Gennaro Carotenuto è un prolifico
comunicatore di rete che firma sotto il logo, nientemeno, di
“Giornalismo partecipativo”. Acquistatosi, nel desolante deserto di
informatori occhiuti sull’America Latina, una certa credibilità per le
frequentazioni di quei paesi e per qualche analisi non da cestinare
subito, da qualche tempo, come succede a coloro cui danno alla testa
brezze di notorietà, piscia cateratte fuori dal vaso. Il vertice delle
toppate, in questo caso non solo sprovvedute, ma maleficamente
fuorvianti, lo aveva raggiunto recentemente occupandosi di Uribe,
Colombia, ostaggi e FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia, per
Ugo Chavez “un legittimo movimento di liberazione”. E così per ogni
persona perbene e non intossicata dagli spurghi della propaganda
imperialista). Ne ho già illustrato l’allineamento con le diffamazioni
delle FARC con cui il presidente fascista Alvaro Uribe, il suo datore
di lavoro Usa e la loro mafia paramilitare e narcotrafficante,
affannosamente tentano di occultare le nequizie stragiste contro
sindacalisti, operai, contadini, attivisti dei diritti umani e la
scalata di provocazioni contro il Venezuela Bolivariano. In
quell’occasione furono direttamente Chavez e l’omologo ecuadoriano
Correa a mettere i puntini sugli i e a restituire alla sua minuta
dimensione il giornalista “esperto di Latinoamerica”.
Quando l’incompetenza si sposa alla
supponenza – vedi Massimo D’Alema o Giuliano Ferrara – viene fuori un
mostriciattolo, a volte ridicolo, a volte pericoloso, specie per gli
ingenui. Per questo avevo confinato Carotenuto nel limbo dei mittenti
bloccati, da scaricare subito nella colonna dei “messaggi eliminati”.
Mi tocca, tuttavia, a volte spulciare in quella rubrica prima di
cancellarla perché, per le note alzate di capo del capriccioso
aggeggio elettronico, capita che ci finiscano anche messaggi non da me
inibiti. Così mi è ricapitato sotto i polpastrelli il “giornalismo
partecipativo” di Gennaro Carotenuto. Quello che troverete in calce e
dal quale forse sentirete emanare uno stordente olezzo di cantina.
Stavolta con tematica via dall’America Latina, perché il nostro, ormai
tuttologo, con preoccupante escalation arrischia l’uscita verso altri
esercizi di saccente disinformazione. Qui si parla di Nirenstein (una
delle tre teste nostrane dell’idra USraeliana, accanto a Oriana
Fallaci e Magdi Allam), Ciarrapico, fascismo, sionismo e, vuoi che
manchi?, antisemitismo. Me ne occupo soprattutto perché un amico degno
della massima stima, Piero Deola, me ne ha chiesto un commento.
Virtuoso del sillogismo per cui
una cazzata tira un’altra, il Nostro detta alcune leggi paramosaiche;
“Non si può rifiutare il diverso Rom, o negro (sic), o
omosessuale e il diritto stesso alla diversità in un mondo complesso
e NON RIFUTARE AL TEMPO STESSO IL DIVERSO EBREO (maiuscole mie).
Non si può essere a favore delle invasioni militari e non essere
antisemiti (le invasioni di Palestina, Siria, Libano, Egitto le
ha fatte mio zio). Non si può essere omofobi (e dagli!) e
non essere antisemiti. Non si può essere per la Bossi-Fini e non
essere antisemiti. E magari non si può essere imperialisti e non
essere antisemiti. La mente vacilla. Il prestidigitatore del
“giornalismo partecipativo”, partecipativo evidentemente a
un’inversione dei fattori che procura orgasmi a Magdi Allam, con la
sua bacchetta magica fa uscire dal cilindro un Veltroni, un Bush, un
Calderoli, ascari della Bossi-Fini, vessilliferi della cacciata e
liquidazione di “diversi” come Rom, neri, omosessuali, feldmarescialli
o sergenti promotori di invasioni genocide, ma, in prodigioso
paradosso, anche antisemiti. Con il fuoco d’artificio finale per cui
non si può essere antislamici e non essere antisemiti,
suggestivo slogan vergato sotto uno scenario mondiale in cui si vedono
israeliani e filoisraeliani, sostenuti dalla lobby ebraica – negata
come si potrebbe negare il buco nell’ozono - fare dell’islam una
neoplasia da estirpare. Il capovolgimento della realtà ha dimensioni
orwelliane: la banda assassina occidentale, istigata dal razzismo
ontologico dello Stato israeliano che, per far fuori tutti i diversi
del mondo, semiti musulmani in testa, ingigantisce un antiebraismo
(più precisione nei termini, per favore: semiti sono soprattutto gli
arabi) presente in grottesche e minute frange, oltretutto ad alto
sospetto di manipolazione a favore del vittimismo d’assalto
israeliano, diventa miracolosamente anche antisemita, che nel gergo di
GC significa antiebraica.
Non avendo letto lo studio dei
prestigiosi accademici di Harvard e Chicago, Mearsheimer e Walt, sull’onnipervadente
piovra della lobby israeliana negli Usa , Carotenuto ci parla di un “unilateralismo
occidentale che può usare il sionismo e perfino far credere a
questo di farsi usare inducendo Israele all’errore tragico (sic)
dell’espansionismo… Peccato che alla benzina delle elites
colonialiste e genocide occidentali il massimo di ottani l’abbia
fornito Israele e la sua lobby. A quale fede, a quale ideologia, a
quale entità statale crede Carotenuto che abbiano fatto riferimento i
Rumsfeld, Libby, Wolfowitz, Elliot Abrahms, Cheney, Faith, Bolton,
Kissinger, insomma tutta la sanguinaria brigata integralista che,
sotto l’albero della sconoscenza dell’11 settembre, hanno piazzato il
detonatore della guerra preventiva, infinita, totale, all’uranio? Dare
a questi dell’antisemita, come darlo al Veltroni chierico della
teocrazia vaticana, ma anche di quella israeliana, sarebbe come
dare del razzista a Martin Luther King. E, ancora, bonificare in mero
“errore tragico” l’espansionismo israeliano, al quale
addirittura il povero Israele sarebbe “stato indotto”, anziché
averlo pianificato fin dal suo concepimento, non equivale a
definire “triste cantonata” i campi tipo Auschwitz, o l’invasione
della Polonia? Chi stai gabbando, Gennariello, quali
indulgenze stai sollecitando, quale chiappa ti stai parando?
L’apparente sdoppiamento tra
Carotenuto e l’oggetto del suo trattatello, la corifea dei più trucidi
tra gli israeliani, Fiamma Nirenstein (il cognome tedesco vuol dire
“calcolo renale”. Forse pour cause), ora soffiata a Veltrolmert
e candidata dal sodale di Israele Berlusconi, si ricostituisce in
perfetta sovrapposizione quando l’autore inalbera il vessillo del più
malefico degli stereotipi imperial-sionisti. Scrive, con addolorato
cipiglio, Israele, l’ebraismo e con esso il sionismo (vittima
sacralizzata anche lui!) non potranno permettersi di fare sconti al
virus dell’antisemitismo che continua a manifestarsi nel corpo
dell’Occidente cristiano prima che in qualunque altro corpo del mondo.
Che avallo all’astuto vittimismo ebraico, che scudo ai crimini di
Israele! E dov’ è, vi chiederete, che questo infame virus si annida?
Ma è ovvio, per Carotenuto come per Veltroni, per Magdi Allam, come
per Bush: soprattutto nella sinistra radicale. Quelli di
Genova-G8, di Firenze, di Napoli, tutti quelli che ancora si disperano
sulla soluzione finale che Israele riserva a semiti palestinesi – e
dove sono se non nella sinistra radicale? – hanno di che aspettarsi la
nemesi di qualche extraordinary rendition a Guantanamo, o nelle
carceri egiziane di Abu Omar.
Non si frena, Carotenuto, nella
demonizzazione dei critici dell’ebraismo sionista e nella speculare
demonizzazione di un “antisemitismo” che non è che la difesa surreale
di un Israele già “centro culturale e politico autonomo”, prima
del “tragico errore” di farsi “avamposto crociato”.
E già, mica era avamposto crociato
quando Hertzl lo concepì come vampiro del popolo di Palestina e
avamposto del nuovo colonialismo, quando a forza di villaggi
inceneriti e espulsioni di massa, di guerre a ripetizione, di stermini
e punizioni collettive, di muri di contenzione e genocidi per fame,
sete e peste, per sessant’anni ha inflitto Nakba su Nakba ai titolari
di quella terra. Lo era solo per noi “antisemiti della sinistra
radicale”. Per le persone perbene era “centro culturale e politico
autonomo”. Tutto diventa leggero e perdonabile, nell’umorismo
onirico di Cartotenuto: Ariel Sharon, da macellaio diventa un povero
“illuso” e Israele, ignorando “l’altro palestinese”, non rivela che
la propria immaturità culturale, un’infantile pretesa, un infantilismo
cieco. Piccoli monelli da tirare indulgentemente per le orecchie.
E’ dunque “la destra
occidentale”, quella nella quale, tra Shamir, Begin, Sharon,
Olmert, Peres, Bush, e altri carnefici, si identifica l’Israele fin
dalle origini e dalle quali trae sostegno ideologico e armato, che
ha giocato a mettere Israele con le spalle al muro, inconsapevole
vittima, e Fiamma Nirenstein, alla fine riabilitata, non
aveva tutti i torti a denunciare l’antisemitismo di sinistra”.
Il pacifista e dirittoumanista
Gennaro Carotenuto, dopo aver allievato Uribe e Bush dando alla
guerriglia di liberazione colombiana, nella quale, come ovunque, la
rivoluzione non è ovviamente un pranzo di gala, dei terroristi e
narcotrafficanti, ora irrobustisce il carapace dell’”antisemitismo di
sinistra” sotto cui si mimetizza la più aggressiva e letale potenza
del nostro tempo. Non dovrà temere “operazioni speciali del Mossad, o
extraordinary renditions della Cia. Quelle sono tutte per noi,
della “sinistra radicale antisemita”. Bel lavoro. Si presenti
ora al suo pur decantato Hugo Chavez, che ha definito la Colombia del
narcofascista Uribe “Israele dell’America Latina”. O si appresta a
dargli anche lui, in sintonia con coloro che tanto compiange e
comprende, del “caudillo populista antisemita”?
Sarebbe logico.