L’ultima "dissidente"
cubana fabbricata dai mainstream globali
porta il nome di Yoani Sanchez. Curiosamente essa NON
compare nella lista dei "dissidenti cubani" di Wikipedia (en.wikipedia.org/wiki/Category:Cuban_dissidents).
Questa
sedicente "blogger antisistema" afferma di
guadagnarsi da vivere facendo la guida turistica (peraltro senza
autorizzazione, eh già, il regime...) e di riuscire a
gestire il suo blog "dissidente" usando le connessioni satellitari
delle hall degli alberghi.
Visto che,
come lei stessa ripete come un disco rotto, a Cuba
c’è una grande povertà, dove li prende i soldi per
aggiornare il suo blog?
La Sanchez
viene spacciata dai media occidentali come una
vittima della censura del regime cubano. Strana
censura. Visto che è proprio col web che "agisce" questa pretesa "cyberdissidente".
Il blog
della Sanchez (www.desdecuba.com/generaciony/)
è stato tradotto in 18 lingue. I suoi post vengono
ripresi e propalati ossessivamente dalla propaganda occidentale tra
cui, in Italia, il settimanale "Internazionale", dove
la Sanchez ha una rubrica fissa e La Stampa dove
Gordiano Lupi cura la traduzione del blog in lingua italiana.
Il Fatto Quotidiano, poi, ha addirittura indetto una
raccolta di firme, da inoltrare all’ambasciata cubana, in
risposta alla presunta aggressione che la blogger
avrebbe subito, il 6 novembre di quest’anno, da parte della polizia
del suo Paese.
Abbiamo
verificato (su Alexa) che non esistono altri casi al mondo di illustri
sconosciuti tradotti in 18 lingue. Anzi, nemmeno il "Washington
Post" o "Al Jazeera" o il blog del Beppe
nazionale hanno una tale schiera di traduttori ufficiali.
E, per
le decine di giornalisti colombiani o messicani morti
ammazzati ogni anno, non sono state proposte rubriche o
raccolte firme in Italia, né gli vengono dedicati vibranti editoriali
sui mainstream.
Solo il
blog della Sanchez, tra i milioni di blog al mondo, riceve tanta
attenzione dai mainstream.
Lo stesso
blog, inoltre, è registrato su GoDaddy, la compagnia
usata dal Pentagono per la cyberguerra.
Una coincidenza.
Di
cyberguerra USA contro Cuba ci parla anche Gianni Minà
in "Latinoamerica" (n 106) (www.giannimina.it/index.php).
Per non
parlare poi del server in Germania (Cronos AG
Regesburg); grazie a ciò la bloggera alla
moda ha a disposizione una memoria a lungo e altissimo traffico, per
non dire di una banda enorme, cose sconosciute al resto dei cubani
(Cuba è priva di connessioni via cavo col resto del mondo a causa
dell’embargo USA).
Il blog di
Yoani Sanchez è una vera stranezza, per chi voglia
usare il cervello e non ululare alla Luna non appena si nomina la
"Cuba" della rivoluzione socialista di Fidel Castro, come fanno i
giornalisti proni al regime neoliberale, che detta loro cosa scrivere,
cosa pensare, cosa farci pensare. E, ancora più strano, non
esistono prove della presunta aggressione di
cui sarebbe stata recentemente vittima la Sanchez (fulviogrimaldi.blogspot.com/2009/11/yoani-sanchez-pesci-pilota-e-pesci.html).
Se i "giornalisti"
dei periodici prima menzionati avessero rispettato la prima regola del
giornalismo, ovvero quella di verificare le "notizie"
si sarebbero accorti che non c’era nulla a suffragare le menzogne
della bloggera così alla moda oggi.
Nulla a
parte il vaniloquio di un brand propagandistico
costruito dai poteri forti che impongono lo
sfruttamento del pianeta e che non possono tollerare l’esempio
di giustizia sociale della Revolucion cubana.
Sì, perché,
se hai fame, la giustizia sociale è molto piu’ importante dei
cosiddetti "diritti umani" e della cosiddetta "libertà di
espressione", null’altro che vecchi arnesi propagandistici
al servizio della guerra ideologica delle cosiddette "democrazie"
occidentali. Quelle di Guantanamo, della pena di morte, di Stefano
Cucchi, del lavoro minorile, delle elezioni senza preferenza, della
privatizzazione dell’acqua...
Ma
sputare sul socialismo, negli ambienti della casta e nei
regimi cosiddetti "democratici post industriali", paga.
Paga sempre. Specie quando ci si rivolge a popoli sempre più ignoranti
e lobotomizzati dalla tv di stato.
In Italia,
Paese di grande libertà di espressione, dove un vecchio satrapo, amico
dei peggiori dittatori del pianeta, ha in pugno il 90% della tv, dove
il mestiere di giornalista è regolamentato dallo stato e dove lo
stesso stato tiene a libro paga (aiuti all’editoria) gli organi di
propaganda, pardon, di "informazione", e ne nomina i direttori di
rete, nessuno di questi sedicenti "giornalisti" (mainstream),
dico nessuno, si è preso la briga di verificare le affermazioni della
Sanchez.
C’è
qualcuno, però, che lo ha fatto.
Si chiama
Fernando Ravsberg, corrispondente della BBC che,
trovando la blogger (dopo la pretesa "aggressione poliziesca") in
perfette condizioni di salute e senza alcun segno
apparente di percosse, le ha chiesto prove a sostegno delle sue
affermazioni.
Si è
sentito rispondere (testuale): "Ho diverse contusioni, in
particolare sui glutei, ma non posso mostrarle"... Insomma: i
segni erano sul sedere e lei, per pudore, non poteva mostrarli...
Verebbe da riderle in faccia!
E sono
queste le "fonti" dei nostri mainstream. E’ così che, giorno dopo
giorno, si perpetua il lavaggio del cervello.
Bisogna far
odiare al popolino catodicamente eterodiretto (noi) anche la parola
stessa "socialismo", così da permettere alle classi
dirigenti (padrone dei media) la privatizzazione di
tutto il possibile e l’immaginabile.
E qui diamo
la parola a Stefano Citati che, sul Fatto
Quotidiano (n 41, 8 nov 2009), sostiene con un suo pezzo la
raccolta di firme per la Sanchez. "Quello che è successo all’Avana
è un avvertimento mafioso in stile camorra-Gomorra, è stato scritto
(dalla Sanchez, ndr), ma ricorda ancor più le modalità della
sparizione di tanti oppositori ai regimi fascisti latinoamericani
degli anni 70/80".
"Avvertimento mafioso stile camorra" ?
Ogni
commento, per chi non abbia dato il cervello all’ammasso o non scriva
per soldi come i giornalisti mainstream, è superfluo.
Che la
Sanchez, marionetta della propaganda USA, non sappia bene cos’è la
camorra, passi.
Più grave
che non lo sappia Citati, avallando la fantasiosa e ridicola prosa
della bloggera alla moda.
E se Citati
conoscesse la storia saprebbe che i "desaparecidos"
sono stati diverse decine di migliaia e non sono mai tornati, a
differenza della Sanchez e del suoi pretesi venti minuti di
"rapimento".
Citati ha
insultato la memoria dei desaparecidos, e mi ha ricordato una
recente infelice battuta del premier sul medesimo argomento. Una
battuta tanto disgustosa che non voglio nemmeno ricordare e che mi ha
fatto vergognare di essere italiano.
Sempre
Citati ci racconta poi che la "cyberdissidente" sarebbe stata "gettata
fuori dall’auto, con escoriazioni e lividi...", che però nessuno ha
avuto modo di vedere.
Se la
Sanchez fosse stata a Villa Grimaldi o vittima dei Casalesi porterebbe
segni ben diversi o, più facilmente, sarebbe morta.
Solo Citati
può lanciarsi, con sprezzo del ridicolo, in paralleli tanto
strampalati quanto offensivi per le vere vittime.
E’ evidente
che sia l’uno che l’altra non sanno di cosa parlano.
Purtroppo
Citati è in abbondante compagnia.
Contro Cuba
abbiamo puntualmente i dotti elzeviri di
Pierluigi Battista sul Corsera e poi gli articoli di
Rocco Cotroneo, che diffama Cuba da Rio de Janeiro.
Su
Repubblica è Omero Ciai a intervistare gli assassini
della mafia cubano-americana di Miami invece delle vittime.
Per La
Stampa è invece tal Gordiano Lupi che si accolla il duro lavoro di
propalare pseudonotizie prive di ogni verifica, traducendo il blog
della Sanchez. E si potrebbe continuare.
E questi
sarebbero dei giornalisti?
Questi sono
ignobili corifei del regime che disonorano e stuprano una delle piu’
nobili professioni umane: raccontare la verità.
Dove
sarebbero i segni delle percosse, signora Sanchez? Chi accusa ha
l’onere della prova.
Chi ti ha
fornito e chi ti paga il blog ad alta tecnologia, su server tedesco e
su dominio del Pentagono?
Come fai
tu, illustre signora nessuno, senza nemmeno delle pubblicazioni, ad
essere insignita di premi (Gasset da ElPais) ed avere
contratti a suon di migliaia di euro per il tuo primo
libro di quest’anno (15000 euro di anticipo da Rizzoli)?
Come mai
proprio tu, che non sei nemmeno una prigioniera di coscienza
"ufficiale" (54 secondo Amnesty nel 2008), e non altri?
Che
rapporti hai col gruppo Prisa, proprietario di ElPais, lo stesso che
ti ha conferito il "premio letterario Gasset"?
In realtà
il blog della Sanchez è un’arma mediatica di propaganda contro
la Revolucion cubana. Null’altro.
Il
Pentagono ebbe a dire, tempo addietro, che "il web è un sistema
d’arma".
Il governo
USA, nel 2008, ha stanziato 45 milioni di dollari per "un cambio di
governo drastico" nell’isola.
Sin dai
tempi di Jefferson e Quincy Adams si parlava dell’annessione di Cuba
come "necessaria" ed "irrinunciabile".
L’embargo
più lungo (e vergognoso) della storia del mondo, quello
contro la Cuba socialista, è lì a dimostrarci che, ai piani alti dell’imperialismo,
nulla è cambiato.
Per questo
terroristi armati e finanziati dagli USA come i
Basulto, i Carriles, i Frometa, i Bosh vivono felici e protetti a
Miami e rilasciani persino interviste in tv e giornali.
Per questo
i mainstream ci obbligano
pavlovianamente ad associare le conquiste sociali di Cuba con le più
spaventose dittature immaginabili.
E’ questo
il lavaggio del cervello.
E’ definire
la sanità o l’istruzione universali come "marxismo-leninismo" e la più
bassa mortalità infantile del continente americano (USA inclusi) come
"mancanza di libertà di espressione".
E 70mila
medici (spesso in giro per il mondo) e il 35% del parlamento composto
da donne noi siamo addestrati dai mainstream ad associarli
all’ "illiberale regime castrista"...
La verità è
che, secondo Amnesty International, attualmente vi sono una
cinquantina di prigionieri politici a Cuba.
Punto.
Niente tortura, niente lavoro minorile, niente guerra, niente
analfabetismo, nessun problema di disoccupazione o di trovare casa.
E,
soprattutto, nessun giornalista ammazzato. Mai.
E’
in Italia che li ammazzano i giornalisti NON a Cuba. Ricordatevelo,
penosi pennivendoli mainstream, quando vomitate le vostre
calunnie gratuite contro Cuba socialista.
Cuba non
scatena guerre imperialiste, non effettua, come l’Italia, rapimenti di
stato (Abu Omar), torture di stato (Genova 2001), leggi razziste
(reato di clandestinità).
A Cuba non
si massacrano i detenuti come in Italia (Stefano Cucchi).
I
prigionieri politici ci sono anche in Occidente. Anche in Italia
(Michele Fabiani, per esempio), in Francia (Julien Coupat, per
esempio), negli USA (Mumia Abu Jamal, per esempio e gli esempi
sarebbero molti).
Invece di
puntare il nostro dito (sporco di sangue) dovremmo avere il coraggio
di guardarci allo specchio.
Sotto
moltissimi aspetti, guardando al (pur imperfetto e
migliorabile) socialismo cubano, noi occidentali opulenti, violenti e
razzisti, dovremmo arrossire di vergogna. Solo la nostra
stolida arroganza, una sesquipedale ignoranza e la propaganda
mainstream ce lo impediscono.
Ma non sarà
certo la nostra ridicola autorappresentazione a cambiare la realtà dei
fatti, della storia.
Quella
storia fatta dal popolo di Cuba, e nata dal sogno di
un pugno di giovani ragazzi che fecero una rivoluzione.
Una vera rivoluzione di un Paese del terzo mondo che non voleva
rimanere vittima dell’Occidente.
La storia
di Fidel Castro, un uomo (nelle parole di Garcia
Marquez) "di costumi austeri e di illusioni insaziabili, con
un’educazione formale all’antica, di parole pesate e di modi delicati,
e incapace di concepire un’idea che non sia straordinaria".
L’anima di quella "rivoluzione imperdonabile" (william Blum) che, col
suo esempio, ha dimostrato che "un altro mondo è
possibile". Sempre.
Oggi tutta
l’America Latina si muove nel solco tracciato dalla Revolucion.
E’ questa
la realtà che i mainstream e le bloggere prezzolate
potranno calunniare, infangare, distorcere, ma mai cancellare.
Nemmeno la
bloggera alla moda oggi: Yoani Sanchez. Che parla tanto di "censura"
e di "regime" e poi, per coerenza, calunnia il suo
Paese col web in banda larga.
E coi soldi
di chissà chi ???