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CILE: LOTTA DURA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

Se il Cile fosse stato quello sognato da Allende, di certo non sarebbe questo di oggi. Il paese, gode di una delle economie più floride del Latinoamerica con un tasso di crescita del PIL del 6,5% nel 2011 e con un reddito pro capite di oltre 16.000 dollari. Anche la soglia di povertà è scesa in percentuale all’11% e grazie al prezzo del rame (i proventi sono interamente dello Stato), il debito pubblico è fortemente diminuito.  Ma al di là delle cifre, il paese paga fortemente la diseguaglianza sociale e la ricchezza accumulato negli ultimi venti anni è finita solo nella mani di pochi eletti e, secondo l’OCSE, il Cile registra la peggiore ridistribuzione del reddito pro capite ed il sistema di tassazione non riequilibra affatto questa situazione.  Il sistema educativo è considerato dalla classe media , l’unico mezzo di affermazione sociale ma rappresenta allo stato attuale, la cartina al tornasole della diseguaglianza. Infatti, il poter frequentare le università, rappresenta oggi una spesa sempre più crescente per le famiglie che sono costrette ad indebitarsi per poter mandare i loro figli a studiare. Si è determinato che circa il 70% degli studenti universitari, abbia debiti che arrivano a toccare i 30.000 dollari l’anno.  Passaggio obbligato questo dell’indebitamento in quanto prestiti ed agevolazioni (comunque inquinati da forti interessi) coprono in media solo quasi la metà delle rette. E se nel 1990 erano solo 200mila gli iscritti alle università, oggi si è giunti a superare il milione. Da questo assunto si può capire del perché delle lotte degli studenti medi ed universitari che da oltre un anno, sono esplose con forza per invocare un cambiamento nei costi dell’istruzione che deve essere aperta a tutti. Chiedono l’abbattimento delle rette e precisi investimenti statali a favore dell’educazione secondaria e questo per ottenere strumenti per migliorare la qualità della vita. Promesse queste, che da venti anni sono state fatte solo a parole e mai mantenute. Oggi, il governo di Sebastian Pinera, vede crollata la sua popolarità al 29% toccando così  una delle più basse percentuali nella storia del Cile. Le agitazioni studentesche rappresentano la presa di coscienza di giovani che vogliono avere più spazio politico per poter decidere.  Le lotte, inizialmente sottovalutate, sono oggi un punto fermo di una coscienza di classe e sono state accompagnate da una serie di scioperi che sono stati fatti da molti settori lavorativi anche perché il Cile, ufficialmente orfano di qualsiasi dittatura, vive ancora sotto le regole varate dal fascista Pinochet e non solo: il sistema formativo è lo stesso dei tempi del dittatore responsabile del golpe che rovesciò il democratico governo di Salvador Allende. Gli studenti non sono soli nella loro battaglia: al loro fianco presidi e docenti reclamano un futuro diverso, senza debiti e con il rispetto del diritto allo studio in un paese che destina solo lo 0,3% del PIL all’istruzione, lasciando l’80% dei finanziamenti essere coperti dalle tasse altissime a carico degli studenti. In questo contesto, lo Stato risponde brutalmente attraverso carabinieri e polizia che reprimono duramente ogni manifestazione e che già hanno causato l’assassinio del quattordicenne Manuel Gutiérrez, ucciso il 26 agosto con un colpo di arma da fuoco al torace. Ma è la riproposizione di una vecchia storia: Manuel, Alexis, Carlos, Thomlinson e tanti altri manifestanti uccisi dalla violenza della polizia e dalla forze dell’ordine solo perché manifestavano il loro dissenso alla politica neoliberista che colpisce le classi medie e povere.
Ma pare che tutto questo sia vano dal momento che Pinera, per riacquistare un po’ di prestigio, modifica le statistiche sulla povertà, truccandole verso il basso ed ignorando che una precisa inchiesta giornalistica di controinformazione lo abbia smascherato. Ritornando al movimento studentesco questo vede in prima linea la Federazione degli Studenti dell’Università del Cile (la FECH) al cui vertice nel 2010  c’è stata la ventitreenne militante comunista Camila Vallejo  (attualmente la presidenza è affidata a Gabriel Boric mentre la vicepresidenza sempre alla Vallejo) la cui presenza non si è solo limitata alla lotta nelle piazze cilene ma ha anche rappresentato il movimento in una opera di sensibilizzazione che l’ha vista viaggiare per molti paesi , rivitalizzando così l’interesse bolivariano per le istanze che provengono dal Cile. Va ricordato che nel 2006-07 ci fu un precedente sempre di lotta studentesca contro il governo della ‘sinistra’ di Michelle Bachelet che rispose con accenni di negoziazione ma anche con una dura repressione. Ma in Cile ci sono anche battaglie che non godono di alcuna visibilità e, magari, non sono condotte da personaggi che possono ben destreggiarsi sotto ai riflettori di una informazione globalizzata.  Questa è la visione dei compagni del MIR prigionieri in un carcere di massima sicurezza e ci parla della loro analisi sul loro paese.

CILE VIRTUALE - CILE REALE

L'immagine del giaguaro d'America si e' scontrata con due ostacoli: la realtà politica e la realtà economica. Questi ostacoli non sono congiunturali : rappresentano la fragilità non solo del " modello cileno " , ma anche del fallimento annunciato dell'esperimento neoliberista nelle economie e la sua globalizzazione.  Oggi il volto dimagrito di un fantasma bifronte attraversa lo scenario politico cileno. In questo si sviluppa ed estende , ben oltre l'ingegneria ed i discorsi, una doppia crisi strutturale - politica ed economica - , che si esprime nella forma di una crisi della gestione concertazionista su entrambi i piani. La transizione pattuita sembra, sotto tutti gli aspetti , più un processo di "candeggio" della dittatura che il felice ed auspicato cambio promesso al popolo che ha pagato con il suo sangue il prezzo dell'esperimento neoliberista in Cile, nel quadro di una istituzionalita' poliziesca ed escludente.  Tale istituzionalità chiamata " democrazia degli accordi ", è la continuità politica ed economica garante delle richieste delle imprese multinazionali e dello sfruttamento che la classe dominante esercita sulla manodopera a buon mercato mercato di donne e bambini , classificata con l'eufemismo di " economia informale " , espressione tecnica che significa, nella neolinguistica del potere, il disprezzo assoluto per la vita e la dignità di coloro che si caricano sulle proprie spalle il peso degli indici macroeconomici della crescita.  La virtualità della transansizione politica e le sue contraddizioni intrinseche, risultato della sottomissione alla destra e al potere militare, che include la rappresentanza parlamentare - Pinochet incluso -, l'insieme della struttura politico-giuridica e la mancanza di volontà e capacità di avanzare nel processo di democratizzazione offerto dalla concertazione nel suo programma , costituiscono una realtà politica di lungo respiro, impossibile da superarsi, neanche nel caso di un nuovo periodo in cui la concertazione si impegna a prolungare la sua gestione facendo appello demagogicamente alla sua " vocazione democratica " , oggi più che mai evidenziata internazionalmente con la vergognosa difesa che fa il governo di uno dei maggiori genocidi della storia. Le garanzie di stabilità e governabilità che la destra politica ed economica esige e richiede al governo , vengono garantite al prezzo di un maggiore e più profondo isolamento a questo riguardo della sua base elettorale, ogni volta più ridotta e scettica.  L'impatto immediato della crisi economica e le sue conseguenze , il prolungamento della situazione creatasi per il giudizio e la detenzione di Pinochet in Inghilterra , hanno lasciato allo scoperto non solo la fragilità politica interna della transizione e la fittizia " riconciliazione nazionale " , ma hanno anche posto in discussione, in modo evidente , la pretesa del governo di collocarsi alla testa del blocco di potere. Nell'ambito dei diritti umani, la politica del governo si e' espressa nella parola d'ordine di " giustizia nel modo possibile " , lasciando come garanti della istituzionalita' gli stessi responsabili di migliaia di crimini che rimangono tutt'ora impuniti , e sviluppando per di più il loro apparato repressivo , dotandosi di nuovi strumenti con la scusa della " sicurezza cittadina " , seminando telecamere nelle città , creando un ufficio di spionaggio per controllare e pianificare la repressione selettiva e di massa della società civile e delle organizzazioni, giovanili e politiche che potevano chiedere e proporre una alternativa di cambiamenti reali. Il risultato di questa peculiare politica dei diritti umani e di sicurezza cittadina ha comportato la repressione di studenti e lavoratori , la repressione e la punizione brutale nei confronti delle organizzazioni dei "popoli originari".  La " giustizia nel modo possibile " non solo ha sepolto la speranza di giustizia di un popolo punito brutalmente nel passato recente ( 3193 morti documentati nel rapporto della commissione nazionale di riparazione, riconciliazione e giustizia o commissione Rettig ), ma ha anche reso impossibile far luce sui crimini e la condanna dei responsabili di più di 30 morti per motivi politici per mano di organismi di polizia negli otto anni di democrazia.  Come se questo non fosse stato sufficiente , la " democrazia cilena " accetta e promuove la creazione di gruppi paramilitari a carico dei municipi dei settori più ricchi per proteggere la sicurezza della sua permanenza prima dell'aumento della delinquenza , che e' il risultato del modello che condanna più di quattro milioni di persone alla estrema povertà e all'impossibilita' di un futuro .  La realtà che vive il Cile dopo quasi dieci anni di democrazia , non e' molto distante da quella che patiscono tutti i popoli del mondo dove si e' imposta la globalizzazione neoliberista ; la differenza fondamentale e' che si fa al prezzo di un genocidio che rimane impunito al quale il governo cerca sfacciatamente di dare legittimità , politica , morale e storica.  L'argomentazione " democratica " in Cile per giustificare la dipendenza, la spoliazione, l'esclusione e l'impunita' più aberrante ha un obbiettivo strategico : assicurare la riproduzione politica ed economica del modello e seppellire sotto un manto di legalità e repressione il diritto alla vita e alla dignità di coloro che hanno un salario minimo , sotto contratto di lavoro, impiego precario o semplicemente senza, che già non possono ne' vogliono continuare come adesso.  La risposta del potere e' quella di sempre , la sua conseguenza e', senza dubbio , esemplare : democrazia in Cile e' esclusione . Democrazia in Cile e' repressione. Un centinaio di prigionieri politici in Cile si rendono conto di ciò: l'avvocato Alberto Espinoza a questo riguardo ha segnalato alla stampa: "Molti di loro sono veri sopravvissuti. La maggior parte sono figli della dittatura e furono allevati sotto la repressione... Prima della giustizia militare sono giudicati dalla legge antiterrorista senza che esista qualche disposizione che lo permetta. Per una sola condotta sono giudicati due o più volte... Urge una preoccupazione per questi prigionieri perché sono stati vittime di un sistema processuale inquisitivo sotto la Costituzione Politica di Pinochet".  Il discorso ufficiale dentro o fuori dal governo non permette ne' la divergenza ne' la convenienza plurale; i pehuenches di Ralco e i mapuches di Lumaco li' sono presenti a dirlo, accerchiati dalle forze di polizia e da bande armate e pagate dalle imprese forestali.  Questa negazione del paese reale e' la massima espressione della crisi attuale, crisi di senso e realtà, nella quale il governo cileno, alienando il proprio formale discorso, non ha dubitato nel chiedere aiuto e beneplacito del potere dietro il potere.  Non sarebbe esatto riferirsi al Cile come a un "co governo" implicito della Concertazione, delle forze armate, della destra politica e dell'impresariato nazionale. In questo contesto e davanti all'imminenza di un acutizzarsi dei conflitti sociali e della campagna elettorale nella quale si definisce chi amministra e chi usufrutta l'esercizio formale del potere, il governo cercherà prima del termine del primo semestre del 1999, una soluzione rapida degli attuali poli di instabilità, sia livello interno che esterno : situazione dei diritti umani, caso Pinochet, più una ricomposizione istituzionale che contempli una redifinizione dei ruoli e delle negoziazioni dei conflitti all'interno del blocco del potere per affrontare un quadro adeguato e più favorevole al processo elettorale e frenare così una potenziale ricomposizione della sinistra in uno scenario di acutizzazione della crisi economica e politica. Di fronte a queste prospettive, pensiamo che dal punto di vista strategico si apre uno scenario favorevole al campo popolare.  La principale contraddizione per avanzare in un progetto di paese possibile per tutti, non si radica solo nell'apparato e il potere della classe dominante ma di più nell'effetto ideologico del suo sistema di valori sul popolo: la paura, la distruzione delle identità collettive, l'internazionalizzazione delle dinamiche di consumo e l'individualismo che, al passo dei tempi, si convertono nel " senso comune " , rappresentate a livello simbolico della perdita dell'autostima degli attori sociali e rendono difficile la costruzione dell'utopia che da' senso alla vita. C'e' bisogno di sognare , credere e rappresentarci come popolo un nuovo modo di organizzare la nostra economia al servizio dell'uomo e della donna ,con pieno rispetto del nostro ambiente; darci il compito collettivo e dialogante di ricostruirci socialmente e politicamente e rappresentarci in modo alternativo all'attuale modello e tutte le sue forme di repressione Più di ogni cosa e' necessaria una rivoluzione tra di noi.  L'utopia che oggi e' una necessità di vita

COLLETTIVO MIR (CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA)


Istruttoria su morte di Allende lancia le prime contraddizioni

 

Santiago del Cile (Prensa Latina) Il Servizio Medico Legale (SML) cileno scoprì contraddizioni legate alla morte dell'ex presidente Salvador Allende, morto nell'assediato Palazzo di La Moneda l’11 settembre 1973. D’accordo con una relazione del SML pubblicata il passato 8 aprile alle autorità giudiziarie, ci sono punti di vista disuguali tra l'autopsia realizzata all'ex mandatario e la relazione a carico delle forze poliziesche che parteciparono al golpe di Stato diretto da Augusto Pinochet (1973-1990) e progettato da Washington.  
La discrepanza è relazionata con la traiettoria del proiettile che causerebbe la morte del leader dell'Unità Popolare, fatto che portò al SML a pronunciarsi anche per l'esumazione del cadavere di Allende, processo annunciato per la seconda quindicina del prossimo maggio.  
Per il giurista cileno Eduardo Contreras risulta midollare che una volta per tutte si risolva con rigore scientifico e certezza giudiziaria se la morte dell'ex presidente è stata un suicidio od un omicidio.  
Qualunque sia la conclusione niente potrà diminuire la dignità dell'ex mandatario nei suoi minuti finali; né niente potrà annullare la responsabilità dei generali traditori che assediarono e bombardarono il Palazzo de La Moneda l’11 settembre 1973, sottolineò Contreras.  
L'ex candidato presidenziale della sinistra cileno Jorge Arrate manifestò che il fatto più importante è che non ci sia impunità con la quale assassinarono o cercarono di assassinare Salvador Allende.


 

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Il governo Bachelet ha portato in Senato un progetto di riforma costituzionale che ingabbia ogni diritto indigeno riconosciuto a livello internazionale

Il governo Bachelet insiste con la riforma costituzionale improntata a limitare i diritti dei popoli indigeni, imbrigliando quanto stabilito dal Convegno 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro e dalla Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni dell'Onu. Anzi, eludendo quanto richiesto dal Relatore delle Nazioni Unite - presto in visita in Cile proprio per discutere della questione - di sospendere la "massima urgenza" nella votazione del progetto di riforma, il ministro Viera Gallo e il Comisionado hanno ribadito che occorre votare subito quello che gli indigeni Mapuche del Cile hanno definito "il lucchetto costituzionale" ai diritti dei popoli indigeni. In breve, il Governo sta tentando di incontrare il Relatore Onu a cose fatte. Ma i nativi non ci stanno.

La sottomissione dei diritti dei popoli indigeni. Il progetto incriminato negherebbe espressamente che i popoli indigeni sono soggetti giuridici. Cominciando dal cancellare ogni diritto delle comunità indios sulle acque che passano nei territori ancestrali, pretende di sottomettere tutto il diritto indigeno, il Convegno 169 e gli altri trattati già appurati, alla Costituzione cilena. Un progetto questo che "violenta gravemente i diritti dei popoli" e che è già stato approvato dalla Comisión de Constitución, Legislación y Justicia y Reglamento del Senato, dopo un dibattito a porte chiuse. E, come se non bastasse, sia il testo che la sua votazione sono caldamente promosse dalla Presidenza della Repubblica.

Manovre giuridiche. Mascherando la manovra con un atto formale di riconoscimento di quei popoli, in realtà il testo definisce la nazione cilena "una, indivisibile e multiculturale", riconoscendo semplicemente la presenza dei popoli in territorio cileno, senza specificarne nessuna rilevanza politica: "Lo Stato riconosce l'esistenza dei popoli indigeni che abitano il loro territorio e il diritto delle sue comunità, organizzazioni, membri...". Vale a dire: degni di diritto non sono direttamente i popoli, bensì solo le comunità e i singoli. Inoltre, anche quanto viene riconosciuto a queste comunità, secondo Vera Millaquén , Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas, (Caoi), è "molto poco".
Nel testo si riconosce alle comunità indigene il diritto a "conservare, rafforzare e sviluppare la propria identità, cultura, lingua, istituzioni e tradizione e a partecipare nella vita economica, sociale, politica e culturale del paese nella forma che stabilisce l'ordinamento nazionale". Punto e basta. Nessun riconoscimento al diritto che i popoli hanno di amministrare secondo la propria legge ancestrale i propri territori. Niente. E in più, la suddetta Commissione del Senato ha approvato la riforma senza rispettare il requisito di "consultare i popoli interessati mediante procedimenti adeguati" e "attraverso le loro istituzioni rappresentative". Requisito imposto dal Convegno 169 della Oit, ratificato dal Cile nel settembre 2008. Anzi, è chiaro che questa riforma ha lo scopo di limitare proprio i dettami del 169, come volevano fare i senatori cileni prima della ratifica, con la fall! ita "dichiarazione interpretativa". L'intenzione, secondo gli indios andini, è anche limitare quanto stabilisce la Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni dell'Onu. "Il governo ha fatto un patto con la Ultra destra per approvare questa riforma costituzionale, un vero e proprio disconoscimento di diritti", ha precisato la Coordinatora.

Calpestati in toto. Dicendo, "la Legge protegge la proprietà sulle terre delle persone e delle comunità indigene e i loro diritti a sfruttarne le acque in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione e dalle leggi" cilene, la riforma violenta, sempre secondo l'analisi della Coordinadora Caoi, i diritti riconosciuti dai trattati internazionali riguardo i territori ancestrali e le fonti di acqua.
Stessa cosa per il diritto consuetudinario dei nativi, calpestato in toto. Il testo afferma: "I popoli indigeni potranno organizzare la loro vita in accordo ai loro costumi, sempre cje questi non contravvengano la Constitución e le leggi" dello Stato cileno.

Senza reali diritti. In sintesi, il governo cileno sta cercando di ingabbiare il diritto indigeno internazionalmente riconosciuto e protetto da convegni e trattati, ai quali lo stesso Cile si è sottomesso. Una situazione che i Mapuche e le organizzazioni indigene della regione andina hanno denunciato con forza agli organismi in difesa dei diritti umani, alla Oit, all'Onu e alla comunità internazionale tutta. Mettendo la dicitura "somma urgenza" sul punto che riguarda gli indios, il governo però vuole anticipare l'arrivo del commissario Onu accogliendolo con la parte contestata già approvata.
"Siamo stati a Valparaíso per parlare con i senatori - ha spiegato Abbiamo convocato la Presidente affinché ritiri il progetto. Abbiamo parlato con gli esponenti della Chiesa Cattolica. Ci siamo rivolti al Relator Onu e abbiamo parlato con chiunque potesse esercitare qualsiasi tipo di influenza. Ma il governo Bachelet continua nel suo irrinunciabile compito di lasciarci senza reali diritti".

 


 

 

LA REGIONE PARTE CIVILE CONTRO IL “CONDOR” DI PINOCHET

 

16 gennaio 2009

La Regione Emilia-Romagna si è costituita parte civile nel processo contro Alfonso Podlech Michaud, l’ex procuratore militare di Temuco accusato di essere stato uno dei più feroci torturatori all’epoca della dittatura di Pinochet in Cile. Podlech, 74 anni, è uno dei 140 indagati per cui la Procura di Roma ha emesso un provvedimento di custodia cautelare per la sparizione di 25 desaparecidos di origine italiana. Implicato nell’inchiesta “Piano Condor” sul sequestro e l’uccisione di cittadini di origine italiana, Podlech, che in patria ha sempre goduto dell’immunità arrivando addirittura a insegnare all’Università Mayor di Temuco, è stato arrestato lo scorso 27 luglio a Madrid, dove aveva fatto scalo diretto a Praga con la moglie e i nipoti. In Spagna, infatti, non vale l’immunità e il giudice Baltasar Garzón ha subito autorizzato la consegna dell’imputato alle autorità italiane, che l’hanno tradotto nel carcere di Rebibbia.
Tra le numerose vittime di Podlech c’era Omar Venturelli, ex sacerdote originario di Verica nel modenese, professore di Pedagogia all’Università di Temuco, scomparso pochi giorni dopo il golpe di Pinochet dell’11 settembre 1973. Giocando d’anticipo sul giudizio del tribunale del Riesame sulla scarcerazione, l’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha adottato una risoluzione, presentata dai gruppi PD e SD, primo firmatario Gianluca Borghi, che impegna la Giunta regionale a costituirsi parte civile a sostegno della famiglia di Omar Venturelli.
A torturare e uccidere il giovane modenese sarebbe stato, secondo l’accusa del pm romano Giancarlo Capaldo, lo stesso Podlech: tesi sostenuta da numerose associazioni di diritti umani cilene e mapuche, essendo stata la popolazione indigena particolarmente colpita dalla rete criminale del Condor. Fresia Cea, vedova di Omar Venturelli, è stata sempre vicino alle sofferenze dei mapuche:   “un popolo – ha detto - che continua a essere brutalmente calpestato: ieri dalla dominazione spagnola, poi da Pinochet, oggi dalle imprese forestali e dai latifondisti”.
Sulla risoluzione della Regione, che nominerà un avvocato per tutelare gli interessi dell’Emilia-Romagna e supportare l’avvocato della parte civile, si è espressa con soddisfazione Maria Paz Venturelli, figlia del desaparecido modenese. “E’ il frutto di molti anni di lavoro fatto insieme alla Regione e, soprattutto, costituisce un segnale politico molto forte”, ha detto. “La Regione – ha aggiunto il consigliere Gianluca Borghi – ritiene un dovere necessario difendere i discendenti di cittadini emiliano-romagnoli che hanno subito la violenza delle dittature sudamericane”. 
Sulla vicenda è intervenuta anche la presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo, Silvia Bartolini. “E’ arrivato finalmente il momento della giustizia – ha detto. A nome delle undici associazioni emiliano-romagnole in Cile, e in particolare di quella di Temuco, ringrazio la Regione per il gesto significativo di proteggere almeno il ricordo dei nostri corregionali che hanno mantenuto alta, all’estero, la bandiera del coraggio e della lotta per libertà e la democrazia”.


Urgente
Moira Millan solicita ayuda

 

A todas las organizaciones sociales  

A los hombres y mujeres del mundo

 

A los que caminan empuñando dignidad  

A los guardianes de la vida

Nuestra wallj mapa sangra

a ambos lados de la cordillera

Los mapuches resistimos

un nuevo intento de extermino

 

     

Furilofche 4 de Enero de 2008

 

Mari mari pu lamguèn ka pu wenuy

(hermanos,hermanas, compañeros)

 

Les escribo indignada, la rabia anuda la garganta, el sol abraza la ciudad de Bariloche y allí mismo en la ciudad mas turística de la patagonia, los mapuches somos reprimidos, encarcelados por hacer visible nuestro dolor y solidaridad con los lamién del gulumapu, que están siendo vilmente asesinados por el estado chileno, aquí el estado argentino al igual que sus pares, levanta su malditas manos sobre nosotros, enfurecidos por atrevernos a levantar la voz en donde solo reina el silencio, por mostrar solidaridad cuando solo se aplaude el individualismo, por asumirnos en un solo pueblo cuando en casi 200 años han querido borrarnos la memoria de la unidad fragmentándonos en estados ajenos, nuestros lamién solo querían acercar un pronunciamiento repudiando el asesinato del lamién Matías Valentin Catrileo y la indiferencia y desprecio de Michel Ballelet frente a los casi 90 días de huelga de hambre de nuestra lamién Patricia Troncoso Robles. La respuesta fue salvaje represión y dos lamién detenidos, que están en este momento en la comisaría federal incomunicados.

 

  

Hay heridos y una de nuestra lamién está encadenada en la puerta del consulado chileno.

  

El verano se tiñe de rojo sangre para nuestro pueblo, de heridas que desangran injusticias, de celdas que cercenan nuestros derechos, de botas policiales pisoteando nuestros reclamos a ambos lados dela cordillera el pueblo mapuche sufre, la avanzada exterminadora del poder, cómo le llamarán ahora los estados: campaña al desierto? Pacificación de la araucanía?

  

La gente de la tierra está en peligro, nuestra lucha es por la vida, es por el resguardo de nuestra mapu, es por las generaciones venideras, es para hacer mas respirable el aire de este mundo, nuestra lucha también es por vos, no nos abandones no nos dejes solo.

  

Les ruego colmen los consulados chilenos, las embajadas, la casa de Rió Negro Bs.As.

  

Boicot al estado chileno bajo la consigna: no visite chile allí están exterminando al pueblo mapuche, ayúdenos a demostrarles que el pueblo mapuche no está solo que las voces y las manos del arco iris del mundo nos abrazan nos sostienen y se alzan en barricadas de voces que griten ya basta!! No mas represión, no mas cárcel, no mas muerte!!

 

Desde la cordillera sur

por territorio justicia y libertad marici weu!!

  

Moira Millán

 

Sent: Friday, January 04, 2008 7:18 PM

Subject: Urgente Moira Millan solicita ayuda

 


 

 

Desde Furilofche-Bariloche hacemos un llamado urgente impregnado de bronca y dolor.

 

En la mañana de hoy un grupo de pu peñi ka pu lamièn nos convocamos en el consulado chileno para entregar personalmente al cónsul un pronunciamiento en repudio por el cruel asesinato perpetrado por el estado chileno contra nuestro hermano Guluche,(Mapuche en chile), el cónsul no solo no recibió el pronunciamiento sino que con las fuerzas represivas federales argentinas arremetió con impunidad y violencia contra los que allí nos encontrábamos.

En este momento hay dos detenidos, hay varios heridos, y no hay garantias jurídicas para nosotros.

Bariloche ha mostrado su rostro nazi, racista, y la sociedad toda no puede mantenerse indiferente, tenemos colectivamente que repudiar estos hechos para que jamás vuelvan a suceder, es por eso que convocamos hoy a las 19hs. en el consulado a una conferencia de prensa,y a una reunión para debatir la derogaciòn de la ley antiterrorista.

Hoy comienzan con nosotros, la indiferencia ayudará a silenciar a todo un pueblo.

Amulepe taiñ weichan!!

Marici wev!! Marici wev!!

Mapuche del Nawel Wapi

 

Contactos y más información: (02944) 1520 - 1201 / 1561 - 0964

 

A todos los "periodistas" que "trabajan" en los "noticieros" de la TV:
 
Renunien todos !!!
dejen de mentir al pueblo

 

info@siporcuba.it

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