LE RIFLESSIONI DI FIDEL

 

La Battaglia di Girón
(QUARTA E QUINTA parte)

 

 

 

 

 

 

 

 

“Ore 06:00. Fidel chiama San Antonio de los Baños chiedendo se non l’avevano informato che erano pronti tre B-26. Tenete pronti i B-26 ed il jet con missili e bombe per quando ritornano gli altri e che ce ne sia sempre uno di vigilanza alla Base; informateci se avete comunicazioni dagli aeroplani. Tra venticinque minuti saranno sull’obiettivo.   

“Ore 06:30. Fidel interpella le FAR per sapere degli aeroplani pronti all’attacco; il Capo FAR deve comandare il Sea Fury ed un jet per attaccare Playa Larga, più tardi un B-26; all’arrivo di quelli usciti prima, informare subito; prepararsi ed uscire immediatamente. Eseguire immediatamente l’ordine.     

“Ore 06:33. S’informa la Base di San Antonio di comunicare ai nostri aeroplani che prima di sorvolare lo zuccherificio Australia devono informare, perché c’è l’ordine di sparare.     

“Ore 06:34. Curbelo della FAR comunica a Fidel che sopra le prigioni dell’Isla de Pinos volano aeroplani nemici. I nostri aeroplani hanno sparato contro le navi a Playa Larga. Colpire le navi e la spiaggia, a Playa Larga, un Sea Fury ed un B-26. Il compagno Leyva è a capo della squadriglia. Andare, scaricare e ritornare.”    

“Ore 06:35. Ordine di Fidel: Anticarro verso Aguada de Pasajeros, due batterie. Quelle partite da Matanzas proseguano verso Aguada. Altre due batterie anticarro in direzione di Matanzas.    

“Ore 06:40. Fidel ordina che il jet sia pronto; ci sono aeroplani che si dirigono in quella direzione, preparare le contraeree, il jet pronto, un altro aeroplano per difendere la Base. Il Sea Fury parta verso l’obiettivo, mantenere il jet in volo o sulla pista, pronto ad attaccare, l’artiglieria (contraerea) pronta a respingere l’aggressione insieme all’aeroplano.”   

“Ore 06:46. È uscita un’altra squadriglia in quella direzione. (Girón)

“Ore 06:46. Isla de Pinos: quattro aeroplani nemici hanno attaccato l’Isla de Pinos e stano sparando.”     

“Ore 07:20. Silva informa Fidel: Che cosa fai? Li hai dispersi. Ed alla nave non le avete sparato? E la nave non l’hai attaccata? E il Sea Fury alla nave? L’avete affondata? A Girón che cosa hai fatto? Ad un motoscafo, non l’hai affondato. Li hai visti nuotare. Ritornate e dagli contro, sì, sì. E che cosa avete fatto? Tornate a Playa Girón, attaccate  la nave ed affondala, sparate a quelli di Girón, gli altri sono andati a Playa Larga. Ritornate a Playa Girón ed affondate tutte le navi che ci sono lì.    

“Ore 07:25. Il Maggiore Del Valle sollecita Curbelo: Fidel domanda se sono tornati i Sea Fury. Senti, dimmi, sì, sì, sì, dimmi, va bene, che stiano attenti anche a quegli aeroplani; gli altri che attacchino Girón, non possiamo permettere che quelle navi fuggano, molto bene, molto bene.”   

“Ore 08:08. A Pepín Álvarez Bravo. /(José A. Álvarez Bravo, capo dell’Artiglieria Contraerea)/ Quante batterie ti rimangono? E nei magazzini? Mobilita le sei batterie e lascia una di guardia che resistiamo. Tu al comando delle batterie. No, devi spostarle per sostenere l’artiglieria ed i carri armati. Lo scontro è con l’artiglieria ed i carri armati. Bene, Patria o Morte!    

“Ore 08:13. Chi parla? Chiamate Almeida o Angelito. (Ángel Martínez ex tenente colonnello dell’Esercito Repubblicano Spagnolo e consulente militare del comandante Almeida nell’Esercito del Centro) Angelito? Dovete inviare delle forze a Juraguá, verso Jovellanos. Avanzate verso Jovellanos, per proseguire avanzando sulla costa. Molto bene! Loro? Da dove? Però, da che parte possono avanzare, da dove? Stanno avanzando? Bene, andate a combattere contro quei paracadutisti isolati, sono condannati a morire; i paracadutisti di Horquita sono condannati a morire! Usate contro di loro i miliziani.”    

Era la prima notizia che ricevevo del lancio di paracadutisti nemici.   

“Almeida? Avanzare alcuni reparti verso Jovellanos, per combattere sulla costa. Filiberto (Comandante dell’Esercito Ribelle Filiberto Olivera Moya)/ avanzerà verso Girón ed il battaglione che hai inviato con Tomassevich (Comandante dell’Esercito Ribelle Raúl Menéndez

Tomassevich, Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito del Centro).

Allora, quella gente deve avanzare verso Girón da Juraguá. Che sia una compagnia che continui ad avanzare, e che non si lasci scappare il nemico.”    

“Ore 08:20. A Del Valle (personalmente). Ordina a Pedrito Miret che mobiliti per lo meno dodici cannoni da 122 mm con personale degli studenti universitari in direzione del central Australia, per posizionarli lungo la costa.    

Bisogna preparare la difesa contraerea. Due Sea Fury sulla pista contraerea, per difendere il cielo dai B-26. Siano pronti per domani.

Questi aeroplani arrivano questo pomeriggio, veloce, devono dare copertura alle nostre forze. Oggi affondiamo navi, domani abbattiamo aeroplani.”

“Ore 08:21 il Che chiama Fidel (da Pinar del Río): Che cosa c’è? Che tipo di mortai, Che? Quali mortai? Quel personale lo stiamo addestrando a Baracoa, vuoi che te lo mandiamo? Bene, parlo con loro perché te li inviino e parlo con Universo perché ti mandi personale da Pinar del Río.

OK. Dove te lo mando? Bene, bisogna trovarlo da quelle parti. […] Te lo mando ad Artemisa […] i migliori, ma non è semplice trovare ora i mezzi di trasporto, perché sono con la batteria. Bene. Si sta già combattendo veramente. Vinceremo!.

“Ore 08:22. Ordina ad Universo Sánchez che il personale delle batterie anticarro di Pinar del Río e Toranzo (capitano dell’Esercito Ribelle Mario Toranzo Ricardo) inviino al Che dei mortai da 120.

“Ore 08:23. A Universo Sánchez; Il Che ha sei batterie di cannoni senza personale. Ti raccomando d’inviare là il personale meglio addestrato di Pinar del Río, […] I cannoni sono già lì.  Sanno già molto, per lo meno, se non sanno molto, sanno qualcosa.”    

“Ore 08:26. A Curbelo - FAR. […] abbatteremo aeroplani, ma oggi affondiamo navi. Affondate navi! Affonda navi, caspita, devi affondare molte navi! Al diavolo, dagli fuoco!”

Continuo dando disposizioni a quel ritmo dalle 03:30.    

“Ore 08:42. Ad Osmany. (Personalmente). Kico (capitano dell’Esercito Ribelle Enrique González) deve inviare rifornimenti di munizioni per i carri armati e pezzi di ricambio per i carri armati.   

“Ore 08:45. Ad Osmany. (Personalmente). L’ordine per Curbelo è distruggere le navi, distruggere le navi!    

“Ore 08:46. Ad Osmany. Contiamo. Uno Filiberto, due Jovellanos, e sono tre, più uno a Matanzas, quattro. Quanti ne rimangono all’Avana?  (Osmany informa che rimangono trentaquattro battaglioni). Ne invierei altri quattro: uno a Jagüey Grande. Sai perché? Perché lo utilizzeremo alla mattina, per accerchiare. Però non importa, che arrivino a mezzanotte a Jagüey quattro battaglioni leggeri; due leggeri e due pesanti. Sì, perché prenderemo tutto.    

“08:47 Ore. Ad Aragonés. (Personalmente). Grasso: alle 6:00 del mattina è tutto ripulito. So bene come funziona; alle 6:00 della mattina è tutto ripulito. Facciamolo di notte e con tutto quello che abbiamo!   

“08:48 Ore. A Raúl Castro (in Oriente). Finora credo che tu stia fuori dalla festa, ma devi stare attento. Come? Finora non sono sbarcati al sud. Non posso darti dettagli, non devo dare dettagli, però state all’erta nella Sierra e da quelle parti, ma credo che li abbiano concentrati qui, sai? Bene, buona fortuna! Arrivederci.   

“Ore 08:53. Chiede al Comandante Del Valle di comunicare con il Comandante Curbelo; Del Valle dice che la nostra missione è concentrare l’attacco alle navi di Playa Larga e Cayo (Playa) Girón.    

“Ore 08:58.  A Curbelo.  FAR;  Dimmi.  Come va? Sì. Che cosa succede? Sì. Ed il pilota? Dove? Sì. E delle navi nemiche? Sì. Non ne hanno affondata nessuna? Bene. Bisogna mantenere alto il morale. Hanno abbattuto qualche aeroplano? Il Sea Fury, quanti ce ne rimangono ora? Dimmi. Bene, bisogna continuare a combattere. I jet, sono già intervenuti? Che cosa? Ed i jet? Hanno mitragliato? Le hanno mitragliate? Le imbarcazioni non si sono ritirate? Devono continuare a sparare, con tutto quello che abbiano! Sì, bisogna vendicare il compagno che hanno abbattuto!, Bisogna vendicarlo, compagno! Utilizzate i jet per abbattere i loro B-26! Bene, avrete le munizioni. Arrivederci, compagno.”    

Il coraggioso capitano dell’Esercito Ribelle, Luís Alfonso Silva Tablada, il pilota da combattimento con cui avevo parlato alle 4 e 45 era stato abbattuto.

Alle 09:09 riuscii a stabilire la comunicazione con la  Covadonga.     “Al central Covadonga. ‘Mi dica, sì. Guardi, compagno, (Gonzalo Rodríguez Mantilla, Chele) dica a quel compagno che non può ritirarsi da lì. Mi dica. Bene, mi dica una cosa: ad Aguada de Pasajeros ci sono truppe? Non importa, sono i nostri aeroplani che stanno bombardando. I nostri aeroplani stanno bombardando incessantemente il nemico. Bene, guardi: non ritiratevi che le cose stanno già arrivando, ma sono avanzati e questo ci prende tempo. Devono essere già oltre Aguada.

Chiamate Aguada de Pasajeros, io intanto chiamo perché vi mandino là dei rinforzi. Resistete con coraggio, compagni! Molto bene! Patria o Morte!’.”    

“Ore 09:13. A Del Valle. (Personalmente). (Qualcuno informa che Cedeño, del Ministero dei Trasporti, ha ordinato di paralizzare tutto il trasporto). Digli di non eseguire quell’ordine finché non sarà necessario.”

“Ore 09:20. Informano dalla FAR il Comandante Del Valle che due B-26 nemici stanno inseguendo un nostro jet. Un altro jet si è gia alzato in volo per aiutarlo.

“09:25 Ore. A Curbelo. FAR San Antonio. Senti Curbelo, dobbiamo vedere se disponiamo di un jet per proteggere le nostre truppe sulla strada dal central Australia a Soplillar. Sì, puoi disporre di un jet? Bene, quando scende ordinagli d’uscire a proteggere le nostre truppe, per lo meno per mezz’ora; tra il central Australia e Soplillar, dove c’è un B-26 che sta rompendo molto; un jet per proteggere la nostra avanzata, vediamo se tra venticinque minuti può stare lì. Contatto Fernández. Appena ritorna, vediamo un po’ se può dare manforte. No, tra l’Australia e Soplillar. Bene.    

“Ore 09:28. A Fernández- central Australia. Tra trenta, quaranta minuti arriverà lì un jet per proteggere quella strada […].    

“Ore 09:30. A Del Valle (Personalmente). Dà ordine di acquartierare tutte le pattuglie questa notte, per muoversi dove risulti necessario. (Del Valle domanda se è necessario averne una qui). No, non è necessario.”   

“Ore 09:31. A Curbelo FAR.  Curbelo: Potrai proteggerli? In quale direzione? Ci proteggerai, no? Sì. Proteggerli tra Australia e Soplillar. Bene, li avviso. Quanto impieghi ad arrivarci, venti minuti? Molto bene. Ed i due che stavano inseguendo il Sea Fury! Molto bene!”

Ritorno sulla questione della protezione aerea alle 09:40 e le 09:42.    

“Ore 09:50. (Del Valle informa che il pilota Carreras ha affondato una nave ed danneggiata un’altra che sta affondando, ed ha abbattuto un B-26 che si è ritirato con un’ala in fiamme. È ritornato per ricaricare e continuare l’attacco contro la nave semiaffondata). Domanda a Matanzas se i carri armati sono già passati da lì. La batteria contraerea che si trova a Matanzas deve accompagnare i carri armati fino a Jovellanos.”   

“Ore 10:00. A Curbelo. FAR. Curbelo: Fernández non mi ha informato. Devi spiegare bene al pilota che è la strada che va dal central Australia a Playa Larga, i jet devono fornire protezione dal central Australia a Playa Larga, però non devono arrivare fino a Playa Larga, ma fino a Pálpite. Quando uno torna, deve uscire l’altro, devi spiegarglielo bene: protezione aerea. Sì, più o meno, alle nostre truppe che avanzano in quella zona. Dall’Australia a Playa Larga, fino a Cayo Ramona? Che cosa? Sì. Bene, è importante mantenere la protezione sulla strada e continuare ad attaccare le navi. E, sempre vigili, perché domani tenteranno di colpire lì. Mantenere la protezione sulla strada il tempo che sia necessario. T’avviso io. Bene, molto bene.    

“Ore 13:02. Da Fidel Castro al comandante Raúl Castro in Oriente:       

“Senti, Miró Cardona insiste che c’è stato uno sbarco ad Oriente. Sì, senti, non importa. Qualsiasi cosa accada, dovete utilizzare molti anticarro, se arrivano dei carri armati. Gli anticarro teneteli tutti pronti, così arrivate velocemente. Non sappiamo; quando catturiamo il primo te lo comunichiamo. Un paracadutista morto, però non t’agitare, non ti preoccupare. Senti, Raúl: molta contraerea nell’aeroporto…Domandiamo ancora, ma dovrebbero essere in arrivo.  Un’altra cosa: se domani là succede qualcosa, possiamo probabilmente mandarti già l’aviazione. L’aviazione ha operato perfettamente (…) non posso precisare, ma non bisogna preoccuparsi.  Come? Sì, perché insistono molto, lanciano i loro paracadutisti e di tutto, hanno fatto un grande sforzo per impadronirsi di questa zona. Credo che lo sforzo principale l’abbiano fatto là, a Zapata. Non si può precisare, ma hanno inviato molti paracadutisti; credo che sia tutto ciò che avevano.  State molto all’erta lì.  Raúl: molti carri armati e molta contraerea.  Appoggia la gente con la contraerea.  Poi te ne manderanno, ma molta contraerea. Verifico la storia dei 400, quando sono partiti e da dove.  Dove? Non lo so, ma verifico. Molta contraerea e proteggete la gente che arrivano con gli aeroplani.  Bene.”     

Imparto nel “Punto Uno” oltre 50 ordini e misure prima di partire per la zona delle operazioni. 

 

* *

 

*Testimonianza di José Ramón Fernández:      *

 

“Erano circa le 02:40 della notte del 17 aprile. Non avevo nessuna notizia dell’invasione, cioè dello sbarco mercenario e fu lui che mi disse che stava avvenendo uno sbarco nella regione della Cienaga de Zapata.”

 “Mi ordinò, senza perdere un minuto, di trasferirmi a Matanzas ed al comando della Scuola dei Responsabili delle Milizie, di cui ero capo, e mi dirigessi ad affrontare l’invasione.”    

“‘Prendi una macchina e parti a tutta velocità’.

“Impiegai un po’ a partire, perché stavo cercando delle cartine della regione - era stato nella Ciénaga una sola volta con il Comandante, non ero mai passato di là, né prima né dopo, solo un giorno che ritornavamo dall’Escambray - ed il magazzino delle carte geografiche era chiuso. […] Dopo circa mezz’ora il Comandante mi richiamò: ‘Ma sei ancora lì? Non siete ancora partiti?’ Beh, non ricordo se abbattemmo una porta, presi la cartina e partii immediatamente per Matanzas. Chiamandomi mi indicò anche di non preoccuparmi d’avvisare la Scuola di Matanzas perché avrebbe dato lui l’ordine di mobilitarla. Effettivamente, quando arrivai lì, la Scuola era già pronta.      “Appena entrai nella struttura – dove oggi si trova il comando dell’Esercito Centrale – nel corpo di guarda mi dissero: ‘Il Comandante la sta chiamando’. Andai, parlai di nuovo con lui e mi confermò di dirigermi verso Jagüey Grande. Mi domandò che percorso avrei fatto. Non conoscevo bene le strade e cercando nella mappa vidi si poteva entrare fino a Jagüey.”    

“… partii con l’intenzione d’entrare da Colón, in definitiva entrai da Perico-Agramonte. Arrivando da Jovellanos, sulla strada si trovava il capitano dell’Esercito Ribelle José A. Borot García con due o tre altri compagni. Mi fecero segno di fermarmi e mi arrestai quasi miracolosamente. Allora dissi: ‘Per favore, vi prego di non interrompermi, vado pieno e di fretta’ […] Allora mi dissero: ‘No, no, è che il Comandante sta la chiamando’. Il quartiere di Jovellanos è proprio lì, all’entrata del paese. Andai, salii, mi misi nuovamente in comunicazione con il Comandante. Mi indicò d’andare all’edificio dell’amministrazione del central Australia - dove c’era un telefono che comunicava direttamente con il Punto Uno –, di proseguire diretto fino a lì e non appena arrivato comunicare con lui. Arrivai e passai per Jagüey alle sette di mattina.”   

“Avevo impiegato più di due ore da Matanzas lungo la Strada Centrale, a quei tempi la via migliore.”  

“… attorno alle 08:00, m’incontrai con l’amministratore dello zuccherificio. Mi diressi lì e domandai:    

“- Dov’è il telefono?    

“Effettivamente, parlai direttamente con il Comandante chi mi ordinò di non allontanarmi dal telefono e chiarire  bene qual’era la situazione ed informarmi su ciò che stava succedendo.    

“Questa è la prima chiamata che ricevo dal Comandante nel central Australia, poi, durante il giorno, non posso dire quante telefonate ricevetti, furono molte.”      “La gente incominciò a riunirsi […] arrivarono cento o duecento uomini chiedendo delle armi per andare a combattere.”    

“Al ricevere le informazioni sullo sbarco, il capo del battaglione 339, il capitano dell’Esercito Ribelle Ramón Cordero, che si trovava con la sua unità nella zona del central Australia, inviò forze della sua prima e seconda compagnia ad affrontare il nemico tra Pálpite e Playa Larga, dove combatterono in condizioni sfavorevoli: l’avversario era meglio armato, più organizzato, molto meglio addestrato e posizionato in una zona migliore per la difesa. Durante quel forte scontro con gli aggressori, caddero diversi miliziani e quella parte del battaglione praticamente si disperse.  Poco dopo, prima dell’alba, il resto delle unità del 339 avanzarono, anche in questa occasione al comando diretto del loro comandante di battaglione, e combatterono in condizioni molto sfavorevoli.”    

“Mi disse di prendere Pálpite con i miei. Avevo la cartina e gli dicevo: ‘Comandante, non trovo nessun Pálpite sulla cartina’. Incominciammo una lunga discussione: ‘Non lo trovo, qui non c’è Pálpite’. ‘Bene, cerca Pálpite, dev’esserci’. Però la carta si sbagliava, diceva ‘Párrite’ – lì ci sono le carte dell’edizione degli anni cinquanta -, invece di Pálpite, diceva Párrite ed io continuavo a cercare sulla carta. Gli dissi: ‘Guardi, vedo qui un posto che si chiama Párrite che si trova in questo punto’ e lui mi risponde: ‘È proprio quello, non è Párrite, è Pálpite, conquista Pálpite’    

 

“Fidel mi richiamò e mi disse che arrivava un battaglione. Era il 219-223 della zona di Colón, al comando del capitano Roberto Benítez Lores.     

Si trattava di personale di battaglioni che non erano ancora completamente costituiti, né ben organizzati, ma quegli uomini mostravano un morale alto, anche se nessuno di loro aveva effettuato esercitazioni di tiro ed erano equipaggiati con fucili M-52 con venti cartucce ciascuno.  Diedi loro la missione di cercare d’occupare il villaggio di Pálpite.”    

Qui ci dev’essere stata un po’ di confusione nei ricordi di Fernández; il suo racconto è del 17 aprile 1988, ossia 27 anni dopo quell’avvenimento. In oltre un centinaio di annotazioni degli stenografi che registrarono le mie telefonate ed i miei ordini, quel  giorno non c’è nessun mio accenno a quel Battaglione della zona di Colón. La prima unità a cui ordinai di muoversi quel giorno fu una forza formata da ufficiali della Colonna 1 della Sierra Maestra al comando di Harold Ferrer, con 600 uomini equipaggiati con FAL, sostenuta da una compagnia di carri armati al comando di López Cuba, che quella notte attaccarono Playa Larga. Ho dato personalmente gli ordini a quegli uomini a Pálpite.

La Scuola dei Responsabili delle Milizie di Matanzas, comandata da José Ramón Fernández, fu inviata a combattere contro l’invasione, proprio perché era una delle unità più addestrate e per la sua vicinanza al punto scelto dal nemico per sbarcare.    

Continua la testimonianza di José Ramón Fernández:      “Lì un attacco dell’aviazione nemica causò sei morti, facendoli retrocedere. (Si riferisce al battaglione che arrivò da Colón) Ordinai che avanzassero di nuovo ed assicurassero in particolare, specialmente le fogne.”      “Successivamente, il battaglione 227 proveniente da Unión de Reyes, al comando del capitano dell’Esercito Ribelle Orlando Pérez Díaz, si presentò all’Australia.  Gli raccomandai la missione di conquistare Pálpite, giungendo dopo la Scuola dei Responsabile delle Milizie perché avanzò a piedi, mentre il personale della Scuola su dei in veicoli.”    

Questa fu un’altra delle unità costituite da valorosi combattenti, come quelli di Colón, che si diressero verso il central Australia senza che lo sapessi io, né del Posto di Comando Centrale. Una prova irrefutabile del patriottismo del nostro popolo. Eccetto la Scuola dei Responsabili delle Milizie di Matanzas, tutte le unità di fanteria, i carri armati, l’artiglieria contraerea e terrestre furono inviate dall’Avana, poiché la Capitale del paese possedeva le forze più consistenti ed esperte per affrontare una brigata d’assalto, ben addestrata ed armata dagli Stati Uniti, sostenuta da forze navali ed aeree. Considero importante questi dati perché ci aiutano a capire le circostanze in cui si scatenò la storica battaglia.     

Continua il racconto di Fernández:    

“Verso le 09:00 di mattina arrivò il battaglione della Scuola dei Responsabile delle Milizie. Non li feci smontare dai camion. Salii sul tetto di un camion, s’avvicinarono e parlai. Spiegai di prendere Pálpite e successivamente d’inviare una compagnia per conquistare Soplillar, 6-7 chilometri ad est di Pálpite, bloccare la pista d’aviazione esistente ed assicurare la zona.”   

 “Quando arrivò il messaggio che avevano preso Pálpite, chiamai il Comandante e lui mi domandò:     

“- Hai preso  Pálpite, la tua gente è a Pálpite, sei sicuro?     

“- Sicuro, Comandante.    

“- Ormai abbiamo vinto!” Fernández racconta che lo esclamai e benché non risulti negli appunti stenografici delle mie comunicazioni, tale conclusione non era impossibile, poiché una testa di ponte sulla spiaggia dall’altro lato della palude, a 25 chilometri dal central Australia, si trovava nelle nostre mani. La frase “Abbiamo ormai vinto la guerra” l’avevo detta una volta, quando, rimasti pochissimi combattenti del Granma, vidi l’impressionante montagna boscosa del Pico Caracas, a 1.200 metri d’altezza, il teatro delle operazioni che stavamo cercando. Però in realtà quel giorno a Girón, a quell’ora, si doveva ancora fare tutto.    

E Fernández conclude la narrazione affermando:       “Per quel motivo Fidel, un mese dopo, nel discorso di consegna dei diplomi nella Scuola delle Milizie, riferendosi ai morti subiti dalla Scuola trasformata in battaglione da combattimento, disse: ‘… quest’unità, i cui membri non si

sono diplomati Responsabili delle Milizie, si diplomati eroi eterni della patria’. 

 

* *

 

*Testimonianza di Raúl Curbelo Morales:*    

 

“Penso che il mio caso sia quello di altri compagni. Malgrado non avessi conoscenze riguardanti l’aviazione, ebbi quella responsabilità.  Nei momenti cruciali, per il suo istinto ed il suo senso della guerra, Fidel voleva avere a San Antonio qualcuno che capisse gli ordini che stava impartendo. Ebbi la fortuna d’essere di Cienfuegos. Prima del trionfo della Rivoluzione, ero andato a cavallo a Yaguaramas e conosceva tutta quella zona fino a Girón. Fu una fortuna incredibile, perché se lo sbarco fosse avvenuto a Mariel o Bahía Honda, zone che non conoscevo, avrei avuto difficoltà a dirigere le operazioni militari. Fidel conosceva le strade e tutta la zona dove avvenne lo sbarco, perché la Rivoluzione aveva costruito le strade, i terrapieni; conosceva tutto a memoria ed ogni volta che mi diceva un punto, potevo rispondergli; quando mi dava istruzioni perché l’aviazione agisse in un determinato punto da lui indicatomi, lo compivo.    

“Fidel mi fece molte telefonate al posto di comando della base di San Antonio. Io mi posizionai nella torre di controllo e lì ricevevo gli ordini.    

“Il comandante Raúl Guerra Bermejo, /Maro/, era il capo della Forza Aerea, lui era maggiore ed io capitano.”

“Ricordo che dissi a Maro: ‘io qui non conosco le condizioni a terra, non so dove sia l’armamento, né conosco la gestione della preparazione degli aeroplani per il combattimento, quindi tu ti occupi delle cose a terra ed io vado alla torre di controllo, per dirigere da lassù con i piloti gli ordini che riceverò dal Comandante in Capo’.

“E Maro, con un entusiasmo, un valore ed una decisione senza alcuna riserva, svolse lì un ruolo importantissimo con tutto il personale di retroguardia. Maro ed io siamo stati in buonissimi rapporti.”

Esiste un fattore che fu decisivo e dove si dimostra l’arte militare del Comandante in Capo.”    

“La mia versione era attaccare le truppe a terra. Fidel mi rispose: ‘No, bisogna attaccare le navi. Le navi!?.

“In quel momento non lo capii, riuscii a capirlo solo più tardi quando effettuai gli studi militari. Nell’affrontare uno sbarco marittimo, la prima cosa da fare è inutilizzare i mezzi navali che stanno realizzando lo sbarco.  Lui lo fece come se avesse studiato nelle grandi accademie militari, grazie a quell’intuizione propria di Fidel, perché la sua guerra nella Sierra Maestra non c’entrava nulla con navi o attività di questo tipo. Forse furono le sue letture sulla Prima e Seconda Guerra Mondiale, le grandi campagne militari dei romani e degli altri teorici militari che gli fornirono le conoscenze storiche delle grandi battaglie.      “Mi confermò: Bisogna affondare le navi.’  In quell’occasione gli dissi: ‘Guardi, Comandante, ho casualmente vicino a me Carreras.  Se vuole glielo passo.’      Mi rispose “: ‘Passamelo!’  E fu quando disse a Carreras: Affondami le navi!  Le navi, Carrera’! Fu in quel momento.  Poco dopo Carreras decollò con il suo aeroplano e più tardi giunse la notizia che aveva colpito con i rocket prima la Houston e poi il Río Escondido.”    

Queste furono le sincere parole di Raúl Curbelo.      Per l’eroismo e la bellezza della narrazione dell’impresa realizzata da questo pilota, devo inserire in questa Riflessione ciò che nel 1979 raccontò il Generale Enrique Carrera Rolas alla casa editoriale /Letras Cubanas/ e l’importanza che ebbe preservare i pochi aeroplani da combattimento di cui disponevamo. 

 

 

*Testimonianza del Generale Enrique Carrera Rolas:*    

 

“Il Comandante in Capo faceva spesso visita alla base aerea di San Antonio. Parlava con i tecnici ed i piloti.    

“Durante quelle conversazioni ci disse: ‘Guardate, quegli aeroplani scalcinati su cui volate, dovete separarli e non tenerli vicini, in modo che se avviene un attacco aereo, il nemico distrugga i velivoli in riparazione. Metteteli distanti uno dagli altri per confonderli e preservare le nostre macchine.  Sono sicuro che ci attaccheranno. Muovetevi prima che arrivino’. E così accadde.

Stavo coprendo il mio turno di guardia sull’aeroplano quando mi comunicarono che il Comandante in Capo voleva parlarmi.    

“‘Carrera, a Playa Girón sta avvenendo uno sbarco. Decollate ed arrivate là all’alba. Affondate le navi che trasportano le truppe e non lasciatele fuggire’.

 

“Giunse l’ordine di decollare alle cinque di mattina. Quando mi dissero che si trattava di un sbarco pensai che si riferivano a qualche yacht o ad un’altra nave più grande che stava lasciando della gente sulla costa. Non potevo immaginare nemmeno remotamente che avrei affrontato lo spettacolo che mi aspettava alla Baia dei Porci e a Playa Girón. Al momento del decollo avevamo in attività solo tre apparecchi: due Sea Fury ed un B-26 con una scarsa artiglieria. Decollai per primo come caposquadriglia. Mi seguivano Bourzac (Gustavo Bourzac Millar) e Silva (Luis Silva Tablada), che avevano giocato un brutto tiro a Lagas, (Jaques Lagas, pilota cileno). Venti minuti più tardi volavamo sull’obiettivo. Quello che vidi a seimila piedi sotto di me, alla prima occhiata che lanciai, mi fece credere che stavo sognando o che davanti ai miei occhi proiettavano un documentario o un film sulla Seconda Guerra Mondiale. Pensai che quella che stavo vedendo era un’imitazione dello sbarco in Normandia, su piccola scala. Vicino alla costa, a Playa Girón, si trovavano per lo meno sette-otto grandi imbarcazioni ed un numero imprecisato di barconi e navi da sbarco in piena azione. Osservai che un’enorme nave da trasporto navigava verso l’interno della Baia dei porci, seguita da una fregata da guerra, l’unità navale che succede in importanza al cacciatorpediniere.   

“Decisi d’impeto, in pochi secondi. E scelsi la prima preda: la nave che si dirigeva a Playa Larga. Diedi istruzioni in chiave via radio ai miei compagni e mi lanciai al primo all’attacco. Da un’altezza tra i cinquemila ed i settemila piedi scendemmo in punto in direzione della Houston, un imbarcazione classe Liberty, da ottomila tonnellate; il nostro obiettivo era strapieno di truppe e di forniture belliche.  A millecinquecento piedi perfezionai la mira e sparai il mio carico di quattro missili.  C’era qualcosa in me di strano. Mi sembrava d’essere avvolto dalla nebbia. Avevo solamente l’esperienza di limitate esercitazioni di tiro aereo e non sapevo ciò che fosse una guerra.    

“Eravamo già stati avvistati dal nemico ed il fuoco antiaereo che si scatenò contro di noi era una pazzia. Dozzine di batterie - mitragliatrici e cannoni - vomitavano raffiche verso l’alto. Era un spettacolo impressionante vedere lo spazio illuminato dalle luci dei traccianti e dalle esplosioni dei proiettili.    

“Posso assicurarvi che ciò che provammo fu un azione kamikaze, come i piloti suicidi giapponesi.   

“Feci funzionare il meccanismo per sparare i missili e seguii con lo sguardo la rotta che prendevano. Confesso che mi riempì di sorpresa vederli centrare la poppa della Houston. La nave iniziò a sprigionare fumo e verificai che il timoniere, con una manovra urgente, la dirigeva versa la riva per incagliarla. Anche Bourzac e Silva spararono i loro missili contro la Houston colpendola in pieno. La fregata da guerra che la scortava, intuendo che la nave era persa, poiché faceva ormai acqua, iniziò a zigzagare e fece un giro per raggiungere la bocca della baia ed unirsi alla flottiglia di fronte a Playa Girón.    

“Feci altri due passaggi sull’obiettivo scaricando tutto il fuoco delle mie mitragliatrici. Poi ritornai alla base.    

“Quando scesi dalla cabina, ero tutto eccitato. In un certo senso mi era sembrato tutto così facile – spingere i bottoni e vedere la struttura di una barca scomporsi come se fosse di carta - che volevo raccontare a tutti ciò che era accaduto. Curbelo mi chiamò a rapporto nell’ufficio Operazioni. Poi mi dissero che quasi non capivano quello stavo dicendo all’inizio, perché incominciai confondendo le rotte ed ingarbugliandomi nelle spiegazioni. Finché mi tranquillizzai un po’ e potei stilare un rapporto decente.    

“Il Comandante Castro era compiaciuto. Gli avevamo dedicato la prima nave.    

“Non so quanto tempo impiegarono a preparare nuovamente il mio apparecchio. Combustibile, approvvigionamenti. I meccanici ed il personale ai pezzi volavano. Calcolo che fecero le cose in un terzo del tempo normale e mi lanciai nuovamente in aria, caricando questa volta otto missili da cinque pollici. Mi diressi a Playa Girón. Dall’alto potei vedere la Houston incagliata vicino a Playa Larga, come un grande pesce ferito a morte. Di fronte a Playa Girón scorsi una nave ancora più grande della Houston. Era il Río Escondido che, come seppi più tardi, era una di quelle che  trasportava più personale ed attrezzature per i mercenari. A bordo aveva una stazione radio con cui quelle canaglie pensavano d’arringare il popolo di Cuba una volta installata a terra.

Inoltre, camion, pezzi di ricambio per aeroplani - i loro piani prevedevano una base aerea nella pista di Playa Girón ed operare da lì con la loro aviazione -, combustibile per questi ed molti altri mezzi. Il Río Escondido si trovava a circa tre miglia a sud della costa.     

“I missili del mio Sea Fury partirono alla ricerca dell’enorme barca come dei lampi fumanti. Preso! Lo raggiunsero proprio al centro. Impiego di più io a raccontarlo di quanto impiegò il Río Escondido ad esplodere come un tricche tracche, avvolto nelle fiamme. “Quando stava ancora godendomi questo spettacolo per me nuovo, notai che mi s’avvicinava un B-26. Pensai che era l’aeroplano di Silva, ma mi resi immediatamente conto che non avevamo nessun B-26 in volo in quel momento. L’inganno era quasi perfetto, perché l’unica cosa differente che notai

nell’apparecchio furono delle frange azzurre sulle ali. A parte quello, aveva esattamente i colori, la bandiera cubana e l’insegna della FAR come le nostre aeronavi. Feci un giro, approfittando della velocità del mio ‘Furioso’, superiore a quella del bombardiere nemico, e riuscii a posizionarmi dietro la sua coda. (Era un ‘ore dodici’ perfetto) (I piloti usavano quel linguaggio per definire la posizione degli avversari nell’aria).

 “Nonostante la mia posizione vantaggiosa, il B-26 riuscì ad aprire il fuoco per primo con la mitragliatrice di coda. Risposi con una raffica lunga del mio calibro 50, toccando uno dei motori. Lo vidi perdere altezza, emettendo fumo e scendere verso le navi da guerra che navigavano sotto, come alla ricerca di protezione. Al fine cadde in mare vicino ad una dalle navi. “Non so se furono gli spari del B-26 o le sventagliate delle batterie contraeree delle navi, ma capii che mi avevano colpito al motore. Il Sea Fury stava cedendo. Ciò nonostante feci vari passaggi sulle navi fino ad esaurire le munizioni. Poi mi diressi alla base. All’atterraggio, l’apparecchio non rispose bene. Non appena i meccanici l’analizzarono, mi diedero la spiegazione. Due proiettili mi avevano danneggiato uno dei cilindri, contrattempo abbastanza serio.    

“Però tutti quelli che eravamo lì sapevamo che era più pericoloso pilotare uno qualsiasi di quegli aeroplani che affrontare il nemico in uno scontro a fuoco.    

“Con molto dispiacere, dovetti sottopormi ad una sosta obbligata. La riparazione aveva bisogno di tempo ed ormai quel giorno non avrei più potuto volare.    

“Però ero contento: un saldo a mio favore di due navi grandi ed un aeroplano nemico.     

“Pensai che Fidel Castro doveva essere contento. Carreras non aveva fallito.”    

I piloti in un giorno misero fuori combattimento, solo della “Houston”, un battaglione completo di mercenari impossibilitato a combattere e causarono agli invasori numerose perdite nel “Río Escondido”; la sua flotta completa era in fuga. Calcolo che disponevamo appena della metà degli aeroplani da combattimento del nemico. 

Raúl Curbelo lo spiega:      “Carreras attaccò le navi. Prima danneggiò ed incagliò la Houston, ritornò alla base e ripartì per la Baia dei Porci, attaccò il Río Escondido e l’affondò. Era la nave principale perché aveva combustibile e grandi quantità di munizioni di riserva, importante per gli obiettivi che si erano proposti i mercenari.     

“Considero che quello fu il momento chiave, dopo ne vennero degli altri, che definiscono la sconfitta in settantadue ore, perché fu affondata una nave e si inutilizzò l’altra con dentro un battaglione completo, furono distrutte le chiatte che stavano sbarcando ed altre imbarcazioni, come El Atlantico, vedendo una nave affondata e  l’altra inutilizzabile, presero il largo mentre si trovavano a circa tre miglia dalla costa.” 

 

 

*Testimonianza di Harold Ferrer Martínez:     *

 

“Quando avvenne l’attacco agli aeroporti, intorno alle 02:00, il Comandante in Capo mi chiamò a Cojímar e mi fece alcuni domande sugli uomini che avevo lì, l’armamento ed i mezzi di trasporto; ci disse di prepararci  a partire, perché probabilmente dovevamo entrare in azione. Però senza fornire dettagli.    

“Il giorno 17 aprile Celia mi chiamò a Cojímar, mi comunicò la notizia dello sbarco a Girón ed il Comandante mi diede l’ordine di prepararci per partire alla mattina, mi diede istruzioni di partire ed aspettare a Matanzas.    

 “Ero andato a cercare dei mezzi di trasporto.    

“Il Comandante in Capo nel 1959 aveva riunito un gruppo di ufficiali dell’Esercito Ribelle ed aveva domandato chi di noi era disposto ad andare a Minas del Frío a compiere una missione. Nel gruppo si trovavano gli ufficiali dell’Esercito Ribelle Leopoldo Cintra Fría, Polo, i fratelli Sotomayor, i Pardo, il capitano Gaspar Camejo, Hugo del Río ed altri compagni.     

“L’idea era poter contare su compagni con preparazione per dirigere migliaia di soldati dell’Esercito Ribelle, addestrali e scalare undici volte il Pico Turquino, per preparare le nuove colonne per respingere qualsiasi  aggressione esterna.

“È lì che nasce la colonna da lui stesso chiamata: José Martí. S’incaricò personalmente di fornirle i primi mezzi di trasporto e gli armamenti che arrivarono dall’Unione Sovietica, le missioni assegnate ad ogni saldato. Furono formate due colonne: quella d’artiglieria al comando di Polo, e quella di fanteria sotto il mio comando. Andai alla Base Granma, dove effettuammo un corso d’addestramento, da lì ci trasferimmo per alcuni giorni all’accampamento di Managua e dopo a Cojímar.    

“Erano quattro compagnie di Fanteria, una compagnia di batterie di mortai, una compagnia di mitragliatrici ed i lanciafiamme che si trovavano all’INRA, a noi subordinati, all’incirca seicento uomini. Non aveva l’organizzazione di un battaglione, bensì di una colonna, non arrivava ad un battaglione.”    

“Fummo accasermati a Casablanca e dopo a Cojímar, la mia sede permanente.”   

 “Quando avvenne l’invasione ci disse di prepararci a partire ed aspettare a Matanzas. In questa città ci diede ordine d’aspettare nella caserma di Jovellanos dove arrivammo al pomeriggio.     

“Lì ci diede la missione di trasferirci alla Laguna del Tesoro e da lì attaccare insieme ai carri armati, con l’appoggio dell’artiglieria, le posizioni dei mercenari che avevano occupato la strada da Pálpite a Playa Larga.”    

“Fidel ci fornì i dettagli delle caratteristiche della zona fangosa, di difficile accesso da una sola strada con pantani e vegetazione su entrambi i lati. Ci avvisò che era una missione difficile, ma sarebbe stata storica perché bisognava scacciare il nemico dalle sue posizioni.     

“La Colonna 1 era formata da circa seicento uomini, con due compagnie con bazooka e lanciafiamme dell’INRA.      

“Mentre ricevevo gli ordini di Fidel, ordinai a un capo di dislocare la Colonna vicino alla Strada Centrale, però per un disguido una parte dell’artiglieria proseguì verso Colón. Tentai di avvisarli perché ritornassero e non mi rimase altro rimedio d’informare il Comandante in merito a ciò che era successo; mi disse che si sarebbe incaricato di localizzare il resto del personale e d’inviarlo verso la zona delle operazioni.”    

Alla sera mi trovai già nella zona delle operazioni ed inviai un ordine scritto al capitano Fernández:      “Fernández: Ho deciso d’inviare gli altri dodici obici ed appoggiarvi con due batterie di mitragliatrici multiple ed una batteria di cannoni antiaereo, perché considero di grandissima importanza aprire un fuoco di sbarramento infernale. Cerca di sparare con il maggiore numero possibili d’obici d’interdizione.   

 

“Fidel. C Australia. 17 Aprile ‘61,

“7” p.m. 

 

* *

 

*Testimonianza di José R. Fernández Álvarez:  *

 

“Mentre Fidel era lì - è rimasto fino alla notte, o fino a sera inoltrata, perché la notte si diresse a Pálpite - arrivò l’artiglieria contraerea, giunsero i mezzi d’artiglieria ed i carri armati. Fidel aveva seguito la strategia di spostare queste forze che sono facilmente identificabili dall’alto e che non hanno una buona difesa contraerea, come l’artiglieria ed i carri armati, spostandoli fino a Jovellanos, concentrandoli a Jovellanos, e muoverli durante la notte verso le zone delle operazioni. Però alcune di quelle unità si mossero di giorno, sebbene la regola generale della strategia fosse spostarle di notte. È certo che già all’imbrunire Fidel ci autorizzò a trasferirci a Pálpite, organizzammo l’attacco a Playa Larga con la protezione dell’artiglieria contraerea. Muovemmo cinque carri armati, quattro batterie con obici da 122 mm; due o tre batterie di cannoni da 85 mm ed una batteria di mortai da 120 mm.”

 

 

 

*Testimonianza della scorta Benvenuto Pérez Salazar (Chicho): *

 

“Si fermò un po’ all’Australia e poi lasciò Augusto Martínez a capo delle operazioni. (Il secondo capo era il comandante medico Óscar Fernández Mell, capo della Sanità Militare). Le macchine partono verso la palude ed io torno a cercare Santiago Castro, ma non salta fuori, si è addormentato sdraiato nell’erba di fianco alla macchina. Non avevo mai visto una guerra, o qualcosa di simile, ero un po’ emozionato e Santiago Castro era così tranquillo, come se non se la guerra non ci fosse. Quando arrivo dove si trova Santiago Castro, Augusto Martínez mi dice: ‘Tu non puoi andare via, devi stare qui con me, perché sono il capo’. Gli domando: ‘Senta, ma l’ha discusso con il Comandante’? Dice: ‘Sì, sì, devi stare qui con me’. Perché era solo e ciò che stava cercando era un compagno di sostegno.    

“Rimango, però con la preoccupazione che il Comandante si trova nella zona dei combattimenti. Stavo comunque pianificando come andarmene da Augusto. Non perché fosse Augusto, perché per lui sento un profondo rispetto, ma perché ero la scorta di Fidel, non la scorta di Augusto. In quel momento c’è bisogno di mandare un messaggio a Fidel perché stava

avvenendo un altro sbarco a Baia Honda. Augusto stava cercando una persona conoscitrice della zona, era ormai notte, per portare il messaggio. Allora dissi ad Augusto: “Io sono pratico, conosco quella strada di giorno e di notte, perché il Comandante la frequenta molto.

Quella strada la conosco perfettamente”, gli dissi che conoscevo quella strada perfino ad occhi chiusi. Lui non voleva darmelo, finché si rese rese conto che ero il più indicato.    

“Santiago Castro ed io partimmo in direzione de la Boca; lungo tutta la strada c’erano veicoli, era notte e fu una tragedia arrivare fino a lì, perché guidammo con le luci spente. Arrivammo dove si trovava il Comandante riunito con i compagni, spiegando la strategia, i piani per avanzare. Gli consegnai il messaggio. 

“È nel momento in cui consegna, credo a Flavio, tutti quei documenti, tutte le mappe, per tornare indietro, verso L’Avana, decide di proseguire e raggiungiamo Pálpite.  Si fermò lì, vide la situazione e ritornò alla central Australia e da lì all’Avana.”

 

 

 

*Testimonianza del scorta Santiago Castro Mesa:      *

 

Rimasi a custodire l’auto, mi sdraiai nell’erba di fianco al mezzo e mi addormentai, poi partirono e Chicho non mi trovò. Erano già quattro notti che non dormivamo, senza chiudere gli occhi.      

“La notte del 17 entriamo fino alla bocca della Laguna del Tesoro e continuiamo fino a Pálpite. La strada per Girón era in costruzione, era quasi tutta di raion, era stato gettato l’asfalto, ma siccome si trovava dentro la palude il pavimento era sprofondato.  La metà destra della via era occupata dai carri armati, dall’artiglieria e dai veicoli con la fanteria. Rimaneva mezza via e dovemmo andare a tentoni con il sostegno dei compagni dell’Esercito Ribelle e le milizie che si trovavano sul cammino.      

“Quando stavamo arrivando a la Boca, apparve un aeroplano nemico ad una certa distanza e si trasformò in una festa di fuochi d’artificio, erano migliaia le pallottole traccianti che uscivano da tutte le parti.  Il Comandante raccolse il Gallego Fernández  a la Boca e proseguì fino alle posizioni di Pálpite, però quando ci rendemmo conto che la nostra artiglieria stava sparando alle nostre spalle, il Comandante decise di ritornare.”    

Prima di partire per L’Avana, inviò un messaggio a Fernández:    

“Fernández: “Sto risolvendo il problema dei rifornimenti del cannone. Gli altri carri armati arriveranno all’Australia all’alba. Decideremo di giorno il momento opportuno per spostarli.    

“Augusto rimarrà nell’Australia. Io dovrò partire tra un po’ per L’Avana. Starò in costante comunicazione con voi. Mandami costantemente notizie sul corso delle operazioni.

“Avanti! “

(F) Fidel Castro

“Australia, 18 Aprile ‘ 61

“3 a.m.

 

“P.S. Non ho ancora ricevuto notizie dal foglietto con cui m’informavi che il nemico diminuiva il volume di fuoco.”

 

Del mio ritorno all’Avana quella notte, raccontai una volta allo storico Quintín Pino Machado, che lo descrive nel suo libro: “‘Conoscevo il posto alla perfezione - per averlo esplorata, perché mi piaceva la natura, per spirito guerrigliero, conosceva dove potevano transitare i camion, i carri armati - conosceva una strada sulla sinistra a due chilometri ad ovest di Playa Larga. Allora, sto aspettando i carri armati per iniziare di notte, all’alba, intorno alle due o alle tre, un attacco su quelle strade che erano vuote ed averi preso la retroguardia di Playa Larga (…) sto organizzando l’attacco... ed in quel momento – verso l’una, l’una e mezza, non posso precisare – m’informano che sta avvenendo un attacco ad ovest dell’Avana. Un attacco ad ovest dell’Avana? Sicuro? Il rapporto me lo portò un messaggero in automobile. Lì non c’era comunicazioni radio. Allora mando a vedere se è confermato; mi dicono: è confermato. Mi dissero: c’è già stato un contatto con il nemico. Mi dico: però che strano, perché tutto indica che questo è l’attacco principale; forse avevano una riserva di truppe a Miami e l’hanno mandata ad occidente dell’Avana, a Pinar del Río, a Bahía Honda.... Dicemmo: bene, la battaglia principale sarà all’Avana. E partii. Incaricai la persona che si trovava al Posto di Comando – non Fernández - (...) il compito di realizzare quest’attacco che stavo organizzando ed arrivai all’Avana all’alba...

“‘E quando arrivo (...) siccome non avevo modo di comunicare in macchina (...) e la strada era lunga, oltre tre ore (...), quando arrivo all’alba all’Avana mi viene confermato che lo sbarco non era avvenuto. E siccome il compagno a cui avevo lasciato l’incarico della missione non conosceva i posti, non venne effettuato l’attacco con i carri armati nella retroguardia di Playa Larga ed il nemico si ritirò, concentrandosi su Girón. Se avessi eseguito quell’operazione li avremmo divisi (...) si sarebbe liquidata l’invasione, penso, in trenta ore.     

“‘Anni più tardi si venne a sapere che la confusione la generò una manovra di diversione della CIA, utilizzando apparecchiature elettroniche molto moderne e perfezionate, capaci di simulare una battaglia. Con diversi mezzi di trasporto, zattere di gomma, ecc., avvicinarono le apparecchiature alla costa e con effetti luminosi contrapposti ed i rumori caratteristici, riuscirono a simulare un vero combattimento; la notte del 16 erano stati osservati movimenti di naviad ovest dell’Avana. 

“Il successo della manovra consistette nel prolungare i combattimenti per un fatto fortuito, poiché per casualità l’unico ufficiale presente che conoscesse la zona era il Comandante in Capo delle Forze Armate Cubane. Dato che la difesa dell’Avana aveva il 90 % delle sue forze intatte e pronte a combattere e non era necessario trasportare nessun effettivo dalla Cienaga.”     

Dallo zuccherificio Australia, tramite Augusto Martínez Sánchez, il capitano Fernández informa che l’offensiva in direzione di Playa Larga era stata  fermata e c’erano un numero indefinito di morti e feriti. Gli rispondo per la stessa via: 

“4:40 a m.Da Augusto a Fernández: Fidel ha ricevuto il tuo messaggio e m’informa di darti le seguenti istruzioni:    

1. Piazza tutte le contraeree per proteggere la nostra gente.    

2. I carri armati devono proseguire nell’attacco e piazza di nuovo i pezzi (obici da 122 mm).

“3. Prosegui installando tutte le AA.

4. Ti raccomanda d’inviare una truppa, del 180 o del 144, perché avanzi verso Soplillar per uscire alla Caleta del Rosario e tagliare la strada. Spezzare così il nemico in due.    

5. Se è necessario ti possono inviare i dieci carri armati che stanno arrivando da Jovellanos.    

6. Quei dieci carri armati puoi dividerli in due gruppi: sulla strada e per Buenaventura.   

7. Se è necessario muovere i carri armati durante il giorno possono inviarti una forte protezione AA.    

8. Come ultima cosa, dice Fidel che bisogna prendere Playa Larga senza scuse. 

Testimonianza di José R. Fernández Álvarez: 

 

 “… l’idea di Fidel era dividere il nemico. Facendolo con il battaglione 111, separando le unità che si trovano al nord di San Blas da quelle di Girón, e con il 144 isolando quelle che si trovano a Playa Larga da Girón, e così divederli in tre gruppi, separati gli uni dagli altri, per annientarli con maggiore rapidità.    

“Sono convinto che se ci fossimo riusciti, Girón sarebbe caduta il giorno 18. Sfortunatamente non fu eseguita né dal battaglione 111 e nemmeno dal battaglione 144, e questo non piacque a Fidel. La guida del battaglione che inviai, scomparve.”    

“È certo che l’operazione non riuscì bene, il nemico posizionato a Playa Larga fuggì ed insieme alla forza principale contribuì alla difesa ed alla forte resistenza che effettuarono a Playa Girón.”

 

 

(continuerà prossimamente)

 

 

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