Oggi abbiamo a che fare con il quarto governo
Berlusconi. Non è certo una piacevole notizia, anzi! Inoltre,
l'attuale legislatura denota un netto spostamento a destra anche sul
versante dell'opposizione parlamentare, data l'assenza a dir poco
eclatante (ma prevedibile) di qualsiasi esponente che si dichiari
(almeno sulla carta) di "sinistra". Infatti, il ruolo
dell'opposizione parlamentare alle malefatte di Berlusconi è stato
praticamente consegnato nelle mani dello "sbirro" Di Pietro, che non
è esattamente un uomo di sinistra.
Tuttavia, se oggi ci troviamo ad
affrontare questa situazione, a dir poco inquietante e sconcertante,
qualche seria responsabilità storico-politica sarà ascrivibile ai
misfatti commessi dal precedente governo Prodi e al ruolo di totale
subalternità e complicità assunto dalle forze politico-parlamentari
che facevano capo alla cosiddetta "sinistra radicale", oppure no?
Oppure è colpa dello Spirito Santo?
Dopo il disastroso fallimento dell'esperienza
di governo targato "centro-sinistro", Franca Rame e molti altri
parlamentari (Salvatore Cannavò, Franco Turigliatto, Fernando Rossi,
l'ex disobbediente Francesco Caruso, Willer Bordon, Mauro
Bulgarelli, ecc.) hanno ammesso di essere stati delusi dal governo
Prodi. Costoro
hanno impiegato molto, anzi troppo tempo per prendere atto di una
verità talmente evidente da far impallidire lo stesso Monsieur De
Lapalisse, almeno per chi già prima della vittoria elettorale
dell’Unione (nel 2006) aveva previsto quanto sarebbe accaduto. Non
grazie a straordinarie virtù profetiche, ma semplicemente perchè i
segnali e le vicende antecedenti lasciavano presagire il delinearsi
di una condizione di inevitabile debolezza e subalternità della
"sinistra" rispetto ai settori più retrivi, opportunisti e
moderati della compagine governativa, ossia agli interessi
predominanti di un coacervo di poteri affaristi e parassitari
formati da settori industrialdecotti, bancarottieri e speculatori
finanziari, coalizzati con le forze più avide, egoiste e pericolose
della borghesia e del sistema economico-politico italiano.
Tuttavia, benché rinsavite (almeno a
chiacchiere), tali anime "resipiscenti" (di "sinistri"
piuttosto "tardoni") dovrebbero pur decidersi: o fanno i
poeti o fanno i politici. Le due cose sono incompatibili, almeno
nell'attuale sistema politico in cui la passione e gli ideali (a
maggior ragione la sensibilità poetica) sono divorati
dall'opportunismo più sfrenato, dal carrierismo più
cinico e spregiudicato.
Persino dal punto di vista democratico-borghese,
tale realtà è assunta come un assioma di un'evidenza inoppugnabile.
E' ormai sempre più tangibile il processo
di corruzione e degenerazione del concetto e dell'assetto della
democrazia liberal-borghese nel nostro paese. La democrazia dovrebbe
essere soprattutto partecipazione popolare ai processi
decisionali, mediante l'esercizio del voto e il ricorso ad altri
canali di controllo, di espressione e di opposizione (se ci sono e
se funzionano!), ma è anche possibilità di un'alternativa e di
una trasformazione concreta del potere e della società, che è il
presupposto essenziale e indispensabile per costruire una società
effettivamente libera e democratica, equa e progredita, cioé per
superare i limiti e le contraddizioni reali, le iniquità e le
sperequazioni materiali, che caratterizzano l'odierno assetto
economico-politico e sociale borghese. Questo è sempre stato uno dei
traguardi più ambiziosi della sinistra democratica e progressista,
quindi anche delle forze comuniste e antagoniste inclini alla lotta
di classe per la fuoriuscita dall'attuale quadro storico dominato
dal peggiore capitalismo bancario e finanziario.
Purtroppo, il principale problema della
sinistra, intesa come sinistra di classe ed anticapitalista, è
sempre stato costituito più dal nemico interno che da quello
esterno, più dagli opportunisti e dai rinnegati che si annidano tra
le sue fila, dai sedicenti "compagni" infiltrati tra i suoi
quadri dirigenti, che si impongono e si riproducono in modo
stalinista e verticista, diciamo pure fascista, censurando,
reprimendo e perseguitando chi tenta di esporsi e di lottare per
l'affermazione delle giuste cause dei proletari e delle masse
popolari oppresse e sfruttate nel mondo. Il vero nemico sono i falsi
compagni, coloro che si appigliano ad un cavillo burocratico per
impedire e soffocare la crescita e l'avanzamento di un movimento
schierato dalla parte degli operai e dei lavoratori. Il vero nemico
è chi parla di regole ma le applica rigorosamente solo agli altri,
che in nome di un presunto diritto, lo esercita e lo avoca solo per
sé, negandolo agli altri.
Inoltre, la sinistra odierna non deve
adoperarsi esclusivamente per i privilegi riservati agli
abitanti della sua nazione, ma deve adottare altre priorità,
ossia le esigenze prioritarie legate alla sopravvivenza
quotidiana degli esseri umani che popolano l'intero pianeta e alla
sopravvivenza del pianeta stesso e delle principali specie viventi
che lo abitano.
La sinistra, e chi professa di appartenervi,
non è onesta fino in fondo se si preoccupa e s'ingegna solo al
servizio degli interessi dei lavoratori italiani o europei (benché
attualmente non assolva nemmeno tale ruolo), ad esempio a vantaggio
degli incrementi salariali destinati agli operai del nostro paese,
dei diritti o delle franchigie degli impiegati statali, sul fronte
delle liquidazioni, della previdenza sociale e della sanità
pubblica, e via discorrendo, mentre nel mondo oltre 35.000 persone
muoiono di fame ogni giorno, mentre oltre un miliardo di individui
versa nello stato di povertà più estrema, mentre in vaste regioni
dell'Africa si muore di malaria, di morbillo o altre malattie
infettive (da noi totalmente debellate) che con pochi euro si
possono guarire!
Una vera forza di sinistra deve battersi
per tali doveri prioritari e abbandonare gli interessi meschini ed
egoistici di una società occidentale che in effetti è la causa
principale dell'estrema povertà diffusa in tante parti del mondo.
Il compito storico dei proletari e dei rivoluzionari che vivono
nelle società occidentali, che ogni giorno hanno colazione pranzo e
cena assicurati, è quello di schierarsi dalla parte dei veri poveri
e costringere le società più opulente e consumiste a condividere e
redistribuire equamente le risorse planetarie, a non depredare le
ricchezze altrui, per impostare una giustizia sociale globale.
Le sinistre del terzo millennio devono
prodigarsi e lottare per un mondo più equo e "pulito", in
senso sia ecologico che morale, per attuare progetti di solidarietà
e di giustizia sociale su scala mondiale. Se non si risolve a
realizzare tali obiettivi indubbiamente rivoluzionari e
destabilizzanti dal punto di vista delle ricche società occidentali,
se non dimostra simili intenti e requisiti, la sinistra vale nulla,
rinnega semplicemente se stessa, limitandosi a difendere e
conservare solo le meschinità e le vanità personali inseguite da
politicanti arrivisti e traffichini, da falsi proletari che in
effetti invidiano i ricchi e si disinteressano altamente di coloro
che, a poche ore di distanza con un semplice viaggio aereo, non
sanno se giungeranno vivi al tramonto.
Pertanto, l'ispirazione della sinistra deve
aggiornarsi e rinnovarsi esattamente nella direzione finora
auspicata. Ma anche su tale versante, purtroppo, l'attuale
"sinistra", quella con ambizioni (anzi, sarebbe più appropriato
dire "velleità") di governo, ha fallito
rovinosamente, avendo tradito le speranze e le aspettative di
migliaia di veri ed onesti pacifisti, di attivisti impegnati in
numerose vertenze in funzione antimperialista.
Inoltre, rammento che la sinistra, quella
autentica, la sinistra realmente rivoluzionaria, nacque con una
vocazione storica profondamente internazionalista. Il celebre slogan
formulato da Marx ed Engels "Proletari di tutto il mondo,
unitevi" presuppone e reclama esattamente
il principio prima enunciato. Una vocazione terzomondista che
occorre riscoprire e rilanciare se non si vuole affossare l'idea
stessa, i valori peculiari e le prerogative storiche della Sinistra
militante con la S maiuscola.
Infine, la sinistra dovrebbe riscoprire e
riaffermare con forza un altro argomento di grande attualità in
tempi bui e tristi come quelli che viviamo, in cui si continua a
morire tragicamente in fabbrica. Mi riferisco all'analisi
marxiana che rivela come il filo conduttore, l'elemento costante e
ricorrente nella storia, dall'antichità sino ad oggi, debba essere
rinvenuto nell'asservimento e nello sfruttamento del lavoratore
sociale: lo schiavo nel mondo antico, il servo della gleba nella
società medievale e l'operaio salariato dell'età moderna risultano
tre differenti versioni della medesima figura del lavoratore
asservito, ugualmente costretto - benché in forme diverse - a
travagliare a beneficio di una ristretta minoranza composta da avidi
e voraci sfruttatori del genere umano.
Rileggendo e riscoprendo l'opera di Marx,
sgombra da ogni incrostazione dogmatica, è possibile appurare come
anche nella società moderna sopravviva una determinata forma di
schiavitù, dai contorni quasi impercettibili: la "schiavitù
salariata" degli operai che, essendo privi di ogni mezzo di
produzione, sono costretti ad alienare la propria forza-lavoro e a
(s)vendersi quotidianamente. Solo con l'abolizione dell'asservimento
salariale e il superamento del modo di produzione capitalistico,
sospeso in una sorta di "limbo" storico soggiogato dallo
sfruttamento, l'intera umanità sarà in grado di proiettarsi verso un
orizzonte di autentica libertà, riscatto e progresso generale.
Lucio Garofalo