|
Introduzione a La controffensiva strategica
di Fidel
Castro Ruz
Questo libro narra la forma in cui il nemico fu
totalmente sconfitto dall’Esercito Ribelle, dopo gli ultimi
combattimenti sferrati nella Battaglia Las Mercedes, che si concluse il
6 agosto del 1958.
Tra quella data e il 1º gennaio del 1959 trascorsero
quattro mesi e 25 giorni.
Le Forze Armate di Cuba erano molto poderose. Sembravano
istituzioni impossibili da affrontare nel terreno militare da parte di
civili disarmati, senza conoscenze o addestramento in quel terreno.
Furono create ed equipaggiate dagli Stati Uniti, dall’occupazione della
nostra Patria nel 1898, con il pretesto che la Spagna aveva fatto
saltare la corazzata Maine nel porto de L’Avana il 15 febbraio del 1898.
Dal 6 agosto del 1958, quando terminò quella battaglia al
1º gennaio del 1959, quando entrammo in Santiago di Cuba, nella
Provincia di Oriente terminarono i combattimenti.
Il giorno 3 di quell’anno le 100.000 armi e tutti i mezzi
terrestri, aerei e navali su cui contava quella spuria forza restarono
sotto il controllo totale dell’ Esercito Ribelle.
L’enorme differenza tra le due parti contendenti creò la
necessità di muoversi e combattere senza tregua o riposo per quei 147
giorni.
Non tenterò di raccontare ogni fatto, giorno per giorno,
perchè non terminerei neanche dopo molti mesi. Parlerò unicamente di
quelli a cui ho partecipato, anche se solo quelli sufficienti per
spiegare il contenuto di questo libro La controffensiva strategica.
Di nuovo si ripeteva la stessa storia. Restai senza capi,
tutti marciarono con le vecchie le nuove colonne al loro comando,
rinforzate con più di 500 armi catturate, includendo una mitragliatrice
50, dal coraggioso capitano Braulio Curuneaux e dalla sua squadra, che
scrissero tante pagine brillanti nelle battaglie del Primo Fronte della
Sierra Maestra. Partii l’11 novembre del 1958 ( la mappa a p. 548) con
30 uomini al comando del tenente Orlando Rodríguez Puertas, seguito da
circa 1 000 reclute disarmate della scuola di Minas de Frío nella mia
retroguardia, che in 41 giorni, togliendo alcune decine di feriti e
morti in combattimenti, furono armate.
Non avevo Stato Maggiore, nè contavo su capi per le nuove
colonne e non disponevo di nessuno per prepararli. Io stesso dovevo fare
quel ruolo, dal dettare istruzioni pertinenti a numerose colonne,
all’assegnare le armi e le risorse materiali necessarie destinate alle
truppe ed anche a determinate persone per motivi giustificati.
I giorni restanti del mese d’agosto e tutto settembre li
dedicai quasi completamente a quei compiti. Mi occupavo anche della
direzione del Movimento 26 di Luglio.
Nella prima quindicina di ottobre dedicai parte del tempo
ai temi civili, includendo l’Amministrazione Civile del Territorio
Libero, (ACTL), con temi come le tasse sul riso e sul bestiame.
Inoltre dedicai ore scrivere messaggi ai comandanti Delio
Gómez Ochoa, Eddy Suñol, Juan Almeida, per l’ordine in cui furono
spediti; al dottor Luis Buch, che risiedeva a Caracas e svolgeva una
missione importante. Alcune di quelle comunicazioni erano scritte in una
chiave che nemmeno io oggi riesco a decifrare.
Mi occupavo delle promozioni e dell’assegnazione dei
territori, in accordo con le situazioni che cambiavano nella guerra.
La farsa elettorale del 3 novembre di quell’anno occupò
in forma particolare la mia attenzione, perchè si trattava di una
grande battaglia politica nella quale si misuravano le nostre forze
con la tirannia, Ricordavo bene le ultime elezioni che si erano svolte
nel 1954, quando eravamo in prigione, che costituirono un’altra volta un
severo ed umiliante colpo al popolo da parte della dittatura, in
complicità con la vecchia politicheria, rappresentata in quella
occasione dal Partito Rivoluzionario Cubano (Autentico) del dottor
Ramón Grau San Martín. Poco tempo dopo la sconfitta batistiana, nel
dicembre de l1958, nessuno più si ricordava di loro e le nuove
generazioni non hanno mai sentito nemmeno i loro nomi.
In quelle attività trascorsero i mesi tra la fine
dell’offensiva dell’estate e la vittoria del 1º gennaio del 1959.
In quello che ho riferito sulla sfera militare, con il
piccolo gruppo che restò al mio lato come routine realizzavamo e
provocavamo alcuni attacchi contro un battaglione nemico trincerato
dentro le mura di un’alta costruzione di terra eretta attorno a quella
forza, con un nido di mitragliatrici installate nella parte alta, che
colpivano i dintorni dell’altra nelle prossimità della Centrale Estrada
Palma. Conservavamo ancora la 50 di Curuneaux e la sua dotazione.
Alcuni scontri furono forti e l’aereo ci assediò anche all’alba e a
volte con la luna luminosa. Usavamo anche un mortaio 81, con pochi
proiettili, senza impulsori addizionali e poca mira.
Solo un episodio di grande trascendenza avvenne in
ottobre, prima che io partissi dal Quartiere Generale di La Plata: il
grave errore del capo della Colonna 11 di Camagüey, che costò severe e
dolorose vittime.
Considero sufficienti queste linee per iniziare
immediatamente la narrazione.
Anche se i mezzi di stampa e alcuni libri hanno scritto
Coroneaux, il cognome che consta nella sua firma e nell’atto di nascita
è Curuneaux (n. del e.).
La situazione generale del paese e della lotta
rivoluzionaria nel maggio del 1958
(Capitolo 1º)
La grande offensiva nemica contro il Primo Fronte
dell’Esercito Ribelle sulla Sierra Maestra fu lo sforzo organizzato più
ambizioso e meglio preparato delle Forze Armate del regime di Fulgencio
Batista per sconfiggere l’Esercito Ribelle.
Si svolse quando era già trascorso un anno e mezzo di
guerra rivoluzionaria nelle montagne della Sierra Maestra. Sarebbe
conveniente iniziare questo relato con un rapido esame della situazione
generale del paese nel maggio del 1958, per comprendere meglio il
contesto in cui si sviluppò la grande operazione che l’Esercito della
tirannia considerava definitiva e finale.
Fidel e il Che sulla Sierra Maestra.
Al di fuori dell’ambito specifico della Sierra Maestra,
nel primo anno di guerra si era prodotto nel paese un marcato
incremento del clima d’insurrezione. Durante i primi mesi del 1957,
mentre si consolidava la nostra guerriglia sulle montagna, avvenne un
dinamico processo di riorganizzazione dell’apparato clandestino del
Movimento 26 di luglio nelle città e di rafforzamento della sua
azione, grazie allo stimolo dell’attività di Frank País, che era, a
Santiago di Cuba, il responsabile nazionale dell’azione del Movimento in
quel periodo e, di fatto, come suo dirigente clandestino dopo gli
arresti di Faustino Pérez e Armando Hart, in marzo e aprile,
rispettivamente.
In quel lavoro di Frank furono notevoli i suoi risultati
nel ri orientamento dei gruppi d’azione del Movimento,
nell’organizzazione della lotta nel settore operaio e nella
strutturazione della resistenza civica. Una delle priorità dell’attività
di Frank durante le ultime settimane della sua vita fu l’impulso dato
alla sezione operaia del Movimento, che, nel nostro concetto
rivoluzionario, quando avvenne l’attacco alla Moncada, doveva essere la
stoccata finale contro la tirannia, dopo il sollevamento e la
distribuzione di armi nella città di Santiago di Cuba. La guerra nelle
montagne era l’alternativa se il richiamo allo sciopero non avesse
avuto successo.
Uno dei colpi maggiori per il Movimento e per la lotta
rivoluzionaria in Cuba avvenne nel primo anno di guerra, il 30 luglio
del 1957, quando Frank País fu catturato a Santiago e assassinato nella
strada. La morte di Frank provocò una reazione popolare spontanea di
tale importanza che la città restò virtualmente paralizzata per vari
giorni. Il funerale del giovane combattente si trasformò nella
manifestazione di ribellione più grande della storia santiaghera sino a
quel momento, ed in un’espressione eloquente della condanna generale
contro il regime e del sentimento di ribellione della popolazione di
Santiago. Quello che avvenne in quel giorno dimostrò che quella città
di grande tradizione patriottica si sarebbe sollevata se il 26 di
luglio del 1953 avessimo occupato la caserma Moncada.
Un altro fatto che commosse l’opinione pubblica
nazionale e scosse fortemente il regime tirannico fu il sollevamento
del 5 settembre del 1957 della dotazione navale di Cienfuegos, con la
direzione del nostro Movimento. I ribelli riuscirono a dominare la Base
Navale di Cayo Loco e, con la partecipazione delle milizie del
Movimento 26 di Luglio e di numerosi cittadini disposti a lottare con le
armi distribuite al popolo, cominciarono a combattere in distinti punti
della città. Durante tutta quella giornata e per gran parte della notte,
si lottò per le strade di Cienfuegos, sino a che, vinti gli ultimi
fuochi di resistenza popolare grazie ai poderosi rinforzi inviati da
Santa Clara, Matanzas, Camagüey e L’Avana, la città si svegliò il
giorno 6 di nuovo nelle mani del nemico.
Alla metà di luglio del 1957, dopo il sanguinoso
Combattimento di Uvero, dove ci impossessammo di un gran numero di
armi, decidemmo di creare la Colonna 4, comandata da Ernesto Guevara. Il
Che si era distinto in quella dura battaglia. Era il capitano medico dei
partecipanti alla spedizione. Con una piccola scorta curò ed prestò
assistenza ai nostri feriti. Fu il primo ufficiale nominato Comandante.
Il fallimento del primo tentativo di offensiva generale contro
l’incipiente Esercito Ribelle creò uno stato di frustrazione nei comandi
militari
della tirannia, e la conseguenza immediata fu la
recrudescenza della più spietata repressione contro la popolazione
contadina della Sierra Maestra.
Nel febbraio del 1958, l’Esercito Ribelle era nelle
condizioni di passare ad una tappa superiore di sviluppo ed anche ad un
nuovo periodo nella guerra, considerando l’esperienza e le conoscenze
acquisite.
Nei primi giorni di marzo del 1958 partirono da La
Mesa, nella Sierra Maestra, due nuove colonne ribelli designate con i
numeri 6 e 3, comandate da due nuovi comandanti, Raúl Castro Ruz e Juan
Almeida Bosque, tutti e due combattenti della Moncada e membri della
spedizione del Granma, recentemente promossi. Uno aveva la
missione di creare il Secondo Fronte Orientale Frank País, e l’altro, il
Terzo Fronte Mario Muñoz Monroy, nelle prossimità di Santiago di Cuba.
Insieme contavano su circa 100 combattenti della Colunna 1, buoni
plotoni e squadre, e buone armi. L’Esercito Ribelle cresceva in uomini,
esperienza e qualità.
Come l’Araba Fenice era resuscitato dalle sue ceneri.
Durante i mesi di febbraio e marzo del 1958, mi trovai
nella necessità di dedicare attenzione ad un flusso crescente di
giornalisti, cubani e stranieri, giunti sulla Sierra. La nostra lotta
sulle montagne in Oriente era già motivo d’interesse nel mondo. Tra i
visitatori ricevuti, l’ argentino Jorge Ricardo Masetti, poi autore di
un bel libro sulla nostra lotta; l’ecuadoriano Ricardo Bastidas,
assassinato dai corpi di repressione della tirannia batistiana; il
messicano Manuel Camín e l’uruguaiano Carlos María Gutiérrez, che
pubblicarono buoni reportages nella stampa dei loro paesi; lo spagnolo
Enrique Meneses, autore di alcune delle fotografie emblematiche della
lotta nella Sierra; i nordamericani Homer Bigart, Ray Brennan e altri.
Nella stessa epoca trascorse varie settimane tra i
nostri combattenti il giornalista e cameraman Eduardo Hernández, molto
conosciuto in Cuba per il suo soprannome di Guayo, che fu il primo
cubano che filmò scene della nostra lotta.
Durante i mesi iniziali del 1958, mentre si consolidava
la lotta guerrigliera ed avveniva un cambio qualitativo della guerra,
si manteneva in ascesa il clima insurrezionale nel resto del paese. Il
decisivo stimolo apportato dalle sostenute vittorie dei ribelli, il
progressivo rafforzamento dei meccanismi organizzativi e funzionali
dell’apparato clandestino del Movimento 26 di Luglio, la partecipazione
alla lotta contro la tirannia di settori sempre più ampli della
popolazione in tutto il paese e la scalata della brutalità repressiva
del regime, contribuivano a creare condizioni molto propizie per lo
sviluppo dello scontro popolare in tutte le sue modalità.
Questa auge della lotta popolare creò, nella direzione
del Movimento nel piano, l’apprezzamento che le condizioni erano
favorevoli nel paese per scatenare uno sciopero generale
rivoluzionario, che era stato sempre, come ho spiegato, l’obiettivo
strategico finale per ottenere la caduta della tirannia. Nel dicembre
del 1958, con 3 000 combattenti vittoriosi e il richiamo allo sciopero
generale rivoluzionario, frustrammo tutte le manovre
controrivoluzionarie, e controllammo le 100.000 armi in potere delle
forze armate al servizio del regime nelle 72 ore.
Non è mia intenzione in queste pagine fare in un esame
dettagliato del processo che condusse allo sciopero del 9 aprile del
1958, delle discussioni sostenute nel seno della direzione nazionale
del Movimento, includendo la riunione di El Naranjo, nella Sierra
Maestra, nei primi giorni di marzo del 1958, nè delle cause che
motivarono il fallimento del tentativo di sciopero, nonostante le
azioni eroiche avvenute in quei giorni in molte località del paese.
Quello che m’interessa segnalare qui sono due questioni.
Primo, il fallimento dello sciopero generale del 9
aprile costituì un duro colpo per il Movimento clandestino nel piano,
che durante le settimane successive si vide obbligato a riorganizzare
le sue forze. Dalla Sierra Maestra io spiegai, attraverso Radio Rebelde,
le lezioni del fallimento e proclamai il mio ottimismo sulle prospettive
della lotta contro la tirannia: "Si è persa una battaglia, ma non
abbiamo perso la guerra".
Devo segnalare che dentro il Movimento 26 di Luglio, la
sua direzione nella clandestinità, non aveva mai considerato lo
sviluppo di una forza militare capace di sconfiggere le Forze Armate
di Cuba. Era naturale, in quella tappa, che non pochi dei nostri quadri
non vedessero nel piccolo esercito una forza capace di vincere
l’Esercito di Batista. Lo credevano capace di generare un movimento
rivoluzionario nel seno dell’esercito professionista che, unito al 26 di
Luglio e sotto la sua direzione, avrebbe fatto cadere Batista e aprendo
le porte ad una rivoluzione. Noi lottavamo per creare le condizioni per
una vera rivoluzione, con la partecipazione, inoltre, dei militari
onesti disposti ad incorporarsi. In qualsiasi circostanza eravamo
partidarii di creare una forte avanguardia armata.
Sul Granma non avevamo nemmeno il 5% delle armi
automatiche che consideravamo necessarie per una lotta vincente,
ricorrevamo per quello ai fucili di precisione e ad altre armi
acquisibili per sconfiggere le forze degli istituti militari al
servizio di Batista. Comunque fosse, fummo obbligati a partire da
zero, dopo l’attacco a sorpresa del nemico ad Alegría de Pío. Il nostro
progetto aveva ricevuto di nuovo un duro colpo. Non potevamo esigere
dagli altri che credessero in una nostra vittoria militare, prima
dovevamo dimostrarla. Oggi non h oil minimo Gubbio che senza la vittoria
dell’Esercito Ribelle, la Rivoluzione non avrebbe potuto sostenersi.
L’esperienza del frustrato tentativo di sciopero portò
come risultato la revisione a fondo dei concetti organizzativi e di
lotta nel seno del Movimento 26 di Luglio, che furono plasmati in un
insieme di decisioni politiche e organizzative prese nella riunione
della Direzione nazionale del Movimento, effettuata il 5 maggio del
1958 a Mompié, nel cuore del territorio del Primo Fronte sulla Sierra
Maestra. Quelle decisioni contribuirono ad una crescita dell’azione
insurrezionale ad un piano superiore, includendo, la conquista
definitiva dell’unità tra le diverse forze rivoluzionarie.
Secondo, il fallimento dello sciopero d’aprile stimolò
la tirannia ad accelerare i piani della grande offensiva che stava
preparando contro l’Esercito Ribelle, ed in particolare contro il
territorio del Primo Fronte, dopo la sconfitta della campagna d’inverno.
Ci sono prove che i comandi militari della tirannia considerarono
propizio il momento pera lanciare la loro grande offensiva, partendo
dalla presunta demoralizzazione che, loro consideravano si era diffusa
tra di noi dopo il rovescio del 9 aprile.
Questa era la situazione sulla Sierra Maestra e nel
paese, nel maggio del 1958, quando si scatenò la grande offensiva che il
nemico considerava come la battaglia definitiva che avrebbe liquidato
una volta per tutte la minaccia ribelle. Sfortunatamente, esistono
pochissimi documenti sui piani delle operazioni dell’Esercito
batistiano per distruggere il piccolo Esercito Ribelle, quando questi
cominciò a dare nuovamente segnali di vita, dopo una seconda
liquidazione, quella volta nelle zone alte di Espinosa, quando un
piccolo gruppo di 24 uomini fu sul punto d’essere totalmente liquidato
con tutti i suoi futuri comandanti: Raúl, capo del Secondo Fronte
Orientale; il Che, capo del fronte a est del Turquino e della Colonna
degli Invasori Ciro Redondo; Camilo Cienfuegos, capo dell’avanguardia
della nostra colonna; Efigenio Ameijeiras, della retroguardia della
stessa che, diretti da me, con il resto dei membri della spedizione del
Granma, assestammo i primi colpi al nemico, provocando numerosi
morti e feriti tra i paracadutisti di Mosquera e tra le truppe di
Casillas, senza perdere un solo uomo. Con me, nelle alture di Espinosa,
il nemico fu al punto d’eliminarci tutti per il tradimento di Eutimio
Guerra.
Lo sviluppo della grande offensiva nemica dell’estate del
1958 contro il Primo Fronte della Sierra Maestra ed il suo contrasto da
parte dell’Esercito Ribelle, che offriamo in questo volume, non
s’intenderebbe pienamente senza un’informazione previa, anche se breve,
delle fondamenta della pianificazione di questa offensiva, realizzata
dai comandi militari della tirannia.
lettera
inviata a
Frank
País |
messaggio di
Fidel |
Il 27 febbraio del 1958, il tenente colonnello Carlos San Martín, capo
della Sezione delle Operazioni dello Stato Maggiore dell’Esercito,
presentò ai suoi superiori un memorandum classificato come "Molto
Segreto" ed intitolato "Piano F-F (Fase Finale o Fine di Fidel)". Questo
documento era relazionato con il piano delle operazioni per la grande
offensiva nemica dell’estate del 1958, con il "Visto Buono" del
direttore delle Operazioni, maggiore generale Martín Díaz Tamayo, e del
capo dello Stato Maggiore dell’Esercito, tenente generale Pedro A.
Rodríguez Ávila.
Dopo i combattimenti di Mar Verde, del 29 novembre, dove
morì Ciro Redondo, e nelle alture di Conrado, l’8 dicembre, sostenuto
dalla colonna del Che contro le forze dell’allora comandante Ángel
Sánchez Mosquera, e l’occupazione della base permanente della Colonna
4, agli ordini del Che a El Hombrito, la penetrazione nel territorio
ribelle per il fronte orientale perse l’impulso. Sánchez Mosquera fu
obbligato a realizzare una ritirata attraverso le falde del Turquino,
verso Ocujal. Nel fronte occidentale della Sierra, una compagnia nemica
guidata dal comandante Merob Sosa, un altro spietato assassino, cadde in
un’imboscata e fu disarticolata nelle vicinanze di Mota, il 20
novembre, da un plotone della Colonna 1, diretto da Ciro Frías. Altre
truppe fresche, agli ordini del comandante Antonio Suárez Fowler, furono
sconfitte a Gabiro in quella stessa giornata da altri plotoni comandati
da Efigenio Ameijeiras, Juan Soto, che morì in questo combattimento,
ed altri capitani ribelli della Colonna 1. Le forze della nostra colonna
in quei giorni non superavano i 140 uomini con armi da guerra.
Nell’Uvero.
I cinque battaglioni di fanteria e varie compagnie
indipendenti si scontrarono contro una resistenza molto più organizzata
e solida di quella che il nemico si aspettava, alla fine del 1957. Nel
giugno di quell’anno, Frank País aveva inviato un contingente di giovani
combattenti del Movimento 26 di Luglio, agli ordini di Jorge Sotús, per
rafforzare il piccolo gruppo di 30 uomini sopravvissuto e colpito
dalle truppe batistiane che, al comando dei paracadutisti e di Casillas,
ci perseguitavano con accanimento. Allora combattevamo con le armi
raccolte dal futuro comandante Guillermo García, il primo contadino
sommato ai sopravvissuti della spedizione del Granma, dopo l’attacco a
sorpresa di Alegría de Pío che praticamente aveva liquidato, in
brevissimo tempo, la nostra forza, quella che ci era costata in
organizzazione, addestramento e armi per più di due anni.
Dopo l’attacco frustrato al Palazzo Presidenziale del
Directorio Revolucionario, e dopo la morte del suo capo, José Antonio
Echeverría, le armi usate in quella azione furono inviate a Santiago di
Cuba da Manuel Piñeiro. Frank ne usò una parte per amare la Colonna 1,
e con quelle si sostenne il sanguinoso Combattimento di Uvero.
Schizzo dell’Assalto alla Caserma dell’Uvero, il 28
maggio del 1957.
I primi mesi del 1958 costituirono il periodo
d’estensione e approfondimento della lotta guerrigliera nelle pianure
del Cauto, con l’arrivo in questa zona di una piccola colonna
comandata del capitano Camilo Cienfuegos, appena promosso comandante.
Fu quando preparammo e lanciammo il secondo attacco all’ accampamento
nemico a Pino del Agua, la prima azione di grande importanza come
operazione del nostro Esercito Ribelle; inoltre in quel periodo creammo
le Colonne 6 e 3, guidate dai comandanti Raúl Castro Ruz e Juan Almeida,
rispettivamente, partecipanti all’attacco alla caserma Moncada del 26
di luglio del 1953 a Santiago di Cuba, ed estendemmo la guerra a est
della Sierra Maestra e tra le montagne a nordest dell’antica provincia
orientale.
Il 21 marzo del 1958 si svolse una conferenza dello Stato
Maggiore per discutere i piani futuri delle operazioni. La riunione
durò quattro ore, con la partecipazione di tutti i capoccia militari
del regime, tra i quali il generale Francisco Tabernilla Dolz, capo di
Stato Maggiore Congiunto; del tenente generale Pedro A. Rodríguez Ávila,
capo dello Stato Maggiore dell’Esercito; del maggiore generale Eulogio
Cantillo Porras, capo in quel momento della Divisione di Fanteria, che,
era già stato deciso, sarebbe stato il capo della zona di operazioni in
vista della prossima offensiva, ed il colonnello Manuel Ugalde Carrillo,
capo sino a quel momento della zona d’operazioni.
Il colonnello Ugalde Carrillo propose di creare nuovi
battaglioni di combattimento contro la guerriglia, integrati ognuno da
due compagnie di fucilieri, rafforzati con armi pesanti. Ognuno di
questi battaglioni doveva contare su un totale di 186 uomini e su due
mortai da 60 millimetri; due bazooka da 4,2 pollici; due mitragliatrici
calibro 30; 12 fucili automatici; 48 carabine e 114 fucili, che
avrebbero assicurato un considerevole potere di fuoco. La nuova
offensiva poteva cominciare immediatamente dopo il termine del raccolto
delle canne da zucchero e l’esecuzione del precedente piano di ostilità
contro le nostre forze.
La proposta del capo della zona di operazioni fu
respinta. Lo Stato Maggiore dell’Esercito elaborò un piano nel quale era
prevista anche la creazione di nove battaglioni, ma, in questo caso,
integrati da tre compagnie ognuno, e con una composizione differente.
Quindici delle 27 compagnie richieste sarebbero state uguali a quelle
già esistenti nella zona delle operazioni, la cui integrità si sarebbe
mantenuta. Le altre 12 sarebbero state compagnie di fucilieri di 85
uomini ognuna, composte da reclute.
In principio, i battaglioni ai quali assegnare le
missioni più importanti sarebbero state costituite da una delle
compagnie rafforzate della Divisione di Fanteria e due delle nuove
compagnie di fucilieri, per un totale approssimato di 360 uomini per
battaglione, cioè, il doppio delle proposte di Ugalde Carrillo. La
consistenza di questa cifra sicuramente era più tranquillizzante per
gli strateghi dello Stato Maggiore. D’altra parte, dotando una delle
compagnie con armi pesanti, si credeva d’aver trovato una soluzione
che, anche se sacrificava la mobilità, garantiva un colpo più solido.
In definitiva, quello schema d’organizzazione fu
realizzato in linee generali. La sola cosa che variò fu la quantità
totale degli uomini. La cifra considerata necessaria per l’offensiva
crebbe tra i mesi di febbraio e maggio, in una vera spirale, in quanto
al volume.
Quelli che frequentavano scuole avrebbero terminato la
loro preparazione a scalare tra la metà di marzo e quella di giugno. Non
si poteva contare con il personale necessario per l’ offensiva, al meno
sino alla seconda quindicina d’aprile.
A quelle circostanze si unì un "regalo" della direzione
nazionale del Movimento 26 de Luglio: il fallimento dello sciopero
rivoluzionario, che costò molte vite di combattenti eroici. La
tirannia considerò giunto il momento psicologico opportuno per dare la
botta finale nelle montagne dell’Oriente. Partivano dalla supposizione
che, con il fallimento delle azioni relazionate allo sciopero, si
sarebbe creato un ambiente di sconfitta e demoralizzazione tra le fila
dei ribelli. Non conoscevano la tempra del nostro piccolo esercito nè
l’abito di rinascere dalla sua cenere.
Nel più recente piano tuttavia si manteneva la formula
d’organizzare e addestrare le nuove unità fuori dalla zona delle
operazioni e trasferirle là all’ultimo momento per utilizzare al massimo
il presunto fattore sorpresa.
Ma ai primi giorni di marzo, il comando della zona d’
operazioni considerava insufficiente la sua stessa domanda di nove
battaglioni da combattimento per l’offensiva. La cifra richiesta era
stata elevata a 13, senza contare un altro battaglione di fanteria
della marina richiesto alla Marina di Guerra, e le forze degli
squadroni della Guardia Rurale, tra le altre anche presenti nella zona
delle operazioni.
Il capo dello Stato Maggiore si riferì alla Colonna 6,
comandata da Raúl, che già in quella data aveva stabilito il Secondo
Fronte, affermando che costituiva "una minaccia grave per la
retroguardia".
Il 25 di quel mese di marzo del 1958? si ordinò
l’arruolamento di altri 4.000 cittadini come soldati della Riserva
Militare, che dovevano completare le cifre ed essere disponibili per
qualsiasi eventualità.
L’alto comando prese la decisione d’incorporare alle sue
forze della zona d’operazioni, prevedendo la progettata offensiva,
nuovi contingenti provenienti da distinti comandi militari, la cui
partecipazione non era stata prevista in un inizio. Così entrarono a
formar parte della pianificazione cinque nuove compagnie della Divisione
di Fanteria, una del Reggimento d’Artiglieria, due del Corpo dei
Genieri, due della Forza Aerea dell’ Esercito, una della Scuola dei
Cadetti e nove dei differenti reggimenti della Guardia Rurale, per un
totale di 20 unità. Nelle settimane successive si sarebbero aggregate
compagnie, sino a raggiungere il gran totale di 55 unità che avrebbero
partecipato nella zona delle operazioni per tutto lo sviluppo
dell’offensiva. La maggior parte di queste nuove compagnie erano
formate, indistintamente, da soldati di relativa anzianità e da
reclute, in proporzione variabile secondo il caso.
Il 25 maggio, primo giorno dell’offensiva, il nemico
contava già con non meno di 7.000 uomini disponibili per l’esecuzione
diretta del piano di operazioni, e giunse a mobilitare, in totale, circa
10.000 uomini.
Per combattere il torrente di soldati che ci veniva
contro, il Primo Fronte della Sierra Maestra era riuscito a riunire per
la data circa 220 uomini con armi da guerra, includendo il personale
della colonna del Che, organizzato in plotoni e squadre, molte tra
queste con capi nuovi, senza grande esperienza, ma con un’eccellente
disposizione ed un gran rispetto. Altre piccole unità della Colonna 3
del comandante Juan Almeida, comandate da Guillermo García, si stavano
già incorporando alla difesa, e circa 40 uomini dell’intrepida truppa
di Camilo, i primi combattenti del piano, marciavano verso la Sierra
Maestra.
Insieme saremmo stati circa 300. Questo libro contiene
la narrazione sintetica ed assolutamente fedele di quello che avvenne.
(Continua)
La preparazione
della difesa del nostro territorio
|