FESTE
CHE VANNO E VENGONO...
C'era una volta la festa de L'Unità. La ricordiamo allegra ma
impegnata, sincera nei suoi volontari pronti ad offrire ore lavoro per
il partito, che si trattasse di vendere il giornale o servire salcicce
alla brace nei numerosi banchetti ristoro allestiti per sovvenzionare
il partito.
Erano giorni -per coloro che li hanno vissuti- dove Berlinguer andava
a braccetto con Fidel e l'immagine del Che, guardava solenne da decine
di manifesti e magliette.
Trovavi banchetti di libri, associazioni che sacrificavano impegno per
il terzo mondo e per tutte le battaglie per conquistare un poco di
giustizia; ed era semplice passare da uno stand ad un dibattito oppure
ad un concerto dove ascoltavi artisti impegnati e solidali con l'idea.
Certo, erano queste feste, dei veri punti di incontro tra giovani e
meno giovani, studenti e lavoratori che discutevano insieme senza
conoscersi prima, di cosa sarebbe stato il futuro e delle differenti
strade per raggiungerlo uniti.
All'epoca, la sinistra contro non veniva definita radicale bensì
extraparlamentare. Quelli che oggi sono i giovani dei centri sociali,
negli anni '70 appartenevano a Lotta Continua, a Potere Operaio,
Avanguardia Operaia e ad altre minuscole formazioni che, nella loro
diversità ideologica (chi marxisti, chi maostisti, chi
trokskijsti) arricchivano le critiche all'allora partito istituzionale
-quel mastodontico e poderoso PCI- che rappresentava 1 elettore su 3.
Fare questo salto nel passato è stato inevitabile e crudo per chi
scrive che ha visitato a Roma, la kermesse del partito democratico e,
prima ancora, una festa dei comunisti italiani.
In quest'ultima, mestamente, si respirava ancora l'aria di una delle
vecchie feste dell'Unità: banchetti politici, bandiere di Cuba, stand
di minuscole associazioni legate alla purezza delle idee, qualche
punto ristoro che si perdeva nella spazio enorme che appariva ancor
più grande per il modesto afflusso di persone. Si sa, la domenica
sera...la gente pensa alla settimana che inizierà dopo poche ore...
Poi, mi sono recato alla festa del Democratic Party. (con tanto di
punto finale sul logo) che era come passare da un piccolo bottegaio ad
un enorme supermercato. Spazi immensi riempiti di ristoranti, stand
che vendevano di tutto e di più (gli stessi che puoi trovare in una
sagra di paese), confusione di gente che provava magliette e comprava
tacos e che si accalcava nel ristoro più in dove un primo piatto
costava minimo 9 euro (per la cronaca si trattava degli 'schiaffoni
della sinistra', cioè bombolotti al sugo piccante e basilico) e una
bottiglia di vino bianco appena 17! Lo stesso ristorante che l'on.
D'Alema ha definito ideale per sostituire le troppo proletarie
braciole e salcicce (da 'Il Messaggero' del giorno 8 luglio).
Nessuna bandiera di Cuba, nessun riferimento a Fidel.
In loro sostituzione dibattiti con Livia Turco, Follini, Fassino...e
tanti bottegai che pagano il loro sostanzioso canone per affittare uno
spazio ove poter vendere quanto possono offrire.
Certo, ci sono ancora i volontari, quelli che ci credono ancora e che,
pur non rinnegando il loro passato, credono che la Bolognina prima e
il PD oggi, siano strade giuste da seguire per giungere alla felicità,
senza vedere quale miseranda realtà sia quella che ci propone la ex
sinistra sempre più affrancata al centro e che ormai ha rinnegato da
tempo la sua storia e quanti militanti hanno operato per realizzare un
sogno perduto.
Festa che vai...