Siamo qui, una delegazione italiana composta da compagni dell'Associazione
di Amicizia Italia-Cuba (Circolo della Tuscia) e dell'Associazione
Latinoamerica, in un mare di gente che, proveniendo dai cinque continenti,
sta inondando questa cittadina ai piedi della cordigliera in cima alla quale
sta inerpicata La Higuera. C'e`di tutto, a dimostrare la trasversalitaŽdel
messaggio del Che: militanti rivoluzionari, nostalgici di una giovinezza i
cui ideali si sono persi nella bufera di tante sconfitte, attivisti di
partiti piuŽo meno di sinistra, cui rimorde un po' la
coscienza non del tutto spappolata, freak, punkabbestia, veterohippy,
curiosi. La plaza della bella cittaŽ, in pretto stile coloniale, e`tutto uno
sventolio di colori e un incrociarsi di suoni, di lingue, di ritmi. Nelle
calle e piazze si succedono le manifestazioni,
organizzate per il 40°
dell'assassinio, dalla locale
Fondazione Che Guevara, di cui e`presidente un mio vecchio amico,
Chato Peredo, che nella guerriglia, tanto nobile, quanto tragica, quanto
tradita, ha lasciato due tra i compagni piuŽcari al Che, Coco e Inti.
Sono incontri con forze rivoluzionarie e progressiste del continente, nel
segno dell'ALBA, Alternativa Bolivariana per le Americhe, lanciata da Fidel
e da Chavez contro l'imperialismo e il capitalismo di rapina
eurostatunitense; sono seminari sulle tematiche di ogni movimento del cambio
e dell'emancipazione: capitale-lavoro, ambiente,i micidiali e genocidi
agrocombustibili con i quali l'impero si propone di cancellare dalla faccia
della terra "popoli di troppo", le questioni di genere, la posizione e il
ruolo delle donne, lotta di guerriglia e lotta di massa, l'acqua e i suoi
ladri, l'offensiva colonialista dell'imperialismo, le guerre da soluzione
finale in Medio Oriente, luci ed ombre del riformismo... E poi concerti,
rassegne di canti di lotta di tutto il mondo, ricordi di eroi caduti, come
l'indimenticabile Miguel Enriquez, leader del resistente MIR cileno
(ricordate la campagna di Lotta Continua dopo il golpe Usa di Pinochet:
"Armi al MIR"?); gruppi di lavoro sul futuro della solidarietaŽinternazionalista,
interventi di e omaggi a medici alfabetizzatori cubani, onnipresenti qui
come in decine di paesi del mondo.
A Chato Peredo, il piuŽpiccolo dei fratelli, ma anche lui con la sua brava
guerriglia alle spalle, ho chiesto cosa significhi che in tutto il mondo,
non solo in America Latina, ma a Baghdad, a Beirut, a Gaza, dalle bocche,
dai canti e dalle magliette si proclami "Il Che vive!". "Viviamo la grande
rivincita del Che , delle sue idee, della sua parola, dei suoi valori, della
sua prospettiva di "uomo nuovo".
Quanto sta succedendo in America Latina, ma anche le resistenze vittoriose
dei popoli aggrediti, sono i germogli, la fioritura di quanto il Che ha
seminato tra le rupi e la boscaglia della Bolivia, ma anche sulla Sierra
Maestra, ma anche in Congo.
Sono i frutti della demolizione del pensiero unico, delle menzogne del
moloch capitalista, che il Che, con i suoi scritti e il suo esempio di
coraggio, onesta`, amore, ha operato nelle coscienze". Lotta armata, ancora,
o solo lotte di massa, voto, elezioni? "Dipende sempre e comunque dal
contesto. Falso e strumentale escludere, addirittura demonizzare, una
qualsiasi forma di lotta che gli oppressi decidono di darsi".
Abbiamo preceduto la marcia notturna da Valle Grande a La Higuera, tre ore
di auto e tre di cammino sui duemila metri e passa, anche per tema di un
maltempo che imperversa, arrampicandoci in queste ore fino al piccolo cumulo
di casette tra le quali, facendo la Cia assassinare il "guerrigliero eroico"
(che, non scordiamolo, aveva vinto tutti gli scontri fin li e poi venne
abbandonato da chi in Bolivia doveva sostenerlo) da un soldato ubriacato per
la bisogna, qualcuno pensava di poter rovesciare le sorti del mondo in
marcia fin dal 1917, fin dal 1789. Le blocco`per qualche decennio, a forza
di orrende dittature, poi il Che e i cuoi compagni, morti vivissimi, hanno
ripreso a camminare, si sono fatti pensiero, sangue, volonta`di nuove
generazioni e di nuovi governanti, in coloro dove la distinzione, appunto,
tra governanti e governati si va disfacendo, va trasformandosi in quella che
a Cuba fiorisce da decenni e che Hugo Chavez chiama la "democrazia
protagonica e partecipativa". Da Cuba al Venezuela, dalla Bolivia
all'Ecuador e, per uno scandaloso furto di voti davanti alla famosa "comunitaŽinternazionale"
del tutto inerte, complice, non anche in Messico.
A La Higuera non `facile commuoversi nel tramestio dei visitatori e dei
turisti malaccorti, nelle ricostruzioni un po' fasulle, nell'ambientazione
un po' appassita, un po' artificiale da sacrario per tutti. La "escuelita",
nella quale mitragliarono il corpo martoriato del Che, non e`la palazzina
verniciata, adibita a museo, che ci mostrano. E' la capanna di mattoni di
fango a questa attaccata, ma chiusa e caduta in oblio. Peccato. Di piu
autentico e commovente ci sono le piu`antiche scritte sui muri, piu`degli
artistici murales, che esprimono i sentimenti dei primi contadini venuti ad
omaggiare il luogo di uno che per loro si era speso fino all'ultima goccia
di sangue. E le facce dei loro figli appoggiati silenziosi ai muri, qualcuno
con la fascina di legna sulle spalle, gente per la quale il Che vive e
moriva...
Il vero colpo allo stomaco e al cuore viene dalla panoramica che, sotto un
cielo incollerito, nero con stracci di giallo e rosa, si estende sul mondo
che circonda il gruppo di casupole del mito: picchi taglienti, abissi
insondabili, rozza boscaglia arida a ricordo della terribile sete sofferta
dai combattenti, spine ostili, rocce vertiginose, sentieri impenetrabili,
una povera, ma oggi riscattata, umanitaŽdispersa chissaŽdove, lontana, rada.
E' questa la terra del Che, dei suoi compagni, del loro coraggio, termine
oggi quasi inapplicabile se non ai popoli massacrati ma non domi, delle loro
inenarrabili sofferenze, sostenute per tutti noi, oggi vincenti, ma il cielo
solo sa per merito di quale dolore. E' questa la sensazione che ci portiamo
tornando, ridiscendendo alla Valle Grande dell'ospedale, dell'esposizione
del Che cristizzato, del taglio maligno delle mani. E' questa conoscenza di
rocce, sprofondi, cespugli ostili, utopie giuste e sacrifici asprissimi, che
pensiamo di dover custodire come patrimonio, come terreno di semina e di
cura finche`possiamo.
In Valle Grande, forse ci saraŽil presidente che tutti chiamano Evo, si
renderaŽomaggio alla campagna di alfabetezzazione e si premieranno gli
esempi piuŽvalidi. Due milioni di persone in un anno e mezzo che, con la
scrittura e la lettura, possono impadronirsi del loro destino.
Protagonisti, ancora una volta, i
cubani. Maestri nel segno
del Che.