Se mi chiedessero chi è che il massimo conoscitore del
pensiero israeliano, risponderei senza dubbio che è Jeffrey Goldberg.
Instancabile giornalista, capace d’incontrare decine di
volte un leader o un intellettuale israeliano per indagare ciò che
pensa. Non è neutrale, logicamente, ed è senza dubbio filoisraeliano.
Quando qualcuno di loro non è d’accordo con la politica di quel paese,
non lo è
con mezzi termini.
Per ciò che mi riguarda, l’interessante è conoscere il
pensiero che guida i principali leader politici e militari di tale
Stato.
Mi sento autorizzato ad esprimere la mia opinione, poiché
non sono mai stato un antiebraico e condivido con lui un profondo odio
contro il nazifascismo e il genocidio commesso a scapito di bambini,
donne e uomini, giovani o anziani ebrei, contro cui Hitler, la Gestapo
ed i nazisti, saziarono il loro odio nei confronti quel popolo.
Per la stessa ragione, aborrisco i crimini del governo
fascista di Netanyahu, che assassina bambini, donne e uomini, giovani ed
anziani nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania.
Nel suo illustrato articolo “Il punto di non ritorno”,
che in settembre sarà pubblicato sulla rivista /The Atlantic, /e che è
già presente in Internet, Jeffrey Goldberg inizia il suo lavoro di oltre
40 pagine, di cui estraggo le idee essenziali a beneficio dei lettori.
“È possibile che ad un certo nei prossimi dodici mesi
l’imposizione delle sanzioni economiche devastanti contro la Repubblica
islamica d’Iran convinca i suoi leader ad abbandonare gli sforzi per
ottenere armi nucleari. […] È possibile inoltre che le ‘operazioni di
frustrazione’ condotte dagli organismi dell’intelligence d’Israele,
degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e di altre potenze occidentali
[…] riescano a rallentare in qualche modo i progressi iraniani. Può
anche darsi che il Presidente Obama, che in molte occasioni ha
dichiarato di considerare la prospettiva di un Iran nucleare come
qualcosa di ‘inaccettabile’, ordini un attacco contro le principali
installazioni militari e di arricchimento d’uranio del paese.”
“Analizzando la plausibilità e le possibili conseguenze
di un attacco israeliano contro l’Iran, non mi dedico ad un esercizio
mentale, né ad un war game. Israele ha già attaccato e distrutto con
successo in due occasioni il programma nucleare di un nemico. Nel 1981,
gli aerei da guerra israeliani bombardarono il reattore iracheno di
Osirak e fermarono (per sempre, secondo quanto risultò) le ambizioni
nucleari di Sadam Hussein; nel 2007 gli aerei israeliani hanno distrutto
un reattore di fabbricazione nordcoreana in Siria. Quindi, un attacco
contro l’Iran sarebbe senza precedenti soltanto per portata e
complessità.”
“Per oltre sette anni ho studiato la possibilità che alla
fine quest’attacco avvenga […] Nei mesi trascorsi d’allora (marzo 2009),
ho intervistato su questo tema circa 40 dirigenti israeliani, attuali e
precedenti, nonché diversi funzionari statunitensi ed arabi. Nella
maggior parte di queste interviste ho formulato una semplice domanda:
Quali sono le possibilità percentuali che Israele attacchi il programma
nucleare iraniano in un immediato futuro? Non tutti hanno risposto a
questa domanda, ma emerge l’opinione a favore del fatto che esistano
delle possibilità superiori al 50% di un attacco israeliano nel prossimo
luglio. […] ho messo alla prova questa opinione parlando con molte
fonti, all’interno ed all’esterno del governo, ed appartenenti a
differenti partiti politici. Sottolineando la straordinaria sensibilità
del tema, molti hanno parlato solo con riluttanza e a condizione di non
svelare i loro nomi […] Il ragionamento dei /decision makers/ israeliani
non è stata complicata: l’Iran, al massimo, ha bisogno da uno a tre anni
per raggiungere una reale capacità nucleare. […] L’elemento più
importante della dottrina della sicurezza nazionale
israeliana, è un principio che risale agli anni ‘60 […] non si dove
permettere e nessun avversario regionale di raggiungere la parità
nucleare con lo stato ebreo rinato ed ancora assediato.”
“Nella nostra conversazione prima del suo insediamento,
Netanyahu non ha affrontato il tema in termini di parità nucleare […] Al
contrario, ha definito il programma iraniano come una minaccia non solo
per Israele, ma per tutta la civiltà occidentale.”
“‘…Quando il credente con gli occhi fuori dalle orbite
prende in mano le redini del potere e le armi di distruzione di massa,
allora il mondo deve cominciare a preoccuparsi, ed è proprio quello che
sta succedendo in Iran’.”
“Nella nostra conversazione, Netanyahu si è rifiutato di
analizzare la sua agenda d’azione e nemmeno si pensava all’azione
militare preventiva contro il programma nucleare iraniano. […] La
convinzione di Netanyahu è che l’Iran non è solo il problema d’Israele,
ma il problema del mondo intero ed il mondo, capeggiato dagli Stati
Uniti; ha il dovere d’affrontarlo. Però Netanyahu non ha molta fiducia
nelle sanzioni, né in quelle relativamente deboli contro l’Iran
recentemente approvate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,
né in quelle più forti imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati
europei.”
“Però, in base alle mie conversazioni con i dirigenti
israeliani, questo periodo attendista, durante il quale Netanyahu
aspetta, per vedere se i metodi non militari dell’Occidente possono
fermare l’Irán, terminerà entro dicembre.”
“Il governo di Netanyahu già intensifica i suoi sforzi
analitici non solo rispetto all’Iran, bensì su un tema che a molti
israeliani risulta difficile capire: il Presidente Obama. Gli israeliani
si sforzano di rispondere a quella che costituisce la domanda per loro
più pressante: quali sono le circostanze in cui il Presidente Obama
dispiegherebbe le sue forze per impedire che l’Iran acquisisca una
capacità nucleare? Tutto dipende dalla risposta.”
“L’Iran esige l’urgente attenzione di tutta la comunità
internazionale e quella degli Stati Uniti in particolare, per la sua
ineguagliabile abilità di proiettare la sua forza militare. Questa è
anche la posizione di molti leader arabi moderati. Poche settimane fa,
con dichiarazioni insolitamente dirette, l’ambasciatore degli Emirati
Arabi Uniti negli Stati Uniti, Yousef al-Otaiba, mi ha detto […] che il
suo paese sosterrebbe un attacco militare contro le istallazioni
nucleari iraniane […]. ‘I piccoli, ricchi e vulnerabili paesi della
regione non vogliono passare per quelli che provocano il grande
prepotente se nessuno poi verrà a sostenerli’.”
“Diversi leader arabi hanno detto che la posizione degli
Stati Uniti in Medio Oriente dipende dalla sua disposizione ad
affrontare l’Iran. Spiegano, pensando nei loro interessi, che un attacco
aereo contro un pugno di istallazioni iraniane non sarebbe così
complicato, né problematico come, per esempio, l’invasione dell’Iraq.
‘Questo non è un dibattito sull’invasione dell’Iran’, mi ha detto un
Ministro degli Esteri arabo. ‘Aspettiamo attacchi mirati contro diverse
istallazioni pericolose. Gli Stati Uniti potrebbero effettuarlo con
molta facilità’.”
“Barack Obama ha detto in molte occasioni che un Iran
nucleare risulterebbe per lui inaccettabile. […] Un Iran nucleare
sarebbe una situazione che cambierebbe i giochi, non solo in Medio
Oriente, ma in tutto il mondo. Penso che ciò che rimane nel nostro
contesto di non proliferazione nucleare inizierebbe a disintegrarsi. In
Medio Oriente ci sarebbero inoltre paesi che si vedrebbero probabilmente
nella necessità di procurarsi armi nucleari’.”
“Però gli israeliani dubitano che un uomo che si è posto
all’antitesi di George W. Bush, l’autore delle invasioni in Afghanistan
ed in Iraq, lancerebbe un attacco preventivo contro una nazione
musulmana.”
“‘Abbiamo ascoltato tutti il suo discorso al Cairo’, mi
ha detto un alto funzionario israeliano, facendo riferimento al discorso
del giugno 2009, in cui Obama ha cercato di ridefinire i rapporti con i
musulmani, sottolineando lo spirito di cooperazione ed il rispetto degli
Stati Uniti nei confronti dell’Islam. ‘Non crediamo che sia il tipo di
persona che lancerebbe un audace attacco contro l’Iran. Temiamo che
continuerà una politica di contenzione nei confronti di un Iran
nucleare, invece d’attaccarlo.”
“Il funzionario israeliano mi ha detto che ‘quanto
avvenuto con Bush è stato due anni fa, però il programma iraniano era lo
stesso e l’intenzione era la stessa. Quindi, personalmente, non mi
aspetto che Obama sia più Bush di Bush’.”
“Se gli israeliani arrivano alla conclusione definitiva
che Obama non scatenerà per nessun motivo un attacco contro l’Iran,
inizierà allora il conto alla rovescia per un attacco unilaterale
israeliano.”
“I funzionari dell’intelligence israeliana considerano
che un attacco contro l’Iran potrebbe provocare una rappresaglia totale
da parte dei sostenitori dell’Iran in Libano, gli Hezbollah, che secondo
stime dell’intelligence possiedono ora circa 45.000 razzi (almeno il
triplo di quelli in possesso nell’estate del 2006, durante l’ultima
serie di scontri tra il gruppo ed Israele).”
“…Netanyahu non è l’unico che comprende questa sfida;
diversi primi ministri precedenti hanno affrontato la minaccia iraniana
in termini esistenziali simili. […] Michael Oren, l’ambasciatore
d’Israele negli Stati Uniti mi ha detto che ‘lui ha un senso profondo
del suo ruolo nella storia ebraica’.”
Successivamente Jeffrey Goldberg impiega diverse pagine
raccontando la storia del padre di Netanyahu, Ben-Sión, da lui
considerato, tra gli altri meriti, il più importante storico del mondo
dell’inquisizione spagnola; questi ha recentemente compiuto 100 anni.
“Benjamín Netanyahu non è conosciuto nell’ambiente per la
sua flessibilità nelle questioni palestinesi, sebbene ultimamente ha
cercato di soddisfare alcune delle esigenze di Barack Obama per far
progredire il processo di pace.”
Finita questa parte del suo articolo, Goldberg prosegue
l’analisi della complessa situazione. A volte è abbastanza duro mentre
analizza un commento del 2001 dell’ex presidente iraniano
Hashemi-Rafsanjani, in cui certamente parla di una bomba che distruggerà
Israele; una minaccia che è stata criticata anche dalle forze di
sinistra avversarie di Netanyahu.
“Le sfide rappresentate da un Iran con capacità nucleare
sono più sottili della stessa possibilità di un attacco diretto, mi ha
commentato Netanyahu. […] ‘i falchi all’interno d’Iran potrebbero
lanciare razzi e partecipare ad altre attività terroristiche, con
possibilità d’utilizzare materiale nucleare. […] Invece d’essere un
successo locale, indipendentemente da quanto doloroso possa essere,
tutto ciò si trasformerebbe in un evento di carattere mondiale. In
secondo luogo, incoraggerebbe gli attivisti islamici di tutte le
latitudini ed in molti continenti, i quali crederebbero che questo è un
segno della provvidenza e che il fanatismo conduce al supremo cammino
del trionfo’.”
“‘Provocherebbe un grande e radicale cambio negli
equilibri di potere nella nostra zona’, ha aggiunto.”
“Altri dirigenti israeliani considerano che il solo fatto
della minaccia di un attacco nucleare da parte dell’Iran, insieme alle
minacce croniche in cui vivono le città israeliane a causa dei missili
di Hamas e degli Hezbollah, indebolirà gradualmente la capacità del
paese di proteggere i suoi cittadini più creativi e produttivi. […] ‘La
vera prova che dobbiamo affrontare è ottenere che Israele sia quel luogo
così attrattivo, all’avanguardia nei vari campi della società umana,
nell’educazione, nella cultura, nella scienza, nella
qualità della vita, un luogo in cui desiderino venire persino i giovani
ebrei che vivono negli Stati Uniti’.”
“In base a diversi sondaggi, in Israele il patriottismo è
un sentimento molto considerato e mi sembra poco probabile che il timore
nei confronti dell’Iran obbligherà gli ebrei d’Israele a cercare rifugio
da un’altra parte. Ciononostante, uno dei principali promotori di un
attacco israeliano contro le istallazioni nucleari iraniane, Ephraim
Sneh, ex generale ed ex vice-ministro della difesa, è convinto del fatto
che se l’Iran oltrepasserà la soglia del nucleare, l’idea stessa
d’Israele si troverebbe in pericolo. ‘Queste persone sono cittadini
bravi e coraggiosi, però la dinamica della vita è tale che se qualcuno
vince una borsa di studio in un’università degli Stati Uniti per due
anni e l’università gli offre un terzo anno, i genitori gli diranno:
'Nessun problema, rimani',’ mi ha raccontato Sneh, quando mi sono
incontrato con lui, non tanto tempo fa, nel suo ufficio alla periferia
di Tel Aviv. ‘Se uno finisce un dottorato e gli offrono un posto di
lavoro negli Stati Uniti, questa persona potrebbe rimanere. Ciò non vuol
dire che la gente se ne andrà di corsa all’aeroporto […] L’importante è
che avremo una fuga accelerata di cervelli, e un Israele che non si basa
sull’intraprendenza, che non si basi sull’eccellenza, non sarà l’Israele
d’oggi’.”
“UN LUNEDÌ SERA all’inizio dell’estate, mi sono seduto
nell’ufficio del deciso detrattore dei /goyim/, Rahm Emanuel, Capo di
Gabinetto della Casa Bianca ed ho sentito diversi funzionari del
Consiglio di Sicurezza Nazionale, riuniti al suo tavolo delle
conferenze, spiegare –con moltissime parole - perché lo stato ebreo deve
avere fiducia nel presidente non ebreo degli Stati Uniti, in modo tale
che questi evitino che l’Iran oltrepassi la soglia nucleare.”
“Una delle persone sedute al tavolo, Ben Rhodes,
consigliere aggiunto della sicurezza nazionale, che ha partecipato in
veste d’autore principale del recente “Strategia della sicurezza
nazionale degli Stati Uniti”, nonché alla preparazione del conciliante
discorso del Presidente al Cairo, ha suggerito che il programma nucleare
iraniano costituiva una chiara minaccia per la sicurezza statunitense e
che il governo di Obama risponde alle minacce alla sicurezza nazionale
nello stesso modo in cui hanno risposto le altre amministrazioni.
“Stiamo coordinando una strategia multiforme per aumentare la pressione
nei confronti dell’Iran, ma questo non significa che abbiamo eliminato
delle carte dal tavolo di discussione’, ha affermato Rhodes. ‘Questo
presidente ha dimostrato a più riprese che, se crede sia necessario
utilizzare la forza per proteggere gli interessi statunitensi della
sicurezza nazionale, lo ha fatto. Non utilizzeremo frasi ipotetiche su
quando utilizzeremo la forza militare o se la useremo, ma abbiamo messo
ben in chiaro che non abbiamo eliminato la possibilità dell’uso della
forza per le situazioni in cui viene pregiudicata la nostra sicurezza
nazionale’.”
“…Emanuel, il cui stato d’animo è esasperato al ribasso.
[…] (Un ex funzionario dell’amministrazione Bush mi ha detto che il suo
presidente ha affrontato il problema contrario, impantanato in due
guerre e credendo che l’Iran non era così vicino ad oltrepassare la
soglia nucleare, si oppose all’impiego della forza contro il programma
iraniano e mise ben in chiaro il suo punto di vista, ‘però nessuno gli
credette ’).”
“Ad un certo momento, ho espresso l’idea che per ragioni
estremamente ovvie, in pochi potevano credere che Barack Obama avrebbe
aperto un terzo fronte in Medio Oriente. Uno dei funzionari mi ha
risposto accalorato: ‘he cosa abbiamo fatto perché tu ti permetta
d’arrivare
alla conclusione che un Iran con capacità nucleare
sarebbe per noi una situazione tollerabile?’”
“I funzionari dell’amministrazione di Obama, in
particolare quelli del Pentagono, hanno segnalato in diverse occasioni
di non trovarsi d’accordo con la possibilità di preferire un attacco
militare. In aprile, la sottosegretaria alla difesa per le questioni
politiche, Michele Flournoy, ha riferito ai giornalisti che l’uso della
forza militare contro l’Iran si trovava “fuori dal tavolo delle
negoziazioni in un immediato futuro’. Successivamente ha ritrattato, ma
l’Ammiraglio Michael Mullen, capo dello Stato Maggiore Generale
congiunto, ha anch’egli criticato l’idea d’attaccare l’Iran. […] “In una
regione in questo momento così instabile, non abbiamo bisogno
d’ulteriore instabilità ”
“…in nessun caso il presidente ha scartato l’idea
d’evitare la proliferazione mediante l’uso della forza. […] Gary Samore,
funzionario del Consiglio di Sicurezza Nazionale che controlla il
programma dell’amministrazione contro la proliferazione, mi ha detto che
gli israeliani concordano con le valutazioni statunitensi sul fatto che
il programma iraniano d’arricchimento dell’uranio è afflitto da
problemi.”
“‘…possiamo determinare, tenendo in considerazioni i
rapporti dell’AIEA, che agli iraniani non va bene, ha detto Samore. In
particolare, le macchine centrifughe che stanno utilizzando si basano su
una tecnologia inferiore. Stanno affrontando delle difficoltà tecniche,
in parte a causa del lavoro che abbiamo fatto per negare loro l’accesso
ai componenti stranieri. Quando sono loro a produrre i pezzi, fabbricano
materiali che non sono sottoposti a nessun tipo di controllo della
qualità.’”
“Dennis Ross, ex negoziatore di pace in Medio Oriente,
attuale funzionario d’alto livello all’interno del Consiglio di
Sicurezza Nazionale, durante la riunione ha affermato di credere che gli
israeliani capiscano ora che le misure promosse dagli Stati Uniti hanno
rallentato i progressi dell’Iran e che l’amministrazione stia lavorando
per convincere gli israeliani ? ed altri schieramenti nella regione ?
che la strategia delle sanzioni ‘potrebbe funzionare’.”
‘“Il presidente ha detto di non aver ritirato nessuna
carta dal tavolo delle discussioni, però vedremo, perché pensiamo che
questa strategia potrebbe funzionare’. […] Lo scorso mese di giugno ?
siccome non avevano risposto al nostro richiamo bilaterale ? il
presidente ha detto che in settembre avremo preso delle misure.”
“Ross […] le sanzioni che l’Iran sta attualmente
affrontando potrebbero modificare il modo di pensare del regime. ‘Le
sanzioni aumenteranno. Avvengono in un momento in cui gli iraniani hanno
una cattiva amministrazione: gli iraniani dovranno diminuire i sussidi
[per i generi alimentari e il combustibile]; stanno già affrontando
l’alienazione del popolo; hanno delle divisioni all’interno dell’elite e
tra l’elite ed il resto del paese…’”
“Una domanda a cui nessun funzionario
dell’amministrazione sembra voler rispondere è la seguente: cosa faranno
gli Stati Uniti se falliscono le sanzioni? Diversi funzionari arabi si
sono lamentati con me del fatto che l’amministrazione Obama non li ha
avvertiti delle sue intenzioni, neppure in linea generale.”
“‘Gli elettori di Obama sono contenti di sapere che
l’amministrazione ha dimostrato di non desiderare l’inizio di una
contesa con l’Iran, però questa non è una questione di politica
interna’, ha riferito questo ministro degli esteri. ‘L’Iran continuerà
su questa via temeraria a meno che l’amministrazione non inizi a parlare
in maniera irragionevole. Il miglior modo d’evitare un attacco contro
l’Iran è facendogli credere che gli Stati Uniti sono sul punto
d’attaccarlo. Dobbiamo conoscere quali sono le intenzioni del
presidente su questo argomento. Siamo i suoi alleati’. Secondo due fonti
all’interno dell’amministrazione, questo argomento ha provocato tensioni
fra il Presidente Obama e l’ex direttore dell’intelligence nazionale,
Ammiraglio Dennis Blair, recentemente rimosso. Secondo queste fonti,
Blair, che insisteva molto sulla minaccia rappresentata dall’Iran, ha
detto al presidente che gli alleati arabi degli Stati Uniti hanno
bisogno di parole più tranquillizzanti. Si dice che a Obama il consiglio
non sia piaciuto.”
“Naturalmente, i funzionari israeliani fanno molta fatica
a capire il Presidente Obama, nonostante le parole tranquillizzanti
ricevute da Emanuel, da Ross e da altri.”
“Poco tempo fa, il capo dell’intelligence militare
israeliana, Maggiore Generale Amos Yadlin, si è recato in segreto a
Chicago per incontrare Lester Crown, il multimilionario la cui famiglia
è proprietaria di una parte importante della General Dynamics, un
contrattista militare. Crown […] ‘Condivido con gli israeliani il
sentimento che sicuramente possediamo la capacità militare e che
dobbiamo avere la volontà d’utilizzarla. L’escalation iraniana non
conviene per niente agli Stati Uniti’.”
“‘Sostengo il presidente’, ha detto Crown, ‘però mi
piacerebbe che [i funzionari dell’amministrazione] fossero un poco più
estroversi giunto il momento di parlare. Mi sentirei più a mio agio se
sapessi che sono disposti ad usare la forza militare, come ultima
risorsa. Non si può minacciare qualcuno facendogli credere un inganno.
Bisogna essere disposti a farlo’.”
“Diversi funzionari mi hanno perfino chiesto se
consideravo Obama antisemita. Ho risposta a questa domanda utilizzando
una citazione di Abner Mikva, ex Congressista, giudice federale e
mentore di Obama, che nel 2008 ha affermato: ‘Penso che quando tutto
questo finirà, la gente dirà che Barack Obama è stato il primo
presidente ebreo’. Gli ho spiegato che Obama conosceva molto l’opera
degli scrittori, dei giuristi e dei pensatori ebrei e che moltissimi
suoi amici, compagni di partito e consiglieri erano ebrei. Comunque,
essere filosemitici non è necessariamente trovarsi d’accordo con il
Likud di Netanyahu; naturalmente, non è lo stesso nemmeno tra gli ebrei
che vivono negli Stati Uniti, che – proprio come il presidente per cui
hanno votato in schiacciante maggioranza – sostengono, in generale, la
soluzione dell’esistenza di due stati ed hanno le loro riserve sugli
insediamenti ebrei in Cisgiordania.”
“Rahm Emanuel ha segnalato che l’amministrazione stava
cercando di prendere due piccioni con una fava: offrendo un
sostegno‘indistruttibile’ ad Israele; proteggendolo dalle conseguenze di
una bomba nucleare iraniana; mettendogli però pressione per cercare una
formula conciliatoria con i palestinesi. […] gli ultimi sei ministri
israeliani, compreso Netanyahu, che ? nel suo primo periodo elettorale
alla fine degli anni ‘90, dispiacendo suo padre? cercò una formula
conciliatoria con i palestinesi per difendere il suo caso. ‘Rabin,
Peres, Netanyahu, Barak, Sharon, Olmert ? tutti loro hanno cercato un
tipo di soluzione negoziata che convenisse ad Israele dal punto di vista
strategico’. Ci sono state molte altre minacce mentre i vari governi
israeliani hanno cercato di proseguire un processo di pace.”
“…Israele deve analizzare attentamente se un attacco
militare valga la pena, per il grande problema che ciò comporterebbe.
‘Non sono sicuro per il punto in cui si trovano, qualsiasi sia il punto,
indipendentemente da quello che stiano facendo, loro non arresteranno il
programma nucleare, ha aggiunto. ‘Solo lo rinvierebbero’.”
“È stato allora quando mi sono reso conto che, su
determinati argomenti, gli israeliani e gli statunitensi non stavano
parlando la stessa lingua.”
“NELLE MIEI CONVERSAZIONI con gli ex generali
dell’aeronautica e con gli strateghi israeliani, è prevalso un tono
moderato. Molte delle persone che ho intervistato sono state
disponibili, in condizione d’anonimato, a dire perché sarebbe difficile
per Israele attaccare le istallazioni nucleari iraniane. Alcuni generali
israeliani, come i loro colleghi statunitensi, mettevano in discussione
la stessa idea d’intraprendere un attacco. ‘Potremo utilizzare meglio
il nostro tempo se ci dedicassimo a convincere Barack Obama a farlo,
invece di tentare farlo noi’, ha affermato un generale. ‘Siamo molto
bravi in questo tipo di operazioni, ma è un passo troppo grande per noi.
Viceversa gli statunitensi possono farlo con un minimo di difficoltà. È
troppo per noi’.”
“Gli aerei dovrebbero ritornare velocemente a casa,
innanzitutto perché l’intelligence israeliana considera che l’Iran
ordinerebbe subito agli Hezbollah di lanciare i razzi contro le città
israeliane e sarebbero quindi necessarie le risorse dell’aeronautica
israeliana per dare la caccia alle squadre missilistiche degli
Hezbollah.”
“…nel caso di un attacco unilaterale israeliano contro
l’Iran, la loro missione sarebbe combattere contro le forze
missilistiche degli Hezbollah. […] mantenere in attesa gli Hezbollah
finché l’Iran non oltrepassa la soglia nucleare.”
“…gli Hezbollah ‘hanno perso molti uomini. […] Questa è
una delle ragioni per cui abbiamo avuto quattro anni di tranquillità.
Ciò che è cambiato in questi ultimi quattro anni è che hanno aumentato
la loro capacità missilistica, però anche noi abbiamo aumentato la
nostra’. Rispetto ad un possibile attacco israeliano contro l’Iran,
Eisenkot ha concluso dicendo: ‘La nostra disposizione combattiva
significa che Israele possiede liberta d’azione’.”
“Gli Stati Uniti sarebbe inoltre visti quali complici di
un attacco israeliano, anche nel caso in cui non fossero stati avvertiti
in precedenza. L’ipotesi ? che non sempre è corretta ? che Israele
agisca solamente con l’approvazione degli Stati Uniti è un punto di
vista abituale in Medio Oriente, e gli israeliani dicono che adesso lo
stanno considerando. Ho conversato con diversi funzionari israeliani
che, tra gli altri, stanno dibattendo questo interrogativo: che cosa
potrebbe succedere se i servizi dell’intelligence statunitense venissero
a sapere delle intenzioni israeliane alcune ore prima dell’inizio
programmato di un attacco? ‘Per noi è un incubo’, mi ha informato uno di
questi funzionari. Cosa accadrebbe se il Presidente Obama chiamasse Bibi
e gli dicesse: ‘Sappiamo quello che state facendo. Fermatevi
immediatamente’. Ci fermeremo? Forse ci dovremo fermare. È stata presa
la decisione di non mentire agli statunitensi sui nostri piani. Non ci
piace informali in anticipo. È per il loro bene ed anche per il nostro
bene. Allora, cosa facciamo? Queste sono le domande difficili.”
“‘Molti israeliani pensano che gli iraniani stiano
costruendo un’Auschwitz. Dobbiamo informarli che abbiamo distrutto
quell’Auschwitz, o dobbiamo informarli che abbiamo tentato, ma abbiamo
fallito’.”
“Naturalmente, ci sono dei dirigenti israeliani che
pensano che un attacco contro l’Iran sia troppo rischioso. […] ‘Non
vogliamo che i politici ci mettano in una posizione difficile a causa
della parola /Shoah/’, ha detto un generale.”
“Dopo aver osservato, oltre una decina di volte, in più
di una decina d’uffici diversi, la fotografia degli aerei
dell’aeronautica israeliana sorvolare Auschwitz, sono riuscito a capire
la contraddizione che ciò conteneva. Se i fisici ebrei che crearono
l’arsenale nucleare israeliano avessero potuto fare un viaggio nel tempo
e nello spazio e inviare nel 1942 una squadra di cacciabombardieri …”
“Per ragioni di sicurezza nazionale, Benjamín Netanyahu
considera che, se le sanzioni falliscono, si vedrà costretto a prendere
delle misure. Tuttavia, un attacco israeliano contro le istallazioni
nucleari iraniane ? abbia successo oppure no ? potrebbe portare l’Iran a
raddoppiare i suoi sforzi nella creazione di un arsenale nucleare ?
questa volta contando sulla solidarietà internazionale. Questo potrebbe
provocare il caos in Medio Oriente anche per gli Stati Uniti. […] Peres
considera il programma nucleare iraniano qualcosa di potenzialmente
catastrofico. […]Quando gli ho chiesto se credeva nell’alternativa
militare, mi ha risposto: ‘Perché devo dichiarare una cosa come
questa?’.”
“Sulla base di mesi di interviste, sono arrivato a
credere che l’amministrazione sa quasi sicuramente che Israele tra poco
intraprenderà delle azioni contro l’Iran se niente o nessuno fermerà il
suo programma nucleare […] All’inizio di quest’anno ero d’accordo con
molti israeliani, arabi, ? e iraniani? che credevano che non esistesse
la possibilità che Obama potesse ricorrere all’uso della forza per
fermare l’Iran; anche adesso non credo che esistano molte possibilità
che ricorra ad azioni militari nell’immediato futuro; soltanto per una
ragione: il Pentagono si è mostrato particolarmente poco entusiasta
riguardo a quest’idea. Ciononostante, è evidente che Obama è
intrappolato in questo problema. […] Denis McDonough, capo dello stato
maggiore del Consiglio di Sicurezza Nazionale, mi ha detto: ‘Ciò che
vedi in Iran è l’insieme di una serie di importanti priorità del
presidente, che sta osservando una seria minaccia per il sistema di non
proliferazione a livello mondiale, una minaccia che può portare ad altre
attività nucleari in una regione così mutevole ed una minaccia per un
amico intimo degli Stati Uniti: Israele. Penso che si possano osservare
diverse correnti che si stanno unendo, il che risponde alla domanda del
perché tutto questo sia così importante per noi’.”
“Quando ho chiesto a Peres cosa pensava dello sforzo di
Netanyahu di presentare la questione all’amministrazione di Obama, Peres
mi ha risposto […] che il suo paese sa qual’è il suo posto e che ciò
dipendeva dal presidente statunitense e soltanto il presidente degli
Stati Uniti poteva decidere alla fine come salvaguardare al meglio il
futuro dell’Occidente. Tutto ciò ha molto a che vedere con il suo
mentore: David Ben-Gurion.
“‘Poco dopo che John F. Kennedy fu eletto presidente,
Ben-Gurion s‘incontrò con lui nell’albergo Waldorf-Astoria’ di New York,
mi ha raccontato Peres. ‘Dopo la riunione, Kennedy accompagnò Ben-Gurion
all’ascensore e gli disse: 'Signor Primo Ministro, desidero dirle che
sono stato eletto presidente grazie alla sua gente,
quindi, cosa posso fare per Lei in cambio?' Ben-Gurion s’offese per la
domanda e gli disse: 'Ciò che può fare è essere un grande presidente
degli Stati Uniti. Lei deve capire che avere un grande presidente degli
Stati Uniti è un grande successo'’.”
“Peres ha proseguito spiegandomi ciò che lui considerava
il vero interesse d’Israele. ‘Non vogliamo vincere il presidente’, mi ha
detto. ‘Vogliamo che vinca il presidente’.”
Fidel
Castro Ruz
25 Agosto 2010
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