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INDIANI
D’AMERICA E BRIGANTI MERIDIONALI
Premessa
Non c’è dubbio che nel campo delle interpretazioni e delle valutazioni
storiche, a maggior ragione nell’ambito dell’insegnamento della storia,
sarebbe opportuno evitare atteggiamenti
troppo faziosi, enfatici e dogmatici, per adottare un approccio
possibilmente critico e problematico verso le questioni, i personaggi e
i processi storici sottoposti allo studio e all’attenzione degli alunni.
Faccio tale puntualizzazione per far
comprendere chiaramente il mio punto di vista rispetto alla materia. In
classe non bisogna mai cercare di plagiare o manipolare le fragili menti
(sempre aperte e ricettive) dei ragazzi, ma occorre assumere una
posizione il più possibile lucida, serena e distaccata, per abituare le
nuove generazioni ad esercitare l’arte benefica del dubbio e della
critica. Una dote che in genere manca alle menti già
formate, quindi chiuse e poco ricettive, degli adulti.
Questo è il compito precipuo delle istituzioni educative che
concorrono alla formazione del libero
cittadino, per mettere l’individuo in condizione di esprimere
autonomamente i propri giudizi e compiere le proprie scelte. La scuola
assume un ruolo che è ancora centrale e privilegiato in
questa opera educativa, malgrado le enormi
pressioni e la spietata concorrenza esercitata dai mezzi di
comunicazione di massa, a cominciare dalla televisione e da Internet. Le
cui potenzialità espressive, comunicative ed informative devono essere
abilmente e sapientemente sfruttate dagli insegnanti.
Il Giorno della
Memoria
Il
Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del
20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che in tal modo ha aderito alla
proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come data per la
commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e dell'Olocausto. La
scelta del giorno intende rievocare il 27 gennaio
1945 quando le truppe dell'Armata Rossa giunsero ad
Auschwitz, scoprendo il famigerato campo di
concentramento, rivelando al mondo intero l'orrore del genocidio
nazista. Il ricordo della Shoah,
cioè lo sterminio del popolo Ebreo, è
celebrato il 27 gennaio anche da altre nazioni, tra cui la Germania e la
Gran Bretagna, così come dall'ONU, in seguito alla risoluzione 60/7
del 1° novembre 2005. Il termine olocausto (dal greco
holos
"completo" e
kaustos "rogo" come nelle offerte sacrificali)
venne introdotto alla fine del XX secolo per
indicare il tentativo compiuto dalla Germania nazista di sterminare
tutti quei gruppi di persone ritenuti "indesiderabili": Ebrei ed altre
etnie come Rom e Sinti (i cosiddetti
zingari), comunisti, omosessuali, disabili e malati di mente, Testimoni
di Geova, russi, polacchi ed altre
popolazioni slave. Il termine Shoah, che in
lingua ebraica significa "distruzione" (o "desolazione", o "calamità",
con il senso di una sciagura improvvisa e inaspettata), è un altro
vocabolo usato per definire l'Olocausto. Molti Rom
adoperano la parola Porajmos («grande
divoramento»), oppure Samudaripen
(«genocidio») per designare lo sterminio nazista. Aggiungendo agli Ebrei
questi gruppi di persone il numero di vittime causate dal regime nazista
è stimabile tra i dieci e i quattordici milioni di civili, e fino a
quattro milioni di prigionieri di guerra. Oggi il termine “olocausto”
viene impiegato anche per indicare altri casi
di genocidio, avvenuti prima e dopo la seconda guerra mondiale, o più in
generale, per designare qualsiasi strage volontaria e pianificata di
vite umane, come quella che potrebbe risultare da un conflitto atomico,
da cui deriva l'espressione "olocausto nucleare". Il termine olocausto
viene talvolta adoperato per descrivere altri
esempi di genocidio, specialmente quello armeno e quello ellenico che
portò all'uccisione di 2,5 milioni di cristiani da parte del governo
nazionalista ottomano dei Giovani Turchi tra il 1915 e il 1923.
Pellerossa e
Meridionali
Con questo articolo vorrei rievocare la
memoria di altre terribili esperienze storiche in cui sono stati
consumati veri e propri eccidi di massa, troppo spesso dimenticati o
ignorati dalla storiografia e dai mass-media ufficiali. Mi riferisco
allo sterminio degli Indiani d’America e ai massacri perpetrati a danno
dei “Pellerossa” del Sud Italia, vale a dire
i briganti e i contadini del Regno delle Due
Sicilie. Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad
opera di Cristoforo Colombo nel 1492, quando giunsero i primi
coloni europei, il continente nordamericano era popolato da circa un
milione di Pellerossa raggruppati in 400 tribù e in circa 300 famiglie
linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate
praterie abitate dai Pellerossa, praticarono
una caccia spietata ai bisonti, il cui numero calò rapidamente e
drasticamente rischiando l’estinzione totale. I cacciatori bianchi
contribuirono così allo sterminio dei nativi che non potevano vivere
senza questi animali, da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro ancora.
Ma la strage degli Indiani fu operata soprattutto dall’esercito
statunitense che pur di espandersi all'interno del
Nord America cacciò ingiustamente i nativi dalle loro terre
attuando veri e propri massacri senza risparmiare donne e bambini.
I Pellerossa vennero letteralmente annientati
attraverso uno spietato genocidio. Oggi i Pellerossa
non formano più una nazione, sono stati espropriati non solo della terra
che abitavano, ma anche della memoria e dell’identità culturale.
Infatti una parte di essi si è integrata
completamente nella civiltà bianca, mentre un'altra parte vive reclusa
in alcune centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in
quello canadese.
Un
destino simile, anche se in momenti e con dinamiche
diverse , accomuna i Pellerossa d'America e i Meridionali d'Italia.
Questi furono chiamati “Briganti”, vennero
trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266 mila morti
e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini
e anziani subirono la stessa sorte. Processi manovrati o assenti,
esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma
noi Meridionali eravamo cittadini di uno Stato molto ricco. Il Piemonte
dei Savoia era fortemente indebitato con
Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il
governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo
Benso conte di Cavour, progettò la più grande
rapina della storia moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale
per poi ad asservirlo invadendone il territorio: il Regno delle Due
Sicilie, lo Stato più civile e pacifico
d'Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Soltanto alcuni fedeli
mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all'ultimo sugli spalti di
Gaeta, sino alla capitolazione. I vincitori furono spietati. Imposero
tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva
obbligatoria (che invece era già facoltativo nel Regno delle Due
Sicilie); si comportarono vigliaccamente
verso la popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito
borbonico, che insorsero.
Ebbe così inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi
repressive furono simili a quelle emanate a scapito
dei Pellerossa. Le bande di briganti che lottavano per la loro
terra avevano un pizzico di dignità e di
ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno delle
masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false e ingannevoli
promesse concesse dal pirata massone e mercenario Giuseppe Garibaldi.
Contrariamente ad altre interpretazioni
storico-meridionaliste, non intendo equiparare il fenomeno del
Brigantaggio meridionale alla Resistenza partigiana del 1943-45. Per
vari motivi, anzitutto per la semplice ragione che nel primo caso si è
trattato di una vile aggressione militare, di una guerra di conquista
violenta e sanguinosa (come è stata del resto
anche la guerra tra fascisti e antifascisti), ma che ha avuto una durata
molto più lunga (un intero decennio) dal 1860 al 1870. Una guerra civile
che ha provocato eccidi spaventosi, massacri di massa in cui sono stati
trucidati centinaia di migliaia di contadini e briganti meridionali,
persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio genocidio
perpetrato a scapito delle popolazioni del Sud
Italia. Una guerra che si è conclusa
tragicamente dando inizio al fenomeno dell’emigrazione di massa dei
meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche, paragonabile alla
diaspora del popolo ebraico. Infatti, i
meridionali sono sparsi e presenti nel mondo ad ogni latitudine, in ogni
angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di
numerose nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Stati Uniti d’America,
Svizzera, Belgio, Germania, Australia, eccetera. Ripeto. Se si vuole
comparare la triste vicenda del Brigantaggio e della brutale repressione
subita dal popolo meridionale, con altre esperienze storiche, credo che
l’accostamento più giusto da suggerire sia appunto quello con
i Pellerossa e con le guerre indiane
combattute proprio nello stesso periodo storico, ossia verso la fine del
XIX secolo. Guerre feroci e sanguinose che hanno
provocato una strage altrettanto raccapricciante, quella dei nativi
nordamericani. Un genocidio troppo spesso
ignorato e dimenticato, come quello a danno delle popolazioni
dell’Italia meridionale.
Nel contempo
condivido in parte il giudizio (forse troppo perentorio) rispetto al
carattere anacronistico, retrivo e antiprogressista, delle ragioni
politiche, storiche, sociali, che stanno alla base della strenua lotta
combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio è
(quasi) sempre reazionario. Tuttavia, inviterei ad approfondire meglio
le motivazioni e le spinte ideali che hanno
animato la resistenza e la lotta di numerosi briganti contro i
Piemontesi invasori. Non voglio annoiare i lettori con le cifre
relative ai numerosi primati detenuti dalla
monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie
in vasti ambiti dell’economia, della sanità, dell’istruzione eccetera,
né intendo in tal modo esternare sciocchi sentimenti di inutile
nostalgia rispetto ad una società arcaica, di stampo dispotico e
aristocratico-feudale, ossia ad un passato che fu prevalentemente di
barbarie e oscurantismo, di ingiustizia ed oppressione, di sfruttamento
e asservimento delle plebi rurali del nostro Meridione.
Ma un dato è certo e inoppugnabile: la
monarchia sabauda era molto più retriva, molto più rozza, ignorante e
dispotica, meno illuminata di quella borbonica. Il Regno delle Due
Sicilie era indubbiamente molto più ricco,
avanzato e sviluppato del Regno dei Savoia,
tant’è vero che esso rappresentava un
boccone assai invitante ed appetibile per tutte le maggiori potenze
europee, Inghilterra e Francia in testa. Tuttavia, questo è un argomento
vasto e complesso che richiederebbe un approfondimento adeguato.
Infine, concludo con una breve chiosa a
proposito della tesi circa le presunte spinte progressiste incarnate dai
processi di unificazione degli Stati nazionali nel XIX secolo e dello
Stato europeo oggi. Non mi pare che tali processi abbiano garantito un
reale, autentico progresso sociale, morale e civile, ma hanno favorito e
generato quasi esclusivamente uno sviluppo prettamente economico. Voglio
dire che l’unificazione dei mercati e dei
capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo, o
addirittura globale, non coincide affatto con l’unificazione e con
l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali
o nazionali.
Ovviamente, le forze autenticamente democratiche, progressiste e
rivoluzionarie devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.
Lucio
Garofalo
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