Nella mattinata di oggi, giovedì 9, sono arrivate notizie
fresche dalla Bolivia attraverso un canale boliviano di televisione e
riflettevano la tensione del paese.
Tutto marciana bene. Si stavano producendo importanti
cambi. Il prestigio di Evo cresce in Bolivia e nel mondo. Ogni volta
ottiene maggior consenso popolare, anche se l’oligarchia dispone di
quasi tutte le risorse medianiche.
Una campagna esemplare d’alfabetizzazione ha liquidato
l’analfabetismo in tempo record; i servizi sanitari oggi giungono a
tutta la popolazione; importanti necessità storiche del popolo boliviano
sono attese con metodi originari e nuovi.
L’economia e le riserve in divisa aumentano. Questo fa
impazzire l’oligarchia che nel Parlamento blocca le elezioni convocate
per la fine di quest’anno.
La manovra ha obbligato Evio, il Partito dirigente e le
masse ad adottare misure di lotta che si caratterizzano per la forza
morale che implicano.
Il Presidente Evo Morales, la Coordinatrice Nazionale
per il Cambio e la Centrale Operaia Boliviana stanno facendo uno
sciopero della fame in massa nel Palazzo del Governo, esigendo rispetto
alla Costituzione e alla Legge transitoria Elettorale ritardata per mesi
per sabotare le elezioni.
Evo Morales ha dichiarato quanto segue:
“Compagni delle distinte organizzazioni sociali del
paese, di fronte alla negligenza di un gruppo di parlamentari
neoliberisti, siamo obbligati a difendere il mandato del popolo”.
“I parlamentari sapevano che in 60 giorni si doveva
approvare la Legge Transitoria Elettorale”.
“Senza dubbio non vogliono che si approvi una legge che
permetta di garantire l’implementazione della Costituzione”.
“Chiedere un nuovo registro è dire semplicemente che non
ci saranno elezioni nazionali alla fine dell’anno, nè elezioni di
prefetti municipali l’anno prossimo”.
“Per questo reitero questo sforzo dei dirigenti sindacali
alla guida di COB e CONALCAM, per la difesa del voto sacro del popolo”.
“In una conferenza stampa ho spiegato che la proposta di
alcuni senatori diceva che il registro dei residenti all’estero deveva
essere approvato da due terzi del Congresso, quando sanno che non si
raggiungeranno questi due terzi”.
“E non è nemmeno quello che dice la costituzione
vigente”.
“È perchè non ci sia voto all’estero”.
“I boliviani residenti all’estero hanno anche loro il
diritto di decidere il destino del loro paese e coloro che saranno le
autorità nella loro Patria”.
“È la difesa del voto”.
L’anno scorso sono venuti dell’Argentina chiedendo che si
approvasse questo diritto nel Senato, ma non è stato approvato”.
“Quando parlavano di densità della popolazione per
garantire una circoscrizione speciale, nel fondo era perchè non potesse
esistere”.
“Questo sforzo è anche in difesa delle circoscrizioni
speciali del movimento indigeno”.
“Abbiamo sentito alcuni media di stampa che dicono che
il Governo e il presidente stanno chiudendo il Congresso”.
“Non parliamo di assedio, ma di chi impedisce che si
approvi la legge”.
“Abbiamo fatto un appello per questa misura, per
difendere la democrazia.
“Qui ci sono i compagni che hanno dato la loro vita e il
loro tempo per la vera democrazia”-
“Per questo, per assumere una vera democrazia, si
approvano norme nel Congresso Nazionale”!
“Nel Congresso i parlamentari hanno una delle migliori
opportunità per garantire democrazia e anche trasformazioni profonde
nello strutturale”.
“Chiedo a tutti i parlamentari dell’opposizione di fare
insieme la storia, tutti insieme”.
“Dobbiamo pensare nell’uguaglianza e alle soluzioni
sociali che vuole il popolo, Qui non ci devono essere nè egosismo nè
settarismo”.
“Prima deve venire il popolo, prima la Patria e poi gli
interessi settoriali e regionali”.
“Io spero veramente d’assumere, tutti insieme, la difesa
della democrazia, del voto del popolo, del voto all’estero e altre
rivendicazioni di carattere strutturale con questo sforzo dello sciopero
della fame”.
“Molte grazie”.
Con questo appello ha terminato di parlare. Oggi
consoceremo lo sviluppo di questi avvenimenti.
Alle 14.25 ho conversato con con Rafael Dausá, il nostro
ambasciatore a La Paz. Ho indagato le notizie per questa via.
Evo sta bene, animoso e sereno. Beve solo acqua. Lo
accompagnano, nel Palazzo della Presidenza, i leaders della Centrale
Operaia boliviana e i dirigenti contadini della Coordinatrice Nazionale
per il cambio.
García Linera, come vicepresidente della Bolivia,
presiede il Congresso.
In una commissione si sostengono gli scambi con
l’opposizione oligarchica.
Una questione molto discussa è il numero dei legislatori
indigeni della proposta di Evo nelle rappresentazioni di queste comunità
secondo la Costituzione approvata, senza cifre fisse.
Evo ne propone 14 e l’opposizione ne accetta solo 3.
Ho inviato i miei saluti a Evo. Non sono avvenuti fatti
di violenza sino ad ora.
Alle 16.01 ho conversato di nuovo con Dausá.
Aveva trasmesso i miei saluti ad Evo, che aveva
progettato di venire a Cuba il 9 aprile. L’ha trovato decisamente
sereno. Stava giocando a scacchi con i suoi compagni.
Il popolo si sta sommando allo sciopero della fame, che
si è esteso a El Alto, Cochabamba, Santa
Cruz, La Paz ed altre città.
Le organizzazioni popolari fanno richiami ed offrono
appoggio e la Camera dei Deputati lo appoggia con tutta la sua forza.
Nel settore del Congresso il vantaggio supera i due terzi
necessari.
Il problema è nel Senato, dove l’oligarchia ha la
maggioranza.
L’approvazione della Legge Transitoria Elettorale
necessita la maggioranza nelle due Camere, per cui risulta facile
bloccarne l’approvazione nel Congresso. Senza dubbio Evo dispone di
risorse legali. Tra le sue facoltà, quella di un Decreto Supremo per
approvare la Legge che si discute. Inoltre in questo caso può dissolvere
il Congresso e convocare le elezioni parlamentari, ma non lo vuole fare,
nel suo desiderio di preservare l’unità del paese.
Per questo costantemente invita l’opposizione a
condividere gli sforzi per lo sviluppo dell’unità, beneficiando tutti
i settori della nazione. Internazionalmente gli si riconosce una grande
onestà e uno spirito democratico.
Pochi minuti fa ho ascoltato il dibattito nel Congresso.
È incredibile l’odio, come l’insolenza dei leaders
dell’oligarchia. Sono ben addestrati nell’insulto e nelle offese
personali.
Evo li indigna perchè è il primo indio della storia
moderna di Nuestra America che governa un paese che è di origini e
costumi ancestrali e indigeni.
Nella Camera è stata appena approvata la disputata legge
per 100 voti a favore e 30 contrari.
Il dibattito si svolge a La Paz, nella sala pertinente
dell’edificio legislativo situato a pochi metri dal Palazzo di Governo.
Alle 18.40 parlo di nuovo, brevemente, con Dausá.
Mi racconta che i rappresentanti delle organizzazioni
popolari stanno arrivando a Piazza Murillo, di fronte al Palazzo.
Commenta ugualmente l’insolenza delle richieste e mi dice che però non
tutti i deputati dell’oligarchia sono tanto volgari, e che alcuni si
comportano correttamente.
Continuano i negoziati e forse nella notte si giungerà
ad una decisione.
Ascolto alla televisione il dibattito del Senato, che è
già iniziato.
La trasmissione termina alle 19.20 dopo la richiesta di
un senatore dell’opposizione di sospendere la riunione per negoziare,
alla quale si sono sommati altri senatori. Dopo due ore e mezza non era
ancora ripresa.
Alle 20.41 ho richiamato Dausá.
Evo sta bene, comunica costantemente con i suoi quadri
con il cellulare. Continua ad arrivare gente a Piazza Murillo.
Il nostro ambasciatore sa che i negoziati avanzano, ma
l’opposizione chiede che la gente si ritiri dalla piazza e che Evo
interrompa lo sciopero della fame. Le due cose sono difficili da
ottenere. Dausá crede che forse al finale della notte si giungerà ad un
accordo. Ho promesso di chiamarlo di nuovo.
E lo ho chiamato due volte, alle 22.20 e alle 22.49.
La prima chiamata ha coinciso con le parole di García
Linera, che spiegava la situazione di quel momento.
“Si mantiene l’impasse nel Congresso”. Ha spiegato che si
era avanzato nel giorno al tavolo dei negoziati, ma che si lamentava
l’intransigenza della minoranza dei senatori. Si continua ad esigere
che Evo interrompa lo sciopero della fame e che la gente se ne vada da
Piazza Murillo. Non esiste possibilità che in questo giovedì si giunga
ad un accordo. Forse sarà nella mattina di venerdì. Evo sta bene, è
tranquillo, mantiene invariato il suo atteggiamento. Nella seconda
chiamata, dopo alcuni contatti pendenti, mi ratifica quando detto. È
già mezzanotte e non c’è accordo. L’opposizione ha abbandonato il
Parlamento.
Devo consegnare l’articolo a CubaDebate per far sì che si
pubblichi a tempo nella nostra stampa. Non è una partita del classico
di baseball, ma ci fa andare comunque a letto abbastanza tardi. Non ho
il minimo dubbio sulla vittoria di Evo.
Fidel Castro Ruz
10 Aprile del 2009