noialtri come
risponde? Con le spillette colorate alle parate di guerra.
Berlusconismo? Bertinottismo? Berluscottismo? E con quelli che
dagli interstizi della
governance (termine di cosmopoliti di borgata)
gridano “Viva Cuba”?
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