Leggendo le parole di profonda e (visto il
suo nome battesimale) sincera amarezza pronunciate dalla senatrice
Franca Rame, la quale minaccia di dimettersi dal suo incarico
istituzionale per ri-affermare (un pò in ritardo, forse) la
propria coerenza ed onestà morale, intellettuale e politica, sorge
spontaneo un interrogativo: ma davvero queste anime candide e pie
pensavano di cambiare l'apparato del potere vigente, operando al
suo interno, come si suol dire? Ma bisogna coltivare un'ingenuità
sconfinata per illudersi fino a tal punto! Infatti, oltre a Franca
Rame altri parlamentari (ossia Salvatore Cannavò, Franco
Turigliatto, Fernando Rossi, l'ex disobbediente Francesco Caruso,
Willer Bordon, Mauro Bulgarelli) hanno ammesso di essere delusi
dal governo e perciò negheranno il loro voto favorevole al
premier.
Comunque, ne è occorso di tempo
per prendere finalmente atto di una verità talmente evidente da
far impallidire lo stesso Monsieur De Lapalisse, almeno per
chi già molto prima della vittoria elettorale dell’Unione aveva
previsto quanto sarebbe accaduto. Non grazie a straordinarie virtù
profetiche, ma semplicemente perchè
tutti i segnali e le vicende antecedenti lasciavano presagire il
delinearsi di una condizione di inevitabile debolezza e
subalternità della "sinistra" rispetto ai settori più
retrivi e moderati della compagine governativa, ossia agli
interessi predominanti di un coacervo di poteri parassitari
formati da settori industrialdecotti, bancarottieri e speculatori
finanziari, coalizzati con le forze più avide, egoiste e
pericolose del sistema politico-economico italiano.
Tuttavia, ancorché rinsavite, tali anime "resipiscenti"
(di "sinistri" piuttosto "tardoni")
dovrebbero pur decidersi: o fanno i poeti o fanno i politici. Le
due cose sono purtroppo incompatibili, almeno nell'attuale sistema
politico in cui la passione e gli ideali (a maggior ragione la
sensibilità poetica, se c'è) sono divorati dal cinismo più
sfrenato, dall'opportunismo e dal carrierismo più spregiudicato.
Persino dal punto di vista democratico-borghese, tale realtà
è assunta come un assioma di un'evidenza inoppugnabile. E' ormai
sempre più tangibile il processo di corruzione e degenerazione del
concetto e dell'assetto della democrazia liberal-borghese nel
nostro paese. La democrazia dovrebbe essere soprattutto
partecipazione popolare ai processi decisionali, mediante
l'esercizio del voto e il ricorso ad altri canali di controllo, di
espressione e di opposizione (se ci sono e se funzionano!), ma è
anche possibilità di un'alternativa e di
una trasformazione concreta del potere e della società, che è il
presupposto essenziale e indispensabile per costruire una società
effettivamente libera e democratica, equa e progredita, cioé per
superare i limiti e le contraddizioni reali, le iniquità e le
sperequazioni materiali, che caratterizzano l'odierno assetto
economico-politico e sociale borghese. Questo è sempre stato uno
dei traguardi più ambiziosi della sinistra democratica e
progressista, quindi anche delle forze comuniste e antagoniste
inclini alla lotta di classe per la fuoriuscita dall'attuale
quadro storico dominato dal peggiore capitalismo bancario e
finanziario. Purtroppo, il principale problema della sinistra,
intesa come sinistra di classe ed anticapitalista, è sempre stato
costituito più dal nemico interno che da quello esterno, più dagli
opportunisti e dai rinnegati che si annidano tra le sue fila, dai
sedicenti "compagni" infiltrati tra i suoi
quadri dirigenti, che si impongono e si riproducono in modo
stalinista e verticista, diciamo pure fascista, censurando,
reprimendo e perseguitando chi tenta di esporsi e di lottare per
l'affermazione delle giuste cause dei proletari e delle masse
popolari oppresse e sfruttate nel mondo. Il vero nemico sono i
falsi compagni, coloro che si appigliano ad un cavillo burocratico
per impedire e soffocare la crescita e l'avanzamento di un
movimento schierato dalla parte degli operai e dei lavoratori. Il
vero nemico è chi parla di regole ma le applica rigorosamente solo
agli altri, che in nome di un presunto diritto, lo esercita e lo
avoca solo per sé, negandolo agli altri.
Inoltre, la sinistra odierna non deve
adoperarsi esclusivamente per i privilegi
riservati agli abitanti della sua nazione, ma deve adottare altre
priorità, ossia le esigenze prioritarie legate alla sopravvivenza
quotidiana degli esseri umani che popolano l'intero pianeta e alla
sopravvivenza del pianeta stesso e delle principali specie viventi
che lo abitano. La sinistra, e chi professa di appartenervi, non è
onesta fino in fondo se si preoccupa e s'ingegna solo al
servizio degli interessi dei lavoratori italiani o europei (benché
attualmente non assolva nemmeno tale ruolo), ad esempio a
vantaggio degli incrementi salariali destinati agli operai del
nostro paese, dei diritti o delle franchigie degli impiegati
statali, sul fronte delle liquidazioni, della previdenza
sociale e della sanità pubblica, e via discorrendo, mentre nel
mondo oltre 35.000 persone muoiono di fame ogni giorno, mentre
oltre un miliardo di individui versa nello stato di povertà più
estrema, mentre in vaste regioni dell'Africa si muore di malaria,
di morbillo o altre malattie infettive (da noi totalmente
debellate) che con pochi euro si possono guarire! Una vera forza
di sinistra deve battersi per tali doveri prioritari e abbandonare
gli interessi meschini ed egoistici di una società occidentale che
in effetti è la causa principale dell'estrema povertà diffusa in
tante parti del mondo. Il compito storico dei proletari e dei
rivoluzionari che vivono nelle società occidentali, che ogni
giorno hanno colazione pranzo e cena assicurati, è quello di
schierarsi dalla parte dei veri poveri e costringere le
società più opulente e consumiste a condividere e redistribuire
equamente le risorse planetarie, a non depredare le ricchezze
altrui, per impostare una giustizia sociale globale. Le sinistre
del terzo millennio devono prodigarsi e lottare per un mondo più
equo e "pulito", in senso sia ecologico che morale, per
attuare progetti di solidarietà e di giustizia sociale su scala
mondiale. Se non si risolve a realizzare tali obiettivi
indubbiamente rivoluzionari e destabilizzanti dal punto di vista
delle ricche società occidentali, se non dimostra simili intenti e
requisiti, la sinistra vale nulla, rinnega semplicemente
se stessa, limitandosi a difendere e conservare solo le meschinità
e le vanità personali inseguite da politicanti arrivisti e
traffichini, da falsi proletari che in effetti invidiano i ricchi
e si disinteressano altamente di coloro che, a poche ore di
distanza con un semplice viaggio aereo, non sanno se giungeranno
vivi al tramonto.
Pertanto, l'ispirazione della sinistra deve
aggiornarsi e rinnovarsi esattamente nella direzione finora
auspicata. Ma anche su tale versante, purtroppo, l'attuale
"sinistra", quella con ambizioni (anzi, sarebbe più
appropriato dire "velleità") di governo, ha fallito
rovinosamente, avendo tradito le speranze e le aspettative di
migliaia di veri ed onesti pacifisti, di attivisti impegnati in
numerose vertenze in funzione antimperialista. Inoltre, rammento
che la sinistra, quella autentica, la sinistra
realmente rivoluzionaria, nacque con una vocazione storica
profondamente internazionalista. Il celebre slogan formulato da
Marx ed Engels "Proletari di tutto il mondo, unitevi"
presuppone e reclama esattamente il principio prima enunciato. Una
vocazione terzomondista che occorre riscoprire e rilanciare se non
si vuole affossare l'idea stessa, i valori peculiari e le
prerogative storiche della Sinistra militante con la S maiuscola.
Infine, la sinistra dovrebbe riscoprire e
riaffermare con forza un altro argomento di grande attualità in
tempi bui e tristi come quelli che viviamo, in cui si continua a
morire tragicamente in fabbrica. Mi riferisco all'analisi
marxiana che rivela come il filo conduttore, l'elemento costante e
ricorrente nella storia, dall'antichità sino ad oggi, debba essere
rinvenuto nell'asservimento e nello sfruttamento del lavoratore
sociale: lo schiavo nel mondo antico, il servo della gleba nella
società medievale e l'operaio salariato dell'età moderna risultano
tre differenti versioni della medesima figura del lavoratore
asservito, ugualmente costretto - benché in forme diverse - a
travagliare a beneficio di una ristretta minoranza composta
da avidi e voraci sfruttatori del genere umano. Rileggendo e
riscoprendo l'opera di Marx, sgombra da ogni incrostazione
dogmatica, è possibile appurare come anche nella società moderna
sopravviva una determinata forma di schiavitù, dai contorni quasi
impercettibili: la "schiavitù salariata" degli operai
che, essendo privi di ogni mezzo di produzione, sono costretti ad
alienare la propria forza-lavoro e a (s)vendersi quotidianamente.
Solo con l'abolizione dell'asservimento salariale e il superamento
del modo di produzione capitalistico, sospeso in una sorta di
"limbo" storico soggiogato dallo sfruttamento, l'intera
umanità sarà in grado di proiettarsi verso un orizzonte di
autentica libertà, riscatto e progresso generale.