Nella cornice del Forum Sociale degli Stati
Uniti, realizzato per la prima volta in questo paese, nella città di
Atlanta è stata presentata l'anteprima del film Sicko, del direttore
nordamericano Michael Moore che, come nelle sue produzioni anteriori
(Bowling for Columbine e Fahrenheit 9/11), mette a nudo il potere
economico delle grandi corporazioni negli Usa, in questo caso quello
delle Compagnie delle Assicurazioni Private della Sanità.
Moore paragona il sistema della sanità negli USA
coi sistemi statali in Canada, Gran Bretagna, Francia e Cuba
attraverso impressionanti testimonianze che, insieme all'ironia e al
senso dell’umorismo caratteristici delle produzioni di Moore, fanno di
questo documentario un pezzo che nessuno dovrebbe perdere.
Nella cerimonia dell’anteprima di Sicko sono
riuscito ad intervistare una delle persone il cui caso è trattato nel
documentario. Lei ha posto un'unica condizione per accettare
l’intervista: che faccia arrivare i suoi saluti al popolo di Cuba, col
quale afferma di sentirsi in debito per tutta la vita. Le ho promesso
che così sarebbe stato, attraverso l'Assemblea Permanente dei Diritti
Umani e dell'Ambasciata di Cuba in Ecuador.
-Per favore, puoi darmi il tuo nome e dirci da
dove vieni?
-Il mio nome è Donna Smith e vengo da Denver, in
Colorado, negli Stati Uniti.
-Donna, abbiamo appena visto l'anteprima di
questo documentario spettacolare, il più recente documentario di
Michael Moore (SICKO), tu sei stata parte di questa storia,
praticamente il film comincia col tuo caso ed in seguito sei apparsa
anche nella parte finale. Michael come ti ha contattato per il film?
-La verità è che io gli scrissi un e-mail come
tredici o quattordici mesi fa. Lui aveva fatto un appello per
incontrare storie tragiche del servizio della sanità. Un amico mi
aveva detto che lui (Michael Moore) stava facendo un documentario sul
servizio della sanità.
Una notte, ero sola e molto depressa sulla mia
situazione di salute ed allora mandai un e-mail. Poi, non ho ricevuto
nessuna notizia per circa sei settimane, quando ho ricevuto un e-mail
della squadra di produzione dicendomi che volevano che incontrassi
Michael Moore.
-Ed allora sei andata ad intervistarti con
Michael Moore…
-Loro mi hanno chiamato, i produttori sono venuti
a vederci ed abbiamo consegnato la prima documentazione del caso.
Tu sai... c'è gente che critica Michael Moore
insinuando che forse non si basa su fatti reali, ma ti giuro che io ho
dovuto produrre molta documentazione e moltissime informazioni di
appoggio, prima che i produttori si interessassero al mio caso.
-Prima di vedere il documentario, tu sapevi
qualcosa sui sistemi della sanità in altri paesi? Nel film abbiamo
visto trattare i sistemi della sanità in Francia, in Inghilterra, in
Canada…
-Avevo ascoltato qualcosa principalmente sul
Canada e l’Inghilterra, perché penso che è su questo che i mezzi di
comunicazione trattano negli Stati Uniti, e questo è ciò che
ascoltiamo, cioè che suppostamente lì tu devi passare per lunghe
attese per ricevere attenzione e che il trattamento non è buono… che
quella gente deve pagare tasse terribili… in modo che io ero come la
maggioranza dei nordamericani, non sapevo molto su quello che fanno
gli altri paesi.
-E sul sistema di sanità a Cuba?
-Non sapevo niente sul sistema cubano. Sai, la
mia generazione… io ho 52 anni e quelli della mia generazione vengono
dagli anni sessanta, quando vedevamo John F. Kennedy seduto
nell'ufficio ovale sempre preoccupato per i missili cubani.
-Avevi paura a visitare Cuba?
-No, non se Michael Moore andava, ho pensato che
con lui sarei stata bene.
-Dopo la tua esperienza in questo documentario, è
cambiato qualcosa nella tua vita personale?
-Assolutamente, il sistema sanitario cubano è
stato tanto diverso dal sistema nordamericano.
Quando sono andata a Cuba, io ero tanto malata
che dovevo prendere 9 medicine diverse, non avevo la diagnosi di
“apnea del sonno” [1] dopo 9 anni di cure e lì mi hanno fatto uno
studio completo del mio sonno, mi hanno dato nuovi occhiali, ho smesso
di prendere 5 medicine, che non erano assolutamente necessarie.
La mia salute è migliorata notevolmente e
soprattutto ho imparato molto dal popolo cubano sull’umanità.
Io non so come si può ringraziare qualcuno per
restituirti la dignità e perché sia tanto importante per loro il fatto
di restituirtela. Questa è un'esperienza molto difficile da
descrivere.
Prima di prendere parte a questo documentario, tu
eri già un'attivista che lotta per migliorare le cose nel tuo paese,
il tuo sistema della sanità, per esempio?
No, io ero troppo occupata a lottare per
migliorare la mia propria salute… non sai tutto quello che implica
giorno per giorno, tentando di ottenere che le compagnie di
assicurazione pagassero per l'attenzione medica di mio marito, e per
la mia attenzione medica.
Quando stai soffrendo per causa delle
assicurazioni non rimane tempo per tentare di fare un'altra cosa.
Attraverso questo documentario, grazie a Michael
Moore che ha fatto questo, ed attraverso la sorprendente generosità
del popolo cubano, io posso avere ora una voce e desiderare ad ogni
americano che abbia la mia stessa esperienza, come quella che io ho
avuto a Cuba.
-Quale sarebbe il tuo messaggio per i paesi
latinoamericani che stanno costantemente dibattendo se dovrebbero
privatizzare o no i servizi di salute, molti di loro hanno gran parte
del loro sistema sanitario con compagnie di assicurazione private?
Quale sarebbe il tuo messaggio?
-Che non privatizzino. Per la mia esperienza, se
lasci che in un'equazione per la salute entri il fattore guadagno,
questo si trasforma nel fattore dominante di quell'equazione.
-E quale sarebbe il tuo messaggio per il popolo
cubano?
-Ai cubani dico: “Che Dio vi benedica!”.
Non so quante volte me lo hanno detto…, ogni
volta che io dicevo grazie, loro rispondevano “de nada”. (Donna lo
pronuncia in spagnolo e contemporaneamente la commozione la fa
piangere).
Non me lo dicano più un'altra volta: sono loro
che mi hanno restituito tutto!