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ULTIME CORRISPONDENZE

 

 

 

IL NUOVO «MIRACOLO» BRASILIANO

di Pier Francesco Zarcone

 
 
 
Una mobilitazione dal basso e inattesa
Nei primi giorni delle mobilitazioni popolari in Brasile, sui giornali e nei discorsi della gente si poteva leggere lo sbalordimento di fronte al fatto che in uno dei luoghi mitici del calcio nazionale e internazionale, nel paese del sole, del samba, delle belle ragazze e dell’allegria esplodesse una rivolta di massa, non solo giovanile. Occasionata dall’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici a Rio de Janeiro e São Paulo, si è subito orientata anche e soprattutto contro le folli spese in corso per ospitare i prossimi eventi calcistici e sportivi internazionali (Coppe varie e Olimpiadi).
A tale sorpresa si è unito quella dei non-disinteressati paladini dell’attuale e selvaggia “liberalizzazione” capitalistica, della quale il Brasile è stato un teatro vasto, famoso e duraturo nel tempo.  Dove mai andremo a finire, si chiedono i benpensanti liberisti di destra e di sinistra se anche tra i giovani di un paese come il Brasile si diffonde la preferenza per trasporti pubblici efficienti e a prezzi popolari, per ospedali e scuole invece che per gli stadi?! È diventato uno slogan dei manifestanti “quero dinheiro para saúde e educação”. Citiamo per tutti la rivista britannica The Economist che, in un recente reportage sul Brasile, dopo aver additato nell’inflazione la causa del malcontento esploso nel paese, se l’è presa con quanti «invece di essere grati per le briciole che cadono dalle tavole dei ricchi brasiliani, si sono svegliati per il fatto di pagare le imposte e di meritarsi qualcosa in cambio». 
Comunque sia, centinaia e centinaia di migliaia em mangas de camisa (equivalente portoghese del castigliano descamisados) intanto sono riusciti a far rientrare il provvedimento che aumentava il prezzo dei pubblici trasporti. E questo è un primo dato da tenere a mente. Ma non per questo la protesta è finita giacché sono entrati a fare parte del pacchetto delle rivendicazioni la gratuità dei trasporti, il carovita, il carico tributario, l’intera politica economica del governo, le disuguaglianze socio-economiche, la corruzione, la violenza della famigerata polizia brasiliana, mentre si diffonde il pericoloso detto radicale “a política se faz nas ruas”. 
Ancora più sovversivo il discorso di Paulo Motoryn: «Quello che vogliamo è abbattere le barriere fra ricchi e poveri, rompere i muri fra centro e periferia, consolidare il popolo come attore politico d’importanza senza pari e lottare per un Brasile con giustizia sociale, senza disuguaglianze e con opportunità per tutti e tutte. Niente di più, niente di meno». È esploso quindi un malessere diffuso e fin qui sotto traccia e – come in Turchia – per un motivo in sé minimale: l’aumento contestato era di appena 20 centavos, cioè 20 centesimi. 
Altra delusione sicuramente colpisce chi si nutre dei luoghi comuni diffusi dai media politicamente corretti: il governo del Brasile da circa dieci anni è governato dal Partido dos Trabalhadores (Pt) di Lula da Silva e Dilma Rousseff (le cui antiche velleità rivoluzionarie sono state da tempo archiviate per fare posto a una tranquilla navigazione socialdemocratica), il paese ha una rilevante crescita macroenomica, a Rio la criminalità sembra in diminuzione; c’è la rassicurante militarizzazione delle favelas, e così via. Eppure …

 
Forchettoni rossi alla brasiliana
Una cosa è sotto gli occhi di tutti: la sinistra brasiliana al potere non da ieri ha smesso di essere tale (e non solo per i ricorrenti, e ormai endemici, episodi di corruzione), cosicché pure in Brasile si è verificato l’ennesimo tradimento degli ex rivoluzionari diventati socialdemocratici e “forchettoni rossi” in salsa tropicale. Sotto questo profilo è illuminante lo scritto pieno di amarezza pubblicato il 22 giugno da Folha de São Paulo, nel quale si parla di illusioni indotte «dalle vecchie volpi di sinistra con la loro mimica democratica, mentre decidevano tutto in conventicole al calar della notte. (...). Il bene era la sinistra, il male la destra. La sinistra poteva fare emerite cacate, manipolare opinioni, perfino sviare fondi per la causa. “I fini giustificano i mezzi”, dicevano le dirigenze progressiste. Alla fine siamo riusciti ad abbattere la destra e mettere al potere la sinistra. E che si è visto? La maggior sequenza di scandali e corruzione della nostra storia. Le menzogne si ripetono, i nemici raggiungono accordi, destra e sinistra fanno di tutto per mantenersi al potere». 
Passati gli entusiasmi iniziali per la prima vittoria elettorale di Lula, il sistema brasiliano dimostra oggi di aver  mantenuto strutturalmente inalterate le sue caratteristiche di sempre:
profonde disuguaglianze sociali di massa, e dominio - economico, politico e nell’apparato statale - da parte di un’oligarchia di cui oggi fanno parte anche settori “di sinistra”;
bassi salari, i cui leggeri aumenti (sono sempre al di sotto della crescita dell’economia nazionale) sono mistificati dalla discesa dei tassi di interesse che hanno consentito incrementi nei consumi finanziati dai prestiti;
servizi pubblici essenziali sulla cui qualità ed efficienza è meglio stendere un pietoso velo, perennemente (e di proposito) decapitalizzati;
infrastrutture inadeguate;
delinquenza di notevole entità.
Taluni miglioramenti nelle condizioni di vita di certi strati della popolazione non sono sufficienti a modificare questo quadro.
La crescita macroeconomica c’è, e ancora si mantiene, ma la redistribuzione della ricchezza è minimale e ben al di sotto del possibile, e le aspettative – spontanee o indotte – di salariati, giovani ed emarginati che hanno votato per il Partido dos Trabalhadores (Pt) sono rimaste irrealizzate. Spesso, anzi, svolte demagogiche si sono risolte in sperperi di denaro a favore di quelli che avrebbero dovuto essere i “nemici di classe”.
È stato il caso della famosa interruzione del pagamento del debito estero, voluta da Lula, poi risoltosi nel pagamento del debito stesso a interessi ancora superiori. Innegabilmente il Brasile è sfuggito agli artigli del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), ma a un prezzo pesante: il paese è caduto nelle mani di creditori interni, cioè l’oligarchia nazionale, che hanno lucrato tassi di interesse oltre il 10%, di modo che l’equivalente del 5,4% del Prodotto Interno Lordo del 2009 è andato a favore di questi benefattori nazionali, per un ammontare finanziario che viene calcolato pari a 13 volte di quanto Lula aveva destinato al programma sociale.  Famosa è rimasta la sua dichiarazione riportata dal giornale Folha de São Paulo il 22 maggio del 2009:
«Se c’è una cosa di cui nessun imprenditore brasiliano potrà lamentarsi nei miei sei anni di mandato è che mai si è guadagnato tanto denaro come col mio governo»!
Peccato che non possano dire lo stesso i ceti popolari per i quali un aumento dei trasporti diventa un onere pesante, magarti la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Anche in Brasile i commentatori politicamente corretti hanno manifestato stupore per una così massiccia contestazione sociale in una fase di tangibile miglioramento dei consumi e di facile accesso al credito. Volutamente dimenticando che nella storia dell’umanità i sommovimenti sociali non si verificano solo nelle fasi di crisi economica, cioè quando le masse degli emarginati non hanno più niente da perdere e nulla da ottenere nemmeno ricorrendo alla microcriminalità; ma anche (e a volte soprattutto) nelle fasi di crescita, perché queste consentono una maggiore presa di coscienza della propria condizione e delle inerenti ingiustizie.
Non manca chi arriva ad attribuire all’economia brasiliana un ritmo di crescita eccessivo, biasima la fretta con cui ci si è avviati alle prime (e insufficienti, diciamo noi) costruzioni di uno Stato sociale e sostiene che gli attuali livelli di consumi sarebbero al di sopra delle possibilità del paese. Si tratta di una canzone ben nota, che non ci si stanca di ripetere. Creare sensi di colpa in chi per la prima volta comincia a godere di un minimo benessere dopo una vita di povertà additandolo come causa delle difficoltà economiche di un paese, è sempre facile, ed evita di parlare di corruzione e dei flussi di denaro pubblico sviati in favore di privati “amici degli amici”.

 
Cercando meglio le cause, si dissolvono le favole dei media
Diciamocela tutta: senza l’improvvisa esplosione della rivolta brasiliana i nostri imperturbabili mass-media avrebbero continuato a darci la solita edulcorata immagine del Brasile, con la sua crescita economica, il miglioramento delle condizioni di vita, la gente che viene da fuori per cercare lavoro e così via. Ora “improvvisamente” gli stessi media scoprono tutto quel che non va e adesso, per esempio, la Cnn statunitense fornisce un quadro chiaro e preciso di quanto sta dietro le manifestazioni:
«Il Brasile sta sperimentando attualmente un collasso generalizzato nelle sue infrastrutture. Ci sono problemi con porti, aeroporti, trasporti pubblici, sanità e istruzione. I brasiliani non vedono quali siano le ragioni per infrastrutture così brutte quando c’è tanta ricchezza così altamente tassata. Nelle capitali le persone perdono fino a quattro ore al giorno nel traffico, sia in automobile sia nel trasporto pubblico che è davvero di bassissima qualità. Il governo brasiliano ha adottato misure per rimediare e controllare l’inflazione solo intervenendo sulle tasse e ancora non ha capito che il paradigma deve includere un intervento più centrato sulle infrastrutture. Nello stesso tempo il governo sta riproducendo su scala minore quanto fatto dall’Argentina qualche tempo fa (…) il che sta portando a inflazione alta e bassa crescita. Oltre al problema delle infrastrutture esistono vari scandali per corruzione che rimangono senza giudizio processuale, e quando i giudizi ci sono tendono a concludersi con l’assoluzione del reo. Il maggiore scandalo per corruzione della storia del Brasile finalmente è finito con la condanna dei rei e ora il governo sta tentando di ribaltare l’esito del processo manovrando attraverso emendamenti costituzionali incredibili, come il Pec [Proposta di Emendamento Costituzionale] 37 che eliminerà i poteri investigativi dei Pubblici Ministeri, delegandoli interamente alla Polizia Federale. In più, un’altra proposta cerca di sottoporre le decisioni della Suprema Corte Brasiliana al Congresso – una completa violazione dei tre poteri».
E anche questo scandalo legislativo ha infiammato vasti settori della popolazione.
A ben guardare con la protesta contro un aumento minimo delle tariffe dei servizi di trasporto si viene ad affrontare un tema tanto essenziale quanto politicamente scorrettissimo, e cioè si mette in discussione la polarizzazione fra interessi pubblici e privati risolta dal neoliberalismo della globalizzazione a favore di questi ultimi, mentre si dichiara che la specifica questione relativa a chi debba finanziare i costi di un servizio pubblico essenziale non va impostata subordinatamente alla brama di profitto delle imprese private. 
In questo quadro l’ex calciatore Pelé ha perso l’occasione per stare zitto: di fronte a un popolo giustamente inferocito per ragioni materiali concrete non ha trovato di meglio che invitarlo a farla finita con le proteste di strada per concentrarsi nell’appoggio alla Nazionale durante la Coppa delle Confederazioni e il Mondiale 2014. Quanto Pelé sia lontano dalla realtà (o faccia finta di esserlo) lo dimostra la contestazione subita dalla Presidente Rousseff proprio all’inaugurazione della Coppa delle Confederazioni. Si tratta di un avvenimento significativo poiché realizzato da un pubblico tutt’altro che di estrazione proletaria, tant’è che ha potuto pagare il costo di 350 euro per biglietto. Nei fatti esso esprime lo scontento di una classe media o medio-piccola obiettivamente  nata dalle politiche fin qui sviluppate da Lula e Rousseff, che rispetto al passato ha potuto migliorare le proprie condizioni di vita, ma che con l’inflazione attuale teme di arretrare socio-economicamente. 
D’altro canto c’è molto da dire quando in un paese disastrato nelle infrastrutture e nelle condizioni di vita della maggior parte del popolo si sperperano per i prossimi eventi calcistici le somme diffuse dalla Folha de São Paulo: per il Mondiale 2014 – benché la previsione iniziale fosse di 8.300 milioni di euro - già se ne sono andati 9.200 milioni, che alla fine potrebbero arrivare a 11.500 milioni; l’85% del finanziamento è a carico dello Stato brasiliano (governo federale, governi statali e municipalità); i costi per i 12 stadi che ospiteranno il Mondiale sono pure lievitati da 1.900 milioni a 2.500 milioni di euro. Tutto ciò per qualcosa che durerà meno di un mese.
Necessariamente gli oneri tributari dovranno aumentare ancora, ma i veri guadagni andranno solo a poche megaimprese e ai politici percettori di tangenti e benefici vari
Il governo non dà informazioni, ma le voci circolano e taluni già vedono operai al lavoro vicino a casa loro: le varie opere necessarie per il Mondiale (corridoi metropolitani, accessi ferroviari, ricostruzione di strade, ampliamento di aeroporti e relativi parcheggi, nuovi appartamenti) richiederanno lo sloggiamento dalle attuali abitazioni di circa 170.000 persone. Naturalmente si tratta di insediamenti popolari e ultrapopolari. Ci saranno indennizzi? E in che proporzione? Nessuno lo sa, il. Governo per lo più tace. In buona sostanza i lavori per il Mondiale sono l’occasione propizia per una grande “pulizia sociale” e per lucri immensi della speculazione edilizia. Intanto resta nel paese il deficit abitativo di 5 milioni di alloggi.

 
C’è calcio e calcio, e la Fifa vuole farla da padrona
Tra gli osservatori sudamericani (certo più attenti di quelli europei) esiste la conclusione che in Brasile in definitiva - nonostante le apparenze e se si guarda agli accessi agli stadi e ai beneficiari degli introiti sportivi - il calcio in Brasile sia cosa alquanto elitaria; e che eventi come il Mondiale contribuiscano a fare degli stadi piattaforme o occasione per gli affari con chiusura per i più.
Se guardiamo alla storia del famoso stadio di Maracaná si deve convenire che la predetta conclusione non è propriamente campata per aria. Nel 1950 alla finale tenutasi al Maracaná assistette l’8,5% della popolazione di Río de Janeiro e l’80% degli spettatori occupava i settori popolari dello stadio. Oggi il Maracaná è un’area “multiuso”, sede di eventi sportivi, recital musicali e show di vario tipo. Appositi vetri separano dal resto degli spettatori i Vip, i quali possono accedere allo stadio direttamente con l’auto e dispongono di una rampa riservata che fa loro evitare il contatto con la plebe.
A causa della finale del Mondiale 2014 e dei Giochi Olimpici del 2016 il Maracaná va ristrutturato (lasciando solo la vecchia facciata), con un costo minimo di 600 milioni di euro, ma alla maniera di un teatro. Quindi, niente più posti in piedi (come fu nel 1950) ma solo sedili numerati. Questo stadio che fu uno dei maggiori del mondo, ma ora è sceso al 14º posto, cesserà definitivamente di essere uno spazio popolare.   
Non può certo aver fatto piacere a molti brasiliani la notizia che ampi spazi verranno privatizzati in favore della Fifa, la quale potrà pure contrattualizzare in proprio 53.000 guardie di sicurezza, a spese però dello Stato brasiliano, e che ogni stadio sarà dotato di una radio su cui la Fifa avrà l’esclusiva.
E c’è molto altro, perché nel 2012 – piegandosi all’arroganza della Fifa a tutela dei suoi profitti – il  Parlamento ha approvato una legge generale per la Coppa delle Confederazioni secondo i criteri voluti dalla Fifa medesima, per quanto in palese conflitto con la legislazione brasiliana. Per esempio, in Brasile è proibita le vendita di alcolici negli stadi: invece la vendita viene liberalizzata; la Fifa ha voluto una deroga alla normativa vigente che prevede lo sconto del 50% sui biglietti degli stadi per studenti, pensionati, invalidi ecc., nonché la sospensione della “legge Pelé” che attribuisce il 5% degli introiti della vendita di audiovisivi sugli eventi sportivi ai sindacati degli atleti professionisti; la Fifa inoltre ha preteso l’emissione di visti e permessi per tutti i membri delle delegazioni – compresi invitati, funzionari, giornalisti e spettatori muniti di biglietti – con validità fino al 31 dicembre 2014, cioè fino a sei mesi dopo il termine del Mondiale; le è stato accordato  il diritto di autorizzare la vendita di qualsiasi merce non solo nei luoghi delle gare, ma altresì nelle loro prossimità e nelle vie di accesso; inoltre le aree esclusive per il commercio dei suoi prodotti sono definite dalle municipalità secondo le richieste della Fifa medesima e/o addirittura dei terzi da essa indicati; i venditori ambulanti non possono operare nel raggio di due chilometri dagli stadi. Dulcis in fundo si prevede la possibile istituzione di Giudici Speciali per le controversie inerenti allo svolgersi degli eventi.
Per inciso notiamo che questa legge (la nº 12.663, del 5 giugno 2012) di recente è stata impugnata innanzi al Supremo Tribunale Federale dalla Procura Generale della Repubblica.

 
La presidenza dell’ex guerrigliera Dilma Rousseff 
Assurta alla presidenza, Dilma Rousseff ha decisamente puntato all’accelerazione del processo che dovrebbe portare il Brasile a diventare una potenza globale. Sul piano formale sia Lula sia la Rousseff hanno sviluppatoin modo proficuo un’accorta politica d’immagine, tutto sommato ancora funzionante e lo dimostra il fatto che mentre dinanzi alla protesta turca si è immediatamente parlato di scontro fra “due Turchie”, per la rivolta brasiliana si stenta un po’ a parlare di quei “due Brasili” che invece esistono.  Questo aspetto è stato messo in evidenza e approfondito da Folha de São Paulo in un  articolo del 21 giugno. Vi si dice che la difficoltà di un tale riconoscimento sta nella specifica natura di quello che potremmo chiamare “altro Brasile”, suscettibile di tre visualizzazioni:
la prima visualizzazione è quella dell’enorme esclusione sociale, le cui cause risalgono sì all’era coloniale, ma si sono riprodotte sia pure mutando le forme e i suoi attori dominanti rimangono le oligarchie dei grandi proprietari terrieri e il violento caciquismo, le ristrette e razziste elite politiche;
la seconda, comprende la rivendicazione della democrazia partecipativa risalente agli ultimi 25 anni, concretizzatasi finora nel processo che ha portato alla Costituzione del 1988, ai bilanci partecipativi, alle politiche urbaniste di tante municipalità, alla destituzione dell’ultracorrotto Presidente Collor de Mello nel 1992, la creazione di Consigli cittadini per i principali settori delle politiche pubbliche (sanità e istruzione) e ai vali livelli (municipale, statale e federale);
la terza attiene alle politiche di inclusione sociale iniziate da Lula nel 2003, dalle quali sono derivate una riduzione della povertà, la creazione di una classe media propensa al consumo, il riconoscimento della discriminazione razziale verso neri e indigeni.
Relativamente alle ultime due visualizzazioni la presidenza della Rousseff la precedente accelerazione si è fermata ed è regredita, con questo riguadagnando terreno l’esclusione sociale. Oggi la democrazia partecipativa non funziona più come prima; le generazioni più giovani – scarsamente sostenute da una vita famigliare e comunitaria capace d’integrazione – restano preda di una spinta consumistica a cui spesso non sono in grado di fare fronte; le politiche di inclusione sociale si sono esaurite e con esse le inerenti aspettative popolari; la vita urbana è peggiorata anche grazie alla preparazione di prestigiosi eventi internazionali, per i quali sono stati sviati investimenti destinati ai trasporti, alla sanità, all’istruzione e più in generale a tutta l’area dei servizi pubblici; infine sono aumentati il razzismo e le uccisioni di leader contadini e indigeni visti come ostacolo alla sviluppo.

 
Si può azzardare qualche previsione?
Ancora una volta nella più recente storia contemporanea la cosiddetta rete sociale ha svolto un ruolo fondamentale nella mobilitazione popolare, e infatti è del giorno 20 la notizia che la Abin (Agência Brasileira de Inteligência) è stata incaricata di monitorare quel che succede nella Rete.
E ancora una volta le statistiche citate da Folha de São Paulo forniscono un determinato quadro: l’84% dei manifestanti non apparterrebbe ad alcun partito politico, il 71% ha partecipato per la prima volta a manifestazioni e il 53% ha meno di 25 anni. Notevole la partecipazione di studenti e persone con titolo di studio superiore se rapportata ai dati nazionali (fra i manifestanti gli studenti ammontano al 22%, mentre nel paese sono solo il 5%, e quanti hanno terminato studi superiori ammontano al 77% dei manifestanti, mentre nel paese sono il 22%).
È significativo e importante che i manifestanti per lo più non vogliano commistioni, interferenze o strumentalizzazioni da parte di partiti politici. Ci sono stati tumulti fra manifestanti e membri di partiti. A São Paulo militanti del Pt presentatisi alle manifestazioni sono stati chiamati opportunisti, e lo spiegamento di bandiere di partiti a sinistra del Pt (come il Partido Socialista dos Trabalhadores Unificados-Pstu e il Partido Socialismo e Liberdade-Psol) è stato fortemente contestato.
Non a caso il famoso cineasta di Pernambuco, Rosemberg Cariri ha così commentato le manifestazioni: «è un avvenimento storico importante: il popolo nelle strade. Contro i mega-imprenditori, le opere per la Coppa, il mercato cannibale, l’aumento dei trasporti, la stampa manipolata, la violenza fascista poliziesca, la mancanza di scuole e ospedali (…) Ora manca solo che siano innalzate le bandiere di protesta contro i massacri di indios, neri, bianchi e meticci poveri, di diseredati figli della terra che resistono nelle periferie, nelle favelas e nei campi». 
Intanto l’agitazione prosegue sempre più massiccia, ma non sembra che le “autorità” – manganellate e lacrimogeni della polizia a parte – siano intenzionate a seguire la via intrapresa in Turchia da Erdoğan. Non si possono quindi escludere ulteriori successi per i manifestanti. Tuttavia non c’è da farsi illusioni: ancora una volta la rivoluzione sociale non è affatto dietro l’angolo. Essendosi schierata dalla parte dei manifestanti anche la Central Sindical Única (la maggiore confederazione brasiliana), nel Pt vari dirigenti cominciano a preoccuparsi per la scarsa capacità di dialogo della Rousseff - con i movimenti oltre che con i suoi stessi ministri - per il diffuso timore che il partito possa perdere una parte dei suoi appoggi elettorali (d’altra parte i sondaggi danno in calo l’indice di gradimento del governo, passato dal 63% di marzo all’attuale 55%), e vorrebbero che la Presidente affidasse a Gilberto Carvalho, Segretario Generale della Presidenza, l’incarico di trattare con i manifestanti, ma con una certa autonomia.
Staremo a vedere e ne parleremo in un secondo articolo..
 
(22 giugno 2013)


Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

 


IL BRASILE HA  PERSO UN GENIO

 

“ Il Brasile ha perso uno dei suoi genii e questo è un giorno per piangere”, ha detto  la presidentessa brasiliana Dilma Rousseff dopo la morte del celebre architetto Oscar Niemeyer, all’età di 104 anni, ha informato AFP.

In un comunicato diffuso nel blog ufficiale della Presidenza, riportato dalle agenzie di tutto il mondo, Dilma Rousseff ha segnalato la militanza comunista di Niemeyer sino alla fine dei suoi giorni.

“Partendo dalle ingiustizie del mondo, sognava una società egualitaria”, ha detto ancora.

L’architetto è morto la notte di mercoledì nell’ Ospedale Samaritano di Río de Janeiro, dov’era ricoverato da più di un mese per problemi renali.

Xinhua ha informato che il bollettino medico del gruppo di dottori che lo seguiva diceva che la salute di Niemeyer stava peggiorando e  che il suo stato era grave.

 

Autore nel 1960, con l’urbanista Lucio Costa, della futurista città di  Brasilia, aveva collaborato  con il famoso architetto Le Corbusier, aveva partecipato al progetto per la sede della ONU a New York ed disegnato  la Torre Copan di São Paulo.

Le sue opere si ammirano nei cinque continenti e i suoi apporti all’architettura contemporanea  gli hanno fatto meritare molti premi e riconoscimenti internazionali. 

Per 90 anni Niemeyer ha presieduto il Partito Comunista del Brasile ed ha militato in questa organizzazione sino alal fine dei suoi giorni.

Amico di Cuba senza condizioni e del Comandante in Capo Fidel Castro, il prestigioso architetto ha lasciato all’Isola una scultura situata nell’Università di Scienze Informatiche de L’Avana, che rappresenta la resistenza del popolo cubano di fronte alle aggressioni degli Stati Uniti.

Il cantautore Chico Buarque si è sommato alle reazioni di dispiacere per la morte del brillante architetto.

“Oscar Niemeyer ha avuto una bella vita. È stato uno dei più grandi artisti del suo tempo e un uomo più grande della sua arte”, ha detto il celebre cantante.

Il prossimo 15 dicembre Niemeyer avrebbe compiuto 105 anni.

Il sitio web Cubadebate informa che il corpo di Niemeyer è stato imbalsamato a Río e portato a Brasilia per una veglia che duerà tutta la giornata di oggi, giovedì 6, nel Palazzo di Planalto, sede della Presidenza ed una delle sue grandi opere. Poi tornerà a Río per una Veglia nel Palazzo della Città e per il funerale, ha informato il sindaco Eduardo Paes.

 


Acceso a la Universidad


Los extranjeros que sean profesores universitarios, investigadores, profesionales o graduados en enseñanza superior pueden calificarse en Brasil a través del Programa del Estudiante-Convenio de Pos Graduación (PEC-PG). Los ciudadanos interesados originarios de los países en desarrollo con los que Brasil mantiene acuerdos educativos y culturales (vea lista completa al final del texto) pueden obtener becas de profesorado y doctorado en las instituciones brasileñas.

En la edición 2008 del PEC-PG fueron implementadas en el país 90 becas de profesorado otorgadas por el Consejo Nacional de Desarrollo Científico y Tecnológico (CNPq). Entre ellas, el 87% estuvieron dirigidas a los candidatos de América Latina (de 14 países) y el 13% a estudiosos de África (de seis países). La mayoría de los estudiantes contemplados se concentró en las instituciones del Sureste (57 becas, el equivalente al 63% del total) y del Sur (23 becas, o 25%), regiones que normalmente presentan la mayor oferta de plazas.

ShutterstockAmpliarEl Programa del Estudiante-Convenio de Pos Graduación (PEC-PG) permite a los profesores universitarios, investigadores, profesionales o graduados extranjeros para calificar en BrasilEl otorgamiento de becas del PEC-PG para los cursos de doctorado (fueron 140 en la edición del 2008) queda bajo la responsabilidad de la Coordinación de Perfeccionamiento del Personal del Nivel Superior (Capes). Sin embargo, el organismo también ofrece becas de profesorado para estudiantes de Timor Leste. Brasil tiene un acuerdo con Timor Leste para ayudarlo en la calificación de su equipo educativo. Por esa razón, las instituciones de enseñanza del país oriental cuentan con profesores brasileños, que incluso indican alumnos para participar del PEC-PG.

El extranjero puede elegir cualquier área de conocimiento para el curso de pos graduación del programa, siempre y cuando la misma incluya programas de este tipo que otorguen diplomas de validez nacional. Las ciencias agrarias, las ciencias sociales aplicadas y las ciencias humanas fueron las áreas de mayor interés.

Beneficios
El valor del auxilio del PEC-PG es igual al otorgado por las agencias financiadoras de los becados brasileños en Brasil; así, el Ministerio de Relaciones Exteriores (MRE) proporciona pasaje aéreo de regreso al país de origen después de la finalización de los estudios. Sin embargo, el alumno debe tener las condiciones de mantenerse durante el período en el que esté cursando el profesorado o doctorado en las instituciones brasileñas.

Si el estudiante participó del Programa de Estudiantes-Convenio de Graduación (PEC-G) – dirigido a la graduación – no puede solicitar una beca del PEC-PG cuando se gradúe. Es necesario permanecer en el país de origen por un mínimo de dos años después de obtener el diploma brasileño de graduación. Eso porque una de las propuestas del PEC-G es que el extranjero regrese a su tierra natal para poner en práctica lo que aprendió en Brasil y así contribuir para el desarrollo de su país.

Inscripción en el PEC-PG
La apertura del concurso para participar del PEC-PG es anual y normalmente se realiza en marzo o abril. El candidato se inscribe a través de la Internet, pero debe presentar la documentación exigida a la Embajada de Brasil en su país. El requisito es necesario también si el interesado reside en otro lugar – los documentos pueden enviarse a través de correo convencional.

La selección de becados toma en cuenta la calidad del proyecto presentado, los antecedentes del candidato, la adecuación del proyecto a la institución de enseñanza en la que el extranjero desea desarrollar su trabajo, y si dicha institución presenta una nota superior a 5 en la evaluación de la Capes. Mientras tanto, en ciertas ocasiones el candidato puede ser aprobado aún si la nota está por debajo de la ideal, como por ejemplo en el caso de que el proyecto presentado sea específico de algún área que carece de demanda, o el candidato tenga muchas cualidades y buenos antecedentes.

Después del proceso selectivo, la lista de aprobados se publica en el sitio de la Capes, delCNPq y en el del Ministerio de Relaciones Exteriores, por intermedio de la División de Temas Educativos (DCE/MRE). Son estas instituciones que promueven el PEC-PG.

Pueden inscribirse en el Programa de Estudiante-Convenio de Pos Graduación los candidatos de los países detallados a continuación:

África
Sudáfrica
Angola
Argelia
Benín
Cabo Verde
Camerún
China
Costa del Marfil
Egipto
Gabón
Gana
Guinea-Bissau
India
Líbano
Mali
Marruecos
Mozambique
Namibia
Nigeria
Kenia
República Democrática del Congo
República del Congo
Santo Tomé y Príncipe
Senegal
Siria
Tailandia
Timor Leste
Togo
Túnez
Antigua y Barbuda
Argentina
Barbados
Bolivia
Chile
Colombia
Costa Rica
Cuba
El Salvador
Ecuador
Guatemala
Guyana
Haití
Honduras
Jamaica
México
Nicaragua
Panamá
Paraguay
Perú
República Dominicana
Surinam
Trinidad y Tobago
Uruguay
Venezuela


 

La moderna Brasilia festeggia il suo compleanno

 

di ALEJANDRO GOMEZ

 

Brasilia, l’unica città del mondo costruita nel XX secolo a fregiarsi della condizione di Patrimonio Culturale dell’Umanità per l’indiscutibile bellezza architettonica, compie oggi 49 anni. Con l’inizio del conto alla rovescia per il mezzo secolo di vita, la capitale non cancella la visione futurista dei suoi principali edifici, grazie al genio dell’artista ed architetto brasiliano Oscar Niemeyer.

Tuttavia, la gloria di essere il progettista della città – che dall’alto assomiglia alla forma di un aereo – spetta ad un altro brasiliano, Lucio Costa, che vinse il concorso indetto dallo stesso Niemeyr, quando fu nominato direttore del dipartimento di architettura ed urbanistica ed incaricato della costruzione dei primi edifici.

In un’occasione Niemeyer ha detto: “mi interessa poco che si dica che sono l’architetto di Brasilia sempre che si dica anche che Lucio Costa è stato l’urbanista. Lui fu incaricato del compito principale: progettare la città, le strade, le piazze, i volumi e gli spazi liberi. La mia collaborazione è stata modesta, limitata ai palazzi del Governo”.

E’ indiscutibile che il progetto di Brasilia, tracciato a partire da grandi viali e diviso per settori, con un asse centrale con le sedi dei tre poteri e dei ministeri, rappresenta un punto di riferimento per i progettisti di tutto il mondo.

Nel 1955, Juscelino Kubitschek venne eletto presidente e stimolò lo sviluppo dell’architettura brasiliana, con un impegno segnato dalla costruzione della nuova capitale, il cui nome si deve a José Bonifacio, consigliere di Pietro I nel secolo XIX, che ebbe l’idea originale di creare la città.

Dichiarata dall’UNESCO, nel 1987, Patrimonio Storico e Culturale dell’Umanità, i lavori per la costruzione di Brasilia cominciarono nel 1956 e fu inaugurata ufficialmente il 21 aprile 1960, con l’istallazione dei tre poteri.

Molti parlamentari, però, si rifiutarono di trasferirsi nella nuova città, costruita in una zona desertica nel mezzo del paese, molto lontana dalle belle spiagge di Rio de Janiero o di Bahia, che fino allora condividevano lo status di capitale.

Quando nel 1970, fu stato approvato un decreto che obbligava tutti i ministri a trasferirsi a Brasilia, la macchina governativa si istallò realmente nella nuova capitale.

Oggi, Brasilia con 2,5 milioni di abitati è una delle città con maggiore crescita demografica ed edilizia, di ampliamento delle sue strade e crescita dei quartieri periferici.

Sono ammirati per la loro bellezza costruttiva i Palazzi di Planalto (sede del governo, in questo momento in restaurazione generale) dell’Alborada (residenza dei presidenti) e quello dei due Archi o di Itamaraty (Ministero degli Affari Esteri).

Anche la Piazza dei Tre Poteri e le sedi del Tribunale Supremo Federale e Congresso Nazionale, la Cattedrale, il Teatro Nazionale, il Museo della Fondazione di Brasilia, così come 11 edifici standard per i ministeri.

Qualcuno ha detto e con molta ragione che “Niemeyer trovò per i palazzi di Brasilia una formula felicissima, che ha saputo modificare al momento adeguato per sfruttare al massimo le sue potenzialità plastiche e funzionali. Oggi si può affermare che i palazzi di Brasilia sono opere che hanno marcato un’epoca e costituiscono uno dei frutti più belli dell’architettura contemporanea”.

Per i festeggiamenti, le autorità della capitale hanno organizzato diverse manifestazioni alle quali parteciperanno circa un milione e mezzo di persone. La principale sarà un concerto nella Spianata dei Ministeri, con Claudia Leite come figura principale.


DICHIARAZIONI DI CHICO BUARQUE. MINISTRO DELL' EDUCAZIONE DEL BRASILE. 

Per un dibattito in un'università degli Stati Uniti, domandarono all'ex governatore del Distretto Federale ed attuale  Ministro di Educazione del Brasile, CRISTOVÃO 'Chico' BUARQUE, che cosa pensava sull'internazionalizzazione dell'Amazzonia. 

Un statunitense nelle Nazioni Unite introdusse la sua domanda, dicendo che aspettava la risposta di un umanista e non di un brasiliano. 

Questa fu la risposta del Sig. Cristóvão Buarque: 'Realmente, come brasiliano, parleie solo contro l'internazionalizzazione dell'Amazzonia. Per quanto   i nostri governi non curino debitamente questo patrimonio, egli è nostro.  Come umanista, sentendo il rischio della degradazione ambientale che soffre l'Amazzonia, posso immaginare la sua    internazionalizzazione, così come di tutto il resto che è di somma importanza  per l'umanità.  

Se l'Amazzonia, da un'etica umanista, deve essere internazionalizzata, internazionalizziamo anche le   riserve di petrolio del mondo intero. 

Il petrolio è tanto importante per il benessere dell'umanità come l'Amazzonia per il nostro futuro. Nonostante   questo, i padroni delle riserve credono avere il diritto di aumentare o diminuire l'estrazione di petrolio e di far salire o no il suo prezzo.    Della stessa forma, il capitale finanziario dei paesi ricchi dovrebbe essere internazionalizzato. Se l'Amazzonia è   una riserva per tutti gli esseri umani, non dovrebbe bruciarsi solamente per la volontà di un padrone o di un paese.

Bruciare l'Amazzonia è tanto grave come la disoccupazione provocata per le decisioni   arbitrarie degli speculatori globali. Non possiamo permettere che le riserve finanziarie servano per bruciare paesi interi nella voluttuosità della speculazione.  

Anche, prima che l'Amazzonia, mi piacerebbe vedere l'internazionalizzazione dei grandi musei di quello   mondo. Il Louvre non deve appartenere solo alla Francia. 

Ogni museo del mondo è il guardiano dei pezzi più belli prodotti per il genio umano.

Non si lasciare che questo patrimonio culturale, come è il patrimonio naturale amazzonico, sia manipolato e distrutto per solo il piacere di un proprietario o di un paese. 

Non molto tempo fa, un milionario giapponese decise di seppellire, insieme a lui, un quadro di un gran maestro. Al   contrario, quel quadro doveva essere  internazionalizzato. 

Durante questo incontro, le Nazioni Unite stanno realizzando il Foro Del Millennio, ma alcuni presidenti di paesi   ebbero difficoltà a comunicare, dovuto a situazioni spiacevoli sorte nella frontiera degli USA per quel motivo, credo che New York, come sede delle Nazioni Unite, deve essere internazionalizzata. Per lo meno Manhatan dovrebbe appartenere a tutta l'umanità. Come Parigi, Venezia, Roma, Londra, Rio di Janeiro, Brasilia... ogni città, con la sua bellezza specifica, la sua storia del mondo, dovrebbe appartenere al mondo intero.   Se gli USA vuole internazionalizzare l'Amazzonia, per non correre il rischio di lasciarla in mano a dei brasiliani,   internazionalizziamo tutti gli arsenali nucleari. Rozza pensare che essi dimostrarono già che sono capaci di usare quelle armi, provocando una distruzione migliaia di volte maggiore che i deplorevoli roghi realizzati nei boschi del Brasile.  

Nei suoi discorsi, gli attuali candidati alla presidenza degli Stati Uniti hanno difeso l'idea di   internazionalizzare le riserve forestali del mondo in cambio del debito.  

Cominciamo usando quel debito per garantire che ogni bambino del mondo abbia la possibilità di mangiare e di andare a  scuola.  

Internazionalizziamo i bambini, trattandoli  tutti  senza importare il paese dove nacquero, come patrimonio che merita le attenzioni del mondo intero. Molto più di quello che si merita l'Amazzonia. Quando i dirigenti tratteranno i bambini poveri del mondo come Patrimonio dell'Umanità, non permetteranno che lavorino quando dovrebbero studiare; che muoiano quando dovrebbero vivere. 

Come umanista, accetto difendere l'internazionalizzazione del mondo; ma, finché il mondo mi tratta come brasiliano,   lotterò affinché  l'Amazzonia, sia nostra. Solamente nostra! '

 

 

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