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A 20 años del
levantamiento indígena: Informe sobre los derechos de los pueblos
indígenas en Ecuador
El 4 de junio de este año se
cumplieron 20 años del primer gran levantamiento indígena en el Ecuador
moderno. Este hecho vislumbró al movimiento indígena como un actor
central en la vida política del país y se convirtió en un ejemplo de
lucha y propuesta en Latinoamérica. Para conmemorar el
levantamiento de los años 90, indígenas de la Amazonía ecuatoriana el 10
de junio empezaron una caminata desde el Puyo hasta Quito donde, el 21
de junio, se celebrará el Inti Raymi y junto con indígenas de todo el
país y organizaciones sociales instalarán el parlamento Plurinacional
de los Pueblos. Pero, ¿qué ha cambiado en 20 años? ¿Cuáles son los
derechos por los que ahora los pueblos indígenas se movilizan, caminan?
Este informe presentado ante la
Comisión Interamericana de Derechos Humanos, CIDH, evidencia algunas
respuestas sobre la situación actual de los derechos de los pueblos
indígenas en el Ecuador.
Aquí algunos temas destacados en el
informe:
- Derechos de los pueblos indígenas
en la constitución 2008
- Desconocimiento de los derechos
de los pueblos indígenas en la nueva normativa infra- constitucional y
en políticas públicas
- Reglamento sobre consulta previa,
ley de minería
- Violación a la consulta previa,
violación a la consulta pre-legislativa, violación al Derecho a la
propiedad de los Territorios de las Nacionalidades Indígenas
- Proyectos en debate: Ley de Aguas,
Código Territorial y Código Ambiental
- Violaciones de los derechos de
los pueblos indígenas en el gobierno de la Revolución Ciudadana.
Este
informe fue presentado por la Confederación de Nacionalidades
Indígenas del Ecuador, CONAIE, la Fundación Regional de Asesoría en
Derechos Humanos, INREDH, la Fundación Pachamama, Fundación Centro
Lianas y el Centro por la Justicia y el Derecho Internacional (CEJIL),
para ampliar la información presentada en la audiencia temática sobre
derechos de los pueblos indígenas en el Ecuador, concedida por la
Comisión Interamericana de Derechos Humanos, en Washington DC el 3 de
noviembre del 2009.
VER EL INFORME COMPLETO EN PDF: CLICK AQUÍ
Sondaggi:
Correa vincerà le presidenziali al primo turno
di
Leovani Garcia Olivarez
Il presidente ecuadoriano, Rafael
Correa, dovrebbe essere rieletto al primo turno delle elezioni
presidenziali di domenica prossima con il 50% dei voti, ha rivelato un
sondaggio annunciato oggi a Quito. Il sondaggio, della società SP Studi
e Ricerche di Santiago Pérez, è stato consegnato alla stampa, però senza
la possibilità di diffonderlo, a causa della proibizione stabilita dal
Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). In seconda posizione appare l’ex
presidente Lucio Gutierrez, che conquisterebbe il 16% dei voti, seguito
dall’imprenditore multimilionario Alvaro Noboa, con il 12%. In quarta
posizione c’è l’ex parlamentare Martha Roldos, del movimento Red
Democratica (RED), con l’8% delle intenzioni di voto. Perez ha spiegato
che il sondaggio è stato realizzato tra il14 ed il 19 aprile e conferma
il grande vantaggio di Correa sul resto dei 7 candidati alla presidenza
dello Stato. Tra i candidati, il socialista Diego Delgado, l’ex deputato
Carlos Gonzalez, gli indipendenti Carlos Sagñay e Melba Jacome non
raggiungono percentuali significative. La percentuale tra schede bianche
e nulle arriverebbe al 13%. La SP Studi e Ricerche spiega che Correa
vincerebbe in 23 delle 24 province, e perderebbe solo a Napo, territorio
natale di Gutierrez. A Santa Elena, provincia costiera, il presidente
uscente raggiungerebbe il maggior appoggio, con il 71% dei voti. Circa
l’Assemblea Nazionale, il sondaggio segnala che i candidati del
movimento Alleanza Paese, guidato da Correa, dovrebbero conquistare 61
seggi dei 118 che si eleggono nel territorio nazionale. Altri sei
corrispondono agli emigrati all’estero. Il partito Società Patriottica
di Guitierrez conquisterebbe 19 seggi al parlamento, seguito dal Partito
Rinnovatore Istituzionale di Noboa, con 9.I socialcristiani 7 ed il
Movimento Popolare Democratico 5, sempre secondo il sondaggio. Poco più
di dieci milioni di ecuadoriani sono chiamati alle urne per eleggere,
oltre il presidente dell’Ecuador ed i parlamentari, i 23 prefetti
provinciali e 121 sindaci.
Riscatto della dignità, della sovranità e della ricerca
dell'integrazione latinoamericana
di Rafael Correa Delgado*
L'Ecuador si integra da oggi ed in maniera decisa alla costruzione
della Gran Nazione Sud-americana, quell'utopia di Bolivar e San
Martin, che, grazie alla volontà dei nostri paesi, vedrà la luce, e,
con le sue scintille storiche sarà capace di offrire altri orizzonti
di fratellanza e fraternità ai paesi sud-americani, paesi giusti,
orgogliosi, sovrani.
Quando mezzo millennio di anni fa i primi europei arrivarono alle
terre che si conoscono oggi come l'America, trovarono un paradiso dove
gli esseri umani vivevano armonicamente con la natura. Per migliaia di
anni, tribù, paesi e civiltà sono stati costruendo un mondo nel quale
la “Paccha Mama”, la madre terra era rispettata, perché era la madre
primaria, la madre di tutte le madri. Tre secoli di conquista e di
colonia segnarono per sempre gli uomini e la terra americana.
Da
più di due secoli sorgono gli “eccelsi”, indigeni, negri, bianchi e
meticci. Sono i figli del sole e della ragione, nella quale risalta il
medico, il precursore, l'uomo universale, Eugenio Espejo che
rappresenta il primo risveglio di questa America insorta.
Miranda consolida il pensiero in proposta strategica e Simon Rodriguez
capisce che le repubbliche senza repubblicani si trasformeranno in
semplice “ripublichette”, come oggi, quando parafrasiamo il maestro e
diciamo: una nazione senza cittadini non è una nazione.
In
quegli anni, un 10 agosto 1809, la fiamma si accende a Quito,
conosciuta da allora come Luce dell'America. Questa generazione
disubbidiente fu sterminata dai colonialisti, ma sarà un uomo, unico e
geniale, che dovrà intraprendere, da Caracas, l'eroica lotta
dell'indipendenza americana, accompagnato da Manuela Saenz che ha
tessuto la sua bandiera rivoluzionaria con scampoli di amore, di
talento e di decisione sublime.
C'era
una sola strada e Bolivar lo comprese condizionando il nostro destino
comune alla creazione di “Una Nazione di Repubbliche Sorelle”.
Duecento anni sono passati senza che il sogno bolivariano abbia potuto
concretarsi. Dovremo aspettare altri duecento anni per ottenerlo?
Ricordando lo stesso Bolivar, quando i paurosi ed i pusillanimi gli
reclamavano la sua veemenza per la causa dell'indipendenza americana e
gli dicevano che bisognava aspettare, il giovane e futuro Libertador
gli rispose: trecento anni di attesa non sono sufficienti? Ed alcuni
anni più tardi, il gran poeta Pablo Neruda, invocava il Libertador,
dicendo:
Io
conobbi Bolivar una mattina lunga
Nella
bocca del Quinto reggimento
Padre, gli dissi
Sei o
non sei o chi sei
E
guardando la caserma della montagna disse
Mi
risveglio ogni cento anni quando si sveglia il popolo
E 100
anni dopo le gesta libertarie bolivariane tornò a risvegliarsi il
popolo, guidato dal Generale Eloy Alfaro -discepolo di Montalvo ed
amico di Martí - per colui che “nel ritardo c’è il pericolo”. Ora, a
cento anni dall’ultima Presidenza di Alfaro, nuovamente questo
risveglio è incontenibile e contagioso. Solamente ieri, nella landa di
Zumbahua, coi nostri fratelli indigeni, si ripeteva questo slogan
ribelle e civico che inonda le strade dell'America: “All'erta,
all'erta, all'erta che cammina la spada di Bolivar per l'America
Latina”.
Adesso tocca a noi. I paesi non ci perdoneranno se non riusciamo ad
avanzare nell'integrazione della Nostra America, per usare
l'affettuosa concezione Martí. Per questa storia di sogni condivisi,
il governo ecuadoriano manifesta ai suoi fratelli il suo compromesso
profondo con l'integrazione dei nostri popoli. Aspettiamo il ritorno
del Venezuela nel CAN, affinché insieme al MERCOSUR, al Cile, al
Suriname e alla Guayana, si concreti il più presto possibile
l'istituzionalizzazione della Comunità Sud-americana e le azioni
sociali, culturali, economiche e politiche tanto enunciate ed offerte
in parole, si facciano carne e realtà.
Il
governo dell'Ecuador, come voi lo conoscete già, Sig Presidenti e
rappresentanti dei paesi sud-americani, offre Quito, Luce
dell'America, come uno spazio per la riflessione e costruzione della
Comunità Sud-americana. Che la futura Segreteria Permanente si
stabilisca in terre ecuadoriane, se voi signori presidenti lo
considerate opportuno e conveniente..
Facciamo onore al sacrificio degli “eccelsi” e dei liberatori ed al
clamore dei nostri popoli affinché il Sud-America si trasformi in
esempio davanti al mondo di una Gran Nazione Sostenibile di
Repubbliche Sorelle, per il nostro bene ed esempio per tutta
l'umanità.
Cari
ecuadoriani ed ecuadoriane: E’ arrivata l'ora. Non bisogna avere
paura. Quello che camminò sul mare e calmò le tempeste, c'aiuterà a
superare anche questi difficili ma promettenti momenti. Non ci
dimentichiamo che il Regno di Dio deve essere costruito qui, sulla
terra. Preghino per me affinché Dio mi dia un cuore grande per amare,
ma anche forte per lottare. Martin Luther King diceva che il suo sogno
era vedere un America del Nord dove bianchi e negri potessero
condividere la scuola, la mensa, la Nazione. Il mio sogno, dall'umiltà
della mia Patria “morena”, è vedere un paese senza miseria, senza
bambini per strada, una Patria senza opulenza, ma degna e felice.
Una
Patria amica, ripartita tra tutti. Ora, col cuore vi ripeto: non
deluderò mai i miei compatrioti, e consacrerò tutto il mio sforzo, con
l'aiuto di Dio e sotto le ombre libertarie di Bolivar e di Alfaro, a
lottare per il mio paese, per quella Patria giusta, altezzosa e
sovrana, che tutti sogniamo e che tutti meritiamo.
Dio
benedica il popolo ecuadoriano. Mashikuna
Ñami
punchaka chayashka
Shuk
shikan, mushk llaktata shaychinaka usharinmari
Ñukanchik gobiernoka tukuy runakunapa gobiernomi kanka.
Pi
mana ñukanchikta atinkakunachu.
Apunchik ñukanchik llaktata bediciachun!
*l’autore è economista ed accademico, Presidente della Repubblica
d'Ecuador
Parte
finale del discorso di possessione dell’attuale presidente d’Ecuador
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