CULTURA
CUBANA
LA MIA AVVENTURA CUBANA
(il diario di Debora Petrina)
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La nostra amica Debora Petrina, concertista rientrata da Cuba e della quale
potete leggere l'articolo iniziale (INTERVISTA
A DEBORA PETRINA), ci invia
il suo "diario"cubano.
La mia avventura cubana inizia con un equivoco: il computo dell'ora.
Il governo cubano, per motivi legati alle ore di luce e al risparmio
energetico, ha stabilito di mantenere l'ora legale; ma l'aereo che mi
conduce all'Avana non ne è al corrente.
A niente vale il grande orologio appeso nella sala del controllo visti, che
segna l'ora esatta, quella legale per l'appunto, perché, a una mia
richiesta di spiegazioni, un cubano giunto con me dall'Europa mi conferma la
giustezza del mio orologio, regolato su quello dell'aereo, e
l'erroneità di quello appeso.
Dunque trascorro i primi tre giorni con un'ora di ritardo rispetto al resto
dell'umanità avanera. Il che non mi crea alcun problema (a parte forse
l'inquietante chiacchiericcio che inizia fuori di casa alle 6 della mattina,
ma le 6 solo per me. Per gli altri sono già le 7!), se non fosse che
al terzo giorno, per l'appunto, ho un'intervista a Radio Progreso, fissata
per le 9.30.
È facile a questo punto dedurre che in radio ci sono arrivata alle 10.30. ;
meno facile spiegarlo alla conduttrice, non rintracciabile per via di
schede telefoniche non funzionanti, orari non combacianti, e altre amenità.
Comunque l'intervista poi l'ho fatta ugualmente, con un'altra conduttrice e
con un'interprete assolutamente eccezionale, ovvero la mia padrona di
casa, che meriterebbe veramente un capitolo a parte.
Ho tenuto un primo concerto, quello di sapore meno cubano (si trattava di
una compilation di pezzi miei, per voce e pianoforte), nella sala
Caturla del Teatro Amedeo Roldán: magnifica acustica e splendida
accoglienza, anche sul piano tecnico (amplificazione ecc.).
Unico neo, l'inefficienza della comunicazione; ovvero, nessuno poteva sapere
del concerto se non passava fisicamente davanti al teatro a leggere la
locandina. Ho poi avuto modo di constatare che il problema riguarda tutta la
città, anche quando si tratta di eventi importanti come il Festival
Internazionale del jazz (di cui è stato pubblicato un programma scritto
giusto il giorno dell'inizio dei concerti); non esiste una pubblicazione che
comunichi notizia degli eventi culturali (concerti in special modo):
semplicemente ogni teatro o locale espone all'esterno, o su richiesta,
il programma della settimana. Credo che per il cubano non sia così difficile
essere informato; ho avuto l'impressione di una comunità a struttura
quasi familiare, dove le notizie vengono trasmesse da amico a amico,
oralmente. Per chi venga da fuori è un po' diverso e, se non si hanno
connessioni locali, il disorientamento è all'ordine del giorno.
E disorientamento è stato quando mi sono vista annullare il secondo concerto
perché il pubblico era composto da sette persone; e la delusione è
stata tanto maggiore quanto più felice ero di suonare in un luogo così
carico di emozioni come il Memorial Josè Martì in Plaza de la
Revolución, il luogo da cui Fidel Castro tiene i suoi discorsi, il luogo in
cui la Rivoluzione ha parlato.
A niente è valso il programma nazionale cubano, la musica di Manuel Saumell
intrecciata alle mie variazioni, nonché canzoni cubane: c'era il
Festival del Nuovo Cinema LatinoAmericano in corso, e per di più un
Congresso dei Lavoratori della Cultura proprio in quelle stesse ore.
A questo punto entra pienamente in gioco la mia padrona di casa, una vivace
e intraprendente sessantenne, che è stata guida turistica, conosce
l'italiano, e soprattutto conosce più gente all'Avana di quanta non ne
conosca io nel quartiere dove abito. Grazie a lei rimedio la seconda
intervista in radio, nonché l'opportunità di suonare all' "Hurón Azul", la
sede dell'associazione degli scrittori, dove, a quanto capisco,
interverrò in una serata di documentari educativi coordinata da una
produttrice televisiva. La serata si rivela una rimpatriata di ex
compagni di classe che festeggiano il compleanno di uno di loro, ora
produttore di due tra i più popolari programmi radio e TV di Cuba.
Assistiamo così alla proiezione di un documentario sentimentale da lui
girato tra Liverpool e Londra sulle tracce dei Beatles, di cui tutti
sembrano fans accaniti. Dunque eccomi, io europea, a punteggiare di cubanità
le canzoni dei Beatles rievocate da un gruppo di intellettuali cubani.mentre
il Memorial se ne sta in silenzio; e pensare che il giorno del primo e unico
concerto (al Roldán, l'8 dicembre) era l'anniversario della morte di
Lennon, festeggiata con canti e balli in un parco a lui dedicato, al Vedado.
Se avessi saputo che la mia venuta a Cuba si sarebbe così legata ai
quattro di Liverpool avrei preparato un dirottamento musicale nei programmi.
Ma anche il disorientamento è conoscenza, proprio perché apre
all'imprevisto; come quando incrocio in un qualsiasi bar dell'Avana il
grande musicista congolese Ray Lema, che, nel suo primo viaggio a Cuba, ha
tenuto un concerto insieme al gruppo afrocubano Síntesis nella stessa
sala Caturla, una settimana dopo di me; o come quando mi reco alla Casa de
la Trova giusto la serata in cui si festeggiano i 40 anni della
fondazione, e mi commuovo davanti agli omaggi musicali che vengono porti
alla vedova del fondatore, in un clima di totale e amorosa
familiarità; o quando, in un ristorante dietro la stazione ferroviaria,
vengo io stessa onorata dalla improvvisazione musical-poetica di un
anziano e bravissimo posteggiatore, che si rivelerà il venerabile cantore e
poeta Adolfo Alfonso,il quale - saprò in seguito - la settimana
precedente era stato insignito della più prestigiosa onorificenza musicale
cubana, il Premio Nacionál de Música.
La musica a Cuba è sempre di altissimo livello, qualsiasi sia il genere, e
qualunque sia il luogo: mi sono trovata alla Casa della Musica di
Miramar, in un fresco e soleggiato pomeriggio (già, era un giorno di puro
inverno tropicale) ad ascoltare il gruppo di timba di Michel Maza, in
una sala buia e piena di umanità danzante; la musica era talmente
coinvolgente da farmi subito dimenticare il freddo, e ho ballato
ballato, senza però riuscire a competere con le splendide ragazze cubane,
che sembrano avere fili di corrente lungo pancia, bacino e fianchi
(frequento molti danzatori e danzo io stessa, ma non ho mai vista una
vitalità simile, nemmeno alle Biennali di Danza Contemporanea.).
In tutt'altro contesto, al Teatro Karl Marx, ho assistito alla serata
conclusiva del Festival del Jazz, un importante evento che si tiene ogni
due anni, subito dopo il Festival del Nuovo Cinema LatinoAmericano, e che
ha, come questo, risonanza internazionale. Persa in una platea di
almeno 1500 persone, con in mano un invito personale dall'Istituto della
Musica, mi sono goduta uno spettacolo di tenzone virtuosistica fra due
trombe e quattro flauti (effettivamente ho avuto modo, anche in altre
occasioni, di riflettere sull'elemento competitivo e decisamente
machista che spesso accompagna le esibizioni strumentali: vince che suona
più forte e più veloce).
E anche al cinema ho vissuto esperienze musicali interessanti; fra i tanti
film che ho visto, ben meritati dopo code chilometriche ai bordi delle
strade, due in particolare meritano una menzione: 'Musica cubana' di German
Kral, un sequel-parodia di 'Buena Vista Social Club', in cui si finge
che un tassista si improvvisi manager musicale e riunisca tutti i nuovi
talenti della scena giovanile cubana (alla fine riuscirà a portarli in
tour in Giappone); ed è il pretesto per far ascoltare effettivamente
tantissima musica, dal rap alla canzone d'autore alla timba; in
particolare ricordo la voce di Osdalgia, una giovane e promettente cantante
che non ha niente da invidiare a Omara Portuondo.
Il secondo film era un documentario brasiliano su Nelson Freire, pianista
molto conosciuto in Sudamerica, meno in Europa, dove è più noto come
ex marito della più famosa Martha Argerich, la cavalla pazza del pianoforte;
un ritratto asciutto, ironico e al tempo stesso toccante sulla
solitudine di un grande concertista.
E infine ho ascoltato la musica più viva dell'Avana: quella delle strade,
dei richiami dei mercati, dei motori ansimanti delle pesantissime
automobili rattoppate, dei riti della santeria, delle onde altissime del
Malecón, della voce della vicina di casa che ogni mattina,
invariabilmente, nella chiacchiera quotidiana, pronunciava il suo 'no es
facil'.
prove generali alla Sala Caturla del Teatro Amedeo |
Debora al Morro in posa per la foto ricordo |
il concerto all'UNEAC |
a Bahia de la Habana |
in trasmissione a Radio Progreso |
visitando il chiostro di S. Francisco de Assis |
al Capitolio |
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