(Capitolo
24º)
La mattina di lunedì 4 agosto continuò l’accerchiamento
iniziato cinque giorni prima, del Battaglione 17, stazionato a Las
Mercedes, come le imboscate in attesa del rinforzo che il nemico
doveva inviare in aiuto della truppa assediata.
Durante quei giorni rimasi la maggiore parte del tempo
nel posto di comando, situato in un’altura a lato della segheria di
Luis González, a Jobal Arriba. Ero accompagnato solamente da Celia,
alcuni messaggeri e la piccola squadra del Comando, integrata, tra
gli altri combattenti, da Manuel Fajardo Sotomayor, Universo Sánchez e
Marciano Arias Sotomayor. Non ricordo se già in quell’epoca contavamo
con il cuoco Miguelito Milanés, i cui piatti non erano sempre i
migliori, ma il suo simpatico modo di fare ci divertiva.
A las 6:45 de la mañana de ese día envié un mensaje a
Eddy Suñol, quien continuava imboscato con la sua truppa a Sao Grande:
[...]
io so che gli uomini commettono molti errori, ma
stavolta le mancanze non resteranno senza punizione. Avverti i
tenenti e tutti gli uomini che da lì non possono lasciar passare le
guardie, con qualsiasi cosa vengano. Che non ammetterò nessuna scusa.
Se ci vogliono più uomini, io li mando, ma la sola cosa che non
ammetterò è che si rompa questa linea. Se la posizione resta scoperta
si dovranno aprire nuove trincee più avanti, ma non si può retrocedere
neanche di un pollice.
Io ho 20 uomini vicino al Cerro, con la missione
d’attaccare sul fianco qualsiasi truppa che si scontri con voi e e
riesco a far scendere il carro armato, faremo piazza pulita. Camilo è
piazzato a Cuatro Caminos”.
I 20 uomini vicini a Cerro Pelado erano, come si
ricorderà, la pattuglia comandata da Pungo Verdecia.
Si comprende chiaramente dal tono di questo messaggio
che io non ero soddisfatto dal disimpegno dei nostri uomini destinati
all’imboscata principale contro il probabile rinforzo nemico. Quello
era l’elemento chiave per definire lo svolgimento di tutta la
battaglia. Quanto ci mancavano in quel momento un Paz o un Cuevas!
Indubbiamente, così come stavano le cose, mi sembrava
che era già tardi per nuovi movimenti. Da lì la mia insistenza nel
rafforzare il morale di Suñol e degli uomini che comandava, per far
acquisire piena coscienza del loro ruolo fondamentale in tutta la
strategia tracciata per impedire la fuga dei quest’ultima truppa
nemica.
Le forze ribelli che partecipavano in maniera diretta
all’accerchiamento della truppa a Las Mercedes continuavano a stare
sotto la direzione immediata del Che, che aveva dimostrato di meritare
tutta la fiducia che io avevo depositato in lui. Ero sicuro che con il
Che e i decisi capitani che operavano nel cerchio, tra i quali
Guillermo, Lalo e Raúl Castro Mercader, non esisteva alcun pericolo
che qualcosa andasse male in questo fronte.
La mattina il Che m’informò:
Il mulo lo ho localizzato ieri e mi ha provocato un
raffica fidelista di mal umore. Qui è tutto tranquillo e sto facendo
le trincee nel cammino che scende per avvicinarmi a Las Mercedes. La
50 è la bestiolina necessaria per abbattere l’esploratore”.
Poco dopo il ricevimento di questa nota gli risposi
con un’informazione sugli infruttuosi sforzi per far funzionare
il carro armato catturato a Vegas, cosa che era divenuta per me
praticante una frustrante ossessione negli ultimi giorni, perchè ero
cosciente di quello che avrebbe significato l’entrata in azione di
quell’arma :
“Tu con il tuo mulo e io con il "mio" carro armato!
Abbiamo cercato il gasolio ed è arrivato il gasolio, ma il trattore è
restato senza forza. Il carro armato che avanzava bene con la sua
forza è stato sotto un acquazzone e ha cominciato a pattinare. Oggi ho
mandato a prendere un giogo con due buoi per toglierlo di là. È
disperante il tempo che si sta perdendo!”
In quello stesso messaggio gli spiegai come sempre
alcune nuove disposizioni che pensavo di prendere e gli risposi sul
tema della mitragliatrice 50:
“Estrada Palma sembra essere il punto di concentrazione
del nemico.
Stanotte
manderò
a bombardare con l’81 [un mortaio] e collocheremo un’imboscata tra
Cerro ed Estrada Palma. Rafforziamo anche la linea a Herradura e a Sao
Grande. Occupare Cuatro Caminos è Molto vantaggioso per noi perchè
siamo una minaccia nel fianco del rinforzo che può venire da Sao
Grande. Per il carro armato, se finalmente arriva, ci sono altri
piani.
Manda a preparare una posizione con buone trincee per
collocare la 50 e con la 50 colloca la antiaerea del carro armato che
è quella di Joel [Iglesias] e che spara , per quanto ne so, ad una
velocità fantastica.
Con le due mitragliatrici in una buona posizione si può
fermare il lancio dei paracadutisti . ma dovete proteggervi con
buone trincee. Ordina questo lavoro per questa notte stessa”.
Avevamo già l’informazione che per diversi giorni il
comando dell’esercito si era preso il compito di concentrare uomini e
altri mezzi di guerra, nella fabbrica di zucchero Estrada Palma a
un’ora di distanza da Las Mercedes, lungo cammini pianeggianti e
liberi, dove i carri armati potevano operare senza difficoltà. La
certezza che il nemico avrebbe utilizzato tutti questi mezzi in un
tentativo di realizzare almeno la scarsa vittoria di riscattare il
battaglione accerchiato a Las Mercedes, creò nella mia mente la
convinzione che sarebbe stato molto difficile contenere e respingere
questo speciale spiegamento di forze. Nonostante questo mantenevo
sempre la speranza che con il bazooka piazzato a Sao Grande e le mine
che avrei inviato là, con un buon impegno dei nostri combattenti su
quella linea di difesa contro il rinforzo, qualcosa si poteva fare.
Le linee dell’accerchiamento nel settore del cimitero
di Las Mercedes, dove stavano Guillermo e Lalo, e la linea d’appoggio
a La Herradura, dove si trovava Huber Matos, avrebbero contribuito a
far sì che la fuga del Battaglione 17 e del suo rinforzo non sarebbe
stata la passeggiata militare che il nemico calcolava.
Come nella battaglia di Jigüe, io avevo concepito
l’idea di utilizzare la trasmittente e l’altoparlante di Radio
Rebelde come pressione psicologica contro i soldati assediati e
informai anche di questo il Che nel messaggio:
“Due giorni fa ho mandato a prendere l’altoparlante con
il suo personale. Abbiamo catturato due donne con un pacchetto di
lettere per le guardie assediate, che potremo utilizzare con successo
leggendo i nomi dei soldati a cui sono indirizzate, dei familiari che
le hanno inviate e invitandoli a mandare uno a prenderle”.
Poco prima di mezzogiorno del 4 agosto, Lalo Sardiñas
mi comunicò che manteneva chiuso il settore ovest del cerchio e che
più a destra, Guillermo aveva aperto una breccia verso La Herradura,
con la cima occupata. Se la truppa assediata cercava di andarsene da
lì poteva essere divisa in due e Lalo dalla retroguardia poteva
occupare le sue trincee.
Ma sino al momento i soldati non avevano tentato di
andarsene. Quella mattina Lalo osservò che l’aereo lanciava i suoi
paracadute sulla posizione nemica e che un elicottero scendeva
sull’accampamento, per cui chiese l’autorizzazione di sparare se
ritornava.
Nella mia risposta a quel messaggio di Lalo, dissi:
“L’arrivo dell’elicottero è segnale sicuro che le
guardie credono che ce ne siamo andati, che l’aviazione ci ha
cacciato, etc., e adesso dobbiamo aspettare che escano per dargli una
buona legnata. Non importa che l’elicottero vada e venga tutte le
volte che vuole, eccetto che se tenta d’evacuare la truppa via aria.
Quando si combatterà di nuovo avremo la 50 e l’antiaerea del
carro armato per evitare che a loro non giunga niente, nemmeno con i
paracadute.
Noi abbiamo già uomini pronti per proseguire
l’offensiva nella pianura. Stai attento che non superino la tua linea
e approfitta del tempo per scavare trincee di notte”.
Verso mezzogiorno fu detenuto dall’imboscata di Eddy
Suñol, a Sao Grande, un individuo sospetto, che disse d’essere di
Gabiro, e assicurò che i soldati avanzavano verso Las Mercedes. Suñol
lo inviò, custodito da un combattente, alla casa dove s’incontrava il
Vaquerito, ma dato che questi non era là, lo lasciò nella posizione
occupata da Rubén Fonseca, senza avvisarlo che era un detenuto. Pochi
minuti dopo il soggetto fuggì apparentemente verso Cerro. Si poteva
supporre che avrebbe rivelatole le posizioni dei ribelli.
Verso le 18.00, nel pomeriggio, Suñol e Duque
m’informarono dell’accaduto. Allora disposi il cambio di Suñol e
ordinai a Duque d’incaricarsi dell’imboscata di Sao Grande.
L’aviazione nemica continuò a mitragliare durante il
giorno le posizioni ribelli. Quel pomeriggio a Sao Grande, una
raffica ferì al ventre un combattente della squadra di Dunney Pérez
Álamo, della truppa dei Duque.
Finalmente, il comando nemico decise, con l’aiuto del
Battaglione 17 accerchiato di attaccare con il gruppo più poderoso
gruppo creato sino a quel momento.
Da Estrada Palma cominciò ad avanzare in direzione di
El Caney, Sao Grande e Las Mercedes un battaglione d’assalto provvisto
di armi automatiche, e che aveva all’avanguardia tre carri mediani
Sherman; seguiva il Battaglione 12, al comando del comandante Pedraja
Padrón, che aveva al fronte due carri armati leggeri T-17, e alla
retroguardia si muoveva il Battaglione 25.
Erano circa 900 guardie. Dietro e più a ovest, da
Cerro Pelado, in direzione Cuatro Caminos e Arroyón, avanzava il
Battaglione 10 del comandante Nelson Carrasco Artiles, con 300 uomini.
In totale, quindi, il rinforzo nemico contava con quattro battaglioni,
tre carri armati Sherman e due carri leggeri T-17, che formavano un
totale di circa 1.200 uomini.
Quel pomeriggio il rinforzo nemico si accampò a metà
del cammino, approssimativamente all’altezza dei terreni che oggi
occupa la Città-Scuola Camino Cienfuegos, a El Caney di Las Mercedes,
con l’intenzione di proseguire l’avanzata il giorno dopo. Dalla sua
posizione nelle colline di Cuatro Caminos, Camilo mi comunicò:
“Mi giungono notizie che per il cammino di Las Mercedes
va una truppa; è accampata in un bosco di palme, vengono 2 cari
armati o due leggeri, davanti a 150 guardie, dietro un altro carro,
2 altri carri o carri leggeri e un altro gruppo tra 100 o 150 soldati,
ma sono due ore che stanno fermi. Verdecia vigila i movimenti se si
muovono, per attaccarli da un fianco o alla retroguardia quando
apriranno il fuoco.
Ne aspettiamo qualcuno domani. È un peccato che non
vengano oggi. La festa era completa con il mortaio 81. Pedro [Miret]
andrà presto verso l’obiettivo”.
E alle 19.15 della sera, Camilo, impaziente,
informava di nuovo:
“C’è una truppa di forse 300 uomini accampata vicino.
Sarebbe una gran cosa, mi pare, bombardarli stanotte. Pedro è della
stessa opinione.
Aspettiamo che tu ci dica cosa fare. Questa truppa è in
cammino per Mercedes.
Hanno alcuni blindati, credo 3 o 4.
Credo che
domani avanzeranno [...]
Verdecia sta a circa 300 metri da loro”.
Ancora impegnato nello sforzo per smuovere il carro
leggero catturato al nemico, quella notte risposi brevemente a Camilo:
“ Ho mobilitato anche i buoi per smuovere il
disgraziato carro leggero; se arriva stanotte te lo mando.
A Perito: che rimanga lì appoggiandoti”.
E poi alle 20.25, di notte inviai un messaggio al Che
in cui lo informavo di queste notizie sul rinforzo e le nuove azioni
da intraprendere:
“Sto prendendo misure per scongiurare la situazione, e
tra l’altro ho ordinato che Duque prenda il comando della truppa che
custodisce questo cammino. Il maledetto carro leggero è sempre
impantanato e adesso è davvero necessario per metterlo con Camilo
dietro le guardie.
La 50 va a vedere l’alba nella posizione di Guillermo,
che sembra la più prossima tra Jíbaro e Purial, con l’istruzione
d’andare a rinforzare Silva, se cercano di uscire da quella direzione.
Tutta questa gente deve preparare buone trincee nei punti strategici
e studiare bene il terreno, perchè c‘è un cammino là che va a Cayo
Espino senza passare da Jíbaro, anche se credo
che passi prima per Herradura”.
A continuazione mandai al Che alcune considerazioni
sulla distribuzione delle forze realizzata sino a quel momento:
“È stato un errore situare tanta gente nel cerchio;
hanno sprecato pallottole senza controlli di sorta; alcuni uomini di
Guillermo hanno 15 tiri solamente e questo può essere gravissimo
adesso e dopo. Non voglio pensare in Crespo e Raúl [Castro Mercader]
e come staranno. Ho dato ordine a Ramirito di non consegnare una sola
pallottola senza la mia autorizzazione espressa. È preferibile
soffrire gli inconvenienti del tramite alle conseguenze di restare
senza pallottole”.
E più avanti, nello stesso messaggio, tornai sul tema:
“Un altro inconveniente del numeroso personale
nell’accerchiamento, oltre allo spreco di pallottole, è la
concentrazione di fonte ai bombardamenti e la debolezza delle
posizioni di fronte ai rinforzi. La linea del cerchio non dev’essere
forte, perchè la truppa assediata spinge poco e può essere attaccata
da tutte le parti appena tenta d’uscire. Poco a poco dobbiamo
spostare gli uomini”.
Disgraziatamente, avevo preso questa decisione troppo
tardi. Se mi chiedessero adesso la ragione per cui avevo dedicato
tante forze all’accerchiamento, non potrei dare una spiegazione
coerente. A Jigüe, le forze destinate all’accerchiamento erano
molte meno di quelle assegnate a respingere i rinforzi, e quella era
stata la logica applicata, con eccellenti risultati, in tutte le
nostre operazioni precedenti. Chissà forse stavolta influì nel mio
animo, in maniera subcosciente, il fatto che l’accerchiamento di Las
Mercedes si sviluppava in un terreno di caratteristiche differenti,
dove le truppe assediate avevano più possibilità di manovra.
Ma a questo punto della battaglia avevo cambiato
opinione. Il problema era che già non c’era più niente da fare.
In quello stesso messaggio, dissi al Che:
“In quanto all’uso dei mortai 60 dobbiamo includerli
nell’alt al fuoco. Al contrario non possiamo dare l’impressione di una
ritirata, anche se anche più importante è il risparmio delle
munizioni, e mi pare che se i mortai continuano a sparare vanno a
creare confusione tra i nostri e non compiranno le consegne.
Tocca a te aprire il fuoco con i mortai e le altre
armi, se lo considererai conveniente, nel caso in cui si stiano
organizzando per una battaglia di ritirata in regola; non sarebbe lo
stesso, se loro mobilitassero solamente un plotone o due, più o meno,
nel cui caso sarebbe meglio sperare che si scontrassero con la linea.
Se noi proseguiamo le azioni offensive, il tempo starà
dalla nostra parte e attaccando o minacciando altri punti, distrarremo
gli aerei in altre direzioni. Il giorno del combattimento inventato da
loro, vicino a Estrada Palma, gli aerei che venivano da Las Mercedes
scaricarono lì tutte le loro bombe. Io vedo l’Esercito più vigliacco
del normale e dobbiamo approfittarne.
Stamattina alla fine è arrivato il gasolio per il
trattore e si potrà muovere il carro leggero e credo che potremo fare
qualcosa. È stata una vera perdita di tempo, ma per fortuna il nemico
è realmente groggy”.
Per ultimo, insistevo sulla necessità di situare una
forza per vigilare la probabile avanzate del nemico da Cienaguilla:
“Mi sono dimenticato di dirti che dato che Fonso si
trova ad Aguacate, vicino a Cienaguilla, può tormentare dal fianco o
nella retroguardia qualsiasi truppa che avanzi da Cayo Espino a Las
Mercedes, prendendo un cammino che va da Aguacate a Purial, per
Cupeyal in un’ora e media al massimo. Questo, ovviamente è teorico,
perchè in pratica la gente ha perso delle opportunità che sono da
lamentare per tutta la vita”.
Quella notte informai Camilo:
Poco fa ti ho mandato una comunicazione per dirti che
Pedrito, non deve fare niente stanotte e che rimanga con te per
appoggiarti con il mortaio. Io sarei dell’opinione che se le guardie
avanzano e si scontrano con la nostra gente a Sao Grande, si dia una
buona lezione, nella retroguardia, con l’appoggio del bazooka, e di
tenere il mortaio pronto per continuare la festa se arrivano altri
rinforzi o se i casquitos retrocedono.
Tu devi agire come ti consigliano le circostanze Mando
gli obici di mortaio che sono rimasti qui. Non sanno quanto sto
lottando per poter mandare il carro leggero, ma se non arriverà oggi
arriverà domani notte di sicuro, perchè prenderò tutte le coppie di
buoi che ci sono qui”.
La mattina seguente, il 5 agosto, com’era da sperare,
il poderoso gruppo che veniva in aiuto del Battaglione 17, continuò
la sua avanzata per il cammino di Sao Grande in direzione Las
Mercedes. Dall’alba l’aviazione bombardò e mitragliò con particolare
violenza le posizioni che presumevano occupate dai combattenti
ribelli.
Circa a mezzogiorno i plotoni di Félix Duque e Eddy
Suñol, imboscati a Sao Grande cominciarono il combattimento contro
l’avanguardia nemica che avanzava con i carri armati. La potente
mina che avevo inviato la notte precedente per farla collocare nel
cammino non esplose, apparentemente per un difetto del detonatore, e
il primo carro si salvò dall’esplosione.
Il bazooka usato da Felipe Cordumy sbagliò due tiri
contro il primo carro. Le guardie si spiegarono di fronte al fuoco
ribelle, che provocò le prime perdite all’avanguardia nemica.
I combattenti di Duque e Suñol riuscirono a resistere
per più di un’ora all’avanzata delle guardie, con la pressione del
blindato che guidava l’attacco e lo spiegamento della fanteria. Dalla
sua trincea, Felipe Cordumy sparò di nuovo con il suo bazooka tre
proiettili contro il carro armato e finalmente riuscì a renderlo
inutile. Ma l’atro carro lo scoperse e gli sparò diverse cannonate. Un
impatto diretto polverizzò il bravo combattente, distrusse il suo
bazooka e ferì Suñol e altri due ribelli che occupavano la stessa
trincea.
Di fronte alla superiorità nemica e non potendo contare
più con il bazooka per ostacolare l’avanzata dei carri armati, i
combattenti di Duque e Suñol, con le squadre del Vaquerito e Rubén
Fonseca, furono obbligati a ripiegare in direzione della collina La
Herradura.
Alle 13.30, nel primo pomeriggio, inviai il seguente
rapporto al Che:
“Alle 12.00 è iniziata la battaglia contro i rinforzi
che venivano da Sao Grande. Prima avevano mitragliato e bombardato
molto la zona. Dal mio osservatorio ho potuto vedere ditini punti di
fuoco lungo la rotta. Io confido soprattutto nell’attacco del plotone
comandato da [Rafael Pungo] Verdecia che ieri notte si è accampato a
330 metri dalle guardie seguendo la loro rotta.
Ho raccomandato a Hubert di situare distinti gruppi ai
fianchi. A prima vista è evidente che l’avanzata si è paralizzata.
Uno dei carri armati è restato senza benzina. Credo che ne porteranno
altri due.
A Camilo ho detto di lanciare un gruppo alla
retroguardia con il bazooka, e che disponga altre forze con il mortaio
81, per attaccare qualsiasi nuovo rinforzo.
Non posso ancora assicurarti niente, per il momento”.
E un’ora dopo comunicai a Camilo:
"A Sao Grande sembra che le guardie hanno guadagnato
terreno. Solo un attacco notturno contro i rinforzi può definire la
situazione. Informami sulle misure che hai preso laggìù".
Il poderoso rinforzo nemico continuò ad avanzare per
il cammino in direzione della collina La Herradura, approfittando le
condizioni del terreno per piazzarsi su un fronte di varie centinaia
di metri.
Le forze ribelli che difendevano quella posizione
assieme a quelle che si erano ritirate sin lì da Sao Grande,
offersero poca resistenza. L’aviazione continuava a pettinare la cima
con bombe e mitragliatrici. Huber Matos ordinò la ritirata dei suoi
uomini dalla cima de La Herradura in direzione di Bajo Largo. In vista
di quello, a Duque non restò altra alternativa che ritirarsi verso le
posizioni di Guillermo.
In quella fase del combattimento le nostre perdite
furono molte.
Morirono i combattenti Lorenzo Véliz e Gaudencio
Santiesteban. Quel giorno morirono anche il combattente Nicolás Ul e
il collaboratore contadino Ibrahim Escalona, nel tentativo di
disinnescare un proiettile sparato da uno dei carri armati nemici
contro le posizioni della truppa di Raúl Castro Mercader nell’altura
di El Moro, che non era scoppiato.
Dopo la ritirata dei ribelli a La Herradura, le guardie
continuarono ad avanzare sempre più verso le posizioni difese dal
plotone di Guillermo, dall’altro lato della cima.
Alle 16.05, nel pomeriggio, il Che inviò un messaggio
urgente a Guillermo:
“Abbiamo sentito una conversazione tra due gruppi
dell’esercito che dicevano che avrebbero mandato due gruppi di bazooka
ad attaccare una posizione che stavamo preparando ‘alla svergognata’.
Credo che deve essere tua la trincea e ti avviso perchè
tu prenda le misure necessarie. Pensano di attaccare con un gruppo
mentre caricano l’altro”.
Più tardi, alle 17.15, il Che m’informò:
“Abbiamo intercettato una conversazione in cui
avvisavano il comandante che c’è un gruppo di trincee “alla
svergognata” e che avrebbero tirato un paio di colpi di bazooka
proprio lì. Ho interpretato che era per Guillermo e gli ho mandato un
messaggio al volo, ma poco dopo, per la stessa via, è arrivata la
notizia che i tiri erano stati effettivi. Il comando chiedeva dove
stava la carovana di rinforzo, ma non abbiamo sentito la risposta. Se
manca della gente, posso mandare due squadre, una di Camilo e l’altra
di Lalo, che tengo qui in previsione di attaccarli da dietro.
[...] Io sto nel mio punto primitivo, la collina del
Jigüe, di sotto. Qui mi puoi mandare le comunicazioni. Ho la tripode
e 20 armi”.
Guillermo e i suoi uomini spostarono le loro posizioni
e con l’appoggio dei combattenti del plotone di Lalo Sardiñas e di
quelli del Duque, già incorporato, opposero una ferma resistenza
all’avanzata nemica . Nella violenta azione la truppa ribelle sofferse
alcune perdite, tra le quali la morte del combattente Luciano Tamayo.
Verso Nord, a Cuatro Caminos, Camilo Cienfuegos e i
suoi uomini riuscirono a contenere il tentativo nemico d’occupare le
alture vicine al cammino.
Alle 17.00, Camilo m’informò:
“[...]
qui tutto bene. L’esercito è avanzato e come avevamo
accordato Verdecia è andato dietro e loro quando l’acquazzone è
arrivato su di loro, ma solo con 7 uomini Un altro gruppo ha preso
un’altra direzione e sono qui. Non hanno fatto niente. Tra quelli che
erano con Verdecia c’è un ferito a un braccio, ma lieve. Verdecia non
è arrivato. Non so quello che ha potuto fare. Non ho mosso il bazooka
perchè ho sentito il rumore dei carri armati; più tardi sono passati
un blindato e un gruppo grande di guardie. Adesso stanno cercando – un
gruppo che resta non so di quanti – di prendere una cima che abbiamo a
sinistra, dove stava Verdecia e io sto muovendo gli uomini verso
quella zona. Se prendono questo punto dominano facilmente tutto il
reso. Credo che i nostri uomini arriveranno prima di loro. Poco fa
stavano mitragliando e sparando con i mortai su questa cima.
Abbiamo visto le guardie a Sao Grande e come ti ho
detto prima, è passato un altro grande gruppo – di guardie - e ne
restano molte nel luogo dov’erano accampate la notte scorsa, (questo
gruppo è passato molto tempo dopo l’inizio dello scontro).
Tra gli uomini che sono usciti per la retroguardia, 8
che sono arrivati qui non hanno sparato un colpo e dicono che non
sapevano dov’erano le guardie e nemmeno i nostri uomini. Hanno fatto
tutto alla rovescia e quando uno è venuto ad avvisarmi che sarebbero
andati dietro al nemico invece di aspettarli, dato che io stavo
collocando una squadra nel cammino che viene da Sao Grande al luogo
dove morì Daniel, se n’è andato senza aspettarmi e mi ha lasciato
senza guida.
[...]
Stiamo vigilando il cammino e non abbiamo visto
ritornare i soldati”.
Nonostante la resistenza dei combattenti di Guillermo,
il potente rinforzo continuò ad avanzare e nel tardo pomeriggio, dopo
quasi cinque ore di combattimento, il battaglione d’assalto e i carri
blindati finalmente entrarono a Las Mercedes, non senza patire
numerose perdite. Il resto delle forze nemiche prese posizione lungo
il cammino da Las Mercedes a Cerro Pelado, per coprire la ritirata ed
evitare che il rinforzo restasse assediato, com’era avvenuto prima a
Vegas de Jibacoa.
Da parte nostra, si riportava quel giorno la morte di
quattro combattenti e dieci feriti, alcuni gravi. Alla metà del
pomeriggio ricevetti un rapporto molto critico di Guillermo
sull’attuazione delle truppe ribelli situate a La Herradura:
“In questo momento è arrivato Huber a dirmi di
ritirarci. Mi ha detto d’aver mandato a ritirarsi la gente di Suñol
con un bilancio di 12 perdite stando a quello che lui aveva visto. Io
gli ho ordinato di resistere al massimo sulla cima di Herradura, ma
stando all’animo che mostrano non resisteranno per niente.
Credo che sia stata una gran cacata tutto quello che
hanno fatto. Dice che i carri armati stanno ripulendo con i cannoni e
le 50 e che l’esercito sta pettinando tutti i pascoli.
Io andrò stanotte per questo e per vedere la
situazione”.
Salvo il comportamento riportato da Guillermo degli
uomini situati sulla cima La Herradura, va detto che per tutto il
resto le nostre forze combatterono quel giorno con coraggio e tenacia.
Non potevamo incolparli se l’avanguardia del rinforzo aveva realizzato
il suo obiettivo. Era molto forte il gruppo che aveva riunito il
comando nemico. Nonostante tutto i nostri uomini fecero pagare loro un
alto prezzo di perdite. Anche se le forze ribelli, lungo il cammino
da Estrada Palma, effettuarono ripiegamenti tattici, si mantenne
l’assedio dell’accampamento nemico, si offerse una resistenza che
sicuramente le guardie non si aspettavano e, la cosa più importante,
rimase quasi intatto il dispositivo per agire nel momento della
ritirata del battaglione assediato, per il quale venivano in aiuto.
Anche se non si riuscì ad impedire l’entrata del rinforzo, potevamo
sentirci soddisfatti in generale con il disimpegno dei nostri uomini,
in quel 5 agosto.
Non avevo il minimo Gubbio che il giorno dopo sarebbe
avvenuto il tentativo di fuga delle forze nemiche concentrate a Las
Mercedes. Ero convinto che il comando nemico aveva speso le sue ultime
cartucce e non avrebbe potuto riunire nuove forze per recuperare
alcuna iniziativa. D’altra parte, per il Battaglione 17 e il suo
rinforzo, mantenersi a Las Mercedes, oltre ad essere una condotta
suicida, non aveva a quel punto nessun obiettivo dal punto di vista
militare.
Alle 19.45, nella sera, inviai un lungo messaggio al
Che, nel quale, dopo aver commentato con sufficienti dettagli sullo
sviluppo delle azioni sino a quel momento, e lo informavo sulle
misure immediate da prendere, con la certezza che il nemico avrebbe
cercato di ritirarsi il giorno dopo:
“Le guardie sono passate. Alle 12 circa si sono
scontrate con l’imboscata che ovviamente non era un segreto per loro.
La mina, una grande che avevo mandato nella notte, non è scoppiata.
Pare che il detonatore fosse difettoso, perchè tutto il resto era
stato preparato qui. Il ragazzo incaricato di farla esplodere è stato
ferito dopo aver cerato invano di farla saltare.
Cordobí [si riferisce a Felipe Cordumy] ha sparato
cinque missili con il bazooka, ed ha inutilizzato un carro armato. Ma
un altro blindato lo ha attaccato a cannonate, ammazzandolo e
distruggendo anche il bazooka. Suñol, Wizo e un altro ragazzo, che
stavano nella stessa trincea, sono stati feriti: Suñol grave, anche se
non in pericolo di morte, Wizo e l’altro non gravi. Ci sono altri
sette feriti, uno di Guillermo e un altro della 50, feriti
nell’accerchiamento. Tra questi feriti ce ne sono almeno tre
abbastanza gravi. Le perdite sono quindi 13-14.
Gli uomini rimasti senza bazooka di fronte ai carri
armati si sono ritirati. Sono stati coraggiosi, senza arrivare a fare
prodigi, e si sono ritirati in ordine.
Il morale è
alto.
Duque y Hubert, si sono ritirati sull’altura di La
Herradura verso l’altro lato.
Guillermo ha mosso qualcosa per coprirsi meglio, ma si
mantiene in posizione
dell’accerchiamento, prossimo al nemico.
Lalo è sempre nello stesso luogo. L’importante è che
Hubert mantenga l’altura di La Herradura dal lato ovest del cammino.
Devi cercare di comunicare con lui questa stessa notte perchè
mantenga tutto il tempo possibile la parte della cima dal lato di là,
che è il più alto. Se Hubert non appare, si dovrà un altro plotone
qualsiasi. La questione è mantenere il cerchio perchè loro si debbano
ritirare per il corridoio che tengono sotto il fuoco.
Le cose da questo lato restano così: Lalo nella sua
posizione, Guillermo nella sua e la gente che stava nell’imboscata di
Sao Grande, sarà situata in una linea che copre le spalle di
Guillermo contro qualsiasi accerchiamento da Sao Grande o dalla parte
occupata dalle guardie dell’altura de La Herradura.
Lalo y Guillermo attaccheranno da questo lato, quando
tenteranno di ritirarsi.
Ho rinforzato Camilo con 40 uomini che avevo qui di
riserva e il suo obiettivo sarà attaccarli da sotto quando si
ritireranno, a parte qualsiasi altra azione, se le circostanze
si presentano propizie”.
Poco prima, Guillermo mi aveva informato su un gruppo
di sicure decisioni adottate in vista dell’entrata del rinforzo:
“Huber l’ho situato, parzialmente nello stesso cammino
di Herradura e Duque occupa tut ala cima sino ad unirsi con Reinaldo
Mora che si trova nel fiume verso Jíbaro; io
sono sulla cima di fronte all’Esercito con la maggior forza
concentrata al bordo del Cimitero, e quando loro avanzeranno e si
scontreranno con Huber io li attaccherò al centro per dividerli in due
colonne; ho preparato alcuni uomini di Lalo per mandarli quando
comincerà il fuoco sui pascoli del lato di qua della strada per tutti
quelli che si disperderanno o tenteranno di andarsene tra Cuatro
Caminos e Sao Grande. Lalo si trova situato sul fianco destro con il
fine di occupare le loro trincee quando usciranno”.
Nello stesso messaggio che inviai al Che, alle 19.45,
gli comunicai la mia intenzione di andare quella notte sino alla
posizione di Camilo per scambiare impressioni con lui, e aggiunsi:
“I piani non sono riusciti come desideravamo , ma
dobbiamo continuare a lottare.
La nostra situazione in generale non offre pericolo, nè
questa si presenta come la battaglia decisiva che in caso avverso
potrebbe frustrare i successi ottenuti. Ci resta sempre la possibilità
di complicare loro la situazione”
In quei momenti io avevo sempre la speranza di poter
contare sul carro armato leggero catturato al nemico e 10 coppie di
buoi erano in cammino per smuoverlo.
Se si faceva, il giorno dopo avremmo potuto dare una
sgradevole sorpresa alle truppe.
Ma un avviso dell’ultimo momento spazzò una volta per
tutte il mio desiderio e nel poscritto del messaggio al Che,
dicevo:
“Ho appena ricevuto l’ingrata notizia che sono riusciti
a smuovere il carro leggero, ma che nell’operazione si è rotto il
volante e quindi è senza direzione. Annullate le speranze. Era tempo
che non mi facevo tante vane illusioni”.
Fu solo alle 21.10 della notte che, dopo aver ricevuto
il mio messaggio, il Che mi scrisse:
“Ho aspettato sino a quest’ora a scriverti, sperando di
poterti dare notizie un poco più fresche. Alle 19.00 abbiamo
intercettato l’ultima conversazione, nella quale informavano Corzo che
era giunta l’avanguardia con due carri armati "sangandongos", (molto
grandi) con cannoni molto grandi. Corzo ha chiesto delle perdite, e
gli hanno detto che avevano avuto 5 morti, tra i quali un tenente, e
vari feriti, e che avevano combattuto per 4 ore. È un battaglione e
lo comanda il Colonnello Merob Sosa. Poi hanno detto di ampliare i
dettagli alle 20.00 ma non lo hanno fatto ancora e sono le 21.00”.
A continuazione, il Che mi informò sulle misure prese
nel suo settore, di fonte alla possibilità che il nemico proseguisse
la sua avanzata verso Vegas de Jibacoa il giorno dopo:
“Ho fatto scavare due fosse anticarro in questo cammino
e una in quello di Raúl [Castro Mercader], per non avere dubbi. Se
tentano di salire, Vegas è quasi sguarnita; io farei la seconda
resistenza nella collina del Hoyo e la terze prima di Desayuno, ma non
vedo la forma di eliminare i carri armati; tu dirai se le cose in
questo lato indicano di scavare rapidamente le fosse in questo
cammino”.
Alle 22:00, di notte, risposi al Che:
“Credo che vadano molto bene le misure di precauzione
contro i carri armati che hai preso. Non credo indubbiamente che
tenteranno d’andare più avanti; tanto meno se quello che viene da lì è
Meroc [Merob] Sosa. Se domani notte non se ne sono andati, possiamo
sferrare un bombardamento intenso di mortaio per far sì che il
Battaglione nuovo riceva anche lui la sua quota”.
Stando alla relazione di Camilo che ti ho mandato, ci
dev’essere un altro battaglione in cammino.
Per poter realizzare un ritirata comoda dovrebbero
prendere d’assalto le nostre posizioni d’accerchiamento e questo non è
tanto facile, perchè per il monte non possono avanzare con i
blindati. La gente qui ha scavato buone trincee”.
Poi segnalavo:
“È di somma importanza che noi si mantenga occupata la
parte della cima di la Herradura che sta nel lato opposto; ben
trincerata si potrà difendere con successo e a loro resterà solo uno
stretto corridoio di salita e dovranno abbandonare Las Mercedes sotto
il fuoco. In vista delle nuove circostanze io potrei trasferire qui il
mortaio 81 , perchè se non possiamo contare con i carro armato leggero
è difficile scatenare l’offensiva da Cuatro Caminos come avevo
pensato e il mortaio ora sarebbe più utile qui che lì. Deciderò dopo
che avrò parlato con Camilo.
È un vero peccato che la mina non abbia distrutto uno
dei carri armati.
Non abbiamo molta fortuna in questi giorni”
Erano diversi giorni che non potevo dormire con tutti
quegli avvenimenti.
E nemmeno quella notte, dato che non era possibile di
fronte all’aspettativa del combattimento definitivo il giorno dopo, e
per la decisione di trasferirmi verso la posizione di Camilo, nelle
alture di Cuatro Caminos, con il proposito di coordinare con lui le
operazioni in questo settore per cercare di tagliare la ritirata al
nemico sino al Cerro.
Camilo m’informò personalmente che aveva mandato Pungo
Verdecia a prendere un’altura vicina al Cerro, a circa 300 metri dal
cammino dove rimaneva una truppa nemica,e piazzare su questa altura
un bazooka e il mortaio da 81 millimetri.
Inoltre, in accordo con Camilo, disposi l’invio di 50
uomini per tagliare il cammino al passaggio di un torrente, ed anche
lì collocammo due mine.
Poco dopo il mio ritorno all’alba al posto di comando,
ricevetti un messaggio di Camilo, che mi informava che non era stato
possibile preparare l’imboscata prevista:
“ Verdecia è tornato e dice che l’esercito si trova nel
luogo dell’imboscata e che non si può fare niente: non abbiamo potuto
mettere la bomba. Ci sono due carri armati sul cammino e nessun altro
luogo, secondo Pinar, si presta per l’imboscata. Ho mandato un gruppo
a rinforzare la cima dove c’è il bazooka e il resto sta custodendo il
fianco parallelo al cammino di Las Mercedes. Ho dato l’istruzione di
esplorare e muovere un gruppo per un punto che lui considera
favorevole per attaccare il nemico, quando si scatenerà il fuoco sulla
collina. se tenteranno di prendere la cima dove stanno i “basuqueros”,
(gli operatori di bazooka). Ora si sentono rumori di motori e stando
alle sue notizie, alcuni altri soldati si stanno muovendo verso Las
Mercedes.
Se sino alla notte non ci saranno problemi, ditemi se
potremo sparare con il mortaio e attaccarli dalla cima, perchè ho la
sicurezza che potremo provocare diverse perdite”.
Dal mio posto di comando, a Jobal Arriba, osservai
quella mattina i primi movimenti nell’ accampamento nemico che
indicavano l’intenzione delle guardie di abbandonare il campo di
battaglia. Rispetto a questa situazione, risposi a Camilo alle 8.45
di mattina:
“In questi momenti in cui ricevo il tuo messaggio le
guardie di Las Mercedes stanno mostrando il loro proposito di
andarsene dando fuoco a tutte le loro trincee.
Se questo si presenta, inizieremo da qui un’intensa
lotta di persecuzione che non dovrà avere nessuna tregua.
La missione delle tue forze: mantenere la vigilanza sul
punto segnalato per l’imboscata con il fine di occuparlo, se in
qualsiasi momento del giorno il nemico lo abbandona e dare lì la prima
forte lezione alle guardie in ritirata. Se non si riesce ad occupare
la posizione, il grosso delle tue forze, il bazooka e il mortaio,
devono stare all’erta per attaccare con la maggiore intensità dalla
collina pelata e per tutto il fianco, le forze nemiche in ritirata,
appena si presentano lì.
Nello stato in cui stanno le cose non si deve
attaccare, nè bombardare il nemico sino a quando le truppe assediate
ed i rinforzi non staranno in piena ritirata, perchè se scopriamo
prima la posizione e la dobbiamo abbandonare in considerazione della
scarsa difesa, la rotta resterà libera per il nemico. Dovremo
attaccare quindi quando si ritireranno e attaccarli, in questo caso,
con la maggior violenza possibile”.
E in un poscritto, nello stesso messaggio gli reiterai
che l’obiettivo essenziale della sua posizione, in quel momento non
era altro che “cercare di tagliare e rendere il più difficile
possibile la ritirata del nemico, che sarà perseguitato da qui da
altre forze.”
Non considerai necessario inviare, in quel momento
indicazioni al Che, perchè lui sicuramente si era reso conto delle
intenzioni delle guardie e sapeva che la sua missione e quella di
tutte le forze nell’accerchiamento era iniziare una persecuzione
impalcabile del nemico in fuga.
Alle 11.45 il Che m’informò da Las Mercedes sulla
situazione attorno l’accampamento nemico, dov’era morto per un obice
di mortaio un combattente della truppa di Raúl Castro Mercader:
“Qui ci stanno bombardando con i mortai e
mitragliando, senza che sinora ci siano state perdite, ma la festa
continua. Raúl ha perso un uomo per un colpo di mortaio, in un bohío.
Stamattina un gruppo [di soldati] chiedeva a un altro che cosa
avrebbero fatto e questi hanno risposto: ‘suppongo che andremo per il
cayo’. Dopo hanno dato istruzioni per la ritirata, comunicando se ne
andavano tutti insieme e i carri armati alla fine, all’avanguardia
hanno mandato un bazooka e hanno deto che avrebbero risalto ‘da un
lato’. Ho mandato un avviso urgente a Silva e al Guajiro [Luis
Crespo] perchè siano pronti ad aiutarlo [...].
“Non è stato ancora possibile determinare con certezza
l’identità del combattente morto stamattina, ma tutto indica che si
tratta di Ángel Silva Socarrás”.
Il Che proseguiva commentando nel suo messaggio:
“[...]
sospetto che Huber non occupa la posizione (non ho
ricevuto risposta al messaggio urgente che gli ho mandato stanotte) e
le guardie se ne andranno comodamente senza che io possa fare molto
con gli uomini che ho”.
In effetti, Huber Matos si era ritirato con i suoi
uomini e alcuni di quelli di Duque sino a Gabiro Arriba, lontano dallo
scenario del combattimento.
Alle 14.45 inviai una risposta al Che. Gli riferii la
mia visita del notte precedente alla posizione d Camilo e le
disposizioni stabilite, lo informai:
“Non ho ricevuto più notizie, ma dopo le 12.00 abbiamo
sentito una forte sparatoria, mortai e altro. Non ho ancora ricevuto
nemmeno notizie da Guillermo e da Lalo. Tutto il mondo è pronto ad
attaccare appena cominciano a ritirarsi”.
In quanto ad un confuso messaggio di Luis Crespo
ricevuto dal Che, sulla presenza di guardie nella zona di Cayo Espino,
commentai:
“La notizia che mi dai adesso del Guajiro [Luis
Crespo] mi preoccupa molto, soprattutto per la sua mancanza di dati. È
possibile che questa truppa era andata da Sao Grande verso Cayo
Espino, utilizzando il cammino di cui ti parlavo poco fa. Ma Hubert e
Duque, devono stare da qualche parte. Anche se ho sempre la speranza
che abbiano occupato l’altura. Se non è così [le guardie] hanno il
cammino quasi libero”.
E finalmente, aggiungevo:
“Qui ha piovuto molto per due ore. Io non so come
faranno con i carri armati .
Se non possono andarsene oggi, sferreremo un
bombardamento intenso di mortaio per tutta la notte.
Manda a chiedere a Ramirito 30 o 40 obici da 60.
Tratta di puntare i tuoi all’imbrunire, quando
tuttavia si può osservare il tiro. Io penso di trasferire l’ 81
stanotte portandolo qui per sparare il maggior numero di obici
possibile per salutare. Ma sarà mai possibile che non possiamo
prendergli nemmeno gli zaini?”
A quel punto gli ultimi soldati del Battaglione 17 e
del rinforzo appena arrivato abbandonavano le trincee di Las Mercedes
in piena fuga, appoggiati dal fuoco di altri due battaglioni
appostati lungo il cammino e dall’aviazione.
Senza dubbio la ritirata delle truppe nemiche non fu
facile, perchè le forze ribelli le perseguitarono con azioni ostili
per tutto il tragitto, anche se però fu facilitata da una parte
perchè Herradura non era coperta dalle forze di Huber Matos che
dovevano stare lì a chiudere l’uscita.
Circa alle 16.00 le forze nemiche cercarono di prendere
l’altura che era difesa dalle truppe comandate da Camilo, vicino a
Cuatro Caminos e, dopo un’ora d’intenso combattimento, si videro
obbligate a ripiegare, Durante l’azione morì il combattente ribelle
José Díaz, El Gallego Pinín.
Accadde quello che temevo. Dimenticammo tutto quello
che avevamo appreso nella Battaglia di Jigüe. Quando cercai di
rettificare era già troppo tardi. Ero triste, perchè fu tale e tanto
rapido il colpo assestato al nemico che la guerra fu al punto di
concludere. Sarebbe accaduto se al battaglione 11 del colonnello
Sánchez Mosquera avessimo applicato la stessa ricetta applicata la 18
di Quevedo; non solo per la fama del suo capo e la combattività delle
sue truppe ma anche per le quasi 400 armi automatiche e semi
automatiche che possedevano. Gli altri battaglioni che rimanevano
sulla Sierra Maestra, con un minimo di pressione, avrebbero deposto le
armi.
Per errore nostro riuscirono a scappare. Fu sconfitto
ma non distrutto.
L’eccesso di uomini nell’accerchiamento a Las Mercedes
significava più gente localizzata per gli attacchi aerei, un uso
maggiore di munizioni ogni giorno, più bersagli per i mortai, le
mitragliatrici e i fucili nemici; meno plotoni, squadre e capi per
combattere i rinforzi. Con Camilo dovevano stare non solo i bazooka, i
mortai e le mine, ma anche la calibro 50 di Curuneaux.
La battaglia si vinceva combattendo i rinforzi nemici e
i suoi carri armati in pianura; questo non lo sapevamo allora e lo
apprendemmo poi, quando non restò altra alternativa.
Alle 18.15 del pomeriggio, scrissi a Camilo:
“Abbiamo sentito per radio che le guardie sono bloccate
lì e chiedono trattori e che ‘dalla retroguardia hanno sparato un
milione di pallottole’. Cerca di fermarli, che nella retroguardia
vanno cento uomini nostri per vedere se gli prendiamo i carri armati.
Pedrito che aspetti lì. Adesso l’importante è non lasciarli muovere,
per saltargli addosso quando spunta la luna”.
A quell’ora, il 6 agosto le truppe dell’esercito si
allontanavano in fuga precipitata. Le forze ribelli avevano preso
l’altura ed aperto il fuoco sul nemico in ritirata, accelerando la sua
fuga e provocando nuove perdite. Alle 18, nel tardo pomeriggio, Camilo
mi mandò un altro messaggio, che ricevetti dopo:
“Le guardie hanno tentato di prendere la cima pelata e
gli uomini si sono ritirati senz’ ordine quando è arrivata
l’aviazione. Li ho fatti tornare ma, dato che la situazione si era
fatta insostenibile si sono ritirati.
Ho orientato gli uomini ad andare un poco più indietro.
Hanno ammazzato il ‘gallego’. Un’ora e mezzo fa siamo tornati sulla
cima, quando un uomo che avevo lasciato là in alto con un gruppo mi ha
detto che si stavano ritirando. Abbiamo aperto un fuoco serrato e
credo che non ne restino più.
Abbiamo preso uno Springfield, 3 pettini di Cristóbal,
1 revólver 45, 1 dispositivo di Springfield. Sembra che ne sono stati
colpiti alcuni, perchè c’erano tracce di sangue e bende. Stiamo
nello stesso luogo e c’è una "tonga" di uomini di Fiallo, Pinar e
Verdecia che non appaiono e mi è arrivato un messaggio di Williams [Gálvez]
che dice che sono dispersi lì attorno. [...] è vero che la cima era
dura da resistere tra l’aviazione, i carri armati e le pallottole.
Avevo il bazooka sulla cima, ma abbiamo sparato solo un colpo, poi,
l’uomo addetto mi ha riferito che si è stancato di rastrellare e non
ha più sparato”.
La persecuzione del nemico in fuga era andata al di là
del Cerro Pelado, sino a soli quattro chilometri dalla fabbrica
Estrada Palma. Quello stesso pomeriggio le nostre truppe occuparono
Las Mercedes.
Alle 22.00 di notte comunicai al Che:
“Di fronte alla possibilità che già non resti nessuno
da quelle parti, non mi sento stimolato a fare la strada a piedi
senza avere dormito un minuto da due giorni. Chiedo ad Almeida che
faccia uno sforzo per mettersi in contatto con Camilo, per conoscere
la situazione e mettersi in contatto con te.
Se non restano guardie per il cammino, come credo,
diamo per terminata la controffensiva.”
E informai Camilo con un altro messaggio alle 22.15 :
“Andavo là, ma sospendo il viaggio dopo il tuo
messaggio con cui mi hai comunicato la tua impressione che già se ne
sono andati tutti.
Se per caso ci fosse qualcuno in cammino ed esistono
indubitabili possibilità di successo attaccando, comunicati con il
Che, che viene da Sao Grande e combinate un piano. Se se ne sono
andati la controffensiva è terminata”.
Terminava così il 6 agosto, la Battaglia de Las
Mercedes, dopo sette giorni di azioni ininterrotte. Per noi il saldo
della battaglia era stato costoso: otto morti e 17 feriti. Nel corso
delle azioni contammo 24 cadaveri di nemici e un numero
incalcolabile di feriti. Furono presi due prigionieri, catturammo vari
fucili, e inutilizzammo un carro armato e un carro leggero.
Anche se questa battaglia non fornì, come altre, un
ricco bottino di guerra, costituì, senza dubbio, uno dei più bei
trionfi del forze ribelli. Fu uno scontro disuguale contro i carri
armati e l’aviazione che per sette giorni consecutivi mitragliò e
bombardò le posizioni ribelli.
Tutte le risorse belliche della tirannia furono poste
in gioco, ma non riuscirono a far sì che i ribelli cedessero nel loro
tenace impegno.
Un’altra unità nemica, il battaglione 17, era stato
disarticolato, ma il risultato strategico più significativo era che
l’ultimo pezzo del territorio della Sierra Maestra occupato dal nemico
restava definitivamente liberato.
Como dissi al Che e a Camilo nei messaggi citati:
“La nostra controffensiva per sconfiggere in maniera
schiacciante la grande offensiva nemica era conclusa”.
Il bilancio finale della
battaglia