|
LA MANIFESTAZIONE DI VICENZA E I SUOI
NEMICI
di Marco Sferini
Un proverbio dice che "chi semina vento raccoglie tempesta". Le parole
del vicepremier Francesco Rutelli e del ministro Giuliano Amato, in
merito allo svolgimento non pacifico della manifestazione che si terrà a
Vicenza sabato prossimo, sono quel vento che può dare origine a tensioni
ulteriori di cui il Paese non ha alcun bisogno.
Quando si evoca
lo spirito della dura repressione verso i manifestanti che si dovessero
trasformare in facinorosi delinquenti, in importatori di una violenza
quasi da stadio in quel del Veneto e nel mezzo di una pacifica protesta
contro l'allargamento della base al "Dal Molin", quando si adombra la
possibilità che tra il popolo della pace vi siano quasi senza ombra di
dubbio degli infiltrati con altri scopi, non si rende un servizio al
Paese, non lo si rende al suo popolo e non lo si rende tanto meno a
quell'inflazionato concetto di "ordine pubblico" che viene richiamato ad
ogni apertura di discorso da qualche tempo a questa parte, dopo i fatti
di Catania. La giusta preoccupazione di garantire la libera
partecipazione e il pieno e democratico svolgimento del corteo di
protesta è legittima e socialmente utile se si ferma all'osservazione,
non se costruisce paure, se inventa fantasmi di una violenza che non c'è
e che non ci dovrà essere. I provocatori? Ve ne sono in molte
manifestazioni e agiscono per distrarre l'opinione pubblica dalle
piattaforme politiche e rivendicative su cui si fondano le riunioni di
massa che si muovono nelle vie e nelle piazze italiane.
E' sempre stato così, perchè è interesse di chi non la pensa come chi in
piazza scende, di spostare il baricentro della discussione su un
incidente volutamente causato invece che sulla presenza di centinaia di
migliaia di persone che magari hanno sfilato con bandiere e striscioni
per tutelare le pensioni, per il salario o contro il Mose, il Ponte
sullo Stretto di Messina e, sabato prossimo, contro la base "Ederle 2"
che dovrebbe sorgere nei pressi dell'ex aeroporto civile di Vicenza, il
"Dal Molin".
Per questo le affermazioni di Rutelli e di Amato sono un modo sbagliato
di esprimere quei timori che, viste le notizie di queste giornate sugli
arresti e la decapitazione di quelle che vengono definite le cellule
padovane e venete delle nuove Brigate rosse, avrebbero anche un logico
fondamento.
In varie zone d'Italia sono comparse sui muri scritte deliranti,
inneggianti alla lotta contro la Repubblica, alla vendetta nei confronti
dei magistrati o delle forze dell'ordine. Il più delle volte queste
sceneggiate murali sono frutto di una goliardica, ma altrettanto
incosciente e sadica, mitomania giovanile. La bomboletta spray e un
gruppo di amici, un muro terso come obiettivo e una scritta da inventare
lì sul momento. L'odio recondito per la polizia, l'infantile ribellismo
fine a sè stesso fanno il resto. Ed ecco che il giorno dopo compare
qualche stella a cinque punte, una falce e martello e uno slogan
raffazzonato che però ha il peso di un macigno, perchè cade a ridosso di
vicende che riportano agli anni di piombo, a quando per davvero la lotta
armata era entrata nei gangli della gestione del potere e tentava, con
una analisi fondamentalista e priva di un riscontro dei rapporti di
forza e di collegamento con gli operai e il resto dei proletari, di
imporsi, di colpire al cuore lo Stato.
Ma è anche possibile che le scritte che compaiono sui muri, o altri tipi
di intimidazioni ad esponenti politici, giornalisti, giudici, polizia e
carabinieri, vengano da chi si sente legato ad un progetto che gli
arrestati, i "prigionieri politici", veramente intendevano riprendere e
riportare sulla scena della società italiana.
Ecco perchè la preoccupazione serve ed è un deterrente profondamente
fondato e utile: ma lo è solo in questo frangente. Laddove si costruisce
una analisi e si ha il senso delle proporzioni dei rapporti sociali e
politici che questa Italia vive nel 2007. Rutelli e Amato sanno che la
totalità delle persone che saranno a Vicenza sabato non hanno nulla a
che spartire con il terrorismo brigatista, nè nel passato e tanto meno
nel presente. Sono tutti cittadini che appartengono a grandi
organizzazioni sindacali, sociali, laiche, anche religiose, partiti
politici di sinistra, ecologisti, semplici giornalieri fautori di un
volontariato che è la spina dorsale della solidarietà che c'è nello
Stivale. Tutte queste persone partiranno con i pullman, i treni, i
traghetti. E a Vicenza diranno di NO all'allargamento della base
americana, diranno di NO alle basi Usa in Italia, ribadiranno con forza,
con la loro presenza pacifica e per questo forte e decisa, che l'Italia
non può essere un trampolino di lancio per le guerre dell'imperialismo
statunitense.
Ancora più stonata è la presa di posizione che Rutelli ha preso circa la
metodologia che si dovrà seguire nell'affrontare eventuali episodi non
confacenti allo spirito della libera partecipazione alla manifestazione
vicentina. Sono parole che non avremmo voluto sentire, perchè puzzano di
repressione, emanano uno strano lezzo di utilizzo del potere come mezzo
di coercizione invece che di tutela dei diritti di ognuno e di tutti.
Rutelli ha detto, infatti, che, nel caso vi fosse qualche disordine di
piazza, questo "deve essere represso con estrema severità".
E' quest'ultima parola che ci lascia perplessi, quasi attoniti. Ci
immaginiamo Rutelli ai tempi della sua militanza nel Partito Radicale,
quando Giorgiana Masi veniva uccisa perchè ricordava il terzo
anniversario del referendum sull'aborto, o quando Franco Serantini (di
cui abbiamo raccontato la storia tragica nella nostra rubrica) veniva
massacrato dalle botte di una ventina di agenti sul Lungomare Gambacorti
per essersi opposto ad un comizio fascista a Pisa. O ancora ci viene
alla mente Saverio Saltarelli e chiunque sia subito apparso come un
pericoloso soggetto da bloccare, da fermare e malmenare. Un soggetto su
cui usare, per l'appunto, tutta la forza brutale di una severità che non
conosce dei confini determinati per legge, ma che supera spesso e
volentieri le stesse norme legali e si trasforma in braccio violento di
un potere, lontanissimo dal ruolo attribuito alle forze dell'ordine e a
chi le dirige dalla Costituzione della Repubblica.
Uno scivolone autoritarista quello di Rutelli che speriamo non trovi una
applicazione "severa" nella sua stessa espressione di severità e di
rigore nel dirigere, come si usa dire, la piazza.
A Vicenza le scuole rimarranno chiuse sabato prossimo. Lo ha disposto il
prefetto per tutelare i più giovani dai "momenti di altissima tensione"
che possono nascere in un contesto come quello di...? Di cosa? Di un
corteo in cui vi saranno deputati e senatori, consiglieri regionali,
segretari di partito, presidenti di provincia, sindaci, anche preti e
suore. La tentazione di fare dell'ordine pubblico un problema a tutti i
costi è davvero molto forte e non viene affatto celata. Se le
istituzioni medesime cedono al ricatto della violenza che può nascere
dalle provocazioni, il gioco dei provocatori è già riuscito. Hanno
saputo creare una dispersione di quella fiducia che dovrebbe essere il
collante tra chi manifesta e chi tutela il territorio e le persone.
Anche i giovani studenti di Vicenza. Un incidente, lo abbiamo detto, può
accadere anche nella più tranquilla delle manifestazioni, persino in una
sagra di paese. Ma non si può costruire un clima di terrore solo perchè
qualcuno ci spinge ad avere paura, ad alimentare il sospetto verso tutto
e tutti e a vedere nemici e pericoli anche laddove non si anniderebbero
mai.
Se vince questa subcultura dell'ordine pubblico, se prevale la gestione
della piazza con la veemenza della severità rutelliana associata ai
timori del ministro dell'Interno, allora sono gli stessi manifestanti di
Vicenza che dovranno svolgere il compito che dovrebbe essere assegnato
alle forze dell'ordine. Dovranno manifestare e autorganizzarsi per
difendersi da due nemici: i provocatori e la tentazione al manganello
facile, alla veloce carica di "contenimento" o alla vera e propria
carica del corteo. Magari senza un motivo giustificato, ma solo perchè
qualcuno grida "si salvi chi può".
E' un crinale pericolosissimo quello della creazione della paura della
paura stessa. Va sconfitto.
I compagni e le compagni, gli amici e le amiche che sabato saranno a
Vicenza lo sanno, lo intuiscono per la maggior parte e quindi - da
esperti frequentatori delle piazze... - faranno servizi d'ordine,
faranno cordoni "sanitari" tra loro stessi e la polizia. Faranno in modo
che nessuno possa il giorno dopo parlare di tutto tranne che delle
motivazioni per cui a Vicenza il NO alla "Ederle 2" è stato grande e
impossibile da ascoltare. Noi auguriamo buon viaggio anche ad Andrea,
fotografo ufficiale di Lanterne rosse. Al suo ritorno ci farà un
resoconto dettagliato e pubblicheremo, ne siamo certi, una bellissima e
colorata galleria di foto.
Buona manifestazione di pace e libertà a tutti!
|