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IL NUOVO «MIRACOLO» BRASILIANO
di Pier Francesco Zarcone
Una mobilitazione dal basso e inattesa
Nei primi giorni delle mobilitazioni popolari in
Brasile, sui giornali e nei discorsi della gente si poteva leggere lo
sbalordimento di fronte al fatto che in uno dei luoghi mitici del
calcio nazionale e internazionale, nel paese del sole, del samba,
delle belle ragazze e dell’allegria esplodesse una rivolta di massa,
non solo giovanile. Occasionata dall’aumento delle tariffe dei
trasporti pubblici a Rio de Janeiro e São Paulo, si è subito orientata
anche e soprattutto contro le folli spese in corso per ospitare i
prossimi eventi calcistici e sportivi internazionali (Coppe varie e
Olimpiadi).
A tale sorpresa si è unito quella dei
non-disinteressati paladini dell’attuale e selvaggia
“liberalizzazione” capitalistica, della quale il Brasile è stato un
teatro vasto, famoso e duraturo nel tempo. Dove mai andremo a finire,
si chiedono i benpensanti liberisti di destra e di sinistra se anche
tra i giovani di un paese come il Brasile si diffonde la preferenza
per trasporti pubblici efficienti e a prezzi popolari, per ospedali e
scuole invece che per gli stadi?! È diventato uno slogan dei
manifestanti “quero dinheiro para saúde e educação”. Citiamo
per tutti la rivista britannica The Economist che, in un
recente reportage sul Brasile, dopo aver additato nell’inflazione la
causa del malcontento esploso nel paese, se l’è presa con quanti
«invece di essere grati per le briciole che cadono dalle tavole dei
ricchi brasiliani, si sono svegliati per il fatto di pagare le imposte
e di meritarsi qualcosa in cambio».
Comunque sia, centinaia e centinaia di migliaia em
mangas de camisa (equivalente portoghese del castigliano
descamisados) intanto sono riusciti a far rientrare il
provvedimento che aumentava il prezzo dei pubblici trasporti. E questo
è un primo dato da tenere a mente. Ma non per questo la protesta è
finita giacché sono entrati a fare parte del pacchetto delle
rivendicazioni la gratuità dei trasporti, il carovita, il carico
tributario, l’intera politica economica del governo, le disuguaglianze
socio-economiche, la corruzione, la violenza della famigerata polizia
brasiliana, mentre si diffonde il pericoloso detto radicale “a
política se faz nas ruas”.
Ancora più sovversivo il discorso di Paulo Motoryn:
«Quello che vogliamo è abbattere le barriere fra ricchi e poveri,
rompere i muri fra centro e periferia, consolidare il popolo come
attore politico d’importanza senza pari e lottare per un Brasile con
giustizia sociale, senza disuguaglianze e con opportunità per tutti e
tutte. Niente di più, niente di meno». È esploso quindi un malessere
diffuso e fin qui sotto traccia e – come in Turchia – per un motivo in
sé minimale: l’aumento contestato era di appena 20 centavos,
cioè 20 centesimi.
Altra delusione sicuramente colpisce chi si nutre dei
luoghi comuni diffusi dai media politicamente corretti: il
governo del Brasile da circa dieci anni è governato dal Partido dos
Trabalhadores (Pt) di Lula da Silva e Dilma Rousseff (le cui
antiche velleità rivoluzionarie sono state da tempo archiviate per
fare posto a una tranquilla navigazione socialdemocratica), il paese
ha una rilevante crescita macroenomica, a Rio la criminalità sembra in
diminuzione; c’è la rassicurante militarizzazione delle favelas,
e così via. Eppure …
Forchettoni rossi alla
brasiliana
Una cosa è sotto gli occhi di
tutti: la sinistra brasiliana al potere non da ieri ha smesso di
essere tale (e non solo per i ricorrenti, e ormai endemici, episodi di
corruzione), cosicché pure in Brasile si è verificato l’ennesimo
tradimento degli ex rivoluzionari diventati socialdemocratici e
“forchettoni rossi” in salsa tropicale. Sotto questo profilo è
illuminante lo scritto pieno di amarezza pubblicato il 22 giugno da
Folha de São Paulo, nel quale si parla di illusioni indotte «dalle
vecchie volpi di sinistra con la loro mimica democratica, mentre
decidevano tutto in conventicole al calar della notte.
(...). Il bene era la sinistra,
il male la destra. La sinistra poteva fare emerite cacate, manipolare
opinioni, perfino sviare fondi per la causa. “I fini giustificano i
mezzi”, dicevano le dirigenze progressiste. Alla fine siamo riusciti
ad abbattere la destra e mettere al potere la sinistra. E che si è
visto? La maggior sequenza di scandali e corruzione della nostra
storia. Le menzogne si ripetono, i nemici raggiungono accordi, destra
e sinistra fanno di tutto per mantenersi al potere».
Passati gli entusiasmi iniziali per la prima vittoria
elettorale di Lula, il sistema brasiliano dimostra oggi di aver
mantenuto strutturalmente inalterate le sue caratteristiche di sempre:
profonde disuguaglianze sociali di massa, e dominio -
economico, politico e nell’apparato statale - da parte di
un’oligarchia di cui oggi fanno parte anche settori “di sinistra”;
bassi salari, i cui leggeri aumenti (sono sempre al di
sotto della crescita dell’economia nazionale) sono mistificati dalla
discesa dei tassi di interesse che hanno consentito incrementi nei
consumi finanziati dai prestiti;
servizi pubblici essenziali sulla cui qualità ed
efficienza è meglio stendere un pietoso velo, perennemente (e di
proposito) decapitalizzati;
infrastrutture inadeguate;
delinquenza di notevole entità.
Taluni miglioramenti nelle condizioni di vita di certi
strati della popolazione non sono sufficienti a modificare questo
quadro.
La crescita macroeconomica c’è, e ancora si mantiene,
ma la redistribuzione della ricchezza è minimale e ben al di sotto del
possibile, e le aspettative – spontanee o indotte – di salariati,
giovani ed emarginati che hanno votato per il Partido dos
Trabalhadores (Pt) sono rimaste irrealizzate. Spesso, anzi, svolte
demagogiche si sono risolte in sperperi di denaro a favore di quelli
che avrebbero dovuto essere i “nemici di classe”.
È stato il caso della famosa interruzione del
pagamento del debito estero, voluta da Lula, poi risoltosi nel
pagamento del debito stesso a interessi ancora superiori.
Innegabilmente il Brasile è sfuggito agli artigli del Fondo Monetario
Internazionale (Fmi), ma a un prezzo pesante: il paese è caduto nelle
mani di creditori interni, cioè l’oligarchia nazionale, che hanno
lucrato tassi di interesse oltre il 10%, di modo che l’equivalente del
5,4% del Prodotto Interno Lordo del 2009 è andato a favore di questi
benefattori nazionali, per un ammontare finanziario che viene
calcolato pari a 13 volte di quanto Lula aveva destinato al programma
sociale. Famosa è rimasta la sua dichiarazione riportata dal giornale
Folha de São Paulo il 22 maggio del 2009:
«Se c’è una cosa di cui nessun imprenditore brasiliano
potrà lamentarsi nei miei sei anni di mandato è che mai si è
guadagnato tanto denaro come col mio governo»!
Peccato che non possano dire lo stesso i ceti popolari
per i quali un aumento dei trasporti diventa un onere pesante, magarti
la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Anche in Brasile i commentatori politicamente corretti
hanno manifestato stupore per una così massiccia contestazione sociale
in una fase di tangibile miglioramento dei consumi e di facile accesso
al credito. Volutamente dimenticando che nella storia dell’umanità i
sommovimenti sociali non si verificano solo nelle fasi di crisi
economica, cioè quando le masse degli emarginati non hanno più niente
da perdere e nulla da ottenere nemmeno ricorrendo alla
microcriminalità; ma anche (e a volte soprattutto) nelle fasi di
crescita, perché queste consentono una maggiore presa di coscienza
della propria condizione e delle inerenti ingiustizie.
Non manca chi arriva ad attribuire all’economia
brasiliana un ritmo di crescita eccessivo, biasima la fretta con cui
ci si è avviati alle prime (e insufficienti, diciamo noi) costruzioni
di uno Stato sociale e sostiene che gli attuali livelli di consumi
sarebbero al di sopra delle possibilità del paese. Si tratta di una
canzone ben nota, che non ci si stanca di ripetere. Creare sensi di
colpa in chi per la prima volta comincia a godere di un minimo
benessere dopo una vita di povertà additandolo come causa delle
difficoltà economiche di un paese, è sempre facile, ed evita di
parlare di corruzione e dei flussi di denaro pubblico sviati in favore
di privati “amici degli amici”.
Cercando meglio le
cause, si dissolvono le favole dei media
Diciamocela tutta: senza
l’improvvisa esplosione della rivolta brasiliana i nostri
imperturbabili mass-media avrebbero continuato a darci la solita
edulcorata immagine del Brasile, con la sua crescita economica, il
miglioramento delle condizioni di vita, la gente che viene da fuori
per cercare lavoro e così via. Ora “improvvisamente” gli stessi
media scoprono tutto quel che non va e adesso, per esempio, la
Cnn statunitense fornisce un quadro chiaro e preciso di quanto sta
dietro le manifestazioni:
«Il Brasile sta sperimentando attualmente un collasso
generalizzato nelle sue infrastrutture. Ci sono problemi con porti,
aeroporti, trasporti pubblici, sanità e istruzione. I brasiliani non
vedono quali siano le ragioni per infrastrutture così brutte quando
c’è tanta ricchezza così altamente tassata. Nelle capitali le persone
perdono fino a quattro ore al giorno nel traffico, sia in automobile
sia nel trasporto pubblico che è davvero di bassissima qualità. Il
governo brasiliano ha adottato misure per rimediare e controllare
l’inflazione solo intervenendo sulle tasse e ancora non ha capito che
il paradigma deve includere un intervento più centrato sulle
infrastrutture. Nello stesso tempo il governo sta riproducendo su
scala minore quanto fatto dall’Argentina qualche tempo fa (…) il che
sta portando a inflazione alta e bassa crescita. Oltre al problema
delle infrastrutture esistono vari scandali per corruzione che
rimangono senza giudizio processuale, e quando i giudizi ci sono
tendono a concludersi con l’assoluzione del reo. Il maggiore scandalo
per corruzione della storia del Brasile finalmente è finito con la
condanna dei rei e ora il governo sta tentando di ribaltare l’esito
del processo manovrando attraverso emendamenti costituzionali
incredibili, come il Pec [Proposta di Emendamento Costituzionale] 37
che eliminerà i poteri investigativi dei Pubblici Ministeri,
delegandoli interamente alla Polizia Federale. In più, un’altra
proposta cerca di sottoporre le decisioni della Suprema Corte
Brasiliana al Congresso – una completa violazione dei tre poteri».
E anche questo scandalo legislativo ha infiammato
vasti settori della popolazione.
A ben guardare con la protesta contro un aumento
minimo delle tariffe dei servizi di trasporto si viene ad affrontare
un tema tanto essenziale quanto politicamente scorrettissimo, e cioè
si mette in discussione la polarizzazione fra interessi pubblici e
privati risolta dal neoliberalismo della globalizzazione a favore di
questi ultimi, mentre si dichiara che la specifica questione relativa
a chi debba finanziare i costi di un servizio pubblico essenziale non
va impostata subordinatamente alla brama di profitto delle imprese
private.
In questo quadro l’ex calciatore Pelé ha perso
l’occasione per stare zitto: di fronte a un popolo giustamente
inferocito per ragioni materiali concrete non ha trovato di meglio che
invitarlo a farla finita con le proteste di strada per concentrarsi
nell’appoggio alla Nazionale durante la Coppa delle Confederazioni e
il Mondiale 2014. Quanto Pelé sia lontano dalla realtà (o faccia finta
di esserlo) lo dimostra la contestazione subita dalla Presidente
Rousseff proprio all’inaugurazione della Coppa delle Confederazioni.
Si tratta di un avvenimento significativo poiché realizzato da un
pubblico tutt’altro che di estrazione proletaria, tant’è che ha potuto
pagare il costo di 350 euro per biglietto. Nei fatti esso esprime lo
scontento di una classe media o medio-piccola obiettivamente nata
dalle politiche fin qui sviluppate da Lula e Rousseff, che rispetto al
passato ha potuto migliorare le proprie condizioni di vita, ma che con
l’inflazione attuale teme di arretrare socio-economicamente.
D’altro canto c’è molto da dire quando in un paese
disastrato nelle infrastrutture e nelle condizioni di vita della
maggior parte del popolo si sperperano per i prossimi eventi
calcistici le somme diffuse dalla Folha de São Paulo: per il
Mondiale 2014 – benché la previsione iniziale fosse di 8.300 milioni
di euro - già se ne sono andati 9.200 milioni, che alla fine
potrebbero arrivare a 11.500 milioni; l’85% del finanziamento è a
carico dello Stato brasiliano (governo federale, governi statali e
municipalità); i costi per i 12 stadi che ospiteranno il Mondiale sono
pure lievitati da 1.900 milioni a 2.500 milioni di euro. Tutto ciò per
qualcosa che durerà meno di un mese.
Necessariamente gli oneri tributari dovranno aumentare
ancora, ma i veri guadagni andranno solo a poche megaimprese e ai
politici percettori di tangenti e benefici vari
Il governo non dà informazioni, ma le voci circolano e
taluni già vedono operai al lavoro vicino a casa loro: le varie opere
necessarie per il Mondiale (corridoi metropolitani, accessi
ferroviari, ricostruzione di strade, ampliamento di aeroporti e
relativi parcheggi, nuovi appartamenti) richiederanno lo sloggiamento
dalle attuali abitazioni di circa
170.000
persone.
Naturalmente si tratta di insediamenti popolari e ultrapopolari. Ci
saranno indennizzi? E in che proporzione? Nessuno lo sa, il.
Governo per lo più tace. In buona sostanza i
lavori per il Mondiale sono l’occasione propizia per una grande
“pulizia sociale” e per lucri immensi della speculazione edilizia.
Intanto resta nel paese il deficit abitativo di 5 milioni di alloggi.
C’è calcio e calcio, e la Fifa vuole farla da
padrona
Tra gli osservatori sudamericani (certo più
attenti di quelli europei) esiste la conclusione che in Brasile in
definitiva - nonostante le apparenze e se si guarda agli accessi agli
stadi e ai beneficiari degli introiti sportivi - il calcio in Brasile
sia cosa alquanto elitaria; e che eventi come il Mondiale
contribuiscano a fare degli stadi piattaforme o occasione per gli
affari con chiusura per i più.
Se guardiamo alla storia del famoso stadio di
Maracaná si deve convenire che la predetta conclusione non è
propriamente campata per aria. Nel 1950 alla finale tenutasi al
Maracaná assistette l’8,5% della popolazione di Río de Janeiro e l’80%
degli spettatori occupava i settori popolari dello stadio. Oggi il
Maracaná è un’area “multiuso”, sede di eventi sportivi, recital
musicali e show di vario tipo. Appositi vetri separano dal resto degli
spettatori i Vip, i quali possono accedere allo stadio direttamente
con l’auto e dispongono di una rampa riservata che fa loro evitare il
contatto con la plebe.
A causa
della finale del Mondiale 2014 e dei Giochi Olimpici del 2016 il
Maracaná va ristrutturato (lasciando solo la vecchia facciata), con un
costo minimo di 600 milioni di euro, ma alla maniera di un teatro.
Quindi, niente più posti in piedi (come fu nel 1950) ma solo sedili
numerati. Questo stadio che fu uno dei maggiori del mondo, ma ora è
sceso al 14º posto, cesserà definitivamente di essere uno spazio
popolare.
Non può certo aver fatto piacere
a molti brasiliani la notizia che ampi spazi verranno privatizzati in
favore della Fifa, la quale potrà pure contrattualizzare in proprio
53.000 guardie di sicurezza, a spese però dello Stato brasiliano, e
che ogni stadio sarà dotato di una radio su cui la Fifa avrà
l’esclusiva.
E c’è molto altro, perché nel 2012 – piegandosi
all’arroganza della Fifa a tutela dei suoi profitti – il Parlamento
ha approvato una legge generale per la Coppa delle Confederazioni
secondo i criteri voluti dalla Fifa medesima, per quanto in palese
conflitto con la legislazione brasiliana. Per esempio, in Brasile è
proibita le vendita di alcolici negli stadi: invece la vendita viene
liberalizzata; la Fifa ha voluto una deroga alla normativa vigente che
prevede lo sconto del 50% sui biglietti degli stadi per studenti,
pensionati, invalidi ecc., nonché la sospensione della “legge Pelé”
che attribuisce il 5% degli introiti della vendita di audiovisivi
sugli eventi sportivi ai sindacati degli atleti professionisti; la
Fifa inoltre ha preteso l’emissione di visti e permessi per tutti i
membri delle delegazioni – compresi invitati, funzionari, giornalisti
e spettatori muniti di biglietti – con validità fino al 31 dicembre
2014, cioè fino a sei mesi dopo il termine del Mondiale; le è stato
accordato il diritto di autorizzare la vendita di qualsiasi merce non
solo nei luoghi delle gare, ma altresì nelle loro prossimità e nelle
vie di accesso; inoltre le aree esclusive per il commercio dei suoi
prodotti sono definite dalle municipalità secondo le richieste della
Fifa medesima e/o addirittura dei terzi da essa indicati; i venditori
ambulanti non possono operare nel raggio di due chilometri dagli
stadi. Dulcis in fundo si prevede la possibile istituzione di
Giudici Speciali per le controversie inerenti allo svolgersi degli
eventi.
Per inciso notiamo che questa legge (la
nº 12.663, del
5 giugno 2012) di recente è stata impugnata innanzi al
Supremo Tribunale Federale dalla Procura Generale della Repubblica.
La presidenza dell’ex guerrigliera Dilma Rousseff
Assurta alla presidenza, Dilma Rousseff ha decisamente
puntato all’accelerazione del processo che dovrebbe portare il Brasile
a diventare una potenza globale. Sul piano formale sia Lula sia la
Rousseff hanno sviluppatoin modo proficuo un’accorta politica
d’immagine, tutto sommato ancora funzionante e lo dimostra il fatto
che mentre dinanzi alla protesta turca si è immediatamente parlato di
scontro fra “due Turchie”, per la rivolta brasiliana si stenta un po’
a parlare di quei “due Brasili” che invece esistono. Questo aspetto è
stato messo in evidenza e approfondito da Folha de São Paulo in
un articolo del 21 giugno. Vi si dice che la difficoltà di un tale
riconoscimento sta nella specifica natura di quello che potremmo
chiamare “altro Brasile”, suscettibile di tre visualizzazioni:
la prima visualizzazione è quella dell’enorme
esclusione sociale, le cui cause risalgono sì all’era coloniale, ma si
sono riprodotte sia pure mutando le forme e i suoi attori dominanti
rimangono le oligarchie dei grandi proprietari terrieri e il violento
caciquismo, le ristrette e razziste elite politiche;
la seconda, comprende la rivendicazione della
democrazia partecipativa risalente agli ultimi 25 anni,
concretizzatasi finora nel processo che ha portato alla Costituzione
del 1988, ai bilanci partecipativi, alle politiche urbaniste di tante
municipalità, alla destituzione dell’ultracorrotto Presidente Collor
de Mello nel 1992, la creazione di Consigli cittadini per i principali
settori delle politiche pubbliche (sanità e istruzione) e ai vali
livelli (municipale, statale e federale);
la terza attiene alle politiche di inclusione sociale
iniziate da Lula nel 2003, dalle quali sono derivate una riduzione
della povertà, la creazione di una classe media propensa al consumo,
il riconoscimento della discriminazione razziale verso neri e
indigeni.
Relativamente alle ultime due visualizzazioni la
presidenza della Rousseff la precedente accelerazione si è fermata ed
è regredita, con questo riguadagnando terreno l’esclusione sociale.
Oggi la democrazia partecipativa non funziona più come prima; le
generazioni più giovani – scarsamente sostenute da una vita famigliare
e comunitaria capace d’integrazione – restano preda di una spinta
consumistica a cui spesso non sono in grado di fare fronte; le
politiche di inclusione sociale si sono esaurite e con esse le
inerenti aspettative popolari; la vita urbana è peggiorata anche
grazie alla preparazione di prestigiosi eventi internazionali, per i
quali sono stati sviati investimenti destinati ai trasporti, alla
sanità, all’istruzione e più in generale a tutta l’area dei servizi
pubblici; infine sono aumentati il razzismo e le uccisioni di leader
contadini e indigeni visti come ostacolo alla sviluppo.
Si può azzardare
qualche previsione?
Ancora una volta nella più
recente storia contemporanea la cosiddetta rete sociale ha svolto un
ruolo fondamentale nella mobilitazione popolare, e infatti è del
giorno 20 la notizia che la Abin (Agência Brasileira de
Inteligência) è stata incaricata di monitorare quel che succede
nella Rete.
E ancora una volta le statistiche citate da Folha
de São Paulo forniscono un determinato quadro: l’84% dei
manifestanti non apparterrebbe ad alcun partito politico, il 71% ha
partecipato per la prima volta a manifestazioni e il 53% ha meno di 25
anni. Notevole la partecipazione di studenti e persone con titolo di
studio superiore se rapportata ai dati nazionali (fra i manifestanti
gli studenti ammontano al 22%, mentre nel paese sono solo il 5%, e
quanti hanno terminato studi superiori ammontano al 77% dei
manifestanti, mentre nel paese sono il 22%).
È significativo e importante che i manifestanti per lo
più non vogliano commistioni, interferenze o strumentalizzazioni da
parte di partiti politici. Ci sono stati tumulti fra manifestanti e
membri di partiti. A São Paulo militanti del Pt presentatisi alle
manifestazioni sono stati chiamati opportunisti, e lo spiegamento di
bandiere di partiti a sinistra del Pt (come il Partido Socialista
dos Trabalhadores Unificados-Pstu e il Partido Socialismo e
Liberdade-Psol) è stato fortemente contestato.
Non a caso il famoso cineasta di Pernambuco, Rosemberg
Cariri ha così commentato le manifestazioni: «è un avvenimento storico
importante: il popolo nelle strade. Contro i mega-imprenditori, le
opere per la Coppa, il mercato cannibale, l’aumento dei trasporti, la
stampa manipolata, la violenza fascista poliziesca, la mancanza di
scuole e ospedali (…) Ora manca solo che siano innalzate le bandiere
di protesta contro i massacri di indios, neri, bianchi e meticci
poveri, di diseredati figli della terra che resistono nelle periferie,
nelle favelas e nei campi».
Intanto l’agitazione prosegue sempre più massiccia, ma
non sembra che le “autorità” – manganellate e lacrimogeni della
polizia a parte – siano intenzionate a seguire la via intrapresa in
Turchia da Erdoğan. Non si possono quindi escludere ulteriori successi
per i manifestanti. Tuttavia non c’è da farsi illusioni: ancora una
volta la rivoluzione sociale non è affatto dietro l’angolo. Essendosi
schierata dalla parte dei manifestanti anche la Central Sindical
Única (la maggiore confederazione brasiliana), nel Pt vari
dirigenti cominciano a preoccuparsi per la scarsa capacità di dialogo
della Rousseff - con i movimenti oltre che con i suoi stessi ministri
- per il diffuso timore che il partito possa perdere una parte dei
suoi appoggi elettorali (d’altra parte i sondaggi danno in calo
l’indice di gradimento del governo, passato dal 63% di marzo
all’attuale 55%), e vorrebbero che la Presidente affidasse a Gilberto
Carvalho, Segretario Generale della Presidenza, l’incarico di trattare
con i manifestanti, ma con una certa autonomia.
Staremo a vedere e ne parleremo in un secondo
articolo..
(22 giugno 2013)
Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di
citare la fonte:
www.utopiarossa.blogspot.com
IL
BRASILE HA PERSO UN GENIO
“
Il Brasile ha perso uno dei suoi genii e questo è un giorno per
piangere”, ha detto la presidentessa brasiliana Dilma Rousseff dopo la
morte del celebre architetto Oscar Niemeyer, all’età di 104 anni, ha
informato AFP.
In
un comunicato diffuso nel blog ufficiale della Presidenza, riportato
dalle agenzie di tutto il mondo, Dilma Rousseff ha segnalato la
militanza comunista di Niemeyer sino alla fine dei suoi giorni.
“Partendo dalle ingiustizie del mondo, sognava una società egualitaria”,
ha detto ancora.
L’architetto è morto la notte di mercoledì nell’ Ospedale Samaritano di
Río de Janeiro, dov’era ricoverato da più di un mese per problemi
renali.
Xinhua ha informato che il bollettino medico del gruppo di dottori che
lo seguiva diceva che la salute di Niemeyer stava peggiorando e che il
suo stato era grave.
Autore nel 1960, con l’urbanista Lucio Costa, della futurista città di
Brasilia, aveva collaborato con il famoso architetto Le Corbusier,
aveva partecipato al progetto per la sede della ONU a New York ed
disegnato la Torre Copan di São Paulo.
Le
sue opere si ammirano nei cinque continenti e i suoi apporti
all’architettura contemporanea gli hanno fatto meritare molti premi e
riconoscimenti internazionali.
Per
90 anni Niemeyer ha presieduto il Partito Comunista del Brasile ed ha
militato in questa organizzazione sino alal fine dei suoi giorni.
Amico di Cuba senza condizioni e del Comandante in Capo Fidel Castro, il
prestigioso architetto ha lasciato all’Isola una scultura situata
nell’Università di Scienze Informatiche de L’Avana, che rappresenta la
resistenza del popolo cubano di fronte alle aggressioni degli Stati
Uniti.
Il
cantautore Chico Buarque si è sommato alle reazioni di dispiacere per la
morte del brillante architetto.
“Oscar Niemeyer ha avuto una bella vita. È stato uno dei più grandi
artisti del suo tempo e un uomo più grande della sua arte”, ha detto il
celebre cantante.
Il
prossimo 15 dicembre Niemeyer avrebbe compiuto 105 anni.
Il
sitio web Cubadebate informa che il corpo di Niemeyer è stato
imbalsamato a Río e portato a Brasilia per una veglia che duerà tutta la
giornata di oggi, giovedì 6, nel Palazzo di Planalto, sede della
Presidenza ed una delle sue grandi opere.
Poi tornerà a Río per una
Veglia nel Palazzo della Città e per il funerale, ha informato il
sindaco Eduardo Paes.
Acceso a
la Universidad
Los extranjeros que sean profesores universitarios, investigadores,
profesionales o graduados en enseñanza superior pueden calificarse en
Brasil a través del Programa del Estudiante-Convenio de Pos Graduación (PEC-PG).
Los ciudadanos interesados originarios de los países en desarrollo con
los que Brasil mantiene acuerdos educativos y culturales (vea lista
completa al final del texto) pueden obtener becas de profesorado y
doctorado en las instituciones brasileñas.
En la edición 2008 del PEC-PG fueron implementadas en el país 90 becas
de profesorado otorgadas por el Consejo Nacional de Desarrollo
Científico y Tecnológico (CNPq). Entre ellas, el 87% estuvieron
dirigidas a los candidatos de América Latina (de 14 países) y el 13% a
estudiosos de África (de seis países). La mayoría de los estudiantes
contemplados se concentró en las instituciones del Sureste (57 becas, el
equivalente al 63% del total) y del Sur (23 becas, o 25%), regiones que
normalmente presentan la mayor oferta de plazas.
ShutterstockAmpliarEl Programa del Estudiante-Convenio de Pos Graduación
(PEC-PG) permite a los profesores universitarios, investigadores,
profesionales o graduados extranjeros para calificar en BrasilEl
otorgamiento de becas del PEC-PG para los cursos de doctorado (fueron
140 en la edición del 2008) queda bajo la responsabilidad de la
Coordinación de Perfeccionamiento del Personal del Nivel Superior (Capes).
Sin embargo, el organismo también ofrece becas de profesorado para
estudiantes de Timor Leste. Brasil tiene un acuerdo con Timor Leste para
ayudarlo en la calificación de su equipo educativo. Por esa razón, las
instituciones de enseñanza del país oriental cuentan con profesores
brasileños, que incluso indican alumnos para participar del PEC-PG.
El extranjero puede elegir cualquier área de conocimiento para el curso
de pos graduación del programa, siempre y cuando la misma incluya
programas de este tipo que otorguen diplomas de validez nacional. Las
ciencias agrarias, las ciencias sociales aplicadas y las ciencias
humanas fueron las áreas de mayor interés.
Beneficios
El valor del auxilio del PEC-PG es igual al otorgado por las agencias
financiadoras de los becados brasileños en Brasil; así, el Ministerio de
Relaciones Exteriores (MRE) proporciona pasaje aéreo de regreso al país
de origen después de la finalización de los estudios. Sin embargo, el
alumno debe tener las condiciones de mantenerse durante el período en el
que esté cursando el profesorado o doctorado en las instituciones
brasileñas.
Si el estudiante participó del Programa de Estudiantes-Convenio de
Graduación (PEC-G) – dirigido a la graduación – no puede solicitar una
beca del PEC-PG cuando se gradúe. Es necesario permanecer en el país de
origen por un mínimo de dos años después de obtener el diploma brasileño
de graduación. Eso porque una de las propuestas del PEC-G es que el
extranjero regrese a su tierra natal para poner en práctica lo que
aprendió en Brasil y así contribuir para el desarrollo de su país.
Inscripción en el PEC-PG
La apertura del concurso para participar del PEC-PG es anual y
normalmente se realiza en marzo o abril. El candidato se inscribe a
través de la Internet, pero debe presentar la documentación exigida a la
Embajada de Brasil en su país. El requisito es necesario también si el
interesado reside en otro lugar – los documentos pueden enviarse a
través de correo convencional.
La selección de becados toma en cuenta la calidad del proyecto
presentado, los antecedentes del candidato, la adecuación del proyecto a
la institución de enseñanza en la que el extranjero desea desarrollar su
trabajo, y si dicha institución presenta una nota superior a 5 en la
evaluación de la Capes. Mientras tanto, en ciertas ocasiones el
candidato puede ser aprobado aún si la nota está por debajo de la ideal,
como por ejemplo en el caso de que el proyecto presentado sea específico
de algún área que carece de demanda, o el candidato tenga muchas
cualidades y buenos antecedentes.
Después del proceso selectivo, la lista de aprobados se publica en el
sitio de la Capes, delCNPq y en el del Ministerio de Relaciones
Exteriores, por intermedio de la División de Temas Educativos (DCE/MRE).
Son estas instituciones que promueven el PEC-PG.
Pueden inscribirse en el Programa de Estudiante-Convenio de Pos
Graduación los candidatos de los países detallados a continuación:
África
Sudáfrica
Angola
Argelia
Benín
Cabo Verde
Camerún
China
Costa del Marfil
Egipto
Gabón
Gana
Guinea-Bissau
India
Líbano
Mali
Marruecos
Mozambique
Namibia
Nigeria
Kenia
República Democrática del Congo
República del Congo
Santo Tomé y Príncipe
Senegal
Siria
Tailandia
Timor Leste
Togo
Túnez
Antigua y Barbuda
Argentina
Barbados
Bolivia
Chile
Colombia
Costa Rica
Cuba
El Salvador
Ecuador
Guatemala
Guyana
Haití
Honduras
Jamaica
México
Nicaragua
Panamá
Paraguay
Perú
República Dominicana
Surinam
Trinidad y Tobago
Uruguay
Venezuela
La moderna
Brasilia festeggia il suo compleanno
di
ALEJANDRO GOMEZ
Brasilia, l’unica città del mondo
costruita nel XX secolo a fregiarsi della condizione di Patrimonio
Culturale dell’Umanità per l’indiscutibile bellezza architettonica,
compie oggi 49 anni. Con l’inizio del conto alla rovescia per il mezzo
secolo di vita, la capitale non cancella la visione futurista dei suoi
principali edifici, grazie al genio dell’artista ed architetto
brasiliano Oscar Niemeyer.
Tuttavia, la gloria di essere il
progettista della città – che dall’alto assomiglia alla forma di un
aereo – spetta ad un altro brasiliano, Lucio Costa, che vinse il
concorso indetto dallo stesso Niemeyr, quando fu nominato direttore del
dipartimento di architettura ed urbanistica ed incaricato della
costruzione dei primi edifici.
In un’occasione Niemeyer ha detto: “mi
interessa poco che si dica che sono l’architetto di Brasilia sempre che
si dica anche che Lucio Costa è stato l’urbanista. Lui fu incaricato del
compito principale: progettare la città, le strade, le piazze, i volumi
e gli spazi liberi. La mia collaborazione è stata modesta, limitata ai
palazzi del Governo”.
E’ indiscutibile che il progetto di
Brasilia, tracciato a partire da grandi viali e diviso per settori, con
un asse centrale con le sedi dei tre poteri e dei ministeri, rappresenta
un punto di riferimento per i progettisti di tutto il mondo.
Nel 1955, Juscelino Kubitschek venne
eletto presidente e stimolò lo sviluppo dell’architettura brasiliana,
con un impegno segnato dalla costruzione della nuova capitale, il cui
nome si deve a José Bonifacio, consigliere di Pietro I nel secolo XIX,
che ebbe l’idea originale di creare la città.
Dichiarata dall’UNESCO, nel 1987,
Patrimonio Storico e Culturale dell’Umanità, i lavori per la costruzione
di Brasilia cominciarono nel 1956 e fu inaugurata ufficialmente il 21
aprile 1960, con l’istallazione dei tre poteri.
Molti parlamentari, però, si
rifiutarono di trasferirsi nella nuova città, costruita in una zona
desertica nel mezzo del paese, molto lontana dalle belle spiagge di Rio
de Janiero o di Bahia, che fino allora condividevano lo status di
capitale.
Quando nel 1970, fu stato approvato un
decreto che obbligava tutti i ministri a trasferirsi a Brasilia, la
macchina governativa si istallò realmente nella nuova capitale.
Oggi, Brasilia con 2,5 milioni di
abitati è una delle città con maggiore crescita demografica ed edilizia,
di ampliamento delle sue strade e crescita dei quartieri periferici.
Sono ammirati per la loro bellezza
costruttiva i Palazzi di Planalto (sede del governo, in questo momento
in restaurazione generale) dell’Alborada (residenza dei presidenti) e
quello dei due Archi o di Itamaraty (Ministero degli Affari Esteri).
Anche la Piazza dei Tre Poteri e le
sedi del Tribunale Supremo Federale e Congresso Nazionale, la
Cattedrale, il Teatro Nazionale, il Museo della Fondazione di Brasilia,
così come 11 edifici standard per i ministeri.
Qualcuno ha detto e con molta ragione
che “Niemeyer trovò per i palazzi di Brasilia una formula felicissima,
che ha saputo modificare al momento adeguato per sfruttare al massimo le
sue potenzialità plastiche e funzionali. Oggi si può affermare che i
palazzi di Brasilia sono opere che hanno marcato un’epoca e
costituiscono uno dei frutti più belli dell’architettura contemporanea”.
Per i festeggiamenti, le autorità
della capitale hanno organizzato diverse manifestazioni alle quali
parteciperanno circa un milione e mezzo di persone. La principale sarà
un concerto nella Spianata dei Ministeri, con Claudia Leite come figura
principale.
DICHIARAZIONI DI CHICO BUARQUE.
MINISTRO DELL' EDUCAZIONE DEL BRASILE.
Per un dibattito in un'università
degli Stati Uniti, domandarono all'ex governatore del Distretto Federale
ed attuale Ministro di Educazione del Brasile, CRISTOVÃO 'Chico'
BUARQUE, che cosa pensava sull'internazionalizzazione dell'Amazzonia.
Un statunitense nelle Nazioni Unite
introdusse la sua domanda, dicendo che aspettava la risposta di un
umanista e non di un brasiliano.
Questa fu la risposta del Sig.
Cristóvão Buarque: 'Realmente, come brasiliano, parleie solo contro
l'internazionalizzazione dell'Amazzonia. Per quanto i nostri governi
non curino debitamente questo patrimonio, egli è nostro. Come umanista,
sentendo il rischio della degradazione ambientale che soffre
l'Amazzonia, posso immaginare la sua internazionalizzazione, così
come di tutto il resto che è di somma importanza per l'umanità.
Se l'Amazzonia, da un'etica umanista,
deve essere internazionalizzata, internazionalizziamo anche le riserve
di petrolio del mondo intero.
Il petrolio è tanto importante per il
benessere dell'umanità come l'Amazzonia per il nostro futuro.
Nonostante questo, i padroni delle riserve credono avere il diritto di
aumentare o diminuire l'estrazione di petrolio e di far salire o no il
suo prezzo. Della stessa forma, il capitale finanziario dei
paesi ricchi dovrebbe essere internazionalizzato. Se l'Amazzonia è una
riserva per tutti gli esseri umani, non dovrebbe bruciarsi solamente per
la volontà di un padrone o di un paese.
Bruciare l'Amazzonia è tanto grave
come la disoccupazione provocata per le decisioni arbitrarie degli
speculatori globali. Non possiamo permettere che le riserve finanziarie
servano per bruciare paesi interi nella voluttuosità della
speculazione.
Anche, prima che l'Amazzonia, mi
piacerebbe vedere l'internazionalizzazione dei grandi musei di quello
mondo. Il Louvre non deve appartenere solo alla Francia.
Ogni museo del mondo è il guardiano
dei pezzi più belli prodotti per il genio umano.
Non si lasciare che questo patrimonio
culturale, come è il patrimonio naturale amazzonico, sia manipolato e
distrutto per solo il piacere di un proprietario o di un paese.
Non molto tempo fa, un milionario
giapponese decise di seppellire, insieme a lui, un quadro di un gran
maestro. Al contrario, quel quadro doveva essere
internazionalizzato.
Durante questo incontro, le Nazioni
Unite stanno realizzando il Foro Del Millennio, ma alcuni presidenti di
paesi ebbero difficoltà a comunicare, dovuto a situazioni spiacevoli
sorte nella frontiera degli USA per quel motivo, credo che New York,
come sede delle Nazioni Unite, deve essere internazionalizzata. Per lo
meno Manhatan dovrebbe appartenere a tutta l'umanità. Come Parigi,
Venezia, Roma, Londra, Rio di Janeiro, Brasilia... ogni città, con la
sua bellezza specifica, la sua storia del mondo, dovrebbe appartenere al
mondo intero.
Se gli USA vuole internazionalizzare
l'Amazzonia, per non correre il rischio di lasciarla in mano a dei
brasiliani, internazionalizziamo tutti gli arsenali nucleari. Rozza
pensare che essi dimostrarono già che sono capaci di usare quelle armi,
provocando una distruzione migliaia di volte maggiore che i deplorevoli
roghi realizzati nei boschi del Brasile.
Nei suoi discorsi, gli attuali
candidati alla presidenza degli Stati Uniti hanno difeso l'idea di
internazionalizzare le riserve
forestali del mondo in cambio del debito.
Cominciamo usando quel debito per
garantire che ogni bambino del mondo abbia la possibilità di mangiare e
di andare a scuola.
Internazionalizziamo i bambini,
trattandoli tutti senza importare il paese dove nacquero, come
patrimonio che merita le attenzioni del mondo intero. Molto più di
quello che si merita l'Amazzonia. Quando i dirigenti tratteranno i
bambini poveri del mondo come Patrimonio dell'Umanità, non
permetteranno che lavorino quando dovrebbero studiare; che muoiano
quando dovrebbero vivere.
Come umanista, accetto difendere
l'internazionalizzazione del mondo; ma, finché il mondo mi tratta come
brasiliano, lotterò affinché l'Amazzonia, sia nostra. Solamente
nostra! '
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