STORIA

EL CHE

 

 

Fu un politico? Un santo? Un Iniziato? Un "Uomo Nuovo"? Una vittima di Fidel Castro? Un esaltato? Un idealista? Un vero rivoluzionario? Un mito? Un cattivo padre di famiglia? Un ispiratore? Un sobillatore?

Tutto e di più....

 

CHE GUEVARA - Inchiesta su un mito: Nascita di un guerrigliero

 

 

Ernesto Guevara nasce il 14 giugno 1928 a Rosario, in Argentina. La famiglia vive a Puerto Caraguatay, nel territorio di Misiones, dove il padre possedeva una piantagione di yerba mate. A due anni il piccolo Ernesto contrae una grave forma di asma, di cui soffrirà tutta la vita. Proprio per questa ragione, i genitori nel 1932 si trasferirono a Cordoba. 

Nel 1945 Ernesto lascia la provincia per  Buenos Aires, dove si iscrive prima a Ingegneria, poi a Medicina. Iniziano i disagi economici della famiglia. Ernesto lavora per mantenersi agli studi, legge moltissimo, pratica diversi sports e viaggia intensamente. Durante le vacanze gira all'interno del paese e sulle Ande. Riesce, su di un cargo, ad arrivare fino all'isola di Trinidad, nel mare dei Caraibi.

Il 29 dicembre 1951 insieme all'amico Alberto Granado inizia in motocicletta (battezzata Poderosa II) un lungo ed avventuroso viaggio(descritto in modo particolareggiato nel suo libro Latinoamericana). Insieme percorrono l'Argentina, il Cile, il Perù, la Colombia ed il Venezuela. Visitano lo rovine di Machu Picchu e sostano a lungo presso il lebbrosario di San Pablo, nel Perù Amazzonico. Ernesto, dopo una puntata a Miami, a fine agosto del '52, rientra a Buenos Aires. Si laurea con una tesa sull'allergia ed esordisce brillantemente nella ricerca scientifica. Nel 1953 intraprende un nuovo viaggio attraverso la Bolivia, il Perù e l'Ecuador per raggiungere Granado in Venezuela.

In seguito ad un incontro con l'esule antiperonista Ricardo Rojo che gli parla della riforma agraria di Jacobo Arbenz, si dirige in Guatemala, dove giunge nel gennaio del '54. Qui vivrà la sua prima esperienza di una lotta polita aperta, tentando di reagire all'aggressione imperialistica contro il regime di Arbenz. Nel Guatemala conosce Hilda Gadea, militante peruviana, che diventerà sua moglie ed è un primo importante tramite per il suo approccio al marxismo. Sul finire del 1954, per sfuggire alla repressione, si rifugia in Messico. E nel Messico si imbatte nello stato maggiore dei rivoluzionari cubani. E' il 1955. Nella casa di Maria Antonia Gonzàlez, incontra Fidel Castro e si arruola come medico nella spedizione su Cuba organizzata dal Movimento 26 Luglio. Segue i corsi di teoria militare del generale Alberto Bayo, che aveva combattuto in Spagna dalla parte dei repubblicani.

Nel 1956 la piccola spedizione del Granma sbarca a Playa de las Coloradas. Ernesto è con Castro tra i pochi sopravvissuti che daranno inizio alla guerriglia sulla Sierra Maestra, nella provincia d'Oriente. Ben presto il medico volontario si integra a tutti gli effetti nella lotta armata, e ne diviene uno dei comandanti. La guerra di guerriglia si sviluppa senza soste per un biennio. Nel maggio 1958 Ernesto, che i compagni cubani chiamano "Che" fino dall'incontro in Messico, partecipa ad una riunione nazionale del Movimento 26 Luglio che si tiene in montagna. In agosto gli viene affidata una delle colonne di invasione che puntano sulla capitale; in dicembre vince la battaglia decisiva di Santa Clara. Il 1 gennaio 1959 la colonna del "Che" entra a l'Avana.  Immediatamente dopo Guevara diviene cittadino cubano per i servigi resi alla Rivoluzione. Ai primi di giugno sposa in seconde nozze Aleida March, militante del Movimento 26 Luglio, che aveva combattuto con lui sull'Escambray. Guevara sostiene la non smobilitazione dell'Esercito Ribelle, ovvero la prosecuzione della Rivoluzione. Sempre nel 1959, fra giugno e settembre compie un lungo viaggio alla testa di una delegazione cubana, che ha incontri al massimo livello in Egitto, India, Giappone, Indonesia, Ceylon, Pakistan, Yugoslavia e Marocco. Da questo momento e per alcuni anni i viaggi del "Che", come i suoi interventi sulle questioni della rivoluzione, della politica e dell'economia sono innumerevoli.

Il 26 Novembre 1959 viene nominato Presidente del Banco Nazionale. In tale veste capeggia, l'anno successivo, una delegazione commerciale nei cosiddetti Paesi Socialisti: Cecoslovacchia, Unione Sovietica, Cina, Corea e Repubblica Democratica Tedesca. Dal 23 Febbraio 1961 fino al 1965 è titolare del Ministero dell'Industria e quindi al centro delle questioni di pianificazione e sviluppo. Al Minind organizza un seminario sul Capitale. Affronta i problemi di organizzazione del lavoro. Nell'agosto '61 partecipa alla Conferenza dell'OSA che si svolge a Punta de l'Este; è a Montevideo, Buenos Aires e Brasilia, per contatti con i capi di stato e di governo dei paesi latinoamericani. Nel 1962 parlando al congresso della Centrale sindacale rivoluzionaria, lancia il programma dell'emulazione socialista. Dal 27 Agosto al 7 Settembre, subito primo dell'arrivo dei missili sovietici a Cuba, è a Mosca e si occupa dei problemi della difesa dell'isola. Nei primi giorni della crisi dei Caraibi (ottobre) scrive l'articolo "Tattica e strategia della rivoluzione latinoamericana", che sarà pubblicato postumo nel 1968. Per Cuba il 1962 è l'anno della pianificazione, il 1963 l'anno della organizzazione, il 1964 l'anno dell'economia. Guevara partecipa attivamente ai dibattiti che investono il Paese e le forze rivoluzionarie. Nel luglio '63 compie un importante viaggio in Algeria. L'anno successivo sarà in Europa, a Ginevra, per la conferenza dell'ONU sul commercio e lo sviluppo. Secondo viaggio ad Algeri e nuovi colloqui con Ben Bella. In Novembre è nuovamente a New York per l'assemblea generale dell'ONU. Negli ultimi giorni del 1964 è ancora in Algeria e da lì intraprende un importante viaggio nell'Africa nera. Nel 1965 tocca il Mali, il Congo Brazzeville, la Guinea Conacray, il Ghana e il Dahomey, prosegue per la Cina, passa per la Tanzania e torna ad Algeri per partecipare ad un seminario di solidarietà afro-asiatico, dove espone tesi radicali sui rapporti tra i paesi socialisti e paesi sottosviluppati. Dopo  una visita in Egitto e tre mesi di assenza, il  14 marzo torna a l'Avana. Lascia Cuba e dall'Aprile al Novembre del '65 è a capo di una missione di sostegno alle forze rivoluzionarie di Soumaliot dislocate nelle province orientali del Congo. A Cuba il 1966 è l'anno della solidarietà.  A l'Avana si svolge la Conferenza Tricontinentale che raccoglie rappresentanze dell'America Latina, dell'Africa e dell'Asia e non poche idee di Guevara. E' il tempo degli ultimi preparativi per la spedizione rivoluzionaria in Bolivia. Il 7 Novembre il "Che" raggiunge la fattoria prescelta come punto di riunione dek gruppo guerrigliero, nella provincia di Cordillera. Nel Marzo '67 si verifiano i primi scontri co le forze regolari. Il 13 Aprile i guerriglieri (in gran parte cubani e boliviani) sono costretti a dividersi in due piccoli gruppi: non riusciranno più a congiungersi. Il 7 Giugno il governo di La Paz dichiara lo stato di assedio. Alla fine del mese, sanguinosa repressione dell'esercito regolare nel bacino del Catavi, dove i minatori hanno dato via ad uno sciopero  rivoluzionario, pur non esistendo un legame organizzativo con la guerriglia.

Il 31 Agosto cade a Vado de Jeso il gruppo di "Joaquìn" e di "Tania". Il 26 Settembre anche il gruppo di Guevara cade in una imboscata a Valle Grande. L'8 Ottobre un forte reparto di rangers si scontra alla Quebrada del Yuro  con i restanti guerriglieri. Il "Che" è colpito da una raffica di mitragliatrice e viene catturato. Trasportato alla scuola di Higueras in elicottero verrà trucidato dopo poche ore, il 9 ottobre.

SE IO MUOIO NON PIANGERE PER ME. FAI QUELLO CHE FACEVO IO E CONTINUERO', VIVENDO IN TE. Che

Il primo mistero della vita di Ernesto Guevara riguarda la data di nascita.
Tutti i suoi biografi la fissavano al 14 giugno 1928 (qualcuno addirittura al 14 luglio), come del resto risulta dall'anagrafe di Rosario, Argentina.
In realtà le cose non stanno così, Jon Lee Anderson nella sua monumentale biografia del 1997 dal titolo "Che. Una vita rivoluzionaria" racconta un episodio che mette in discussione anche quella piccola certezza.
Celia de la Serna, la madre di Ernesto, avrebbe rivelato a una sua amica astrologa che suo figlio era nato il 14 maggio e che lei e suo marito, Ernesto Guevara Lynch, lo avevano registrato in ritardo per nascondere alle rispettive famiglie il fatto che il loro matrimonio si era svolto quando lei era già incinta di tre mesi.
Per questo, inoltre, subito dopo le nozze si erano trasferiti da Buenos Aires nella sperduta località di Misiones: per sfuggire alla curiosità dei parenti.
Quella confidenza sarebbe nata di fronte al quadro astrale sfavorevole per un Gemelli. Il "Che" - come sarebbe stato soprannominato soprattutto negli anni della guerriglia cubana - era invece un Toro testardo, passionale e deciso.
Grazie all'astrologia sua madre avrebbe quindi finito per rivelare la vera data di nascita di quello che sarebbe diventato il "guerrigliero eroico" per alcune generazioni di latinoamericani.
Le biografie ufficiali che si pubblicano a Cuba continuano tuttavia a far riferimento al 14 giugno. A chi dar credito?
Celia de la Serna e Ernesto Guevara Lynch si conoscono nel 1927. Lei è di nobili origini spagnole, ha vent'anni e una raffinata cultura. Lui ne ha ventisette, è pronipote di uno degli uomini più ricchi del Sudamerica e può contare su avi spagnoli (del Paese Basco) e irlandesi.
Quando i due si incontrano, Guevara Lynch ha investito il suo denaro in una società che fabbrica yacht. Il fidanzamento dura pochi mesi. Il matrimonio viene celebrato il 10 novembre 1927.
La decisione di trasferirsi nella località di Misiones, oltre alla gravidanza di Celia, viene presa perché in quella zona ci sono grandi coltivazioni di "yerba mate", la pianta della tipica bevanda argentina.
Guevara Lynch è certo di fare un buon investimento comprando con i soldi della moglie un grande appezzamento di terra.
Quando il parto è ormai imminente, i due decidono di trasferirsi a Rosario, una città portuale di trecentomila abitanti. E' lì che forse il 14 maggio, e non il 14 giugno come recita il certificato di nascita, vede la luce Ernesto Guevara.
La famiglia fa presto ritorno a Misiones per seguire gli affari della piantagione di "yerba mate", quindi si trasferisce a Buenos Aires. Nella capitale argentina nel dicembre del 1929 nasce Celia, la secondogenita.
Nel maggio del 1930 il "Che" viene colpito dall'asma, una malattia che diventerà cronica e che non lo lascerà più fino alla morte. Sua madre, imprudentemente, lo ha portato al mare in uno dei primi giorni dell'inverno argentino.
La notte stessa il bambino viene colto da una crisi di tosse che si trasforma in bronchite asmatica. La famiglia decide che non può tornare a vivere a Misiones, dove il clima umido sarebbe stato deleterio per il piccolo Ernesto, e di trasferirsi perciò nella capitale.
Nel maggio del 1932, a Buenos Aires, nasce Roberto, terzogenito dei Guevara. Ma sono le condizioni di salute di Ernesto a preoccupare i due coniugi che in quel periodo vivono tra Córdoba e la capitale argentina nel tentativo di aiutare la cura dell'asma del figlio.
E' per questo che alcuni amici suggeriscono alla famigliola di trasferirsi a Alta Gracia, una cittadina termale nei pressi della Sierra Chicas e di Córdoba. Il consiglio viene ascoltato. La residenza in quella località, durata undici anni, favorisce il recupero della salute di Ernesto.
Nel gennaio del 1934 nasce Ana Maria, seconda figlia dei Guevara. Guevara Lynch, nelle sue memorie, parla di quella fase come di un periodo di ristrettezze economiche, nonostante potesse contare sugli incostanti introiti della piantagione di Misiones. Ma i due coniugi ostentano sicurezza e frequentano la buona società che si riunisce periodicamente presso l'Hotel Sierras.
Solo nel 1941 Guevara Lynch ottiene un appalto per ingrandire il Sierra Golf: è l'unico lavoro retribuito di cui si abbia notizia negli anni passati a Alta Gracia.
Il piccolo Ernesto va a scuola dopo aver compiuto nove anni. Della sua istruzione fino a quel momento si è preoccupata la madre, che instaura con il figlio un rapporto particolare, fatto di tenerezze e scambi culturali che dureranno per sempre.
Le condizioni di salute del "Che" lo costringono a letto per lunghi periodi. Quello stato di isolamento favorisce la passione per la lettura, che viene interrotta solo dalle partite a scacchi con il padre. Le letture preferite, anche negli anni successivi, sono i libri di avventure di Emilio Salgari, Giulio Verne e Alexandre Dumas.
Il clima familiare non è idilliaco come potrebbe sembrare a prima vista; nonostante le incomprensioni, Celia e suo marito però decidono di non separarsi. Le testimonianze su Guevara bambino parlano di uno scolaro impertinente che vuole sempre mettersi al centro dell'attenzione e che ha una straordinaria capacità di apprendimento: è un modo per reagire alla malattia.
La famiglia Guevara ha idee liberali e un po' anticlericali (a scuola i figli sono esonerati dalle ore di religione). Il loro primo impegno politico si concretizza nel 1938, quando arrivano a Alta Gracia i profughi della Guerra civile spagnola (1936-1939). Tra questi ci sono i quattro figli di Juan González Aguilar, ministro della sanità della Repubblica spagnola.
Quel nucleo familiare simpatizza con i Guevara, che non nascondono la propria solidarietà con la lotta antifascista che si sta svolgendo in Spagna: Guevara Lynch contribuisce a fondare un comitato di aiuto alla Repubblica spagnola.
Papà Guevara aveva seguito con trepidazione anche la guerra tra Paraguay e Bolivia che si era svolta tra il 1932 e il 1935, motivata dalla richiesta del governo di La Paz di ottenere uno sbocco al mare per il proprio territorio.
Il piccolo Ernesto prova qualche curiosità per quello che accade dall'altra parte dell'Oceano e che si insinua nelle sue mura domestiche?
La politica non risparmia Alta Gracia, quando nel 1939 Adolf Hitler invade in rapida successione Austria, Cecoslovacchia e Polonia. Anche in quel caso Guevara Lynch sceglie l'antifascismo e organizza un gruppo di solidarietà con quanti combattono il nazismo.
Il piccolo Ernesto, a undici anni, fa parte del gruppo di ragazzi di quel comitato: vi è iscritto d'ufficio. Suo padre si dà un gran daffare per propagandare le idee contro la penetrazione nazista in Argentina, che può già contare su una consistente comunità tedesca stanziata a Cordoba.
Nel marzo 1942 Ernesto inizia a frequentare il liceo di Cordoba, presso il Colegio Nacional Dean Funes. Ogni mattina percorre trentasei chilometri in autobus. Un po' per quella ragione, un po' perché Guevara Lynch ha trovato un partner per formare un'impresa di costruzioni, l'intera famiglia si trasferisce a Córdoba, in Calle Chile 288, nei primi mesi del 1943.
Nel maggio di quell'anno nasce l'ultimo figlio dei Guevara, Juan Martín: è l'estremo tentativo di salvare un matrimonio scricchiolante da tempo. I testimoni dell'epoca parlano di un Guevara Lynch con la vocazione del playboy.
Ernesto inizia a praticare ogni tipo di sport: football, rugby, nuoto. Dedica tempo pure agli scacchi. I genitori non lo ostacolano, perché pensano che l'attività sportiva possa migliorare la sua salute cagionevole. Lui li ripaga cercando di eccellere in tutte le pratiche sportive.
A Córdoba il "Che" diventa amico di Tomás Granado, il figlio più piccolo di una famiglia spagnola. Poi del fratello maggiore, Alberto, studente di biochimica e farmacologia all'università e allenatore della squadra locale di rugby, della quale entra a far parte anche Ernesto. Alberto, molti anni dopo, dirà che di quel ragazzo lo avevano colpito le precoci letture: Freud, Baudelaire, Verlaine, Zola, Faulkner, Steinbeck, London e Neruda.
La loro amicizia non si incrina neppure quando Alberto viene arrestato per aver partecipato alle manifestazioni contro il golpe del generale Pedro Ramírez e Ernesto si rifiuta di partecipare alla protesta studentesca, sostenendo che sarebbe stata ininfluente ai fini di ciò che accadeva a Buenos Aires. Alberto Granado viene scarcerato nel gennaio del 1944, dopo due mesi di detenzione. La politica non sembra interessare granché il giovane Guevara.
E' in quel periodo che inizia l'ascesa del colonnello Juan Domingo Perón. Con lui prende forma in Argentina un peculiare "populismo" che raccoglie le istanze delle classi lavoratrici fino a quel momento prive di diritti. Guevara Lynch milita nell'Ación Argentina e aderisce al Comité pro De Gaulle di Córdoba, un gruppo che si batte contro l'invasione nazista della Francia.
Alla fine della Seconda guerra mondiale riceve un attestato di benemerenza firmato dallo stesso generale Charles De Gaulle. Ernesto segue l'impegno politico del padre come può fare un figlio. Solo una certa agiografia acritica può sostenere che in quegli anni avesse uno spiccato interesse per la politica e che la sua formazione si orientasse verso idee socialiste.
Del resto, manifestando la sua opposizione nei confronti di biografie prefabbricate e piene di lodi, nel giugno 1963, ormai noto in tutto il mondo scrive una lettera lapidaria al giornalista cubano Lisandro Otero: "Non mi occupavo di problemi sociali durante l'adolescenza e non partecipavo alle lotte politiche o studentesche dell'Argentina". Al liceo Ernesto è uno studente anticonformista e indisciplinato. Nel 1945, quando frequenta il quarto anno, riceve dal preside ben dieci ammonimenti.
Ma le pagelle sono buone e questo tranquillizza i suoi genitori. In quello stesso anno il "Che" inizia ad appassionarsi alla filosofia e a prendere appunti in un taccuino sulle sue letture filosofiche. In sette quaderni scrive una sorta di storia del pensiero filosofico dalle origini al marxismo.
Quelle annotazioni continuano anche nei dieci anni successivi e poi ancora quando diventerà un uomo di Stato a Cuba. Ad attrarlo è anche la "Storia contemporanea del mondo moderno" che in venticinque volumi fa bella mostrà di sé nella biblioteca paterna.
Nel 1946 Perón è ormai saldamente al potere a Buenos Aires. Qualche mese prima ha sposato Evita Duarte, una giovane attrice radiofonica che si conquista la simpatia popolare. E' l'ultimo anno di liceo e quello del diciottesimo compleanno per Ernesto. La sua iniziale vocazione sembra doverlo condurre a iscriversi alla facoltà di ingegneria. Ma poi opta per medicina, mentre l'intera famiglia decide di tornare a Buenos Aires quindici anni dopo il primo trasferimento.
Guevara Lynch è travolto dalle sue disavventure economiche: via via ha dovuto vendere tutte le sue proprietà. Gli affari non gli sorrideranno mai.
Finito il liceo, Ernesto va a lavorare in una società che costruisce strade (la Dirección de Vialidad di Córdoba).
E' lontano da casa, nel marzo 1947, quando gli giunge la notizia dell'agonia dell'amatissima nonna Ana Isabel, madre di suo padre.
Lui - quando le condizioni della donna sono ormai disperate - va a trovarla e le resta accanto nei diciassette giorni in cui si spegne a poco a poco. La sua morte lo getta nello sconforto. E' forse quell'agonia che induce il "Che" a rompere gli indugi e a iniziare gli studi di medicina. Cerca un lavoro presso la Clinica Pisani, diretta dal dottor Salvador Pisani che conduce ricerche contro le allergie.
Diventa assistente-ricercatore volontario e decide di specializzarsi anch'egli nel trattamento delle allergie.
I suoi genitori intanto comprano una casa in Calle Araoz a Buenos Aires, nei pressi del quartiere Palermo dove vive la buona borghesia. I rapporti tra i due coniugi continuano ad essere molto tesi, pur non portandoli alla definitiva decisione di separarsi. Nel corso del primo anno di università (1947) Ernesto fa la visita militare.
Viene esonerato grazie alla sua asma cronica. In quel periodo nasce la sua amicizia per la collega universitaria Berta Gilda Infante, detta "Titta", che è iscritta alla gioventù comunista argentina e insieme alla quale segue alcune lezioni presso il Museo delle scienze.
Il loro rapporto di scambio intellettuale - forse un amore non sbocciato - dura per molti anni ed è segnato da una corrispondenza fiume. Neanche nell'iniziale periodo universitario il "Che" brilla per le sue passioni politiche: legge, si informa, annota qualche osservazione dopo la lettura del "Manifesto del partito comunista" di Marx e Engels, ma niente di più.
Eppure nel 1950 Perón scioglie per decreto le opposizioni e trasforma il suo governo in un regime autoritario poggiato però su un'attenzione verso i ceti proletari dell'Argentina. Non ci sono tracce di simpatia o di antipatia per Perón da parte di Ernesto.
Lui predilige la medicina, la letteratura e passa giornate intere a studiare in biblioteca. Nel 1948 si innamora di Carmen Córdoba a cui dedica, nei fuggevoli incontri, la lettura delle poesie d'amore del poeta cileno Pablo Neruda.
Il primo gennaio del 1950 il "Che" parte per il suo primo viaggio all'interno dell'Argentina. Lo fa a bordo di una bicicletta dotata di un piccolo motore. La rotta è verso Córdoba, ma il suo obiettivo è dirigersi a San Francisco del Chañar, dove l'amico Alberto Granado lavora presso un lebbrosario e gestisce una farmacia.
I due decidono di proseguire insieme quel viaggio. Alberto ha una moto che si sarebbe incaricata di trascinare la bicicletta di Ernesto. Quest'ultimo inizia a scrivere un diario sulle sue avventure.
Ben presto Granado torna al suo lavoro nel lebbrosario. Guevara, invece, visita dodici province per un totale di quattromila chilometri percorsi.
Il viaggio desta la voglia di conoscenza di Ernesto, che inizia a programmare nuove escursioni. Ma la tensione dei preparativi viene interrotta dal primo serio innamoramento.
La passione scatta per María del Carmen Ferreyra, soprannominata Chichina, figlia di una delle famiglie più nobili di Córdoba. La incontra nella città, dove si reca con tutta la famiglia per partecipare al matrimonio di Carmen, una delle figlie di González Aguilar.
Chichina ha solo sedici anni. L'età non è un ostacolo per Ernesto, che se ne innamora perdutamente e vuole sposarla. L'opposizione della famiglia di lei è subito netta, nonostante il "Che" inizi a recarsi a Córdoba con puntualità cronometrica.
La frequentazione tra i due dura per l'intero 1950. Alla fine dell'anno Guevara non approfitta però delle vacanze per andare a Córdoba. Preferisce imbarcarsi come infermiere sulle navi di una compagnia petrolifera. Parte per il Brasile il 9 febbraio 1951 e trascorre in mare sei settimane.
Di Chichina chiede notizie ogni volta che telefona a casa, ansioso di sapere se ci sono delle lettere per lui giunte da Córdoba. A giugno torna agli studi universitari. Ha ventitré anni e gliene mancano due per raggiungere la laurea.
Afflitto dall'impossibilità di sposare Chichina, il "Che" accetta la proposta di Alberto Granado di progettare insieme un viaggio per il Sudamerica a bordo di una moto chiamata "La Poderosa II" (una vecchia motocicletta Northon di 500 cavalli di cilindrata).
Il 29 dicembre lasciano Córdoba e si dirigono a sud. Il 30 dicembre sono a Rosario, il 31 a Buenos Aires dove Guevara si commiata dalla famiglia. Partono il 4 gennaio 1952. Ernesto chiede all'amico di fare tappa sulla costa atlantica, a Miramar, dove Chichina sta trascorrendo le sue vacanze.
Vuole salutarla e forse dirle addio. Le regala un cagnolino di nome Come Back. Quella sosta dura otto giorni. La separazione - racconterà Granado - è struggente. Lo testimonia anche il diario di Ernesto: "Con il sapore agrodolce dell'addio mi sentii portare definitivamente da venti di avventure verso mondi che supponevo più strani di quanto si sarebbero rivelati. Più il tempo passava più mi piaceva, o amavo, la mia innamorata".
Lei gli affida quindici dollari e l'impegno a tornare indietro con una sciarpa.
Granado e Guevara trascorrono in viaggio quattro settimane prima di abbandonare l'Argentina. Poi raggiungono il Distretto dei laghi, nei pressi della Cordigliera che fa da confine con il Cile.
I soldi sono pochissimi e i due devono vivere di espedienti. Dal Cile procedono verso l'Isola di Pasqua: vogliono recarsi nel locale lebbrosario. Ma la moto fa le bizze, non resiste al peso dei due e dev'essere abbandonata lungo il percorso.
Giungono a Valparaiso, dove apprendono che per molti giorni non ci sono traghetti che fanno rotta per l'Isola di Pasqua. Decidono di imbarcarsi clandestinamente sulla San Antonio, una nave merci diretta ad Antofagosta. Quando si presentano al capitano, hanno la fortuna di essere accolti a bordo: a Guevara viene affidata la pulizia dei bagni, a Granado vengono assegnati i lavori di cucina.
Giunti ad Antofagosta, impossibilitati a proseguire via mare, dirottano verso la miniera di rame di Chuquicamata gestita da una multinazionale statunitense. Lì scoprono la dura condizione di lavoro dei minatori.
Il "Che" annota nel suo diario che il Cile è un paese potenzialmente ricco di risorse, ma che il suo futuro dipende dalla capacità di scrollarsi di dosso la dipendenza dall'economia degli Stati Uniti.
Un giornale cileno, dopo la loro partenza da Temuco, scrive nella cronaca locale: "Due argentini specialisti in lebbra percorrono il Sudamerica in motocicletta".
La tappa successiva è il Perù. Nel lebbrosario di Huambo hanno notizie del medico Hugo Pesce, che ne è il fondatore: vive a Lima e milita nel Partito comunista. Giungono nella capitale peruviana il primo maggio. Il loro viaggio è già durato quattro mesi.
Decidono di andare a trovare il dottor Pesce che li accoglie con simpatia e offre loro un alloggio presso un ospedale per lebbrosi. Quel medico si è laureato in Italia, dove ha incontrato il filosofo marxista José Carlos Mariategui. Guevara viene colpito dal modo con cui Pesce esercita la sua professione: si rende conto che un medico può avere un'utilità sociale. In quei giorni il "Che" viene assalito dai suoi tradizionali attacchi d'asma.
La corsa del viaggio riprende con l'attraversamento delle Ande. Da Iquitos decidono di recarsi nel lebbrosario di San Pablo, sulle rive del Rio delle Amazzoni, al confine tra Colombia e Brasile. Vi rimangono due settimane. Poi, a bordo di una zattera che viene regalata loro e che si chiama "Mambo-Tango" - hanno ballato quei ritmi a non finire nella festa di addio - si dirigono a Leticia dove Guevara firma un contratto per allenare la locale squadra di football per due settimane.
Da lì, a bordo di un aereo, volano a Bogotà. La capitale colombiana appare subito ai due inospitale e poco interessante. Quel paese vive l'onda lunga della protesta contro "el Bogotazo": la rivolta che segue l'assassinio di Jorge Eliécer Gaitán, leader del Partito liberale, avvenuto nell'aprile del 1948.
Da La Paz partono verso il confine con il Venezuela. Il 17 luglio arrivano a Caracas. Granado, grazie a una raccomandazione del dottor Pesce, va a lavorare in un lebbrosario nei pressi della capitale. Guevara decide di far ritorno in Argentina. "Aveva una sete furibonda di sapere: si guardava intorno, domandava, poi scaricava le conclusioni sugli altri", annota Granado.
Il "Che" vuole tornare agli studi e laurearsi in fretta per rendersi utile, dopo quello che ha visto gironzolando per il continente. "Dopo tanti mesi passati insieme, la separazione è dura. Entrambi stiamo nascondendo la tristezza che vela i nostri sguardi", scrive il suo amico. Ernesto prende un aereo che lo trasporta a Miami.
Da lì sarebbe ripartito alla volta di Buenos Aires. Una volta giunto in Florida, l'aereo ha un'avaria. La riparazione dura quasi un mese, durante il quale il "Che" ha la possibilità di rendersi conto di quanto sia diversa la situazione economica degli Stati Uniti rispetto a quella dei paesi dell'America Latina.
C'è il tempo per usare i quindici dollari affidatigli da Chichina e comprare una sciarpa che non le consegnerà mai.Quando Guevara torna in Argentina, il 31 agosto, Evita Perón è morta da pochi giorni di cancro, all'età di trentatré anni. I suoi funerali sono stati una commovente manifestazione di dolore popolare.
Per terminare gli studi in medicina a Ernesto restano quattordici esami. Alle spalle ha un viaggio che è stato una sorta di educazione sentimentale alla vita. Quel giovane non è più uguale a prima. Ha fretta di trovare il suo posto nella società e di rendersi utile come medico.
Nel novembre 1952, alla vigilia di un'importante sessione di esami, il "Che" si ammala. Contrae una malattia infettiva nella Clinica Pisani, dove è tornato a prestare la sua attività di assistente-ricercatore volontario. Nonostante l'infermità, supera tre esami. Studia e si prepara con foga. A dicembre ne supera dieci. L'ultima prova la svolge l'11 aprile 1953. Tutta la famiglia è felice, anche se Ernesto annuncia che sta progettando un nuovo viaggio.
Questa volta parte con Carlos Ferrer, un amico d'infanzia ribattezzato Calica. Il viaggio, con direzione Bolivia, inizia il 7 luglio a bordo di un treno. Dopo alcuni giorni giungono a La Paz.
Al potere c'è il Movimiento nacionalista revolucionario che ha dissolto l'esercito e nazionalizzato le miniere, inaugurando una politica democratica. I due fanno amicizia con Ricardo Rojo, un avvocato argentino che è dovuto emigrare per la sua militanza nell'Unión civica radicale, un'organizzazione antiperonista. Tutti insieme si rendono conto come la politica progressista del governo boliviano non piaccia a Washington.
La curiosità spinge Guevara e Calica a visitare le miniere di Balsa Negra, nei pressi di La Paz. "Il silenzio della miniera assale quelli come noi che non ne conoscono il linguaggio", annota il Che.
Anche qui è la dura vita dei minatori che vivono ai margini della società, pur producendo la ricchezza economica della Bolivia, a colpire Ernesto. I due si fermano a La Paz per oltre un mese. Poi partono verso il confine con il Perù. Dopo una deviazione per vedere Macchu Picchu, si dirigono verso Lima, dove vengono accolti nel locale lebbrosario di Guia e dal dottor Pesce.
Il 28 settembre arrivano in Ecuador. Guevara spera di trovare un lavoro, dopo che sua madre lo ha rassicurato di essere riuscita ad avere una raccomandazione presso il Presidente di quel paese, Velasco Ibarra. Riescono a incrociare il capo di Stato a Guayaquil, dove questi è in visita.
Ma il colloquio è deludente. Non riescono a incontrare il Presidente e parlano solo con il suo segretario. Dopo alcune settimane di dolce far niente, il "Che" decide di intraprendere la marcia verso il Guatemala. A convincerlo a partire ci pensa un nuovo amico, Gualo García.
Con la nave "Guayos" si dirigono a Panama. Qui Guevara scrive un articolo sull'Amazzonia che gli viene pagato venticinque dollari dal giornale "Panama-America". Poi, si parte alla volta del Costa Rica che grazie alla sua politica progressista ospita molti dirigenti della sinistra latinoamericana. Guevara ha la possibilità di incontrare Juan Bosch, leader del Partido democratico revolucionario della Repubblica dominicana, e Manuel Mora Valverde, dirigente del Partito comunista del Costa Rica. Si riparte attraverso Nicaragua, Honduras, El Salvador.
Guevara giunge a Città del Guatemala il 20 dicembre. Al potere è il governo progressista di Jacobo Arbenz, che ha messo fine al regime del latifondo in agricoltura e nazionalizzato alcune proprietà, tra cui quelle della statunitense United Fruit che gestiva le ferrovie.
La tensione con Washington, a causa di quella politica, è altissima. Nella capitale guatemalteca il "Che" incontra per la prima volta Hilda Gadea, una giovane peruviana sui trent'anni dai tratti somatici indios. E' una delle dirigenti in esilio dell'Apra (Partido alianza popular revolucionaria americana, un'organizzazione nazionalista del Perù in cui era presente un'ala di sinistra).
Si trova in Guatemala per collaborare con il governo di Arbenz. Tra i due nascono simpatia e attrazione. Guevara si identifica con quanto sta accadendo in Guatemala. Hilda gli fa conoscere molte personalità importanti di quell'esperimento politico e anche alcuni immigrati cubani, tra cui Antonio Nico Lopez.
Forse è proprio quest'ultimo ad affibbiare per la prima volta all'argentino il nomignolo di "Che", che vuol dire "ehi, tu", per il suo tipico intercalare.
Ben presto scopre con delusione che per esercitare la sua laurea di medico in quel paese straniero dovrà studiare medicina per un altro anno, anche se c'è solo un medico specialista come lui in allergie. L'incontro con Hilda si rivela decisivo per la formazione politica di Guevara: è lei che gli fa leggere in modo sistematico i primi testi marxisti, mentre lui le fa conoscere la filosofia e le teorie sulla psicanalisi di Freud e Jung.
E' sempre lei che lo aiuta di fronte alle ristrettezze economiche che sta attraversando. In una lettera alla madre annuncia che "se le cose andranno bene" ha intenzione di fermarsi in Guatemala per almeno "due anni".
La situazione politica precipita. Gli americani iniziano a progettare l'invasione del Guatemala per mettere in ginocchio il governo di Arbenz. Nel gennaio del 1954 tutti i piani sono pronti. Guevara lavora intanto al suo primo libro (alcuni capitoli vanno perduti), "Il ruolo del medico in America Latina", che contiene una spietata analisi della situazione sanitaria e una storia della medicina in quel continente dal colonialismo in poi.
Tutti i suoi amici, preoccupati per quanto può accadere in Guatemala, partono. Il suo unico ancoraggio resta Hilda, anche se il loro rapporto sentimentale è fluttuante.
A marzo la X Conferenza interamericana dell'Organizzazione degli Stati americani vota una mozione che autorizza gli interventi militari "in tutti gli Stati membri dominati dal comunismo" (la delegazione del Guatemala si schiera contro quella risoluzione, ma si astengono solo Messico e Argentina).
Guevara, sfiduciato per la sua situazione economica, annota nei diari che se ne sarebbe andato volentieri da un'altra parte, probabilmente in Venezuela, ma non sa come pagare la pigione della pensione che lo ospita. Poi cerca di ottenere un documento di residenza.
Deve però lasciare il paese temporaneamente per ottenere un nuovo visto di soggiorno. A maggio viene scoperto, nel porto guatemalteco Puerto Barrios, un carico di armi provenienti dalla Cecoslovacchia. E' il pretesto che Washington aspettava.
I primi scontri tra reparti dell'esercito e reparti addestrati dalla Cia si verificano proprio a Puerto Barrios. In quei giorni il "Che" si trova fuori dai confini del Guatemala, ma vi fa ritorno rapidamente. Il 2 giugno viene scoperto un complotto contro Arbenz. Il 17 giugno l'aviazione statunitense inizia a bombardare il paese, reo di aver intrapreso una politica "filocomunista".
Città del Guatemala si arrende il 3 luglio. Al potere sale Castillo Armas. Arbenz abbandona il paese. Guevara trova asilo presso l'ambasciata argentina. Hilda Gadea viene arrestata e successivamente scarcerata, dopo uno sciopero della fame. La repressione si abbatte su chiunque sia sospettato di aver collaborato con il precedente governo.
Il "Che" trascorre oltre un mese nell'ambasciata. Quando può tornare libero cerca di ottenere il permesso per recarsi in Messico. Hilda è in attesa di un visto per tornare in Perù. I due sembrano doversi separare per sempre: il destino li allontana.
Guevara parte a metà settembre. L'obiettivo è il Messico, dove Arbenz sta raggruppando i suoi sostenitori. Città del Messico è in quel periodo una città ricca di attività culturali dove il Partido revolucionario institucional del presidente Lazaro Cardenas assicura un clima democratico.
Il "Che", nelle lettere inviate alla madre in quel periodo, si dice ancora confuso su quello che vuole fare della propria vita. Intanto chiede a Celia di aiutare i profughi guatemaltechi che si recano a Buenos Aires.
A Città del Messico, dove giunge il 21 settembre, avviene il rincontro con Nico Lopez, uno dei suoi amici cubani. Questi gli parla dell'imminente arrivo di Fidel Castro, di Raul Castro e di altri militanti del Movimento 26 luglio che hanno dato l'assalto al quartier militare del Moncada a Santiago di Cuba con l'obiettivo di avviare una rivoluzione.
Un'amnistia potrebbe liberarli da un momento all'altro. L'intenzione di quel gruppo è di fare proprio del Messico il luogo d'appoggio per riorganizzare la lotta contro il governo del militare Fulgencio Batista.
A coordinare le attività dei cubani

in Messico ci pensa Maria Antonia González. E' in questo periodo che probabilmente avviene la scelta politica definitiva di Guevara, che già in Guatemala aveva iniziato a simpatizzare per le posizioni della sinistra.
In alcune lettere indirizzate alla madre rivela le sue convinzioni: ormai può dirsi comunista. Il 27 maggio, in una di quelle missive, sostiene che qualcosa potrebbe attirarlo verso L'Avana e le sorti di quella rivoluzione. Il primo incontro tra Fidel Castro e il "Che" avviene alla fine di giugno 1955, nella casa di Maria Antonia González.
Hilda, nelle sue memorie, sostiene che i due si vedevano quasi ogni giorno e che fraternizzarono immediatamente. Del resto, Guevara scrive nei suoi diari: "E' stato un evento politico incontrare Fidel Castro, il rivoluzionario cubano: un ragazzo intelligente, molto sicuro di sé e di straordinario coraggio: penso che tra noi ci sia una simpatia reciproca". Nella stessa estate decide di sposarsi con Hilda, che nel frattempo è rimasta incinta.
Il matrimonio avviene il 18 agosto 1955 a Tepotzotlan, una località alle porte della capitale. I testimoni sono Lucila Velasquez, Jesus Montané Oropesa, uno dei segretari di Castro, e due colleghi di Ernesto dell'ospedale dove presta il suo lavoro volontario di medico.
Alla cerimonia è presente anche Raul Castro, ma non Fidel, pedinato dalla polizia americana e dalle spie del regime di Batista. Guevara comunica il matrimonio ai genitori a cose fatte: "Mi immagino la sorpresa che sarà stata per voi ricevere questa bomba così esplosiva e comprendo la quantità di interrogativi che vi avrà provocato. Avete ragione nel lamentarvi del fatto che non via abbiamo avvertito nel momento in cui celebravamo il nostro matrimonio. Ci è parso più prudente fare così, data la quantità di difficoltà in cui ci troviamo".
Hilda partorisce il 15 febbraio 1956. Dà alla luce una bambina: Hilda Beatriz (è morta a L'Avana nel 1995). Il padre ironizza sui suoi tratti somatici che assomigliano a quelli della madre: "La mia anima comunista si espande: è venuta fuori uguale a Mao Tse Tung".
Intanto fervono i preparativi per un ritorno a Cuba del manipolo di militanti del Movimento 26 luglio. Il gruppo prepara la sua strategia e si addestra militarmente. Il 6 luglio, in una lettera, Guevara annuncia ai genitori che il suo destino è legato a quello della rivoluzione cubana: "Un po' di tempo fa, un giovane leader cubano mi ha invitato a entrare nel suo movimento, un movimento armato che vuole liberare la sua terra, e io ho accettato".

 

Il "Che" è ormai un uomo politicamente maturo che segue con trepidazione le vicende argentine. Nel settembre 1955 Perón viene deposto in Argentina e costretto all'esilio. Il 24 settembre Guevara, in una lettera alla madre, si esprime su quegli avvenimenti svelando la sua posizione nei confronti del controverso "peronismo": "Ti confesso con tutta sincerità che la caduta di Perón mi ha profondamente amareggiato; non per lui, ma per quello che significa per tutta l'America Latina, perché suo malgrado e nonostante il forzoso tentennamento degli ultimi tempi, l'Argentina era il paladino di tutti noi che pensavamo che il nemico stesse al nord. Per me, che ho vissuto le amare ore del Guatemala, si è trattato di un calco a distanza".
A novembre, in una lettera alla sua amica Tita Infante, Guevara scrive che sta leggendo assiduamente le opere di Marx e Engels. Poi rivela che forse la sua vita matrimoniale si può rompere definitivamente: "Mia moglie sta per partire per il Perù, dove visiterà la sua famiglia che non vede da otto anni. C'è certamente dell'amarezza in questa rottura, dal momento che lei è una compagna leale e la sua condotta rivoluzionaria è stata irreprensibile.
Ma le nostre divergenze spirituali sono molto forti e io vivo con questo spirito anarchico che mi fa sognare orizzonti dal momento che ho 'la croce delle tue braccia e la terra della tua anima', come diceva Pablito" (il riferimento è a una poesia di Pablo Neruda). I preparativi per trasferirsi a Cuba sono ormai nella fase finale.
Gli anni Cinquanta e Sessanta imprimono radicali novità sulla scena internazionale. Il centro del mondo, per la prima volta, sembra spostarsi a sud.
In Europa e in Occidente continua a soffiare il vento dell'ottimismo post-Seconda guerra mondiale: "ricostruzione", "boom economico", rinnovamento degli stili di vita, pace ritrovata nonostante la "guerra fredda" tra Stati Uniti e Unione Sovietica. John Fitzgerald Kennedy, Nikita Krusciov, Willy Brandt, Giovanni XXIII, Brigitte Bardot e Beatles sono nomi che contraddistinguono un'epoca e indicano la voglia di cambiare politica, religione, costume, musica.
Ma a Sud, per la prima volta, crescono le ansie di indipendenza e autonomia: movimenti nazionalisti e di liberazione chiedono la fine del colonialismo, del predominio di un paese sull'altro e delle politiche economiche dipendenti.
Dopo la rivoluzione cinese del 1949 guidata da Mao Tse Tung e la Guerra di Corea che durerà dal 1950 al 1953, tocca a Cuba, Algeria, Vietnam infiammare le speranze di riscatto. In Africa, Asia e America Latina cresce la febbre dell'indipendenza. Tre interi continenti sono in subbuglio, se non addirittura in rivolta.
I primi giorni del 1959 le notizie che giungono da L'Avana non turbano le Cancellerie di Washington e Mosca. In quel piccolo paese prevale una rivoluzione in sintonia con la stragrande maggioranza dei cubani che mal sopportavano la dittatura di Fulgencio Batista, il sergente salito al potere nel 1952 con un colpo di Stato e rimasto in sella grazie alla compiacenza degli Stati Uniti.
La Casa Bianca, spinta dagli eventi, ritiene inevitabile la fine dei vecchi equilibri di governo dell'isola e segue via via con distacco quanto avviene a Cuba nel triennio 1956-1959. Il Cremlino - almeno in apparenza - non si occupa delle vicende di una rivoluzione dal sapore nazionalista, per giunta collocata a pochissimi chilometri dalla Florida.
Il mondo è rigidamente diviso in due: da una parte ci sono i paesi che orbitano nella sfera degli Stati Uniti, dall'altra ci sono quelli che sono legati all'Unione Sovietica. L'America Latina è tradizionalmente il "cortile di casa" di Washington. Rompere quella suddivisione è un'eccezione, non la regola.
Cuba, in quel momento, appare agli osservatori della diplomazia internazionale un'isola imperscrutabile. E' diventata indipendente dalla Spagna solo nel 1898. Ha subito negli anni successivi una sorta di protettorato da parte degli Stati Uniti. Dagli anni Trenta in poi ha conosciuto una serie quasi ininterrotta di governi autoritari. L'estrema povertà delle campagne convive con la ricca borghesia dello zucchero e del tabacco formatasi nel corso del dominio spagnolo.
L'Avana è anche un luogo mitico nei racconti di viaggio di Ottocento e inizio Novecento: tra i porti più importanti del mondo, tra le città dell'America Latina dalla vita culturale più intensa e vivace. E a Cuba - prima che in molti paesi europei, compresa l'Italia - arrivano prestissimo i treni su rotaia e, agli inizi degli anni Cinquanta, la televisione, anche quella a colori: gli Stati Uniti hanno infatti usato l'isola come luogo di sperimentazione tecnologica, oltre che come meta di turismo, sale da gioco e sesso a pagamento (la moda si era intensificata negli anni del "proibizionismo" americano). Washington considera l'isola più grande delle Antille come un suo territorio oltre confine.
All'inizio si sa ben poco dei programmi di quel gruppo di guerriglieri che, sbarcati a Cuba il 2 dicembre 1956 a bordo di un'imbarcazione denominata Granma, sono sopravvissuti in una dozzina a una spietata repressione (qualcuno scriverà "come gli Apostoli di Gesù Cristo", contribuendo alla leggenda) e poi si sono riorganizzati sulla Sierra Maestra, dove dopo due anni di combattimenti hanno dato scacco a esercito e aviazione.
A guidarli è Fidel Castro, ex leader studentesco dell'Università dell'Avana, avvocato di belle speranze e dalla sperimentata arte oratoria, che il 26 luglio del 1953 - richiamandosi a José Martl, eroe della guerra d'indipendenza contro la Spagna - aveva tentato di assaltare la caserma Moncada di Santiago di Cuba.
Sopravvissuto con pochi altri allo scontro con i militari, era stato arrestato e condannato a quindici anni di carcere alla fine di un processo nel quale si era difeso da solo pronunciando un'interminabile arringa. Un'amnistia lo aveva liberato il 15 maggio 1955. Castro prendeva contatto con gli esuli cubani a New York al fine di lanciare una sottoscrizione per il suo Movimento 26 luglio e conquistare una certa benevolenza nell'opinione pubblica democratica degli Stati Uniti.
Poi faceva rotta verso il Messico per iniziare l'addestramento militare di un manipolo di uomini e tentare l'avventura del ritorno in patria e della sfida decisiva al governo di Batista.
I preparativi non sono facili. Il 20 giugno 1956 Fidel Castro viene arrestato a Città del Messico. La polizia accusa lui e i militanti del Movimento 26 luglio di progettare con i comunisti cubani e messicani l'assassinio di Batista: Cuba chiede la loro estradizione.
In pochi giorni vengono arrestati quasi tutti coloro che avevano collaborato con Castro, tra i quali Guevara e sua moglie Hilda (Fidel usava il recapito di quest'ultima per la corrispondenza clandestina).
Castro si difende dalle accuse segnalando il pieno accordo con Eduardo Chibas, leader del Partito ortodoxo e anticomunista dichiarato. Guevara, per i suoi precedenti viaggi in America Latina, viene indicato come il probabile trait d'union tra il Movimento 26 luglio e le centrali del comunismo internazionale.
Castro viene liberato il 24 luglio: l'accordo con le autorità prevede che lasci il Messico entro due settimane. Guevara viene liberato a metà agosto. Anche per lui vale la stessa clausola: deve abbandonare il paese. Fidel ha deciso di aspettarlo prima di decidere il da farsi. L'intero gruppo del Movimento 26 luglio si disperde sul territorio messicano.
A fine settembre si accelerano i preparativi del ritorno a Cuba. Castro acquista il Granma, uno yacht di proprietà dell'americano Robert Erickson che svendeva anche la propria casa a Tuxpan. Il prezzo pattuito è di quarantamila dollari per l'uno e l'altra.
Intanto crescono i dissapori tra Fidel e il Partito socialista popolare cubano (il locale partito comunista), contrario a intraprendere la lotta insurrezionale. Nella notte del 24 novembre il Granma salpa alla volta di Cuba: a bordo ci sono ottantadue uomini, molti di più di quanti ne possa contenere quell'imbarcazione.
Guevara viene arruolato come medico con il grado di tenente. Prima di partire invia una lettera alla madre che ha il sapore di un possibile addio. E' consapevole che la morte può raggiungerlo da un momento all'altro.
La spedizione si rivela un fallimento dal punto di vista militare. Castro fa sapere a Frank Pais, il dirigente del Movimento 26 luglio a Santiago di Cuba, che il Granma sarebbe sbarcato a Playas las Coloradas il 30 novembre. Per quella data Pais si impegna a organizzare manifestazioni di protesta nella capitale orientale dell'isola.
Ma lo yacht con a bordo gli ottantadue uomini sbaglia rotta e subisce dei ritardi a causa delle condizioni atmosferiche: tocca la costa cubana solo il 2 dicembre, quando la polizia ha già represso la protesta di Santiago. Esercito e aviazione sono intanto nella zona di Niquero, dove è avvenuto lo sbarco.
Il 5 dicembre l'esercito sorprende i rivoluzionari nella località di Alegria de Pio: è una strage. Si salvano in quindici, che si dividono per sfuggire ai militari. Tra i superstiti c'è pure Gino Doné Paro, un ex partigiano italiano che da Cuba si era unito al drappello rivoluzionario in Messico: riesce a raggiungere Santa Clara per partire alcuni mesi dopo alla volta degli Stati Uniti.
A L'Avana il governo di Batista è convinto di aver stroncato l'insurrezione e che tra i morti possa esserci anche Fidel Castro. I giornali messicani danno l'annuncio che la stessa sorte è toccata a Guevara.
Il Movimento 26 luglio, come era avvenuto nel 1953 nel tentativo di assalto alla caserma militare Moncada di Santiago, sembra condannato alla sconfitta. Sarà un'intervista concessa al corrispondente del "New York Times" Herbert Matthews nel febbraio del 1957 a rivelare all'opinione pubblica cubana e internazionale che il "comandante en jefe" Fidel Castro è ancora vivo e sta riorganizzando il suo movimento in una vera e propria guerriglia lungo i tornanti e la foresta della Sierra Maestra.
La notizia dello scontro a fuoco a Alegría de Pio giunge ben presto a Hilda Gadea e ai genitori di Guevara. Per alcuni giorni non riescono a verificare se anche il "Che" sia tra le vittime. Ernesto, invece, è riuscito a salvarsi: ha solo una leggera ferita al collo. Il 31 dicembre i coniugi Guevara ricevono un biglietto firmato Tete (uno dei nomignoli usati da Ernesto quando era bambino) che li rassicura: "Cari vecchi, ne ho consumate solo due e me ne restano cinque.
Sto lavorando alle stesse cose, le notizie sono sporadiche e continueranno a esserlo, però abbiate fiducia che Dio sia argentino. Un abbraccio a tutti". Tete si paragona a un gatto dalle sette vite. La notizia viene subito trasmessa a Hilda, che decide di recarsi a Buenos Aires con sua figlia per conoscere i suoceri. E' lei che deve spiegare a Celia de la Serna e a Guevara senior cosa ha indotto il "Che" a partire per l'avventura cubana: il loro figlio è ormai diventato un uomo politico e d'azione; l'incontro con gli esuli cubani lo ha trasformato definitivamente.
Ernesto viene nominato "comandante del fronte occidentale" il 12 luglio 1957. Fino a quel momento si è distinto per le sue doti militari e organizzative, svolgendo contemporaneamente il ruolo di medico della spedizione.
Un mese dopo l'esercito cerca di stroncare la riorganizzazione dei guerriglieri nella Sierra Maestra: l'offensiva viene respinta e i militari da quel momento in poi si limitano a circoscrivere l'attività degli uomini di Castro in una sorta di cerchio dal quale non possono uscire. Ma il Movimento 26 luglio riesce a ottenere l'adesione dei contadini, mentre le sue cellule clandestine si organizzano in tutte le città cubane.
Il 9 aprile 1958 viene proclamato uno sciopero per sostenere i guerriglieri. L'iniziativa fallisce per le incomprensioni con il Partito socialista popolare, che resta contrario all'uso della guerriglia come metodo di lotta, e per la nascita di due tendenze all'interno del movimento rivoluzionario: la "sierra" e il "llano", che privilegiano rispettivamente l'azione sulle montagne e quella nelle città.
Tutto il 1958 è un susseguirsi di successi per il Movimento 26 luglio che invertono la tendenza dell'anno precedente. La rivolta contro il governo di Batista acquista via via sempre maggiore consenso.
 Anche gli Stati Uniti iniziano a convincersi che forse è meglio non opporsi al cambio della guardia a L'Avana: meglio puntare a un successivo condizionamento di Castro che sostenere un regime ormai indifendibile. E' lo stesso giudizio che induce il Partito socialista popolare a cambiare atteggiamento e a sostenere con più convinzione le azioni del Movimento 26 luglio.
Alcuni dei suoi dirigenti vanno sulla Sierra Maestra per siglare un patto di collaborazione con Castro. La storia di quei mesi è una miscela di sapienza politica da parte di Castro e di fortunate vicissitudini sul piano militare. Questi fattori non avrebbero comunque significato molto se alla base di tutto non ci fosse stata la crisi irreversibile del regime di Batista.
Nella primavera del 1958 Guevara concede un'intervista a un giovane giornalista argentino, Jorge Ricardo Masetti. Quest'ultimo ha per lui una lettera di presentazione firmata da Ricardo Rojo, vecchia conoscenza del "Che". Masetti torna in Argentina con un nastro registrato in cui il comandante rivoluzionario saluta la sua famiglia e con un'intervista nella quale Guevara sostiene che "dal punto di vista politico, Fidel e il suo movimento potrebbero essere definiti dei rivoluzionari nazionalisti".
Poi aggiunge: "Siamo contro gli Stati Uniti perché gli Stati Uniti sono contro i nostri popoli. La persona che più tiene all'etichetta di comunista sono io".
E' nella guerriglia che cresce l'amicizia e la stima tra Guevara e Camilo Cienfuegos. Sono loro che negli ultimi giorni di dicembre 1958 dirigono l'offensiva decisiva verso la regione di Las Villas, che ha la propria capitale a Santa Clara, nel centro dell'isola.
Un mese prima c'era stato l'incontro tra il "Che" e Aleida March, ventiquattro anni, dirigente del Movimento 26 luglio nella cittadina di Santa Clara. Tra i due nasce ben presto un flirt destinato a durare. Dopo la conquista di quella località, iniziata il 29 dicembre (l'esercito di Batista si arrende dopo i primi scontri), Guevara e Cienfuegos ricevono da Fidel l'ordine di marciare verso L'Avana.
La notte di Capodanno Batista comunica ai suoi collaboratori la decisione di lasciare l'isola: lo fa alle tre del mattino del primo gennaio. Il giorno dopo il "Che" si dirige verso la capitale cubana insieme a Cienfuegos. Il primo è rude e scostante, il secondo usa il tipico umore cubano per ironizzare sulla vita di guerrigliero. I due diversi caratteri si saldano in un rapporto profondo.
Quando Castro arriva a L'Avana l'8 gennaio del 1959 - dopo aver attraversato tutta l'isola, partendo da Santiago di Cuba - è solo il "comandante in capo" dell'Esercito ribelle, ma il suo nome è diventato popolarissimo in ogni angolo di Cuba.
Intorno a Castro e al suo movimento si sono coalizzati il Partito socialista popolare (Psp) d'orientamento comunista e il Directorio, il gruppo formato prevalentemente da studenti e intellettuali che nel marzo 1957 aveva tentato l'assalto al palazzo presidenziale di Batista a L'Avana.
Castro, in interviste e dichiarazioni dalla Sierra Maestra, si era limitato a parlare di libertà e giustizia sociale. Più volte aveva rifiutato l'etichetta di "comunista", delimitando i rapporti con il Psp all'unità raggiunta nella fase finale della guerriglia, dopo non pochi dissensi sui metodi di lotta per spodestare la tirannia di Batista.
La rivoluzione del Movimento 26 luglio, nel momento della vittoria, chiede la fine di ogni interferenza nella vita politica dell'isola. Solo in seguito diventerà in modo convinto anti-Stati Uniti, individuando in quel paese chi vuole perpetuare il neocolonialismo economico e politico su America Latina e Terzo Mondo.
Ernesto Guevara e Camilo Cienfuegos sono i primi comandanti della rivoluzione a entrare a L'Avana nel Capodanno del 1959. Il secondo è un cubano di umili origini, che era dovuto emigrare negli Stati Uniti, dove aveva fatto il cameriere per tirare a campare: in combattimento si è guadagnato gloria e popolarità.
Ma a incuriosire e affascinare è soprattutto il primo. Guevara è argentino, non ha mai messo piede a Cuba prima della spedizione del Granma. E' il più politicizzato di tutti e l'unico ad aver letto alcuni classici del marxismo.
Solo Raul Castro, fratello minore di Fidel, "comandante del fronte orientale" della rivoluzione, nutre simpatie dello stesso tipo per la precedente adesione alla gioventù comunista e un viaggio nei paesi dell'Est. Castro senior appare un politico pragmatico, non ideologico,frutto dei movimenti nazionalisti cubani: è stato leader delle lotte studentesche a L'Avana, avvocato brillante e militante del Partito otodoxo, ma è indefinibile dal punto di vista della sua visione politica.
L'arrivo a L'Avana di Guevara non fa che consacrare il suo ruolo di leader del Movimento 26 luglio, anche se il "líder maximo" resta Castro. Al "Che" spetta il compito di prendere in consegna la città. Lo fa insediando il suo quartier generale a La Cabaña, l'antico fortino sul mare collocato all'entrata della baia della capitale che ha ospitato spagnoli, inglesi e chiunque abbia controllato l'accesso via mare alla capitale.
Il 9 gennaio giungono a L'Avana - insieme a molti profughi cubani - anche i genitori di Guevara con Celia e Juan Martín, i fratelli più piccoli del "Che" (Roberto e Ana Maria, gli altri due, rimangono a Buenos Aires): ad attenderli all'aeroporto José Martí c'è proprio il comandante del fronte occidentale che non vedevano da sei anni. Ha la divisa da militare e un mitra sulla spalla.
Vengono ospitati all'Hotel Hilton, il grande albergo dove abita anche Castro. Papà Guevara annota nel suo diario: "Era difficile per me riconoscere l'Ernesto di casa, l'Ernesto normale. Un'enorme responsabilità sembrava pesare sul suo futuro. Era cosciente della sua personalità e si stava trasformando in un uomo la cui fede nel trionfo dei propri ideali raggiungeva proporzioni mistiche".
A fine gennaio giunge a Cuba anche Hilda Gadea con la figlioletta di tre anni, Hildita. La prima moglie di Guevara scrive nelle sue memorie: "Col solito candore che lo caratterizzava, Ernesto mi disse subito che aveva un'altra donna, conosciuta durante la campagna di Santa Clara. Per me fu un grande dolore, ma seguendo le nostre convinzioni, entrambi ci accordammo per il divorzio".
Dopo il divorzio, il "Che" sposa Aleida March che gli fa da segretaria mentre Hilda Gadea decide di restare a Cuba.La cronologia delle settimane che seguono quei primi giorni del 1959 è frenetica.Scricchiolano immediatamente la presidenza della Repubblica di Manuel Urrutia, giurista dalle idee liberali rientrato a L'Avana dall'esilio il 5 gennaio, e la nomina a primo ministro di José Miro Cardona, presidente dell'Ordine degli avvocati dell'Avana e uno degli uomini politici più filoamericani dell'opposizione a Batista.
Nel primo governo post-Batista i guerriglieri del Movimento 26 luglio possono contare solo su una manciata di ministri (Faustino Perez, Augusto Martínez Sánchez, Humberto Sori-Marín, Armando Hart). Castro accetta quella soluzione, perché non vuole accentuare subito l'ostilità di Washington nei confronti della rivoluzione.
Ma presidenza della Repubblica e governo sono travolti dagli eventi e da chi chiede alla rivoluzione di non fermarsi. Oltre due anni di lotta sulla Sierra Maestra non possono consegnare l'isola alla borghesia illuminata.
Il 16 febbraio Castro accetta l'incarico di primo ministro e dichiara che "la rivoluzione continua". Prepara la riforma agraria (il primo provvedimento del suo governo) e rinvia le libere elezioni che aveva annunciato si sarebbero svolte nella Cuba liberata dalla dittatura.
I guerriglieri che hanno combattuto sulla Sierra e chi li ha appoggiati nelle città fanno i conti con le difficoltà del governare: nazionalismo e vaghe aspirazioni di riforma sociale devono concretizzarsi in programmi, scelte, alleanze. Il loro "comandante en jefe" chiede "poteri sufficientemente ampi" da permettergli di agire con efficacia. Mese dopo mese si avvia la radicalizzazione della rivoluzione che porta alle prime nazionalizzazioni e poi a cozzare con le ripicche che vengono dalle imprese degli Stati Uniti e dalla Casa Bianca, entrambi colpiti al cuore negli interessi economici e politici.
Washington passa in poco tempo dalla neutralità alla preoccupazione all'ostilità. In quel momento Guevara ricopre solo l'incarico di comandante della Cabaña, il fortino dove aveva alloggiato i suoi uomini nel momento dell'arrivo a L'Avana, ma si distingue per gli espliciti discorsi politici che chiedono l'organizzazione stabile della rivoluzione e per la sua instancabile attività.
Il 18 luglio 1959 il Consiglio dei ministri designa Osvaldo Dorticos Torrado presidente della Repubblica. Una settimana dopo - in occasione di una manifestazione per l'anniversario dell'assalto alla caserma Moncada di Santiago di Cuba - Castro annuncia che riprenderà il suo incarico di primo ministro per proseguire ulteriormente la rivoluzione (si era dimesso, con abile mossa tattica per chiedere ulteriori poteri, il 17 luglio). L'investitura, a mo' di plebiscito, avviene di fronte a una folla osannante che ascolta le sue parole di fronte all'ex palazzo presidenziale nella vecchia Avana.
Guevara si ritaglia un ruolo particolare nell'accelerazione degli eventi. Più di altri, avverte che lo scontro che divide l'isola e lo stesso Movimento 26 luglio ha bisogno di "memoria" e "teoria". La memoria può venire dalla puntuale ricostruzione di tutto ciò che spiega la vittoria della rivoluzione cubana e conferma la scelta della guerriglia come metodo di lotta, formazione di un gruppo dirigente e primo embrione di un nuovo Stato. La teoria può scaturire dall'analisi delle ragioni strutturali che hanno permesso la vittoria della rivoluzione.
Il "Che" - esonerato in Argentina dal servizio militare a causa dell'asma congenita - diventa così il primo "storico" di ciò che è accaduto nell'isola dal 1956 al 1959 e il primo moderno teorico militare dell'America Latina. Per lui, in quel momento, fare politica significa ripensare ruolo e percorso della rivoluzione per affidare ai "barbudos" (in questo modo venivano chiamati i guerriglieri dalle lunghe barbe cresciute sulla Sierra) un'indiscussa centralità nella nuova situazione di Cuba.
"La guerra di guerriglia", primo libro compiuto di Guevara, viene dato alle stampe nel 1960. Il volume è dedicato a Camilo Cienfuegos ("che avrebbe dovuto leggerlo e correggerlo"), scomparso in mare con il suo aereo nell'ottobre 1959 di ritorno da una missione a Camaguey, dove ha cercato di ottenere la resa di Huberto Matos, uno dei comandanti della rivoluzione che accusava Castro di lavorare in combutta con i comunisti. Guevara lo ha scritto a tempo di record. Ha potuto farlo in virtù dell'abitudine ad annotare tutto ciò che gli accade nei suoi diari.
Ha usato lo stesso metodo nei suo viaggi giovanili in America Latina, lo ha ripetuto sulla Sierra Maestra, lo replicherà in Congo (1965) e poi nell'ultima spedizione in Bolivia (1966-1967). Ed è probabile che tra i suoi inediti che giacciono a L'Avana ci siano i diari dell'esperienza di presidente del Banco nacional de Cuba e di ministro dell'industria, oltre che gli "appunti" sulle sue letture economiche e filosofiche.
I punti teorici su cui ruota "La guerra di guerriglia" sono tre e dichiarati sin dalla prima pagina: le forze popolari possono vincere una guerra contro l'esercito; non si deve sempre aspettare che si creino tutte le condizioni favorevoli alla rivoluzione, perché il "fuoco" dell'insurrezione può crearle; nell'America sottosviluppata la lotta armata deve partire dalle campagne.
I riferimenti ideali sono la Cina di Mao e l'Indocina di Ho Chi Minh. Lo sforzo - si tratta quasi di un manuale - è quello di fornire utili cognizioni di strategia militare a chi decidesse di replicare quanto accaduto a Cuba. Segue, in successione, l'analisi socio-politica della figura del "guerrigliero e riformatore sociale". Prende così forma la sua teoria della guerriglia.
Il "Che" fissa sulla carta alcune caratteristiche della propria esperienza: la rivoluzione cubana ha vinto senza un partito, senza una base sociale determinata, e sarebbe paradossalmente antimarxista se fosse giudicata con i parametri del marxismo ortodosso. Per Guevara l'Esercito ribelle diventa la base del nuovo potere rivoluzionario, il soggetto organizzato che sostituisce il "partito" e stabilisce la continuità con gli obiettivi iniziali della guerriglia.
In alcuni discorsi tenuti nelle prime settimane della rivoluzione vittoriosa raccomanda di non sciogliere né la rete guerrigliera né la struttura dell'esercito. Negli scritti successivi non dedica particolare attenzione ai temi dell'organizzazione politica del movimento rivoluzionario. Per lui la scelta guerrigliera è la risorsa da cui attingere una volta esaurite "tutte" le occasioni di tradizionale lotta politica (nel 1963, nel suo "Guerra di guerriglia: un metodo", la lotta armata è già delineata senza alternative).
Nel 1961, quando pubblica un articolo dal titolo "Cuba: eccezione storica o avanguardia nella lotta al colonialismo?", scoppia la polemica proprio sulla possibilità o meno di estendere ad altri paesi la rivoluzione dei "barbudos" (si discute anche della contrapposizione tra "città e campagna", che segna una prima divisione tra chi ha combattuto sulla Sierra e chi nella rete clandestina: la polemica era nata già durante la guerriglia sulla Sierra Maestra). Guevara indica nella rivoluzione cubana un modello da seguire: la lotta deve partire dalle campagne.
In queste prime fasi della "rivoluzione al potere" è Guevara ad assumere il ruolo di colui che acuisce il dibattito e chiede una scelta netta tra opzioni politiche differenti. Castro si limita - almeno in apparenza - a seguirne la scia. Mentre avanza il confronto, il "Che" scrive e riflette sulla ricerca di una strategia rivoluzionaria almeno continentale, se non terzomondista.
Con "Rivoluzione nella rivoluzione?" di Regis Debray del 1967 il guevarismo verrà portato all'estremo: la guerriglia va estesa ovunque; chi vuol fare la rivoluzione deve seguire l'esempio cubano e escludere ogni alleanza con le borghesie nazionali che sono il punto di riferimento dei partiti comunisti filosovietici.
In appendice a "La guerra di guerriglia" c'è un interessante capitolo dedicato all'analisi della situazione cubana a un anno dall'ingresso vittorioso dei "barbudos" a L'Avana. Il "Che" non esclude possibili tentativi d'invasione da parte degli Stati Uniti (che si verificheranno puntualmente). Accenna alla priorità del "lavoro collettivo" (non siamo ancora al "lavoro volontario", su cui insiste nel corso del suo successivo incarico di ministro). Affida le chances della rivoluzione all'esercito, ritenuto il baluardo che può affrontare gli imprevisti politici e militari.
"Passaggi della guerra rivoluzionaria" (1963), altro importante scritto del "Che", serve invece a dare memoria alla rivoluzione ormai consolidatasi al potere. Si tratta della raccolta di frammenti, note di diario e articoli scritti in epoche successive fin dal dicembre 1959: ricostruiscono passo dopo passo tutte le vicende che dallo sbarco del Granma conducono alla decisiva battaglia di Santa Clara. Il "Che", nel "Prologo", sprona a fare altrettanto.
A condizione che chi scrive non dia troppo spazio al ruolo personale svolto nella guerriglia o descriva cose che non ha visto e non ha fatto (anzi, deve liberarsi dalla retorica come cerca di fare lui stesso, non dando troppo rilievo al suo ruolo di "comandante del fronte occidentale").
Questi testi "storici", dallo stile di un reportage a puntate, restano incisivi e ben scritti, dettati come sono da un'esperienza vissuta sul campo. E sono pure la dimostrazione di come tra Guevara e Castro ci sia in quella fase una divisione di attitudini tra uso della scrittura, voglia del racconto e della teoria (in cui primeggia il primo) e uso della parola, del comizio e del mezzo televisivo (in cui il secondo non ha rivali).
Ma "La guerra di guerriglia" e "Passaggi della guerra rivoluzionaria" risentono del loro contesto e di finalità immediatamente politiche, pur costituendo il primo approdo di un pensiero compiuto da parte del "Che": non sono la sistemazione organica di una teoria. I primi anni di permanenza a Cuba sono per Guevara una miscela impressionante di attivismo frenetico e di riflessione politica su ciò che bisogna fare sull'isola e in tutto il resto dell'America Latina.
Ernesto Guevara non è solo un guerrigliero e un uomo d'azione. Negli anni vissuti a L'Avana (1959-1965) ricopre gli incarichi di responsabile dell'Istituto nazionale per la riforma agraria (Inra), di presidente del Banco nacional de Cuba e di ministro dell'industria, oltre che di instancabile diplomatico in viaggio per il mondo con il compito di allacciare relazioni tra la rivoluzione dei "barbudos" e la realtà internazionale.
Il "Che" partecipa intensamente - dalla posizione di uomo di governo - alla prima fase della transizione cubana, quando alla cacciata del dittatore Fulgencio Batista seguono nuove politiche sociali, economiche e statali. Solo alla fine di questo percorso decide di riabbracciare la via della guerriglia, prima in Congo (1965) e poi in Bolivia.
Tutto ciò rende la personalità di Guevara complessa e sfuggente ad ogni giudizio definitivo. Chi fa prevalere il "mito" sull'indagine biografica e sulla lettura dei suoi scritti, finisce per avvalorare l'immagine di un "Che" inossidabile nelle proprie certezze, capace di sviluppare teorie e scelte pratiche in perfetta linea di continuità e in una sorta di evoluzione permamente.
Il "mito", in questi casi, viene descritto in evoluzione coerente fin dagli anni della giovinezza. Le cose non stanno affatto così. Guevara muta giudizi, rivede le sue scelte, si fa guidare dalla bussola degli eventi che costringono a verificare nella pratica quanto si era teorizzato a tavolino. Anzi, le sue elaborazioni più convincenti sono proprio le annotazioni sia dell'uomo di governo che deve indirizzare la costruzione di una nuova società che del diplomatico che scopre "dal vivo" cosa siano Unione Sovietica, "socialismo reale" e alcune esperienze di emancipazione politica in altri paesi del Terzo Mondo. Il suo pensiero e la sua vita sono un naturale "work in progress", come dovrebbe essere per ognuno.
Nel giugno del 1959, a trentun anni, il "Che" lascia L'Avana per ben 87 giorni. E' la sua prima missione all'estero. Visita dodici paesi: Egitto, India, Birmania, Thailandia, Malesia, Giappone, Indonesia, Ceylon, Pakistan, Sudan, Jugoslavia e Marocco. Ne attraversa altri cinque: Hong Kong, Singapore, Italia, Grecia e Spagna. Incontra, tra gli altri capi di Stato, Nasser in Egitto, Sukarno in Indonesia, Tito in Jugoslavia. Spiega ai suoi interlocutori le finalità della rivoluzione cubana e allaccia soprattutto relazioni economiche.
Nelle settimane precedenti, il confronto politico a L'Avana è diventato incandescente. Il Movimento 26 luglio radicalizza le sue scelte e Fidel Castro si scontra con le posizioni moderate di gruppi e partiti che lo avevano appoggiato, ma che ora cercano di mettere le briglie a una rivoluzione che non si vuole fermare. In quel momento la presenza di Guevara nella capitale è scomoda. Su di lui piovono le accuse di "comunismo".
Non piacciono a tutti i suoi primi discorsi in cui auspica che il movimento guerrigliero si trasformi in "esercito popolare", in modo da presidiare una "democrazia armata". Non piacciono a tutti i metodi sbrigativi con cui lui e Raul Castro dirigono i processi e le fucilazioni di molti sbirri dell'antico regime.
Il "Che" appare in quei primi giorni del 1959 spietato e determinato nel suo ruolo di comandante della fortezza militare della Cabaña che orienta e decide i verdetti dei processi e molte condanne a morte. Meglio allontanarlo dalla capitale per un lungo periodo, pensa Fidel Castro. Quando vi fa ritorno, gli equilibri politici dell'isola sono tutti spostati a favore di Castro e del Movimento 26 luglio, anche se la dichiarazione sulla "natura socialista" della rivoluzione viene esplicitata solo il 16 aprile 1961, alla vigilia della tentata invasione mercenaria a Playa Girón. Lui, intanto, ha provveduto a far conoscere nel mondo il perché della rivoluzione cubana e ha siglato i primi rapporti economici.
Il 7 ottobre del 1959 per Guevara arriva il primo incarico di governo: viene nominato responsabile del dipartimento per l'industrializzazione dell'Istituto nazionale per la riforma agraria (Inra). Il 26 novembre gli giunge dal Consiglio dei ministri la nomina a presidente del Banco nacional de Cuba (secondo alcune ricostruzioni, Castro avrebbe chiesto in una riunione ristretta "Vi è un economista tra voi?" e il "Che" avrebbe alzato la mano convinto che la domanda fosse "Vi è un comunista tra voi?"). Lo stesso giorno la rivista delle forze armate "Verde Olivo" pubblica un suo articolo dal titolo "Jugoslavia, un popolo che lotta per i suoi ideali".

 

Nel 1960 Guevara visita ufficialmente Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Cina e Corea del Nord. E' del 1960 anche la famosissima foto di Alberto Korda che ritrae quel viso irato che ha fatto il giro del mondo: il 4 marzo, a causa di un sabotaggio controrivoluzionario, esplode nel porto dell'Avana la nave di carico francese La Coubre, oltre cento le vittime; il fotogramma ritrae il "Che" il giorno seguente, mentre partecipa ai funerali delle vittime. A colpire l'obiettivo di Korda è lo sguardo sdegnato di quel rivoluzionario, mentre le autorità cubane accusano quelle statunitensi di aver collaborato all'attentato.
La situazione diventa tesa a Cuba. In poche settimane sessantamila persone - per lo più impiegati, professionisti, imprenditori - lasciano l'isola. Due mesi dopo vengono stabilite le relazioni diplomatiche tra L'Avana e Mosca. Il 29 giugno arrivano a Cuba le prime petroliere sovietiche. Washington reagisce rinunciando all'acquisto di gran parte dello zucchero di canna cubano. Jean-Paul Sartre, che assieme a Simone de Beauvoir nel 1960, proprio nei giorni dell'attentato a La Coubre, incontra a L'Avana il presidente della banca cubana, annota in un suo articolo al ritorno a Parigi: "La guerra aveva formato quel Guevara e gli aveva imposto la propria intransigenza; la rivoluzione gli aveva istillato il senso dell'urgenza, della rapidità... Si credette di individuare, già in seno al Consiglio dei ministri, una destra, una sinistra e un centro e si considerò Guevara come qualcosa di temibile, un radicale furibondo. Offrendomi un eccellente caffè nel suo ufficio mi disse: 'Prima di tutto sono un medico, poi un soldato e infine, come lei vede, anche un banchiere'".
Quella immagine scritta da Sartre ben descrive il ruolo di primo piano che l'argentino ha ormai conquistato al vertice della rivoluzione. A riprova che il "Che" rappresenta la sinistra della rivoluzione, il giorno dopo la sua nomina a ministro dell'industria - secondo alcune ricostruzioni - subirà un attentato mentre sta uscendo dalla sua casa nel quartiere di Miramar. Le sue guardie del corpo danno vita a una strana sparatoria, mentre il neoministro cambia casualmente il suo tradizionale tragitto con l'autovettura.
Un altro attentato viene sventato nei mesi successivi. Gli innumerevoli nemici ormai lo definiscono "la pulce rossa nell'orecchio di Fidel". Il filosofo francese ha ragione ad averlo tratteggiato come la "sinistra" della giovane rivoluzione cubana.
Nel novembre 1960 Guevara parte per visitare alcuni paesi comunisti. Il 7 del mese è a Mosca, dove partecipa alla commemorazione dell'anniversario della rivoluzione russa. E' sul palco della Piazza Rossa accanto a Nikita Krusciov. Poi va a Leningrado, Stalingrado, Praga, Pechino, Shanghai, Pyongyang, Berlino est. L'obiettivo del viaggio è cercare nuovi partner commerciali per Cuba, dopo che gli Stati Uniti hanno iniziato ad allentare le relazioni commerciali con l'isola.
Ma per l'esponente del governo cubano quei viaggi costituiscono anche l'occasione per vedere da vicino la realtà economica e sociale di quei paesi. La sua adesione al comunismo ha l'opportunità di misurarsi con il "socialismo reale". Il 23 febbraio 1961 Guevara viene nominato ministro dell'industria (rifiuta immediatamente lo stipendio di mille dollari per quell'incarico e resta con la paga di duecentocinquanta dollari per il ruolo di comandante della rivoluzione). Entrano nel suo staff alcuni consiglieri economici sovietici e cecoslovacchi.
Il "Che" dai suoi nuovi incarichi di uomo di governo avanza subito un'ipotesi: non si avrà la piena indipendenza politica dell'isola se non raggiungendo anche quella economica. I dati parlano chiaro: Cuba vive prevalentemente sulla monocoltura della raccolta e del ciclo della coltivazione dello zucchero. E' dipendente dall'esterno per materie prime, tecnologie, prodotti di base. All'interno dell'isola non esiste un'industria di base.
Qui, secondo Guevara, affondano le radici della dipendenza economica e politica dagli Stati Uniti. Decide così di aggredire il problema. Come presidente del Banco nacional de Cuba vara un sistema bancario di Stato, unico e centralizzato, che porta via via alla nazionalizzazione delle banche.
Stabilisce un procedimento di finanziamento dei singoli settori produttivi con budget che devono trovare l'accordo del ministero delle finanze e di quello dell'economia. Per questo obiettivo, fin dal giugno 1960 il "Che" presenta un piano di industrializzazione che assume lo stesso sistema economico di pianificazione già sperimentato in Cecoslovacchia.
Nasce di conseguenza la Giunta centrale di pianificazione che fa capo ai ministeri economici. Si vara un "piano di sviluppo accelerato" che deve concludersi nel 1964. In questa fase è proprio Guevara a rifarsi ai modelli del "socialismo reale". Del periodo passato alla guida del Banco nacional restano le banconote che recano la sua firma con la semplice sigla "Che", un'irriverenza che serve a non dare molta importanza al denaro.
I servizi segreti di Washington identificano in quell'argentino trapiantato a L'Avana (gli è stata subito concessa la cittadinanza cubana) il personaggio che sta favorendo la svolta filosovietica di Cuba. Quando Guevara assume l'incarico di ministro, ha pieni poteri su tutto l'apparato industriale: scorte di petrolio, miniere, meccanizzazione del lavoro agricolo. La sua scelta è quella di favorire gli investimenti nei settori della chimica e dell'elettronica.

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