Fu un politico? Un santo? Un Iniziato? Un "Uomo Nuovo"? Una
vittima di Fidel Castro? Un esaltato? Un idealista? Un vero rivoluzionario? Un
mito? Un cattivo padre di famiglia? Un ispiratore? Un sobillatore?
Tutto e di più....
CHE GUEVARA - Inchiesta su un mito: Nascita di un
guerrigliero
Ernesto Guevara nasce il 14 giugno 1928 a Rosario, in Argentina.
La famiglia vive a Puerto Caraguatay, nel territorio di Misiones, dove il padre
possedeva una piantagione di yerba mate. A due anni il piccolo Ernesto contrae
una grave forma di asma, di cui soffrirà tutta la vita. Proprio per questa
ragione, i genitori nel 1932 si trasferirono a Cordoba.
Nel 1945 Ernesto lascia la provincia per Buenos Aires,
dove si iscrive prima a Ingegneria, poi a Medicina. Iniziano i disagi economici
della famiglia. Ernesto lavora per mantenersi agli studi, legge moltissimo,
pratica diversi sports e viaggia intensamente. Durante le vacanze gira
all'interno del paese e sulle Ande. Riesce, su di un cargo, ad arrivare fino
all'isola di Trinidad, nel mare dei Caraibi.
Il 29 dicembre 1951 insieme all'amico Alberto Granado inizia in
motocicletta (battezzata Poderosa II) un lungo ed avventuroso viaggio(descritto
in modo particolareggiato nel suo libro Latinoamericana). Insieme percorrono
l'Argentina, il Cile, il Perù, la Colombia ed il Venezuela. Visitano lo rovine
di Machu Picchu e sostano a lungo presso il lebbrosario di San Pablo, nel Perù
Amazzonico. Ernesto, dopo una puntata a Miami, a fine agosto del '52, rientra a
Buenos Aires. Si laurea con una tesa sull'allergia ed esordisce brillantemente
nella ricerca scientifica. Nel 1953 intraprende un nuovo viaggio attraverso la
Bolivia, il Perù e l'Ecuador per raggiungere Granado in Venezuela.
In seguito ad un incontro con l'esule antiperonista Ricardo Rojo
che gli parla della riforma agraria di Jacobo Arbenz, si dirige in Guatemala,
dove giunge nel gennaio del '54. Qui vivrà la sua prima esperienza di una lotta
polita aperta, tentando di reagire all'aggressione imperialistica contro il
regime di Arbenz. Nel Guatemala conosce Hilda Gadea, militante peruviana, che
diventerà sua moglie ed è un primo importante tramite per il suo approccio al
marxismo. Sul finire del 1954, per sfuggire alla repressione, si rifugia in
Messico. E nel Messico si imbatte nello stato maggiore dei rivoluzionari cubani.
E' il 1955. Nella casa di Maria Antonia Gonzàlez, incontra Fidel Castro e si
arruola come medico nella spedizione su Cuba organizzata dal Movimento 26
Luglio. Segue i corsi di teoria militare del generale Alberto Bayo, che aveva
combattuto in Spagna dalla parte dei repubblicani.
Nel 1956 la piccola spedizione del Granma sbarca a Playa de las
Coloradas. Ernesto è con Castro tra i pochi sopravvissuti che daranno inizio
alla guerriglia sulla Sierra Maestra, nella provincia d'Oriente. Ben presto il
medico volontario si integra a tutti gli effetti nella lotta armata, e ne
diviene uno dei comandanti. La guerra di guerriglia si sviluppa senza soste per
un biennio. Nel maggio 1958 Ernesto, che i compagni cubani chiamano
"Che" fino dall'incontro in Messico, partecipa ad una riunione
nazionale del Movimento 26 Luglio che si tiene in montagna. In agosto gli viene
affidata una delle colonne di invasione che puntano sulla capitale; in dicembre
vince la battaglia decisiva di Santa Clara. Il 1 gennaio 1959 la colonna del
"Che" entra a l'Avana. Immediatamente dopo Guevara diviene cittadino cubano per i
servigi resi alla Rivoluzione. Ai primi di giugno sposa in seconde nozze Aleida
March, militante del Movimento 26 Luglio, che aveva combattuto con lui sull'Escambray.
Guevara sostiene la non smobilitazione dell'Esercito Ribelle, ovvero la
prosecuzione della Rivoluzione. Sempre nel 1959, fra giugno e settembre compie
un lungo viaggio alla testa di una delegazione cubana, che ha incontri al
massimo livello in Egitto, India, Giappone, Indonesia, Ceylon, Pakistan,
Yugoslavia e Marocco. Da questo momento e per alcuni anni i viaggi del "Che",
come i suoi interventi sulle questioni della rivoluzione, della politica e
dell'economia sono innumerevoli.
Il 26 Novembre 1959 viene nominato Presidente del Banco
Nazionale. In tale veste capeggia, l'anno successivo, una delegazione
commerciale nei cosiddetti Paesi Socialisti: Cecoslovacchia, Unione Sovietica,
Cina, Corea e Repubblica Democratica Tedesca. Dal 23 Febbraio 1961 fino al 1965
è titolare del Ministero dell'Industria e quindi al centro delle questioni di
pianificazione e sviluppo. Al Minind organizza un seminario sul Capitale.
Affronta i problemi di organizzazione del lavoro. Nell'agosto '61 partecipa alla
Conferenza dell'OSA che si svolge a Punta de l'Este; è a Montevideo, Buenos
Aires e Brasilia, per contatti con i capi di stato e di governo dei paesi
latinoamericani. Nel 1962 parlando al congresso della Centrale sindacale
rivoluzionaria, lancia il programma dell'emulazione socialista. Dal 27 Agosto al
7 Settembre, subito primo dell'arrivo dei missili sovietici a Cuba, è a Mosca e
si occupa dei problemi della difesa dell'isola. Nei primi giorni della crisi dei
Caraibi (ottobre) scrive l'articolo "Tattica e strategia della
rivoluzione latinoamericana", che sarà pubblicato postumo nel 1968.
Per Cuba il 1962 è l'anno della pianificazione, il 1963 l'anno della
organizzazione, il 1964 l'anno dell'economia. Guevara partecipa attivamente ai
dibattiti che investono il Paese e le forze rivoluzionarie. Nel luglio '63
compie un importante viaggio in Algeria. L'anno successivo sarà in Europa, a
Ginevra, per la conferenza dell'ONU sul commercio e lo sviluppo. Secondo viaggio
ad Algeri e nuovi colloqui con Ben Bella. In Novembre è nuovamente a New York
per l'assemblea generale dell'ONU. Negli ultimi giorni del 1964 è ancora in Algeria e da lì
intraprende un importante viaggio nell'Africa nera. Nel 1965 tocca il Mali, il
Congo Brazzeville, la Guinea Conacray, il Ghana e il Dahomey, prosegue per la
Cina, passa per la Tanzania e torna ad Algeri per partecipare ad un seminario di
solidarietà afro-asiatico, dove espone tesi radicali sui rapporti tra i paesi
socialisti e paesi sottosviluppati. Dopo una visita in Egitto e tre mesi
di assenza, il 14 marzo torna a l'Avana. Lascia Cuba e dall'Aprile al Novembre
del '65 è a capo di una missione di sostegno alle forze rivoluzionarie di
Soumaliot dislocate nelle province orientali del Congo. A Cuba il 1966 è l'anno
della solidarietà. A l'Avana si svolge la Conferenza Tricontinentale che
raccoglie rappresentanze dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia e non
poche idee di Guevara. E' il tempo degli ultimi preparativi per la spedizione
rivoluzionaria in Bolivia. Il 7 Novembre il "Che" raggiunge la
fattoria prescelta come punto di riunione dek gruppo guerrigliero, nella
provincia di Cordillera. Nel Marzo '67 si verifiano i primi scontri co le forze
regolari. Il 13 Aprile i guerriglieri (in gran parte cubani e boliviani) sono
costretti a dividersi in due piccoli gruppi: non riusciranno più a
congiungersi. Il 7 Giugno il governo di La Paz dichiara lo stato di assedio.
Alla fine del mese, sanguinosa repressione dell'esercito regolare nel bacino del
Catavi, dove i minatori hanno dato via ad uno sciopero rivoluzionario, pur
non esistendo un legame organizzativo con la guerriglia.
Il 31 Agosto cade a
Vado de Jeso il gruppo di "Joaquìn" e di "Tania". Il 26
Settembre anche il gruppo di Guevara cade in una imboscata a Valle Grande. L'8
Ottobre un forte reparto di rangers si scontra alla Quebrada del Yuro con
i restanti guerriglieri. Il "Che" è colpito da una raffica di
mitragliatrice e viene catturato. Trasportato alla scuola di Higueras in
elicottero verrà trucidato dopo poche ore, il 9 ottobre.
Il primo mistero della vita
di Ernesto Guevara riguarda la data di nascita.
Tutti i suoi biografi la fissavano al 14 giugno 1928 (qualcuno addirittura al 14
luglio), come del resto risulta dall'anagrafe di Rosario, Argentina.
In realtà le cose non stanno così, Jon Lee Anderson nella sua monumentale
biografia del 1997 dal titolo "Che. Una vita rivoluzionaria" racconta
un episodio che mette in discussione anche quella piccola certezza.
Celia de la Serna, la madre di Ernesto, avrebbe rivelato a una sua amica
astrologa che suo figlio era nato il 14 maggio e che lei e suo marito, Ernesto
Guevara Lynch, lo avevano registrato in ritardo per nascondere alle rispettive
famiglie il fatto che il loro matrimonio si era svolto quando lei era già
incinta di tre mesi.
Per questo, inoltre, subito dopo le nozze si erano trasferiti da Buenos Aires
nella sperduta località di Misiones: per sfuggire alla curiosità dei parenti.
Quella confidenza sarebbe nata di fronte al quadro astrale sfavorevole per un
Gemelli. Il "Che" - come sarebbe stato soprannominato soprattutto
negli anni della guerriglia cubana - era invece un Toro testardo, passionale e
deciso.
Grazie all'astrologia sua madre avrebbe quindi finito per rivelare la vera data
di nascita di quello che sarebbe diventato il "guerrigliero eroico"
per alcune generazioni di latinoamericani.
Le biografie ufficiali che si pubblicano a Cuba continuano tuttavia a far
riferimento al 14 giugno. A chi dar credito?
Celia de la Serna e Ernesto Guevara Lynch si conoscono nel 1927. Lei è di
nobili origini spagnole, ha vent'anni e una raffinata cultura. Lui ne ha
ventisette, è pronipote di uno degli uomini più ricchi del Sudamerica e può
contare su avi spagnoli (del Paese Basco) e irlandesi.
Quando i due si incontrano, Guevara Lynch ha investito il suo denaro in una
società che fabbrica yacht. Il fidanzamento dura pochi mesi. Il matrimonio
viene celebrato il 10 novembre 1927.
La decisione di trasferirsi nella località di Misiones, oltre alla gravidanza
di Celia, viene presa perché in quella zona ci sono grandi coltivazioni di
"yerba mate", la pianta della tipica bevanda argentina.
Guevara Lynch è certo di fare un buon investimento comprando con i soldi della
moglie un grande appezzamento di terra.
Quando il parto è ormai imminente, i due decidono di trasferirsi a Rosario, una
città portuale di trecentomila abitanti. E' lì che forse il 14 maggio, e non
il 14 giugno come recita il certificato di nascita, vede la luce Ernesto Guevara.
La famiglia fa presto ritorno a Misiones per seguire gli affari della
piantagione di "yerba mate", quindi si trasferisce a Buenos Aires.
Nella capitale argentina nel dicembre del 1929 nasce Celia, la secondogenita.
Nel maggio del 1930 il "Che" viene colpito dall'asma, una malattia che
diventerà cronica e che non lo lascerà più fino alla morte. Sua madre,
imprudentemente, lo ha portato al mare in uno dei primi giorni dell'inverno
argentino.
La notte stessa il bambino viene colto da una crisi di tosse che si trasforma in
bronchite asmatica. La famiglia decide che non può tornare a vivere a Misiones,
dove il clima umido sarebbe stato deleterio per il piccolo Ernesto, e di
trasferirsi perciò nella capitale.
Nel maggio del 1932, a Buenos Aires, nasce Roberto, terzogenito dei Guevara. Ma
sono le condizioni di salute di Ernesto a preoccupare i due coniugi che in quel
periodo vivono tra Córdoba e la capitale argentina nel tentativo di aiutare la
cura dell'asma del figlio.
E' per questo che alcuni amici suggeriscono alla famigliola di trasferirsi a
Alta Gracia, una cittadina termale nei pressi della Sierra Chicas e di Córdoba.
Il consiglio viene ascoltato. La residenza in quella località, durata undici
anni, favorisce il recupero della salute di Ernesto.
Nel gennaio del 1934 nasce Ana Maria, seconda figlia dei Guevara. Guevara Lynch,
nelle sue memorie, parla di quella fase come di un periodo di ristrettezze
economiche, nonostante potesse contare sugli incostanti introiti della
piantagione di Misiones. Ma i due coniugi ostentano sicurezza e frequentano la
buona società che si riunisce periodicamente presso l'Hotel Sierras.
Solo nel 1941 Guevara Lynch ottiene un appalto per ingrandire il Sierra Golf: è
l'unico lavoro retribuito di cui si abbia notizia negli anni passati a Alta
Gracia.
Il piccolo Ernesto va a scuola dopo aver compiuto nove anni. Della sua
istruzione fino a quel momento si è preoccupata la madre, che instaura con il
figlio un rapporto particolare, fatto di tenerezze e scambi culturali che
dureranno per sempre.
Le condizioni di salute del "Che" lo costringono a letto per lunghi
periodi. Quello stato di isolamento favorisce la passione per la lettura, che
viene interrotta solo dalle partite a scacchi con il padre. Le letture
preferite, anche negli anni successivi, sono i libri di avventure di Emilio
Salgari, Giulio Verne e Alexandre Dumas.
Il clima familiare non è idilliaco come potrebbe sembrare a prima vista;
nonostante le incomprensioni, Celia e suo marito però decidono di non
separarsi. Le testimonianze su Guevara bambino parlano di uno scolaro
impertinente che vuole sempre mettersi al centro dell'attenzione e che ha una
straordinaria capacità di apprendimento: è un modo per reagire alla malattia.
La famiglia Guevara ha idee liberali e un po' anticlericali (a scuola i figli
sono esonerati dalle ore di religione). Il loro primo impegno politico si
concretizza nel 1938, quando arrivano a Alta Gracia i profughi della Guerra
civile spagnola (1936-1939). Tra questi ci sono i quattro figli di Juan
González Aguilar, ministro della sanità della Repubblica spagnola.
Quel nucleo familiare simpatizza con i Guevara, che non nascondono la propria
solidarietà con la lotta antifascista che si sta svolgendo in Spagna: Guevara
Lynch contribuisce a fondare un comitato di aiuto alla Repubblica spagnola.
Papà Guevara aveva seguito con trepidazione anche la guerra tra Paraguay e
Bolivia che si era svolta tra il 1932 e il 1935, motivata dalla richiesta del
governo di La Paz di ottenere uno sbocco al mare per il proprio territorio.
Il piccolo Ernesto prova qualche curiosità per quello che accade dall'altra
parte dell'Oceano e che si insinua nelle sue mura domestiche?
La politica non risparmia Alta Gracia, quando nel 1939 Adolf Hitler invade in
rapida successione Austria, Cecoslovacchia e Polonia. Anche in quel caso Guevara
Lynch sceglie l'antifascismo e organizza un gruppo di solidarietà con quanti
combattono il nazismo.
Il piccolo Ernesto, a undici anni, fa parte del gruppo di ragazzi di quel
comitato: vi è iscritto d'ufficio. Suo padre si dà un gran daffare per
propagandare le idee contro la penetrazione nazista in Argentina, che può già
contare su una consistente comunità tedesca stanziata a Cordoba.
Nel marzo 1942 Ernesto inizia a frequentare il liceo di Cordoba, presso il
Colegio Nacional Dean Funes. Ogni mattina percorre trentasei chilometri in
autobus. Un po' per quella ragione, un po' perché Guevara Lynch ha trovato un
partner per formare un'impresa di costruzioni, l'intera famiglia si trasferisce
a Córdoba, in Calle Chile 288, nei primi mesi del 1943.
Nel maggio di quell'anno nasce l'ultimo figlio dei Guevara, Juan Martín: è
l'estremo tentativo di salvare un matrimonio scricchiolante da tempo. I
testimoni dell'epoca parlano di un Guevara Lynch con la vocazione del playboy.
Ernesto inizia a praticare ogni tipo di sport: football, rugby, nuoto. Dedica
tempo pure agli scacchi. I genitori non lo ostacolano, perché pensano che
l'attività sportiva possa migliorare la sua salute cagionevole. Lui li ripaga
cercando di eccellere in tutte le pratiche sportive.
A Córdoba il "Che" diventa amico di Tomás Granado, il figlio più
piccolo di una famiglia spagnola. Poi del fratello maggiore, Alberto, studente
di biochimica e farmacologia all'università e allenatore della squadra locale
di rugby, della quale entra a far parte anche Ernesto. Alberto, molti anni dopo,
dirà che di quel ragazzo lo avevano colpito le precoci letture: Freud,
Baudelaire, Verlaine, Zola, Faulkner, Steinbeck, London e Neruda.
La loro amicizia non si incrina neppure quando Alberto viene arrestato per aver
partecipato alle manifestazioni contro il golpe del generale Pedro Ramírez e
Ernesto si rifiuta di partecipare alla protesta studentesca, sostenendo che
sarebbe stata ininfluente ai fini di ciò che accadeva a Buenos Aires. Alberto
Granado viene scarcerato nel gennaio del 1944, dopo due mesi di detenzione. La
politica non sembra interessare granché il giovane Guevara.
E' in quel periodo che inizia l'ascesa del colonnello Juan Domingo Perón. Con
lui prende forma in Argentina un peculiare "populismo" che raccoglie
le istanze delle classi lavoratrici fino a quel momento prive di diritti.
Guevara Lynch milita nell'Ación Argentina e aderisce al Comité pro De Gaulle
di Córdoba, un gruppo che si batte contro l'invasione nazista della Francia.
Alla fine della Seconda guerra mondiale riceve un attestato di benemerenza
firmato dallo stesso generale Charles De Gaulle. Ernesto segue l'impegno
politico del padre come può fare un figlio. Solo una certa agiografia acritica
può sostenere che in quegli anni avesse uno spiccato interesse per la politica
e che la sua formazione si orientasse verso idee socialiste.
Del resto, manifestando la sua opposizione nei confronti di biografie
prefabbricate e piene di lodi, nel giugno 1963, ormai noto in tutto il mondo
scrive una lettera lapidaria al giornalista cubano Lisandro Otero: "Non mi
occupavo di problemi sociali durante l'adolescenza e non partecipavo alle lotte
politiche o studentesche dell'Argentina". Al liceo Ernesto è uno studente
anticonformista e indisciplinato. Nel 1945, quando frequenta il quarto anno,
riceve dal preside ben dieci ammonimenti.
Ma le pagelle sono buone e questo tranquillizza i suoi genitori. In quello
stesso anno il "Che" inizia ad appassionarsi alla filosofia e a
prendere appunti in un taccuino sulle sue letture filosofiche. In sette quaderni
scrive una sorta di storia del pensiero filosofico dalle origini al marxismo.
Quelle annotazioni continuano anche nei dieci anni successivi e poi ancora
quando diventerà un uomo di Stato a Cuba. Ad attrarlo è anche la "Storia
contemporanea del mondo moderno" che in venticinque volumi fa bella mostrà
di sé nella biblioteca paterna.
Nel 1946 Perón è ormai saldamente al potere a Buenos Aires. Qualche mese prima
ha sposato Evita Duarte, una giovane attrice radiofonica che si conquista la
simpatia popolare. E' l'ultimo anno di liceo e quello del diciottesimo
compleanno per Ernesto. La sua iniziale vocazione sembra doverlo condurre a
iscriversi alla facoltà di ingegneria. Ma poi opta per medicina, mentre
l'intera famiglia decide di tornare a Buenos Aires quindici anni dopo il primo
trasferimento.
Guevara Lynch è travolto dalle sue disavventure economiche: via via ha dovuto
vendere tutte le sue proprietà. Gli affari non gli sorrideranno mai.
Finito il liceo, Ernesto va a lavorare in una società che costruisce strade (la
Dirección de Vialidad di Córdoba).
E' lontano da casa, nel marzo 1947, quando gli giunge la notizia dell'agonia
dell'amatissima nonna Ana Isabel, madre di suo padre.
Lui - quando le condizioni della donna sono ormai disperate - va a trovarla e le
resta accanto nei diciassette giorni in cui si spegne a poco a poco. La sua
morte lo getta nello sconforto. E' forse quell'agonia che induce il
"Che" a rompere gli indugi e a iniziare gli studi di medicina. Cerca
un lavoro presso la Clinica Pisani, diretta dal dottor Salvador Pisani che
conduce ricerche contro le allergie.
Diventa assistente-ricercatore volontario e decide di specializzarsi anch'egli
nel trattamento delle allergie.
I suoi genitori intanto comprano una casa in Calle Araoz a Buenos Aires, nei
pressi del quartiere Palermo dove vive la buona borghesia. I rapporti tra i due
coniugi continuano ad essere molto tesi, pur non portandoli alla definitiva
decisione di separarsi. Nel corso del primo anno di università (1947) Ernesto
fa la visita militare.
Viene esonerato grazie alla sua asma cronica. In quel periodo nasce la sua
amicizia per la collega universitaria Berta Gilda Infante, detta
"Titta", che è iscritta alla gioventù comunista argentina e insieme
alla quale segue alcune lezioni presso il Museo delle scienze.
Il loro rapporto di scambio intellettuale - forse un amore non sbocciato - dura
per molti anni ed è segnato da una corrispondenza fiume. Neanche nell'iniziale
periodo universitario il "Che" brilla per le sue passioni politiche:
legge, si informa, annota qualche osservazione dopo la lettura del
"Manifesto del partito comunista" di Marx e Engels, ma niente di più.
Eppure nel 1950 Perón scioglie per decreto le opposizioni e trasforma il suo
governo in un regime autoritario poggiato però su un'attenzione verso i ceti
proletari dell'Argentina. Non ci sono tracce di simpatia o di antipatia per
Perón da parte di Ernesto.
Lui predilige la medicina, la letteratura e passa giornate intere a studiare in
biblioteca. Nel 1948 si innamora di Carmen Córdoba a cui dedica, nei fuggevoli
incontri, la lettura delle poesie d'amore del poeta cileno Pablo Neruda.
Il primo gennaio del 1950 il "Che" parte per il suo primo viaggio
all'interno dell'Argentina. Lo fa a bordo di una bicicletta dotata di un piccolo
motore. La rotta è verso Córdoba, ma il suo obiettivo è dirigersi a San
Francisco del Chañar, dove l'amico Alberto Granado lavora presso un lebbrosario
e gestisce una farmacia.
I due decidono di proseguire insieme quel viaggio. Alberto ha una moto che si
sarebbe incaricata di trascinare la bicicletta di Ernesto. Quest'ultimo inizia a
scrivere un diario sulle sue avventure.
Ben presto Granado torna al suo lavoro nel lebbrosario. Guevara, invece, visita
dodici province per un totale di quattromila chilometri percorsi.
Il viaggio desta la voglia di conoscenza di Ernesto, che inizia a programmare
nuove escursioni. Ma la tensione dei preparativi viene interrotta dal primo
serio innamoramento.
La passione scatta per María del Carmen Ferreyra, soprannominata Chichina,
figlia di una delle famiglie più nobili di Córdoba. La incontra nella città,
dove si reca con tutta la famiglia per partecipare al matrimonio di Carmen, una
delle figlie di González Aguilar.
Chichina ha solo sedici anni. L'età non è un ostacolo per Ernesto, che se ne
innamora perdutamente e vuole sposarla. L'opposizione della famiglia di lei è
subito netta, nonostante il "Che" inizi a recarsi a Córdoba con
puntualità cronometrica.
La frequentazione tra i due dura per l'intero 1950. Alla fine dell'anno Guevara
non approfitta però delle vacanze per andare a Córdoba. Preferisce imbarcarsi
come infermiere sulle navi di una compagnia petrolifera. Parte per il Brasile il
9 febbraio 1951 e trascorre in mare sei settimane.
Di Chichina chiede notizie ogni volta che telefona a casa, ansioso di sapere se
ci sono delle lettere per lui giunte da Córdoba. A giugno torna agli studi
universitari. Ha ventitré anni e gliene mancano due per raggiungere la laurea.
Afflitto dall'impossibilità di sposare Chichina, il "Che" accetta la
proposta di Alberto Granado di progettare insieme un viaggio per il Sudamerica a
bordo di una moto chiamata "La Poderosa II" (una vecchia motocicletta
Northon di 500 cavalli di cilindrata).
Il 29 dicembre lasciano Córdoba e si dirigono a sud. Il 30 dicembre sono a
Rosario, il 31 a Buenos Aires dove Guevara si commiata dalla famiglia. Partono
il 4 gennaio 1952. Ernesto chiede all'amico di fare tappa sulla costa atlantica,
a Miramar, dove Chichina sta trascorrendo le sue vacanze.
Vuole salutarla e forse dirle addio. Le regala un cagnolino di nome Come Back.
Quella sosta dura otto giorni. La separazione - racconterà Granado - è
struggente. Lo testimonia anche il diario di Ernesto: "Con il sapore
agrodolce dell'addio mi sentii portare definitivamente da venti di avventure
verso mondi che supponevo più strani di quanto si sarebbero rivelati. Più il
tempo passava più mi piaceva, o amavo, la mia innamorata".
Lei gli affida quindici dollari e l'impegno a tornare indietro con una sciarpa.
Granado e Guevara trascorrono in viaggio quattro settimane prima di abbandonare
l'Argentina. Poi raggiungono il Distretto dei laghi, nei pressi della
Cordigliera che fa da confine con il Cile.
I soldi sono pochissimi e i due devono vivere di espedienti. Dal Cile procedono
verso l'Isola di Pasqua: vogliono recarsi nel locale lebbrosario. Ma la moto fa
le bizze, non resiste al peso dei due e dev'essere abbandonata lungo il
percorso.
Giungono a Valparaiso, dove apprendono che per molti giorni non ci sono
traghetti che fanno rotta per l'Isola di Pasqua. Decidono di imbarcarsi
clandestinamente sulla San Antonio, una nave merci diretta ad Antofagosta.
Quando si presentano al capitano, hanno la fortuna di essere accolti a bordo: a
Guevara viene affidata la pulizia dei bagni, a Granado vengono assegnati i
lavori di cucina.
Giunti ad Antofagosta, impossibilitati a proseguire via mare, dirottano verso la
miniera di rame di Chuquicamata gestita da una multinazionale statunitense. Lì
scoprono la dura condizione di lavoro dei minatori.
Il "Che" annota nel suo diario che il Cile è un paese potenzialmente
ricco di risorse, ma che il suo futuro dipende dalla capacità di scrollarsi di
dosso la dipendenza dall'economia degli Stati Uniti.
Un giornale cileno, dopo la loro partenza da Temuco, scrive nella cronaca
locale: "Due argentini specialisti in lebbra percorrono il Sudamerica in
motocicletta".
La tappa successiva è il Perù. Nel lebbrosario di Huambo hanno notizie del
medico Hugo Pesce, che ne è il fondatore: vive a Lima e milita nel Partito
comunista. Giungono nella capitale peruviana il primo maggio. Il loro viaggio è
già durato quattro mesi.
Decidono di andare a trovare il dottor Pesce che li accoglie con simpatia e
offre loro un alloggio presso un ospedale per lebbrosi. Quel medico si è
laureato in Italia, dove ha incontrato il filosofo marxista José Carlos
Mariategui. Guevara viene colpito dal modo con cui Pesce esercita la sua
professione: si rende conto che un medico può avere un'utilità sociale. In
quei giorni il "Che" viene assalito dai suoi tradizionali attacchi
d'asma.
La corsa del viaggio riprende con l'attraversamento delle Ande. Da Iquitos
decidono di recarsi nel lebbrosario di San Pablo, sulle rive del Rio delle
Amazzoni, al confine tra Colombia e Brasile. Vi rimangono due settimane. Poi, a
bordo di una zattera che viene regalata loro e che si chiama
"Mambo-Tango" - hanno ballato quei ritmi a non finire nella festa di
addio - si dirigono a Leticia dove Guevara firma un contratto per allenare la
locale squadra di football per due settimane.
Da lì, a bordo di un aereo, volano a Bogotà. La capitale colombiana appare
subito ai due inospitale e poco interessante. Quel paese vive l'onda lunga della
protesta contro "el Bogotazo": la rivolta che segue l'assassinio di
Jorge Eliécer Gaitán, leader del Partito liberale, avvenuto nell'aprile del
1948.
Da La Paz partono verso il confine con il Venezuela. Il 17 luglio arrivano a
Caracas. Granado, grazie a una raccomandazione del dottor Pesce, va a lavorare
in un lebbrosario nei pressi della capitale. Guevara decide di far ritorno in
Argentina. "Aveva una sete furibonda di sapere: si guardava intorno,
domandava, poi scaricava le conclusioni sugli altri", annota Granado.
Il "Che" vuole tornare agli studi e laurearsi in fretta per rendersi
utile, dopo quello che ha visto gironzolando per il continente. "Dopo tanti
mesi passati insieme, la separazione è dura. Entrambi stiamo nascondendo la
tristezza che vela i nostri sguardi", scrive il suo amico. Ernesto prende
un aereo che lo trasporta a Miami.
Da lì sarebbe ripartito alla volta di Buenos Aires. Una volta giunto in
Florida, l'aereo ha un'avaria. La riparazione dura quasi un mese, durante il
quale il "Che" ha la possibilità di rendersi conto di quanto sia
diversa la situazione economica degli Stati Uniti rispetto a quella dei paesi
dell'America Latina.
C'è il tempo per usare i quindici dollari affidatigli da Chichina e comprare
una sciarpa che non le consegnerà mai.Quando Guevara torna in Argentina, il 31
agosto, Evita Perón è morta da pochi giorni di cancro, all'età di trentatré
anni. I suoi funerali sono stati una commovente manifestazione di dolore
popolare.
Per terminare gli studi in medicina a Ernesto restano quattordici esami. Alle
spalle ha un viaggio che è stato una sorta di educazione sentimentale alla
vita. Quel giovane non è più uguale a prima. Ha fretta di trovare il suo posto
nella società e di rendersi utile come medico.
Nel novembre 1952, alla vigilia di un'importante sessione di esami, il
"Che" si ammala. Contrae una malattia infettiva nella Clinica Pisani,
dove è tornato a prestare la sua attività di assistente-ricercatore
volontario. Nonostante l'infermità, supera tre esami. Studia e si prepara con
foga. A dicembre ne supera dieci. L'ultima prova la svolge l'11 aprile 1953.
Tutta la famiglia è felice, anche se Ernesto annuncia che sta progettando un
nuovo viaggio.
Questa volta parte con Carlos Ferrer, un amico d'infanzia ribattezzato Calica.
Il viaggio, con direzione Bolivia, inizia il 7 luglio a bordo di un treno. Dopo
alcuni giorni giungono a La Paz.
Al potere c'è il Movimiento nacionalista revolucionario che ha dissolto
l'esercito e nazionalizzato le miniere, inaugurando una politica democratica. I
due fanno amicizia con Ricardo Rojo, un avvocato argentino che è dovuto
emigrare per la sua militanza nell'Unión civica radicale, un'organizzazione
antiperonista. Tutti insieme si rendono conto come la politica progressista del
governo boliviano non piaccia a Washington.
La curiosità spinge Guevara e Calica a visitare le miniere di Balsa Negra, nei
pressi di La Paz. "Il silenzio della miniera assale quelli come noi che non
ne conoscono il linguaggio", annota il Che.
Anche qui è la dura vita dei minatori che vivono ai margini della società, pur
producendo la ricchezza economica della Bolivia, a colpire Ernesto. I due si
fermano a La Paz per oltre un mese. Poi partono verso il confine con il Perù.
Dopo una deviazione per vedere Macchu Picchu, si dirigono verso Lima, dove
vengono accolti nel locale lebbrosario di Guia e dal dottor Pesce.
Il 28 settembre arrivano in Ecuador. Guevara spera di trovare un lavoro, dopo
che sua madre lo ha rassicurato di essere riuscita ad avere una raccomandazione
presso il Presidente di quel paese, Velasco Ibarra. Riescono a incrociare il
capo di Stato a Guayaquil, dove questi è in visita.
Ma il colloquio è deludente. Non riescono a incontrare il Presidente e parlano
solo con il suo segretario. Dopo alcune settimane di dolce far niente, il
"Che" decide di intraprendere la marcia verso il Guatemala. A
convincerlo a partire ci pensa un nuovo amico, Gualo García.
Con la nave "Guayos" si dirigono a Panama. Qui Guevara scrive un
articolo sull'Amazzonia che gli viene pagato venticinque dollari dal giornale
"Panama-America". Poi, si parte alla volta del Costa Rica che grazie
alla sua politica progressista ospita molti dirigenti della sinistra
latinoamericana. Guevara ha la possibilità di incontrare Juan Bosch, leader del
Partido democratico revolucionario della Repubblica dominicana, e Manuel Mora
Valverde, dirigente del Partito comunista del Costa Rica. Si riparte attraverso
Nicaragua, Honduras, El Salvador.
Guevara giunge a Città del Guatemala il 20 dicembre. Al potere è il governo
progressista di Jacobo Arbenz, che ha messo fine al regime del latifondo in
agricoltura e nazionalizzato alcune proprietà, tra cui quelle della
statunitense United Fruit che gestiva le ferrovie.
La tensione con Washington, a causa di quella politica, è altissima. Nella
capitale guatemalteca il "Che" incontra per la prima volta Hilda Gadea,
una giovane peruviana sui trent'anni dai tratti somatici indios. E' una delle
dirigenti in esilio dell'Apra (Partido alianza popular revolucionaria americana,
un'organizzazione nazionalista del Perù in cui era presente un'ala di
sinistra).
Si trova in Guatemala per collaborare con il governo di Arbenz. Tra i due
nascono simpatia e attrazione. Guevara si identifica con quanto sta accadendo in
Guatemala. Hilda gli fa conoscere molte personalità importanti di
quell'esperimento politico e anche alcuni immigrati cubani, tra cui Antonio Nico
Lopez.
Forse è proprio quest'ultimo ad affibbiare per la prima volta all'argentino il
nomignolo di "Che", che vuol dire "ehi, tu", per il suo tipico intercalare.
Ben presto scopre con delusione che per esercitare la sua laurea di medico in
quel paese straniero dovrà studiare medicina per un altro anno, anche se c'è
solo un medico specialista come lui in allergie. L'incontro con Hilda si rivela
decisivo per la formazione politica di Guevara: è lei che gli fa leggere in
modo sistematico i primi testi marxisti, mentre lui le fa conoscere la filosofia
e le teorie sulla psicanalisi di Freud e Jung.
E' sempre lei che lo aiuta di fronte alle ristrettezze economiche che sta
attraversando. In una lettera alla madre annuncia che "se le cose andranno
bene" ha intenzione di fermarsi in Guatemala per almeno "due
anni".
La situazione politica precipita. Gli americani iniziano a progettare
l'invasione del Guatemala per mettere in ginocchio il governo di Arbenz. Nel
gennaio del 1954 tutti i piani sono pronti. Guevara lavora intanto al suo primo
libro (alcuni capitoli vanno perduti), "Il ruolo del medico in America
Latina", che contiene una spietata analisi della situazione sanitaria e una
storia della medicina in quel continente dal colonialismo in poi.
Tutti i suoi amici, preoccupati per quanto può accadere in Guatemala, partono.
Il suo unico ancoraggio resta Hilda, anche se il loro rapporto sentimentale è
fluttuante.
A marzo la X Conferenza interamericana dell'Organizzazione degli Stati americani
vota una mozione che autorizza gli interventi militari "in tutti gli Stati
membri dominati dal comunismo" (la delegazione del Guatemala si schiera
contro quella risoluzione, ma si astengono solo Messico e Argentina).
Guevara, sfiduciato per la sua situazione economica, annota nei diari che se ne
sarebbe andato volentieri da un'altra parte, probabilmente in Venezuela, ma non
sa come pagare la pigione della pensione che lo ospita. Poi cerca di ottenere un
documento di residenza.
Deve però lasciare il paese temporaneamente per ottenere un nuovo visto di
soggiorno. A maggio viene scoperto, nel porto guatemalteco Puerto Barrios, un
carico di armi provenienti dalla Cecoslovacchia. E' il pretesto che Washington
aspettava.
I primi scontri tra reparti dell'esercito e reparti addestrati dalla Cia si
verificano proprio a Puerto Barrios. In quei giorni il "Che" si trova
fuori dai confini del Guatemala, ma vi fa ritorno rapidamente. Il 2 giugno viene
scoperto un complotto contro Arbenz. Il 17 giugno l'aviazione statunitense
inizia a bombardare il paese, reo di aver intrapreso una politica "filocomunista".
Città del Guatemala si arrende il 3 luglio. Al potere sale Castillo Armas.
Arbenz abbandona il paese. Guevara trova asilo presso l'ambasciata argentina.
Hilda Gadea viene arrestata e successivamente scarcerata, dopo uno sciopero
della fame. La repressione si abbatte su chiunque sia sospettato di aver
collaborato con il precedente governo.
Il "Che" trascorre oltre un mese nell'ambasciata. Quando può tornare
libero cerca di ottenere il permesso per recarsi in Messico. Hilda è in attesa
di un visto per tornare in Perù. I due sembrano doversi separare per sempre: il
destino li allontana.
Guevara parte a metà settembre. L'obiettivo è il Messico, dove Arbenz sta
raggruppando i suoi sostenitori. Città del Messico è in quel periodo una
città ricca di attività culturali dove il Partido revolucionario institucional
del presidente Lazaro Cardenas assicura un clima democratico.
Il "Che", nelle lettere inviate alla madre in quel periodo, si dice
ancora confuso su quello che vuole fare della propria vita. Intanto chiede a
Celia di aiutare i profughi guatemaltechi che si recano a Buenos Aires.
A Città del Messico, dove giunge il 21 settembre, avviene il rincontro con
Nico Lopez, uno dei suoi amici cubani. Questi gli parla dell'imminente arrivo di
Fidel Castro, di Raul Castro e di altri militanti del Movimento 26 luglio che
hanno dato l'assalto al quartier militare del Moncada a Santiago di Cuba con
l'obiettivo di avviare una rivoluzione.
Un'amnistia potrebbe liberarli da un momento all'altro. L'intenzione di quel
gruppo è di fare proprio del Messico il luogo d'appoggio per riorganizzare la
lotta contro il governo del militare Fulgencio Batista.
A coordinare le attività dei cubani
in Messico ci pensa Maria Antonia González.
E' in questo periodo che probabilmente avviene la scelta politica definitiva di
Guevara, che già in Guatemala aveva iniziato a simpatizzare per le posizioni
della sinistra.
In alcune lettere indirizzate alla madre rivela le sue convinzioni: ormai può
dirsi comunista. Il 27 maggio, in una di quelle missive, sostiene che qualcosa
potrebbe attirarlo verso L'Avana e le sorti di quella rivoluzione. Il primo
incontro tra Fidel Castro e il "Che" avviene alla fine di giugno 1955,
nella casa di Maria Antonia González.
Hilda, nelle sue memorie, sostiene che i due si vedevano quasi ogni giorno e che
fraternizzarono immediatamente. Del resto, Guevara scrive nei suoi diari:
"E' stato un evento politico incontrare Fidel Castro, il rivoluzionario
cubano: un ragazzo intelligente, molto sicuro di sé e di straordinario
coraggio: penso che tra noi ci sia una simpatia reciproca". Nella stessa
estate decide di sposarsi con Hilda, che nel frattempo è rimasta incinta.
Il matrimonio avviene il 18 agosto 1955 a Tepotzotlan, una località alle porte
della capitale. I testimoni sono Lucila Velasquez, Jesus Montané Oropesa, uno
dei segretari di Castro, e due colleghi di Ernesto dell'ospedale dove presta il
suo lavoro volontario di medico.
Alla cerimonia è presente anche Raul Castro, ma non Fidel, pedinato dalla
polizia americana e dalle spie del regime di Batista. Guevara comunica il
matrimonio ai genitori a cose fatte: "Mi immagino la sorpresa che sarà
stata per voi ricevere questa bomba così esplosiva e comprendo la quantità di
interrogativi che vi avrà provocato. Avete ragione nel lamentarvi del fatto che
non via abbiamo avvertito nel momento in cui celebravamo il nostro matrimonio.
Ci è parso più prudente fare così, data la quantità di difficoltà in cui ci
troviamo".
Hilda partorisce il 15 febbraio 1956. Dà alla luce una bambina: Hilda Beatriz
(è morta a L'Avana nel 1995). Il padre ironizza sui suoi tratti somatici che
assomigliano a quelli della madre: "La mia anima comunista si espande: è
venuta fuori uguale a Mao Tse Tung".
Intanto fervono i preparativi per un ritorno a Cuba del manipolo di militanti
del Movimento 26 luglio. Il gruppo prepara la sua strategia e si addestra
militarmente. Il 6 luglio, in una lettera, Guevara annuncia ai genitori che il
suo destino è legato a quello della rivoluzione cubana: "Un po' di tempo
fa, un giovane leader cubano mi ha invitato a entrare nel suo movimento, un
movimento armato che vuole liberare la sua terra, e io ho accettato".
Il "Che" è ormai
un uomo politicamente maturo che segue con trepidazione le vicende argentine.
Nel settembre 1955 Perón viene deposto in Argentina e costretto all'esilio. Il
24 settembre Guevara, in una lettera alla madre, si esprime su quegli
avvenimenti svelando la sua posizione nei confronti del controverso "peronismo":
"Ti confesso con tutta sincerità che la caduta di Perón mi ha
profondamente amareggiato; non per lui, ma per quello che significa per tutta
l'America Latina, perché suo malgrado e nonostante il forzoso tentennamento
degli ultimi tempi, l'Argentina era il paladino di tutti noi che pensavamo che
il nemico stesse al nord. Per me, che ho vissuto le amare ore del Guatemala, si
è trattato di un calco a distanza".
A novembre, in una lettera alla sua amica Tita Infante, Guevara scrive che sta
leggendo assiduamente le opere di Marx e Engels. Poi rivela che forse la sua
vita matrimoniale si può rompere definitivamente: "Mia moglie sta per
partire per il Perù, dove visiterà la sua famiglia che non vede da otto anni.
C'è certamente dell'amarezza in questa rottura, dal momento che lei è una
compagna leale e la sua condotta rivoluzionaria è stata irreprensibile.
Ma le nostre divergenze spirituali sono molto forti e io vivo con questo spirito
anarchico che mi fa sognare orizzonti dal momento che ho 'la croce delle tue
braccia e la terra della tua anima', come diceva Pablito" (il riferimento
è a una poesia di Pablo Neruda). I preparativi per trasferirsi a Cuba sono
ormai nella fase finale.
Gli anni Cinquanta e Sessanta imprimono radicali novità sulla scena
internazionale. Il centro del mondo, per la prima volta, sembra spostarsi a sud.
In Europa e in Occidente continua a soffiare il vento dell'ottimismo
post-Seconda guerra mondiale: "ricostruzione", "boom
economico", rinnovamento degli stili di vita, pace ritrovata nonostante la
"guerra fredda" tra Stati Uniti e Unione Sovietica. John Fitzgerald
Kennedy, Nikita Krusciov, Willy Brandt, Giovanni XXIII, Brigitte Bardot e
Beatles sono nomi che contraddistinguono un'epoca e indicano la voglia di
cambiare politica, religione, costume, musica.
Ma a Sud, per la prima volta, crescono le ansie di indipendenza e autonomia:
movimenti nazionalisti e di liberazione chiedono la fine del colonialismo, del
predominio di un paese sull'altro e delle politiche economiche dipendenti.
Dopo la rivoluzione cinese del 1949 guidata da Mao Tse Tung e la Guerra di Corea
che durerà dal 1950 al 1953, tocca a Cuba, Algeria, Vietnam infiammare le
speranze di riscatto. In Africa, Asia e America Latina cresce la febbre
dell'indipendenza. Tre interi continenti sono in subbuglio, se non addirittura
in rivolta.
I primi giorni del 1959 le notizie che giungono da L'Avana non turbano le
Cancellerie di Washington e Mosca. In quel piccolo paese prevale una rivoluzione
in sintonia con la stragrande maggioranza dei cubani che mal sopportavano la
dittatura di Fulgencio Batista, il sergente salito al potere nel 1952 con un
colpo di Stato e rimasto in sella grazie alla compiacenza degli Stati Uniti.
La Casa Bianca, spinta dagli eventi, ritiene inevitabile la fine dei vecchi
equilibri di governo dell'isola e segue via via con distacco quanto avviene a
Cuba nel triennio 1956-1959. Il Cremlino - almeno in apparenza - non si occupa
delle vicende di una rivoluzione dal sapore nazionalista, per giunta collocata a
pochissimi chilometri dalla Florida.
Il mondo è rigidamente diviso in due: da una parte ci sono i paesi che orbitano
nella sfera degli Stati Uniti, dall'altra ci sono quelli che sono legati
all'Unione Sovietica. L'America Latina è tradizionalmente il "cortile di
casa" di Washington. Rompere quella suddivisione è un'eccezione, non la
regola.
Cuba, in quel momento, appare agli osservatori della diplomazia internazionale
un'isola imperscrutabile. E' diventata indipendente dalla Spagna solo nel 1898.
Ha subito negli anni successivi una sorta di protettorato da parte degli Stati
Uniti. Dagli anni Trenta in poi ha conosciuto una serie quasi ininterrotta di
governi autoritari. L'estrema povertà delle campagne convive con la ricca
borghesia dello zucchero e del tabacco formatasi nel corso del dominio spagnolo.
L'Avana è anche un luogo mitico nei racconti di viaggio di Ottocento e inizio
Novecento: tra i porti più importanti del mondo, tra le città dell'America
Latina dalla vita culturale più intensa e vivace. E a Cuba - prima che in molti
paesi europei, compresa l'Italia - arrivano prestissimo i treni su rotaia e,
agli inizi degli anni Cinquanta, la televisione, anche quella a colori: gli
Stati Uniti hanno infatti usato l'isola come luogo di sperimentazione
tecnologica, oltre che come meta di turismo, sale da gioco e sesso a pagamento
(la moda si era intensificata negli anni del "proibizionismo"
americano). Washington considera l'isola più grande delle Antille come un suo
territorio oltre confine.
All'inizio si sa ben poco dei programmi di quel gruppo di guerriglieri che,
sbarcati a Cuba il 2 dicembre 1956 a bordo di un'imbarcazione denominata Granma,
sono sopravvissuti in una dozzina a una spietata repressione (qualcuno scriverà
"come gli Apostoli di Gesù Cristo", contribuendo alla leggenda) e poi
si sono riorganizzati sulla Sierra Maestra, dove dopo due anni di combattimenti
hanno dato scacco a esercito e aviazione.
A guidarli è Fidel Castro, ex leader studentesco dell'Università dell'Avana,
avvocato di belle speranze e dalla sperimentata arte oratoria, che il 26 luglio
del 1953 - richiamandosi a José Martl, eroe della guerra d'indipendenza contro
la Spagna - aveva tentato di assaltare la caserma Moncada di Santiago di Cuba.
Sopravvissuto con pochi altri allo scontro con i militari, era stato arrestato e
condannato a quindici anni di carcere alla fine di un processo nel quale si era
difeso da solo pronunciando un'interminabile arringa. Un'amnistia lo aveva
liberato il 15 maggio 1955. Castro prendeva contatto con gli esuli cubani a New
York al fine di lanciare una sottoscrizione per il suo Movimento 26 luglio e
conquistare una certa benevolenza nell'opinione pubblica democratica degli Stati
Uniti.
Poi faceva rotta verso il Messico per iniziare l'addestramento militare di un
manipolo di uomini e tentare l'avventura del ritorno in patria e della sfida
decisiva al governo di Batista.
I preparativi non sono facili. Il 20 giugno 1956 Fidel Castro viene arrestato a
Città del Messico. La polizia accusa lui e i militanti del Movimento 26 luglio
di progettare con i comunisti cubani e messicani l'assassinio di Batista: Cuba
chiede la loro estradizione.
In pochi giorni vengono arrestati quasi tutti coloro che avevano collaborato con
Castro, tra i quali Guevara e sua moglie Hilda (Fidel usava il recapito di
quest'ultima per la corrispondenza clandestina).
Castro si difende dalle accuse segnalando il pieno accordo con Eduardo Chibas,
leader del Partito ortodoxo e anticomunista dichiarato. Guevara, per i suoi
precedenti viaggi in America Latina, viene indicato come il probabile trait
d'union tra il Movimento 26 luglio e le centrali del comunismo internazionale.
Castro viene liberato il 24 luglio: l'accordo con le autorità prevede che lasci
il Messico entro due settimane. Guevara viene liberato a metà agosto. Anche per
lui vale la stessa clausola: deve abbandonare il paese. Fidel ha deciso di
aspettarlo prima di decidere il da farsi. L'intero gruppo del Movimento 26
luglio si disperde sul territorio messicano.
A fine settembre si accelerano i preparativi del ritorno a Cuba. Castro acquista
il Granma, uno yacht di proprietà dell'americano Robert Erickson che svendeva
anche la propria casa a Tuxpan. Il prezzo pattuito è di quarantamila dollari
per l'uno e l'altra.
Intanto crescono i dissapori tra Fidel e il Partito socialista popolare cubano
(il locale partito comunista), contrario a intraprendere la lotta
insurrezionale. Nella notte del 24 novembre il Granma salpa alla volta di Cuba:
a bordo ci sono ottantadue uomini, molti di più di quanti ne possa contenere
quell'imbarcazione.
Guevara viene arruolato come medico con il grado di tenente. Prima di partire
invia una lettera alla madre che ha il sapore di un possibile addio. E'
consapevole che la morte può raggiungerlo da un momento all'altro.
La spedizione si rivela un fallimento dal punto di vista militare. Castro fa
sapere a Frank Pais, il dirigente del Movimento 26 luglio a Santiago di Cuba,
che il Granma sarebbe sbarcato a Playas las Coloradas il 30 novembre. Per quella
data Pais si impegna a organizzare manifestazioni di protesta nella capitale
orientale dell'isola.
Ma lo yacht con a bordo gli ottantadue uomini sbaglia rotta e subisce dei
ritardi a causa delle condizioni atmosferiche: tocca la costa cubana solo il 2
dicembre, quando la polizia ha già represso la protesta di Santiago. Esercito e
aviazione sono intanto nella zona di Niquero, dove è avvenuto lo sbarco.
Il 5 dicembre l'esercito sorprende i rivoluzionari nella località di Alegria de
Pio: è una strage. Si salvano in quindici, che si dividono per sfuggire ai
militari. Tra i superstiti c'è pure Gino Doné Paro, un ex partigiano italiano
che da Cuba si era unito al drappello rivoluzionario in Messico: riesce a
raggiungere Santa Clara per partire alcuni mesi dopo alla volta degli Stati
Uniti.
A L'Avana il governo di Batista è convinto di aver stroncato l'insurrezione e
che tra i morti possa esserci anche Fidel Castro. I giornali messicani danno
l'annuncio che la stessa sorte è toccata a Guevara.
Il Movimento 26 luglio, come era avvenuto nel 1953 nel tentativo di assalto alla
caserma militare Moncada di Santiago, sembra condannato alla sconfitta. Sarà
un'intervista concessa al corrispondente del "New York Times" Herbert
Matthews nel febbraio del 1957 a rivelare all'opinione pubblica cubana e
internazionale che il "comandante en jefe" Fidel Castro è ancora vivo
e sta riorganizzando il suo movimento in una vera e propria guerriglia lungo i
tornanti e la foresta della Sierra Maestra.
La notizia dello scontro a fuoco a Alegría de Pio giunge ben presto a Hilda
Gadea e ai genitori di Guevara. Per alcuni giorni non riescono a verificare se
anche il "Che" sia tra le vittime. Ernesto, invece, è riuscito a
salvarsi: ha solo una leggera ferita al collo. Il 31 dicembre i coniugi Guevara
ricevono un biglietto firmato Tete (uno dei nomignoli usati da Ernesto quando
era bambino) che li rassicura: "Cari vecchi, ne ho consumate solo due e me
ne restano cinque.
Sto lavorando alle stesse cose, le notizie sono sporadiche e continueranno a
esserlo, però abbiate fiducia che Dio sia argentino. Un abbraccio a
tutti". Tete si paragona a un gatto dalle sette vite. La notizia viene
subito trasmessa a Hilda, che decide di recarsi a Buenos Aires con sua figlia
per conoscere i suoceri. E' lei che deve spiegare a Celia de la Serna e a
Guevara senior cosa ha indotto il "Che" a partire per l'avventura
cubana: il loro figlio è ormai diventato un uomo politico e d'azione;
l'incontro con gli esuli cubani lo ha trasformato definitivamente.
Ernesto viene nominato "comandante del fronte occidentale" il 12
luglio 1957. Fino a quel momento si è distinto per le sue doti militari e
organizzative, svolgendo contemporaneamente il ruolo di medico della spedizione.
Un mese dopo l'esercito cerca di stroncare la riorganizzazione dei guerriglieri
nella Sierra Maestra: l'offensiva viene respinta e i militari da quel momento in
poi si limitano a circoscrivere l'attività degli uomini di Castro in una sorta
di cerchio dal quale non possono uscire. Ma il Movimento 26 luglio riesce a
ottenere l'adesione dei contadini, mentre le sue cellule clandestine si
organizzano in tutte le città cubane.
Il 9 aprile 1958 viene proclamato uno sciopero per sostenere i guerriglieri.
L'iniziativa fallisce per le incomprensioni con il Partito socialista popolare,
che resta contrario all'uso della guerriglia come metodo di lotta, e per la
nascita di due tendenze all'interno del movimento rivoluzionario: la
"sierra" e il "llano", che privilegiano rispettivamente
l'azione sulle montagne e quella nelle città.
Tutto il 1958 è un susseguirsi di successi per il Movimento 26 luglio che
invertono la tendenza dell'anno precedente. La rivolta contro il governo di
Batista acquista via via sempre maggiore consenso.
Anche gli Stati Uniti iniziano a convincersi che forse è meglio non opporsi al
cambio della guardia a L'Avana: meglio puntare a un successivo condizionamento
di Castro che sostenere un regime ormai indifendibile. E' lo stesso giudizio che
induce il Partito socialista popolare a cambiare atteggiamento e a sostenere con
più convinzione le azioni del Movimento 26 luglio.
Alcuni dei suoi dirigenti vanno sulla Sierra Maestra per siglare un patto di
collaborazione con Castro. La storia di quei mesi è una miscela di sapienza
politica da parte di Castro e di fortunate vicissitudini sul piano militare.
Questi fattori non avrebbero comunque significato molto se alla base di tutto
non ci fosse stata la crisi irreversibile del regime di Batista.
Nella primavera del 1958 Guevara concede un'intervista a un giovane giornalista
argentino, Jorge Ricardo Masetti. Quest'ultimo ha per lui una lettera di
presentazione firmata da Ricardo Rojo, vecchia conoscenza del "Che".
Masetti torna in Argentina con un nastro registrato in cui il comandante
rivoluzionario saluta la sua famiglia e con un'intervista nella quale Guevara
sostiene che "dal punto di vista politico, Fidel e il suo movimento
potrebbero essere definiti dei rivoluzionari nazionalisti".
Poi aggiunge: "Siamo contro gli Stati Uniti perché gli Stati Uniti sono
contro i nostri popoli. La persona che più tiene all'etichetta di comunista
sono io".
E' nella guerriglia che cresce l'amicizia e la stima tra Guevara e Camilo
Cienfuegos. Sono loro che negli ultimi giorni di dicembre 1958 dirigono
l'offensiva decisiva verso la regione di Las Villas, che ha la propria capitale
a Santa Clara, nel centro dell'isola.
Un mese prima c'era stato l'incontro tra il "Che" e Aleida March,
ventiquattro anni, dirigente del Movimento 26 luglio nella cittadina di Santa
Clara. Tra i due nasce ben presto un flirt destinato a durare. Dopo la conquista
di quella località, iniziata il 29 dicembre (l'esercito di Batista si arrende
dopo i primi scontri), Guevara e Cienfuegos ricevono da Fidel l'ordine di
marciare verso L'Avana.
La notte di Capodanno Batista comunica ai suoi collaboratori la decisione di
lasciare l'isola: lo fa alle tre del mattino del primo gennaio. Il giorno dopo
il "Che" si dirige verso la capitale cubana insieme a Cienfuegos. Il
primo è rude e scostante, il secondo usa il tipico umore cubano per ironizzare
sulla vita di guerrigliero. I due diversi caratteri si saldano in un rapporto
profondo.
Quando Castro arriva a L'Avana l'8 gennaio del 1959 - dopo aver attraversato
tutta l'isola, partendo da Santiago di Cuba - è solo il "comandante in
capo" dell'Esercito ribelle, ma il suo nome è diventato popolarissimo in
ogni angolo di Cuba.
Intorno a Castro e al suo movimento si sono coalizzati il Partito socialista
popolare (Psp) d'orientamento comunista e il Directorio, il gruppo formato
prevalentemente da studenti e intellettuali che nel marzo 1957 aveva tentato
l'assalto al palazzo presidenziale di Batista a L'Avana.
Castro, in interviste e dichiarazioni dalla Sierra Maestra, si era limitato a
parlare di libertà e giustizia sociale. Più volte aveva rifiutato l'etichetta
di "comunista", delimitando i rapporti con il Psp all'unità raggiunta
nella fase finale della guerriglia, dopo non pochi dissensi sui metodi di lotta
per spodestare la tirannia di Batista.
La rivoluzione del Movimento 26 luglio, nel momento della vittoria, chiede la
fine di ogni interferenza nella vita politica dell'isola. Solo in seguito
diventerà in modo convinto anti-Stati Uniti, individuando in quel paese chi
vuole perpetuare il neocolonialismo economico e politico su America Latina e
Terzo Mondo.
Ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos sono i primi comandanti della rivoluzione a
entrare a L'Avana nel Capodanno del 1959. Il secondo è un cubano di umili
origini, che era dovuto emigrare negli Stati Uniti, dove aveva fatto il
cameriere per tirare a campare: in combattimento si è guadagnato gloria e
popolarità.
Ma a incuriosire e affascinare è soprattutto il primo. Guevara è argentino,
non ha mai messo piede a Cuba prima della spedizione del Granma. E' il più
politicizzato di tutti e l'unico ad aver letto alcuni classici del marxismo.
Solo Raul Castro, fratello minore di Fidel, "comandante del fronte
orientale" della rivoluzione, nutre simpatie dello stesso tipo per la
precedente adesione alla gioventù comunista e un viaggio nei paesi dell'Est.
Castro senior appare un politico pragmatico, non ideologico,frutto dei movimenti
nazionalisti cubani: è stato leader delle lotte studentesche a L'Avana,
avvocato brillante e militante del Partito otodoxo, ma è indefinibile dal punto
di vista della sua visione politica.
L'arrivo a L'Avana di Guevara non fa che consacrare il suo ruolo di leader del
Movimento 26 luglio, anche se il "líder maximo" resta Castro. Al
"Che" spetta il compito di prendere in consegna la città. Lo fa
insediando il suo quartier generale a La Cabaña, l'antico fortino sul mare
collocato all'entrata della baia della capitale che ha ospitato spagnoli,
inglesi e chiunque abbia controllato l'accesso via mare alla capitale.
Il 9 gennaio giungono a L'Avana - insieme a molti profughi cubani - anche i
genitori di Guevara con Celia e Juan Martín, i fratelli più piccoli del
"Che" (Roberto e Ana Maria, gli altri due, rimangono a Buenos Aires):
ad attenderli all'aeroporto José Martí c'è proprio il comandante del fronte
occidentale che non vedevano da sei anni. Ha la divisa da militare e un mitra
sulla spalla.
Vengono ospitati all'Hotel Hilton, il grande albergo dove abita anche Castro.
Papà Guevara annota nel suo diario: "Era difficile per me riconoscere
l'Ernesto di casa, l'Ernesto normale. Un'enorme responsabilità sembrava pesare
sul suo futuro. Era cosciente della sua personalità e si stava trasformando in
un uomo la cui fede nel trionfo dei propri ideali raggiungeva proporzioni
mistiche".
A fine gennaio giunge a Cuba anche Hilda Gadea con la figlioletta di tre anni,
Hildita. La prima moglie di Guevara scrive nelle sue memorie: "Col solito
candore che lo caratterizzava, Ernesto mi disse subito che aveva un'altra donna,
conosciuta durante la campagna di Santa Clara. Per me fu un grande dolore, ma
seguendo le nostre convinzioni, entrambi ci accordammo per il divorzio".
Dopo il divorzio, il "Che" sposa Aleida March che gli fa da segretaria
mentre Hilda Gadea decide di restare a Cuba.La cronologia delle settimane che
seguono quei primi giorni del 1959 è frenetica.Scricchiolano immediatamente la
presidenza della Repubblica di Manuel Urrutia, giurista dalle idee liberali
rientrato a L'Avana dall'esilio il 5 gennaio, e la nomina a primo ministro di
José Miro Cardona, presidente dell'Ordine degli avvocati dell'Avana e uno degli
uomini politici più filoamericani dell'opposizione a Batista.
Nel primo governo post-Batista i guerriglieri del Movimento 26 luglio possono
contare solo su una manciata di ministri (Faustino Perez, Augusto Martínez
Sánchez, Humberto Sori-Marín, Armando Hart). Castro accetta quella soluzione,
perché non vuole accentuare subito l'ostilità di Washington nei confronti
della rivoluzione.
Ma presidenza della Repubblica e governo sono travolti dagli eventi e da chi
chiede alla rivoluzione di non fermarsi. Oltre due anni di lotta sulla Sierra
Maestra non possono consegnare l'isola alla borghesia illuminata.
Il 16 febbraio Castro accetta l'incarico di primo ministro e dichiara che
"la rivoluzione continua". Prepara la riforma agraria (il primo
provvedimento del suo governo) e rinvia le libere elezioni che aveva annunciato
si sarebbero svolte nella Cuba liberata dalla dittatura.
I guerriglieri che hanno combattuto sulla Sierra e chi li ha appoggiati nelle
città fanno i conti con le difficoltà del governare: nazionalismo e vaghe
aspirazioni di riforma sociale devono concretizzarsi in programmi, scelte,
alleanze. Il loro "comandante en jefe" chiede "poteri
sufficientemente ampi" da permettergli di agire con efficacia. Mese dopo
mese si avvia la radicalizzazione della rivoluzione che porta alle prime
nazionalizzazioni e poi a cozzare con le ripicche che vengono dalle imprese
degli Stati Uniti e dalla Casa Bianca, entrambi colpiti al cuore negli interessi
economici e politici.
Washington passa in poco tempo dalla neutralità alla preoccupazione
all'ostilità. In quel momento Guevara ricopre solo l'incarico di comandante
della Cabaña, il fortino dove aveva alloggiato i suoi uomini nel momento
dell'arrivo a L'Avana, ma si distingue per gli espliciti discorsi politici che
chiedono l'organizzazione stabile della rivoluzione e per la sua instancabile
attività.
Il 18 luglio 1959 il Consiglio dei ministri designa Osvaldo Dorticos Torrado
presidente della Repubblica. Una settimana dopo - in occasione di una
manifestazione per l'anniversario dell'assalto alla caserma Moncada di Santiago
di Cuba - Castro annuncia che riprenderà il suo incarico di primo ministro per
proseguire ulteriormente la rivoluzione (si era dimesso, con abile mossa tattica
per chiedere ulteriori poteri, il 17 luglio). L'investitura, a mo' di
plebiscito, avviene di fronte a una folla osannante che ascolta le sue parole di
fronte all'ex palazzo presidenziale nella vecchia Avana.
Guevara si ritaglia un ruolo particolare nell'accelerazione degli eventi. Più
di altri, avverte che lo scontro che divide l'isola e lo stesso Movimento 26
luglio ha bisogno di "memoria" e "teoria". La memoria può
venire dalla puntuale ricostruzione di tutto ciò che spiega la vittoria della
rivoluzione cubana e conferma la scelta della guerriglia come metodo di lotta,
formazione di un gruppo dirigente e primo embrione di un nuovo Stato. La teoria
può scaturire dall'analisi delle ragioni strutturali che hanno permesso la
vittoria della rivoluzione.
Il "Che" - esonerato in Argentina dal servizio militare a causa
dell'asma congenita - diventa così il primo "storico" di ciò che è
accaduto nell'isola dal 1956 al 1959 e il primo moderno teorico militare
dell'America Latina. Per lui, in quel momento, fare politica significa ripensare
ruolo e percorso della rivoluzione per affidare ai "barbudos" (in
questo modo venivano chiamati i guerriglieri dalle lunghe barbe cresciute sulla
Sierra) un'indiscussa centralità nella nuova situazione di Cuba.
"La guerra di guerriglia", primo libro compiuto di Guevara, viene dato
alle stampe nel 1960. Il volume è dedicato a Camilo Cienfuegos ("che
avrebbe dovuto leggerlo e correggerlo"), scomparso in mare con il suo aereo
nell'ottobre 1959 di ritorno da una missione a Camaguey, dove ha cercato di
ottenere la resa di Huberto Matos, uno dei comandanti della rivoluzione che
accusava Castro di lavorare in combutta con i comunisti. Guevara lo ha scritto a
tempo di record. Ha potuto farlo in virtù dell'abitudine ad annotare tutto ciò
che gli accade nei suoi diari.
Ha usato lo stesso metodo nei suo viaggi giovanili in America Latina, lo ha
ripetuto sulla Sierra Maestra, lo replicherà in Congo (1965) e poi nell'ultima
spedizione in Bolivia (1966-1967). Ed è probabile che tra i suoi inediti che
giacciono a L'Avana ci siano i diari dell'esperienza di presidente del Banco
nacional de Cuba e di ministro dell'industria, oltre che gli "appunti"
sulle sue letture economiche e filosofiche.
I punti teorici su cui ruota "La guerra di guerriglia" sono tre e
dichiarati sin dalla prima pagina: le forze popolari possono vincere una guerra
contro l'esercito; non si deve sempre aspettare che si creino tutte le
condizioni favorevoli alla rivoluzione, perché il "fuoco"
dell'insurrezione può crearle; nell'America sottosviluppata la lotta armata
deve partire dalle campagne.
I riferimenti ideali sono la Cina di Mao e l'Indocina di Ho Chi Minh. Lo sforzo
- si tratta quasi di un manuale - è quello di fornire utili cognizioni di
strategia militare a chi decidesse di replicare quanto accaduto a Cuba. Segue,
in successione, l'analisi socio-politica della figura del "guerrigliero e
riformatore sociale". Prende così forma la sua teoria della guerriglia.
Il "Che" fissa sulla carta alcune caratteristiche della propria
esperienza: la rivoluzione cubana ha vinto senza un partito, senza una base
sociale determinata, e sarebbe paradossalmente antimarxista se fosse giudicata
con i parametri del marxismo ortodosso. Per Guevara l'Esercito ribelle diventa
la base del nuovo potere rivoluzionario, il soggetto organizzato che sostituisce
il "partito" e stabilisce la continuità con gli obiettivi iniziali
della guerriglia.
In alcuni discorsi tenuti nelle prime settimane della rivoluzione vittoriosa
raccomanda di non sciogliere né la rete guerrigliera né la struttura
dell'esercito. Negli scritti successivi non dedica particolare attenzione ai
temi dell'organizzazione politica del movimento rivoluzionario. Per lui la
scelta guerrigliera è la risorsa da cui attingere una volta esaurite
"tutte" le occasioni di tradizionale lotta politica (nel 1963, nel suo
"Guerra di guerriglia: un metodo", la lotta armata è già delineata
senza alternative).
Nel 1961, quando pubblica un articolo dal titolo "Cuba: eccezione storica o
avanguardia nella lotta al colonialismo?", scoppia la polemica proprio
sulla possibilità o meno di estendere ad altri paesi la rivoluzione dei "barbudos"
(si discute anche della contrapposizione tra "città e campagna", che
segna una prima divisione tra chi ha combattuto sulla Sierra e chi nella rete
clandestina: la polemica era nata già durante la guerriglia sulla Sierra
Maestra). Guevara indica nella rivoluzione cubana un modello da seguire: la
lotta deve partire dalle campagne.
In queste prime fasi della "rivoluzione al potere" è Guevara ad
assumere il ruolo di colui che acuisce il dibattito e chiede una scelta netta
tra opzioni politiche differenti. Castro si limita - almeno in apparenza - a
seguirne la scia. Mentre avanza il confronto, il "Che" scrive e
riflette sulla ricerca di una strategia rivoluzionaria almeno continentale, se
non terzomondista.
Con "Rivoluzione nella rivoluzione?" di Regis Debray del 1967 il
guevarismo verrà portato all'estremo: la guerriglia va estesa ovunque; chi vuol
fare la rivoluzione deve seguire l'esempio cubano e escludere ogni alleanza con
le borghesie nazionali che sono il punto di riferimento dei partiti comunisti
filosovietici.
In appendice a "La guerra di guerriglia" c'è un interessante capitolo
dedicato all'analisi della situazione cubana a un anno dall'ingresso vittorioso
dei "barbudos" a L'Avana. Il "Che" non esclude possibili
tentativi d'invasione da parte degli Stati Uniti (che si verificheranno
puntualmente). Accenna alla priorità del "lavoro collettivo" (non
siamo ancora al "lavoro volontario", su cui insiste nel corso del suo
successivo incarico di ministro). Affida le chances della rivoluzione
all'esercito, ritenuto il baluardo che può affrontare gli imprevisti politici e
militari.
"Passaggi della guerra rivoluzionaria" (1963), altro importante
scritto del "Che", serve invece a dare memoria alla rivoluzione ormai
consolidatasi al potere. Si tratta della raccolta di frammenti, note di diario e
articoli scritti in epoche successive fin dal dicembre 1959: ricostruiscono
passo dopo passo tutte le vicende che dallo sbarco del Granma conducono alla
decisiva battaglia di Santa Clara. Il "Che", nel "Prologo",
sprona a fare altrettanto.
A condizione che chi scrive non dia troppo spazio al ruolo personale svolto
nella guerriglia o descriva cose che non ha visto e non ha fatto (anzi, deve
liberarsi dalla retorica come cerca di fare lui stesso, non dando troppo rilievo
al suo ruolo di "comandante del fronte occidentale").
Questi testi "storici", dallo stile di un reportage a puntate, restano
incisivi e ben scritti, dettati come sono da un'esperienza vissuta sul campo. E
sono pure la dimostrazione di come tra Guevara e Castro ci sia in quella fase
una divisione di attitudini tra uso della scrittura, voglia del racconto e della
teoria (in cui primeggia il primo) e uso della parola, del comizio e del mezzo
televisivo (in cui il secondo non ha rivali).
Ma "La guerra di guerriglia" e "Passaggi della guerra
rivoluzionaria" risentono del loro contesto e di finalità immediatamente
politiche, pur costituendo il primo approdo di un pensiero compiuto da parte del
"Che": non sono la sistemazione organica di una teoria. I primi anni
di permanenza a Cuba sono per Guevara una miscela impressionante di attivismo
frenetico e di riflessione politica su ciò che bisogna fare sull'isola e in
tutto il resto dell'America Latina.
Ernesto Guevara non è solo un guerrigliero e un uomo d'azione. Negli anni
vissuti a L'Avana (1959-1965) ricopre gli incarichi di responsabile
dell'Istituto nazionale per la riforma agraria (Inra), di presidente del Banco
nacional de Cuba e di ministro dell'industria, oltre che di instancabile
diplomatico in viaggio per il mondo con il compito di allacciare relazioni tra
la rivoluzione dei "barbudos" e la realtà internazionale.
Il "Che" partecipa intensamente - dalla posizione di uomo di governo -
alla prima fase della transizione cubana, quando alla cacciata del dittatore
Fulgencio Batista seguono nuove politiche sociali, economiche e statali. Solo
alla fine di questo percorso decide di riabbracciare la via della guerriglia,
prima in Congo (1965) e poi in Bolivia.
Tutto ciò rende la personalità di Guevara complessa e sfuggente ad ogni
giudizio definitivo. Chi fa prevalere il "mito" sull'indagine
biografica e sulla lettura dei suoi scritti, finisce per avvalorare l'immagine
di un "Che" inossidabile nelle proprie certezze, capace di sviluppare
teorie e scelte pratiche in perfetta linea di continuità e in una sorta di
evoluzione permamente.
Il "mito", in questi casi, viene descritto in evoluzione coerente fin
dagli anni della giovinezza. Le cose non stanno affatto così. Guevara muta
giudizi, rivede le sue scelte, si fa guidare dalla bussola degli eventi che
costringono a verificare nella pratica quanto si era teorizzato a tavolino.
Anzi, le sue elaborazioni più convincenti sono proprio le annotazioni sia
dell'uomo di governo che deve indirizzare la costruzione di una nuova società
che del diplomatico che scopre "dal vivo" cosa siano Unione Sovietica,
"socialismo reale" e alcune esperienze di emancipazione politica in
altri paesi del Terzo Mondo. Il suo pensiero e la sua vita sono un naturale
"work in progress", come dovrebbe essere per ognuno.
Nel giugno del 1959, a trentun anni, il "Che" lascia L'Avana per ben
87 giorni. E' la sua prima missione all'estero. Visita dodici paesi: Egitto,
India, Birmania, Thailandia, Malesia, Giappone, Indonesia, Ceylon, Pakistan,
Sudan, Jugoslavia e Marocco. Ne attraversa altri cinque: Hong Kong, Singapore,
Italia, Grecia e Spagna. Incontra, tra gli altri capi di Stato, Nasser in
Egitto, Sukarno in Indonesia, Tito in Jugoslavia. Spiega ai suoi interlocutori
le finalità della rivoluzione cubana e allaccia soprattutto relazioni
economiche.
Nelle settimane precedenti, il confronto politico a L'Avana è diventato
incandescente. Il Movimento 26 luglio radicalizza le sue scelte e Fidel Castro
si scontra con le posizioni moderate di gruppi e partiti che lo avevano
appoggiato, ma che ora cercano di mettere le briglie a una rivoluzione che non
si vuole fermare. In quel momento la presenza di Guevara nella capitale è
scomoda. Su di lui piovono le accuse di "comunismo".
Non piacciono a tutti i suoi primi discorsi in cui auspica che il movimento
guerrigliero si trasformi in "esercito popolare", in modo da
presidiare una "democrazia armata". Non piacciono a tutti i metodi
sbrigativi con cui lui e Raul Castro dirigono i processi e le fucilazioni di
molti sbirri dell'antico regime.
Il "Che" appare in quei primi giorni del 1959 spietato e determinato
nel suo ruolo di comandante della fortezza militare della Cabaña che orienta e
decide i verdetti dei processi e molte condanne a morte. Meglio allontanarlo
dalla capitale per un lungo periodo, pensa Fidel Castro. Quando vi fa ritorno,
gli equilibri politici dell'isola sono tutti spostati a favore di Castro e del
Movimento 26 luglio, anche se la dichiarazione sulla "natura
socialista" della rivoluzione viene esplicitata solo il 16 aprile 1961,
alla vigilia della tentata invasione mercenaria a Playa Girón. Lui, intanto, ha
provveduto a far conoscere nel mondo il perché della rivoluzione cubana e ha
siglato i primi rapporti economici.
Il 7 ottobre del 1959 per Guevara arriva il primo incarico di governo: viene
nominato responsabile del dipartimento per l'industrializzazione dell'Istituto
nazionale per la riforma agraria (Inra). Il 26 novembre gli giunge dal Consiglio
dei ministri la nomina a presidente del Banco nacional de Cuba (secondo alcune
ricostruzioni, Castro avrebbe chiesto in una riunione ristretta "Vi è un
economista tra voi?" e il "Che" avrebbe alzato la mano convinto
che la domanda fosse "Vi è un comunista tra voi?"). Lo stesso giorno
la rivista delle forze armate "Verde Olivo" pubblica un suo articolo
dal titolo "Jugoslavia, un popolo che lotta per i suoi ideali".
Nel 1960 Guevara visita ufficialmente
Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Cina e Corea del Nord. E' del 1960 anche la
famosissima foto di Alberto Korda che ritrae quel viso irato che ha fatto il
giro del mondo: il 4 marzo, a causa di un sabotaggio controrivoluzionario,
esplode nel porto dell'Avana la nave di carico francese La Coubre, oltre cento
le vittime; il fotogramma ritrae il "Che" il giorno seguente, mentre
partecipa ai funerali delle vittime. A colpire l'obiettivo di Korda è lo
sguardo sdegnato di quel rivoluzionario, mentre le autorità cubane accusano
quelle statunitensi di aver collaborato all'attentato.
La situazione diventa tesa a Cuba. In poche settimane sessantamila persone - per
lo più impiegati, professionisti, imprenditori - lasciano l'isola. Due mesi
dopo vengono stabilite le relazioni diplomatiche tra L'Avana e Mosca. Il 29
giugno arrivano a Cuba le prime petroliere sovietiche. Washington reagisce
rinunciando all'acquisto di gran parte dello zucchero di canna cubano. Jean-Paul
Sartre, che assieme a Simone de Beauvoir nel 1960, proprio nei giorni
dell'attentato a La Coubre, incontra a L'Avana il presidente della banca cubana,
annota in un suo articolo al ritorno a Parigi: "La guerra aveva formato
quel Guevara e gli aveva imposto la propria intransigenza; la rivoluzione gli
aveva istillato il senso dell'urgenza, della rapidità... Si credette di
individuare, già in seno al Consiglio dei ministri, una destra, una sinistra e
un centro e si considerò Guevara come qualcosa di temibile, un radicale
furibondo. Offrendomi un eccellente caffè nel suo ufficio mi disse: 'Prima di
tutto sono un medico, poi un soldato e infine, come lei vede, anche un
banchiere'".
Quella immagine scritta da Sartre ben descrive il ruolo di primo piano che
l'argentino ha ormai conquistato al vertice della rivoluzione. A riprova che il
"Che" rappresenta la sinistra della rivoluzione, il giorno dopo la sua
nomina a ministro dell'industria - secondo alcune ricostruzioni - subirà un
attentato mentre sta uscendo dalla sua casa nel quartiere di Miramar. Le sue
guardie del corpo danno vita a una strana sparatoria, mentre il neoministro
cambia casualmente il suo tradizionale tragitto con l'autovettura.
Un altro attentato viene sventato nei mesi successivi. Gli innumerevoli nemici
ormai lo definiscono "la pulce rossa nell'orecchio di Fidel". Il
filosofo francese ha ragione ad averlo tratteggiato come la "sinistra"
della giovane rivoluzione cubana.
Nel novembre 1960 Guevara parte per visitare alcuni paesi comunisti. Il 7 del
mese è a Mosca, dove partecipa alla commemorazione dell'anniversario della
rivoluzione russa. E' sul palco della Piazza Rossa accanto a Nikita Krusciov.
Poi va a Leningrado, Stalingrado, Praga, Pechino, Shanghai, Pyongyang, Berlino
est. L'obiettivo del viaggio è cercare nuovi partner commerciali per Cuba, dopo
che gli Stati Uniti hanno iniziato ad allentare le relazioni commerciali con
l'isola.
Ma per l'esponente del governo cubano quei viaggi costituiscono anche
l'occasione per vedere da vicino la realtà economica e sociale di quei paesi.
La sua adesione al comunismo ha l'opportunità di misurarsi con il
"socialismo reale". Il 23 febbraio 1961 Guevara viene nominato
ministro dell'industria (rifiuta immediatamente lo stipendio di mille dollari
per quell'incarico e resta con la paga di duecentocinquanta dollari per il ruolo
di comandante della rivoluzione). Entrano nel suo staff alcuni consiglieri
economici sovietici e cecoslovacchi.
Il "Che" dai suoi nuovi incarichi di uomo di governo avanza subito
un'ipotesi: non si avrà la piena indipendenza politica dell'isola se non
raggiungendo anche quella economica. I dati parlano chiaro: Cuba vive
prevalentemente sulla monocoltura della raccolta e del ciclo della coltivazione
dello zucchero. E' dipendente dall'esterno per materie prime, tecnologie,
prodotti di base. All'interno dell'isola non esiste un'industria di base.
Qui, secondo Guevara, affondano le radici della dipendenza economica e politica
dagli Stati Uniti. Decide così di aggredire il problema. Come presidente del
Banco nacional de Cuba vara un sistema bancario di Stato, unico e centralizzato,
che porta via via alla nazionalizzazione delle banche.
Stabilisce un procedimento di finanziamento dei singoli settori produttivi con
budget che devono trovare l'accordo del ministero delle finanze e di quello
dell'economia. Per questo obiettivo, fin dal giugno 1960 il "Che"
presenta un piano di industrializzazione che assume lo stesso sistema economico
di pianificazione già sperimentato in Cecoslovacchia.
Nasce di conseguenza la Giunta centrale di pianificazione che fa capo ai
ministeri economici. Si vara un "piano di sviluppo accelerato" che
deve concludersi nel 1964. In questa fase è proprio Guevara a rifarsi ai
modelli del "socialismo reale". Del periodo passato alla guida del
Banco nacional restano le banconote che recano la sua firma con la semplice
sigla "Che", un'irriverenza che serve a non dare molta importanza al
denaro.
I servizi segreti di Washington identificano in quell'argentino trapiantato a
L'Avana (gli è stata subito concessa la cittadinanza cubana) il personaggio che
sta favorendo la svolta filosovietica di Cuba. Quando Guevara assume l'incarico
di ministro, ha pieni poteri su tutto l'apparato industriale: scorte di
petrolio, miniere, meccanizzazione del lavoro agricolo. La sua scelta è quella
di favorire gli investimenti nei settori della chimica e dell'elettronica.
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