Quanto sta avvenendo a Cuba e
contro la stessa da parte della UE e degli USA ha generato una forte
preoccupazione di tutti gli imprenditori italiani che hanno formulato
una protesta formalizzata nella seguente lettera:
S.E. Elio MENZIONE
Ambasciatore
d’Italia
L’Avana, CUBA
e p.c.
On. Franco
FRATTINI
Ministro degli Esteri
ROMA
On. Adolfo
URSO
Viceministro Attività Produttive
ROMA
On. Mirko TREMAGLIA
Ministro Italiani all’Estero
ROMA
On. Rocco BUTTIGLIONE
Ministro Politiche Comunitarie
ROMA
On. Romano PRODI
Presidente Commissione Europea
BRUXELLES
L’Avana, 17 Giugno 2003
Sig. Ambasciatore,
in qualità di
imprenditori italiani operanti a Cuba da molti anni, desideriamo portare
alla Sua attenzione e per Suo cortese tramite anche a conoscenza delle
altre Autorità in calce segnalate, alcune nostre considerazioni.
Come Lei ben
conosce, da molti anni un numero cospicuo e sempre crescente di
imprenditori del nostro Paese vive e lavora a Cuba con successo e
soddisfazione, nonostante la carenza di fonti di sostegno nazionali ed
internazionali alle nostre attività nonché alcuni punti di debolezza
strutturale locale.
Il nostro lavoro,
insieme a quello di tanti altri colleghi che non risiedono stabilmente
in questo Paese, genera un fatturato di circa 500 milioni di Euro in
quanto ad export dall’Italia, circa 200 milioni di Euro di importazioni
da altri Paesi della Unione Europea ed infine ulteriori 300 milioni di
Euro di import da altri Paesi extraeuropei.
Oltre a questo vi
sono decine di joint-ventures miste attive ed operanti non solo in
territorio cubano, che vedono coinvolti nostri interessi economici che
costituiscono la unica fonte di lavoro e di sviluppo per moltissimi di
noi e per le nostre famiglie.
In questo contesto
pertanto ci consideriamo sufficientemente ed a buon diritto motivati,
per la prima volta, per portare a Sua conoscenza e per Suo tramite a
quella del nostro Governo, la nostra unanime e convinta preoccupazione
per quello che sta avvenendo nelle ultime settimane fra il nostro Paese
di nascita e quello che da tempo ci ospita e ci consente di prosperare e
di vivere una vita soddisfacente.
Riteniamo
importante, in un momento così delicato e difficile, ricordare al nostro
Governo che centinaia di Italiani hanno investito considerevoli risorse,
non solo economiche, nello sviluppo di attività imprenditoriali di
successo, grazie anche alle qualità comunicative e di socialità tipiche
del nostro popolo, che abbiamo saputo trasferire e che hanno consentito
di farci rapidamente integrare e rispettare in una realtà indubbiamente
diversa dalla nostra.
Per queste ragioni,
auspichiamo che qualunque iniziativa il nostro Governo o la Unione
Europea intendano in futuro assumere nei riguardi di Cuba, non ometta di
considerare e di valutare attentamente le possibili conseguenze che
potrebbero ricadere sulle nostre attività e quindi per la nostra stessa
sussistenza imprenditoriale e delle nostre famiglie.
Auspichiamo quindi
uno sforzo di moderazione e di approfondimento nella valutazione delle
dinamiche operanti in questo Paese, affinché il futuro ci possa vedere
ancora una volta, e con rinnovato entusiasmo, protagonisti dello
sviluppo e della crescita della nostra cultura imprenditoriale, delle
nostre imprese e di questo Paese.
Con ossequio,
(seguono firme)
Gli
italiani che vivono e lavorano a Cuba
Massimo Bonanno: un italiano
che
ha fiducia in Cuba
• Massimo Bonanno è un genovese di 51 anni, alto e forte, con la voce
potente, una buona chiacchiera e molte cose interessanti da dire
G.I.: “ Che cosa fai a Cuba, come mai sei venuto qui a lavorare?”
M.B.:
“Sono venuto a Cuba nell’ottobre del 1993 perchè, in accordo con le
autorità del governo cubano si voleva cercare di attivare l’industria
nell’Isola, portando lavoro, producendo e assemblando.
Io
poi mi concentrai nel mio settore tradizionale, il ramo principale della
mia attività, la compravendita delle automobili e dei mezzi di
trasporto. L’obiettivo era sempre quello di promuovere la nascita
dell’industria a Cuba perchè nessun paese al mondo può vivere contando
sul turismo che un fattore di moda e nemmeno sull’agricoltura che è
soggetta a fenomeni naturali a volte devastatori, che possono
distruggere rapidamente il lavoro di molti e di molto tempo, creando
seri problemi per le entrate di valuta nei paesi. Io credo che qualsiasi
paese del mondo dovrebbe avere una forte industria e proprio per questo
io mi occupo soprattutto di questo settore con il SIME in particolare.”
(Il SIME è il Ministero Cubano dell’Industria Siderurgica e Meccanica.)
G.I.: “Di cosa ti occupi esattamente?”
M.B.: “Il
mio lavoro principale consiste nel importare a Cuba macchine KIA
soprattutto e Tata, provenienti dall’India, poichè oggi questo paese
orientale ha ottime relazioni con cuba. Inoltre importiamo prodotti
dell’industria italiana di ferramenta, pezzi di ricambio, attrezzature
per garage, utensili vari e altro che possa servire nelle linee di
montaggio standard. Il secondo lavoro invece riguarda il turismo, poichè
sono presidente del Caribbean Diving Center, un tour-operatore e agenzia
di viaggi, specializzata in diving e nel turismo per uomini d’affari.
Noi cerchiamo di portare a Cuba gli imprenditori per far conoscere loro
la realtà cubana e far nascere possibilmente società in cooperazione.
Le due
imprese sono regolarmente iscritte alla Camera del Commercio cubana. Io
ho una lunga esperienza nel mio lavoro accumulata in molti paesi del
mondo: ho lavorato in Kenia, in Canada, negli Stati Uniti, ma
soprattutto in Unione Sovietica dove ero direttore commerciale della
Europa Tass, cioè del ramo della Europa Tass che si dedicava allo
sviluppo dei rapporti economici e dell’industria per l’esportazione e
l’importazione. Il lavoro riguardava le relazioni tra la URSS e i paesi
europei o confinanti, come quelli asiatici. Io conoscevo bene Cuba da un
punto di vista politico, perchè mi ha sempre interessato la traiettoria
della Rivoluzione - provo un’immensa stima per il Che, per il Comandante
Fidel - e poi mi interessava anche da un punto di vista economico. La
mia prima visita a Cuba avvenne proprio perchè, dato che c’erano
relazioni molto fredde tra Cuba e la Russia nel 1993, la Europa Tass
stava cercando di recuperare gli spazi in qualche modo. Il sistema
economico dell’Isola non mi era sconosciuto o meglio lo conoscevo bene,
anche se va detto che dal 1993 ad oggi è cambiato molto, con una
notevole evoluzione. Sicuramente l’economia cubana di oggi non è quella
del 1993. Ci sono stati molti cambiamenti che hanno portato delle
facilità, degli scambi, delle novità per gli investimenti stranieri a
Cuba.”
G.I.: “ Come ti trovi a Cuba da un punto di vista operativo, nel tuo
lavoro?”
M.B.: “Io
come uomo d’affari mi trovo benissimo nell’Isola. Se esiste un problema
nel mondo - e tutti lo sanno - è quello di incassare le somme delle
vendite e dei finanziamenti. Questo è un problema internazionale e
dappertutto ci si trova in situazioni che obbligano a fare dei
finanziamenti o delle vendite con crediti intrinsechi.
A Cuba c’è
però uno Stato che dirige la maggior parte dell’economia e per tanto è
lo stesso Stato che garantisce poi questi crediti e anche se ci sono
delle difficoltà per incassarli, c’è sempre questa garanzia assoluta che
invece non esiste negli altri paesi dove uno si può poi trovare di
fronte a una società in fallimento perdendo i suoi crediti. A Cuba le
società non falliscono perchè dietro c’è la proprietà dello Stato che
onora il debito. In un certo senso è più facile operare a Cuba che in
altri paesi proprio per questo tipo di garanzia.
G.I.: “ Che tipo di imprenditore viene a fare affari a Cuba?”
M.B.: “ Io
sono il vicepresidente della ANFE (l’Associazione delle famiglie degli
italiani emigrati) che comprende, anche se con modalità differenziate,
l’associazione degli imprenditori italiani a Cuba e quindi ho avuto modo
di sviluppare una buona conoscenza, al di là delle mie esperienze
personali, della presenza italiana nell’Isola.
Gli
imprenditori italiani a Cuba sono molto differenti tra di loro : diciamo
che ci sono tre tipi di impresari. Il primo gruppo è rappresentato dalle
grandi imprese multinazionali come la Telecom Italia che è inserita in
Etecsa, poi ci sono Alcatel Italia, la Fiat, la Ericson Italia etc.
Queste società portano a Cuba dei dirigenti che stanno qui a termine,
per un periodo di tre o quattro anni al massimo, sono di passaggio e
svolgono la propria attività in maniera amorfa, senza inserirsi nella
realtà cubana, nella società dell’Isola.
Un secondo
genere di imprenditori è quello che viene a Cuba perchè piace loro il
paese e quindi cercano una scusa per aprire una società, aprire una
piccola impresa per poter vivere qui. Poi ci sono gli imprenditori che
vengono a Cuba perchè sono d’accordo con il sistema di governo
dell’Isola e quindi vogliono vivere socialmente ed economicamente in
questa realtà, sviluppando affari interessanti per le loro società ma
anche per il governo di Cuba. Nell’economia cubana ci sono molti
difetti, ma si cerca sempre di migliorarla facendo critiche costruttive
per rimediare gli errori. Io mi trovo d’accordo con l’economia cubana
che presenta problemi che esistono in tutti i paesi del mondo e coopero
per una crescita mentre quegli imprenditori che vengono qui restando
lontani dalla realtà sociale o per ragioni personali fanno molto spesso
proposte che servono solo per creare problemi allo Stato e all’economia
difficile che deve vivere Cuba.
Una grave
lacuna che gli imprenditori devono affrontare è la posizione italiana e
comunitaria rispetto alla politica dell’Isola. Molto spesso vediamo che
la Comunità Europea e l’Italia stessa fanno tentativi di ingerenza nel
tessuto economico e sociale della nostra realtà.
Una ditta
privata ne può risentire molto e questa è una delle ragioni per cui Cuba
non è mai entrata nel FMI ( a parte il blocco economico imposto dagli
Stati Uniti). Si tratta di una motivazione filosofica: Cuba non vuole
avere un’economia manovrata o gestita da burocrati che stanno seduti in
qualsiasi paese ( negli Stati Uniti più probabilmente) o in Italia o a
Bruxelles o dove sia... Si tratta di una filosofia di indipendenza per
gli affari interni dello stato, così come viene gestita.
Su quali
basi si sviluppano le varie forme di finanziamento se l’Italia e la UE
vogliono interferire nelle questioni interne, creando problemi alle
aziende che operano nell’Isola, e in debito? Inoltre si crea
l’impossibilità di ottenere finanziamenti e aiuti economici e si giunge
a uno scontro, muro contro muro, nel quale vengono coinvolti tutti gli
imprenditori italiani a Cuba, creando un problema molto importante,
.impedendo le esportazione dei prodotti italiani a Cuba e danneggiando
il livello divita degli imprenditori italiani presenti nell’Isola.
L’Italia
in generale - e questo è il problema più grande- non ha mai aiutato a
sufficienza i suoi rappresentanti all’estero. Non ha mai creato un
tessuto, un’organizzazione, un sistema di finanziamenti, di penetrazione
nei mercati, di ricerca nelle situazioni che si devono adattare ai
mercati locali dove uno è presente. Quando io lavoravo con la URSS, se
dovevo andare in Mongolia a costruire un aeroporto non lo facevo con la
stessa filosofia che avrei usato per un’esportazione di medicinali negli
Stati Uniti. Sono filosofie e schemi completamente differenti che qui
non si considerano perchè il governo italiano è statico, emana decreti e
leggi che non servono a niente, perchè non si possono applicare in tutti
i paesi, vanno adattate alla situazione locale, altrimenti non è
possibile sfruttare le situazioni e questo è il caso di Cuba.
Il più
emblematico per l’impossibilità di usufruire di aiuti da parte del
governo italiano e della Unione Europea.
Io e
Berlusconi siamo come il polo nord e sud, ma devo ammettere che quello
che sta facendo Berlusconi per l’esportazione di prodotti italiani e la
penetrazione dell’economia nei paesi del Terzo Mondo è una politica
giusta. Le ambasciate, che non hanno fatto nulla per troppi anni se non
prendere lauti stipendi pagati con le tasse degli italiani, finalmente
oggi sono state obbligate a divenire un supporto per l’esportazione, ad
assistere gli imprenditori e sono anche obbligate a far sì che il
prodotto Italia venga promosso, si assicuri una validità nel paese in
cui vuole entrare ...”
G.I.: “ Cosa ci dice sull’industria cubana?”
M.B.:
“Purtroppo Cuba non è riuscita a svilupparsi da un punto di vista
industriale. C’era un grande personaggio che si chiama Lester Rodríguez,
che per molti anni è stato ministro del SIME e che voleva fare di Cuba
una piccola Taiwan dei Caraibi. Era un grande sogno, ma forse si poteva
creare una Caimán dei Caraibi, ma non è ancora avvenuto.
L’industria cubana esporta poco e produce poco, per cui l’economia
dipende dal turismo che è un fattore di moda e dipende anche dalle
situazioni mondiali: se avvengono atti di terrorismo, se ci sono
epidemie o problemi la gente non si muove e le entrate scendono
paurosamente. La SARS in qualche modo ha privilegiato i paesi dei
Caraibi proprio mentre il Medio Oriente come regione turistica è stato
praticamente annullato. Il turismo mondiale si sta dirigendo verso
questa regione latino americana e caraibica, accrescendole le
possibilità di guadagno. Certo si deve vedere cosa avverrà nel futuro,
se il turismo continuerà a crescere e si apriranno nuovi alberghi, se si
daranno facilità a nuove imprese straniere, in cooperazione o miste.”
G.I.: “ Lei si occupa anche di turismo. Cosa pensa della realtà cubana?”
M.B.: “A
Cuba, e credo che sia il problema maggiore, mancano le proposte
alternative per far divertire i turisti... possono essere tante piccole
cose, con la musica, i piano bar e le discoteche, che sono ancora poche.
Il futuro sarà roseo se le infrastrutture si moltiplicheranno
nell’Isola, ma non sarà così se avverranno imprevisti. Quanto spende un
turista a Cuba? Il turista viene con un pacchetto con tutto pagato e
quando è nell’Isola non spende. Non dobbiamo offrire ai turisti solo i
ristoranti carini, perchè ci sono in tutti gli alberghi! Dobbiamo fare
in modo che al turista venga il capriccio di fare acquisti originali, di
spendere in attività collaterali che possono essere molteplici:
culturali, sportive, sociali, di avventura, etc.”
G.I.: “ Oltre al turismo, ci sono voci dell’economia poco sfruttate,
secondo Lei?
M.B.: “Sì,
le dette rimesse familiari - i soldi che ricevono le famiglie cubane dai
parenti all’estero, che si potrebbero usare in maniera positiva e
costruttiva per Cuba. Se per esempio Cuba potesse vendere a queste
persone ciò che desiderano e possono pagare applicando una tassa del
100%, queste entrate potrebbero servire per rifinanziare qualsiasi
sviluppo sociale ed economico... Io credo comunque che il valore più
grande dell’isola sia sempre la sua gente.”