L'immensità della tragedia originata dagli
uragani che hanno colpito Cuba, hanno opacizzato la notizia:
domenica scorsa, 7 settembre, in un tragico incidente di transito
accaduto a L'Avana, sono deceduti i fratelli Celia ed Abel Hart
Santamaria, figli di Armando Hart Davalos e di Haydee Santamaria
Quadrato.
Celia l’ho conosciuta tardi e poco, è stata
lei che mi ha contattato grazie ad un amico comune, come mi ha
detto, le piaceva la mia maniera di scrivere ed elogiò quello che
chiamò abilità per abbordare “temi difficili”, contemporaneamente
mi ha avvisato su quelle che le sembravano delle “ambiguità” che
potevano condurre, secondo lei, a “incoerenze teoriche.”
Non ho polemizzato con lei perché non lo
faccio mai con chi mi legge e neanche le ho dato ragione, perché
tali interpretazioni mi sono familiari. Io non l’ho mai criticata
perché non voglio giudicare, perché credo nel diritto di pensare
differente e perché la sua prodezza politica ed onestà
intellettuale mi sembravano rispettabili. In definitiva
condividevamo punti di vista filosofici e politici e benché io
cercassi il centro e lei si muoveva in un estremo, eravamo
compagni.
Il fatto più vistoso del pensiero
genuinamente rivoluzionario di Celia Hart e paradossalmente l'asse
di molte delle sue contraddizioni, era la sua ammirazione per Leon
Trotski, che trascendeva la devozione per la figura più romantica
della Rivoluzione Bolscevica ed il prototipo del perseguito
politico, che fa causa comune con le sue idee.
Celia era marxista, di quel tipo che appoggia
di Marx le sue conclusioni anticapitaliste più radicali, che
associava all'esperienza bolscevica, in particolare a Trotski,
avvicinandoli alla Rivoluzione Cubana, al Che Guevara ed a Fidel,
producendo una messa a fuoco che, nonostante non fosse ortodossa,
non era esente di ragioni ed argomenti di qualità teorica, tanto
radicali che ad alcuni - non è il mio caso - sembravano
estremisti.
Naturalmente era profondamente
anti-stalinista. Non gli ho mai domandato come aveva sviluppato il
suo pensiero. Forse è stata prima una critica di Stalin e per
questo arrivò a Trotski o al contrario. Un giorno le ho detto che
si può coscientemente criticare Stalin senza per questo essere
trotskista. Alla fine dei conti, il rivoluzionario ed
intellettuale russo che è stato trattato così ingiustamente, è
stato più un uomo del suo tempo che uno scienziato e la maggior
parte della sua opera la realizzò essendo escluso dal processo
rivoluzionario; cosa che non gli ha tolto del merito benché
inevitabilmente lo abbia condizionato.
Per ammirare Trotski, Celia, benché lo
tentasse, non poteva evadere completamente dalle allusioni a
Lenin, un'icona alla quale il marxista evita di confrontarsi
perché segnala una specie di frontiera, che è un ostacolo per
comprendere perfettamente le deformazioni che condussero al
termine dell'esperienza sovietica. Esonerare completamente Lenin è
tanto erroneo come incolpare esclusivamente Stalin. Un'altra volta
la verità è una mescolanza di cose differenti.
In realtà si può essere contemporaneamente
marxista e trotskista, benché sia più difficile, essere
contemporaneamente trotskista e leninista. Prima di polemizzare
con Stalin e soccombere al suo potere, Trotski ha messo a
confronto Lenin nel più sensibile di tutti i temi relazionati con
la “costruzione del socialismo”: la democrazia, prima nel partito
e dopo nella società. Trotski ha fatto il primo passo in quello
che sarebbe stato considerato dal primo momento un'eresia e più
tardi un atto contro-revoluzionario: ha costituito “un’opposizione
operaia”.
Non solo per queste posizioni che Lenin ha
criticato, benché potesse convivere con loro, ma bensì per
meschine ambizioni di potere, Stalin perseguì implacabilmente
Trotski, vera seconda figura della Rivoluzione Bolscevica ed alter
ego di Lenin, lo privò dei suoi incarichi ed in seguito della sua
nazionalità, lo ha espulso dal paese e lo perseguì
implacabilmente.
La lunga mano di Stalin non rispettò la
generosità del presidente messicano Lazaro Cardenas che aveva
conceduto rifugio all'esiliato e profanò la casa di Diego Rivera e
Frida Khalo, infiltrando nel loro circolo intimo un fanatico, a
cui non tremò il polso mentre ficcava nel cranio di Leon Trotski
un braccio di un piccone.
Non mi sembra strano che Celia, la di cui
famiglia, da parte di entrambi i genitori, aveva conosciuto la
brutalità della repressione, ripudiasse questi crimini, con più
ragione quando sono stati commessi a nome della difesa del
socialismo e del marxismo, due ideologie che lei amava. Ad ogni
modo il fatto inevitabile è accaduto: è scomparsa in piena
gioventù ed in mezzo ad una febbrile attività rivoluzionaria,
creatrice e politica. E’ andata via con la stessa fretta con cui
ha vissuto ed è andata via nel momento in cui ne avevamo più
bisogno.
I paragoni non hanno senso e lei non era un
“moneta d’oro” ma forse è esistita perché era necessaria a tutti
noi. È possibile che le rivoluzioni abbiano bisogno di uomini come
Lenin e come Trotski, donne come Rosa Luxemburgo e voci come
quelle di Celia, i cui campanelli ed gli accenti la univano alla
Rivoluzione Cubana.
Lei aveva molti meriti ed altri compagni che
l’hanno conosciuta meglio potranno raccontare delle altre
sfaccettature. Io che avevo fissato con lei un incontro che non
potremo mai portare a termine, ho voluto ricordarla nel suo
aspetto più ribelle, contraddittorio e forse più legittimo. Non
voglio che riposi in pace perché lei non avrebbe voluto mai
riposare, almeno fino a quando ci fossero stati “mulini” da
abbattere.