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CILE: LOTTA DURA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO
Se il
Cile fosse stato quello sognato da Allende, di certo non sarebbe questo
di oggi. Il paese, gode di una delle economie più floride del
Latinoamerica con un tasso di crescita del PIL del 6,5% nel 2011 e con
un reddito pro capite di oltre 16.000 dollari. Anche la soglia di
povertà è scesa in percentuale all’11% e grazie al prezzo del rame (i
proventi sono interamente dello Stato), il debito pubblico è fortemente
diminuito. Ma al di là delle cifre, il paese paga fortemente la
diseguaglianza sociale e la ricchezza accumulato negli ultimi venti anni
è finita solo nella mani di pochi eletti e, secondo l’OCSE, il Cile
registra la peggiore ridistribuzione del reddito pro capite ed il
sistema di tassazione non riequilibra affatto questa situazione. Il
sistema educativo è considerato dalla classe media , l’unico mezzo di
affermazione sociale ma rappresenta allo stato attuale, la cartina al
tornasole della diseguaglianza. Infatti, il poter frequentare le
università, rappresenta oggi una spesa sempre più crescente per le
famiglie che sono costrette ad indebitarsi per poter mandare i loro
figli a studiare. Si è determinato che circa il 70% degli studenti
universitari, abbia debiti che arrivano a toccare i 30.000 dollari
l’anno. Passaggio obbligato questo dell’indebitamento in quanto
prestiti ed agevolazioni (comunque inquinati da forti interessi) coprono
in media solo quasi la metà delle rette. E se nel 1990 erano solo
200mila gli iscritti alle università, oggi si è giunti a superare il
milione. Da questo assunto si può capire del perché delle lotte degli
studenti medi ed universitari che da oltre un anno, sono esplose con
forza per invocare un cambiamento nei costi dell’istruzione che deve
essere aperta a tutti. Chiedono l’abbattimento delle rette e precisi
investimenti statali a favore dell’educazione secondaria e questo per
ottenere strumenti per migliorare la qualità della vita. Promesse
queste, che da venti anni sono state fatte solo a parole e mai
mantenute. Oggi, il governo di Sebastian Pinera, vede crollata la sua
popolarità al 29% toccando così una delle più basse percentuali nella
storia del Cile. Le agitazioni studentesche rappresentano la presa di
coscienza di giovani che vogliono avere più spazio politico per poter
decidere. Le lotte, inizialmente sottovalutate, sono oggi un punto
fermo di una coscienza di classe e sono state accompagnate da una serie
di scioperi che sono stati fatti da molti settori lavorativi anche
perché il Cile, ufficialmente orfano di qualsiasi dittatura, vive ancora
sotto le regole varate dal fascista Pinochet e non solo: il sistema
formativo è lo stesso dei tempi del dittatore responsabile del golpe che
rovesciò il democratico governo di Salvador Allende. Gli studenti non
sono soli nella loro battaglia: al loro fianco presidi e docenti
reclamano un futuro diverso, senza debiti e con il rispetto del diritto
allo studio in un paese che destina solo lo 0,3% del PIL all’istruzione,
lasciando l’80% dei finanziamenti essere coperti dalle tasse altissime a
carico degli studenti. In questo contesto, lo Stato risponde brutalmente
attraverso carabinieri e polizia che reprimono duramente ogni
manifestazione e che già hanno causato l’assassinio del quattordicenne
Manuel Gutiérrez, ucciso il 26 agosto con un colpo di arma da fuoco al
torace. Ma è la riproposizione di una vecchia storia: Manuel, Alexis,
Carlos, Thomlinson e tanti altri manifestanti uccisi dalla violenza
della polizia e dalla forze dell’ordine solo perché manifestavano il
loro dissenso alla politica neoliberista che colpisce le classi medie e
povere.
Ma pare che tutto questo sia vano dal momento che Pinera, per
riacquistare un po’ di prestigio, modifica le statistiche sulla povertà,
truccandole verso il basso ed ignorando che una precisa inchiesta
giornalistica di controinformazione lo abbia smascherato. Ritornando al
movimento studentesco questo vede in prima linea la Federazione degli
Studenti dell’Università del Cile (la FECH) al cui vertice nel 2010 c’è
stata la ventitreenne militante comunista Camila Vallejo (attualmente
la presidenza è affidata a Gabriel Boric mentre la vicepresidenza sempre
alla Vallejo) la cui presenza non si è solo limitata alla lotta nelle
piazze cilene ma ha anche rappresentato il movimento in una opera di
sensibilizzazione che l’ha vista viaggiare per molti paesi ,
rivitalizzando così l’interesse bolivariano per le istanze che
provengono dal Cile. Va ricordato che nel 2006-07 ci fu un precedente
sempre di lotta studentesca contro il governo della ‘sinistra’ di
Michelle Bachelet che rispose con accenni di negoziazione ma anche con
una dura repressione. Ma in Cile ci sono anche battaglie che non godono
di alcuna visibilità e, magari, non sono condotte da personaggi che
possono ben destreggiarsi sotto ai riflettori di una informazione
globalizzata. Questa è la visione dei compagni del MIR prigionieri in
un carcere di massima sicurezza e ci parla della loro analisi sul loro
paese.
CILE
VIRTUALE - CILE REALE
L'immagine del giaguaro d'America si e' scontrata con due ostacoli: la
realtà politica e la realtà economica. Questi ostacoli non sono
congiunturali : rappresentano la fragilità non solo del " modello cileno
" , ma anche del fallimento annunciato dell'esperimento neoliberista
nelle economie e la sua globalizzazione. Oggi il volto dimagrito di un
fantasma bifronte attraversa lo scenario politico cileno. In questo si
sviluppa ed estende , ben oltre l'ingegneria ed i discorsi, una doppia
crisi strutturale - politica ed economica - , che si esprime nella forma
di una crisi della gestione concertazionista su entrambi i piani. La
transizione pattuita sembra, sotto tutti gli aspetti , più un processo
di "candeggio" della dittatura che il felice ed auspicato cambio
promesso al popolo che ha pagato con il suo sangue il prezzo
dell'esperimento neoliberista in Cile, nel quadro di una istituzionalita'
poliziesca ed escludente. Tale istituzionalità chiamata " democrazia
degli accordi ", è la continuità politica ed economica garante delle
richieste delle imprese multinazionali e dello sfruttamento che la
classe dominante esercita sulla manodopera a buon mercato mercato di
donne e bambini , classificata con l'eufemismo di " economia informale "
, espressione tecnica che significa, nella neolinguistica del potere, il
disprezzo assoluto per la vita e la dignità di coloro che si caricano
sulle proprie spalle il peso degli indici macroeconomici della
crescita. La virtualità della transansizione politica e le sue
contraddizioni intrinseche, risultato della sottomissione alla destra e
al potere militare, che include la rappresentanza parlamentare -
Pinochet incluso -, l'insieme della struttura politico-giuridica e la
mancanza di volontà e capacità di avanzare nel processo di
democratizzazione offerto dalla concertazione nel suo programma ,
costituiscono una realtà politica di lungo respiro, impossibile da
superarsi, neanche nel caso di un nuovo periodo in cui la concertazione
si impegna a prolungare la sua gestione facendo appello demagogicamente
alla sua " vocazione democratica " , oggi più che mai evidenziata
internazionalmente con la vergognosa difesa che fa il governo di uno dei
maggiori genocidi della storia. Le garanzie di stabilità e governabilità
che la destra politica ed economica esige e richiede al governo ,
vengono garantite al prezzo di un maggiore e più profondo isolamento a
questo riguardo della sua base elettorale, ogni volta più ridotta e
scettica. L'impatto immediato della crisi economica e le sue
conseguenze , il prolungamento della situazione creatasi per il giudizio
e la detenzione di Pinochet in Inghilterra , hanno lasciato allo
scoperto non solo la fragilità politica interna della transizione e la
fittizia " riconciliazione nazionale " , ma hanno anche posto in
discussione, in modo evidente , la pretesa del governo di collocarsi
alla testa del blocco di potere. Nell'ambito dei diritti umani, la
politica del governo si e' espressa nella parola d'ordine di " giustizia
nel modo possibile " , lasciando come garanti della istituzionalita' gli
stessi responsabili di migliaia di crimini che rimangono tutt'ora
impuniti , e sviluppando per di più il loro apparato repressivo ,
dotandosi di nuovi strumenti con la scusa della " sicurezza cittadina "
, seminando telecamere nelle città , creando un ufficio di spionaggio
per controllare e pianificare la repressione selettiva e di massa della
società civile e delle organizzazioni, giovanili e politiche che
potevano chiedere e proporre una alternativa di cambiamenti reali. Il
risultato di questa peculiare politica dei diritti umani e di sicurezza
cittadina ha comportato la repressione di studenti e lavoratori , la
repressione e la punizione brutale nei confronti delle organizzazioni
dei "popoli originari". La " giustizia nel modo possibile " non solo ha
sepolto la speranza di giustizia di un popolo punito brutalmente nel
passato recente ( 3193 morti documentati nel rapporto della commissione
nazionale di riparazione, riconciliazione e giustizia o commissione
Rettig ), ma ha anche reso impossibile far luce sui crimini e la
condanna dei responsabili di più di 30 morti per motivi politici per
mano di organismi di polizia negli otto anni di democrazia. Come se
questo non fosse stato sufficiente , la " democrazia cilena " accetta e
promuove la creazione di gruppi paramilitari a carico dei municipi dei
settori più ricchi per proteggere la sicurezza della sua permanenza
prima dell'aumento della delinquenza , che e' il risultato del modello
che condanna più di quattro milioni di persone alla estrema povertà e
all'impossibilita' di un futuro . La realtà che vive il Cile dopo quasi
dieci anni di democrazia , non e' molto distante da quella che patiscono
tutti i popoli del mondo dove si e' imposta la globalizzazione
neoliberista ; la differenza fondamentale e' che si fa al prezzo di un
genocidio che rimane impunito al quale il governo cerca sfacciatamente
di dare legittimità , politica , morale e storica. L'argomentazione "
democratica " in Cile per giustificare la dipendenza, la spoliazione,
l'esclusione e l'impunita' più aberrante ha un obbiettivo strategico :
assicurare la riproduzione politica ed economica del modello e
seppellire sotto un manto di legalità e repressione il diritto alla vita
e alla dignità di coloro che hanno un salario minimo , sotto contratto
di lavoro, impiego precario o semplicemente senza, che già non possono
ne' vogliono continuare come adesso. La risposta del potere e' quella
di sempre , la sua conseguenza e', senza dubbio , esemplare : democrazia
in Cile e' esclusione . Democrazia in Cile e' repressione. Un centinaio
di prigionieri politici in Cile si rendono conto di ciò: l'avvocato
Alberto Espinoza a questo riguardo ha segnalato alla stampa: "Molti di
loro sono veri sopravvissuti. La maggior parte sono figli della
dittatura e furono allevati sotto la repressione... Prima della
giustizia militare sono giudicati dalla legge antiterrorista senza che
esista qualche disposizione che lo permetta. Per una sola condotta sono
giudicati due o più volte... Urge una preoccupazione per questi
prigionieri perché sono stati vittime di un sistema processuale
inquisitivo sotto la Costituzione Politica di Pinochet". Il discorso
ufficiale dentro o fuori dal governo non permette ne' la divergenza ne'
la convenienza plurale; i pehuenches di Ralco e i mapuches di Lumaco li'
sono presenti a dirlo, accerchiati dalle forze di polizia e da bande
armate e pagate dalle imprese forestali. Questa negazione del paese
reale e' la massima espressione della crisi attuale, crisi di senso e
realtà, nella quale il governo cileno, alienando il proprio formale
discorso, non ha dubitato nel chiedere aiuto e beneplacito del potere
dietro il potere. Non sarebbe esatto riferirsi al Cile come a un "co
governo" implicito della Concertazione, delle forze armate, della destra
politica e dell'impresariato nazionale. In questo contesto e davanti
all'imminenza di un acutizzarsi dei conflitti sociali e della campagna
elettorale nella quale si definisce chi amministra e chi usufrutta
l'esercizio formale del potere, il governo cercherà prima del termine
del primo semestre del 1999, una soluzione rapida degli attuali poli di
instabilità, sia livello interno che esterno : situazione dei diritti
umani, caso Pinochet, più una ricomposizione istituzionale che contempli
una redifinizione dei ruoli e delle negoziazioni dei conflitti
all'interno del blocco del potere per affrontare un quadro adeguato e
più favorevole al processo elettorale e frenare così una potenziale
ricomposizione della sinistra in uno scenario di acutizzazione della
crisi economica e politica. Di fronte a queste prospettive, pensiamo che
dal punto di vista strategico si apre uno scenario favorevole al campo
popolare. La principale contraddizione per avanzare in un progetto di
paese possibile per tutti, non si radica solo nell'apparato e il potere
della classe dominante ma di più nell'effetto ideologico del suo sistema
di valori sul popolo: la paura, la distruzione delle identità
collettive, l'internazionalizzazione delle dinamiche di consumo e
l'individualismo che, al passo dei tempi, si convertono nel " senso
comune " , rappresentate a livello simbolico della perdita
dell'autostima degli attori sociali e rendono difficile la costruzione
dell'utopia che da' senso alla vita. C'e' bisogno di sognare , credere e
rappresentarci come popolo un nuovo modo di organizzare la nostra
economia al servizio dell'uomo e della donna ,con pieno rispetto del
nostro ambiente; darci il compito collettivo e dialogante di
ricostruirci socialmente e politicamente e rappresentarci in modo
alternativo all'attuale modello e tutte le sue forme di repressione Più
di ogni cosa e' necessaria una rivoluzione tra di noi. L'utopia che
oggi e' una necessità di vita
COLLETTIVO MIR (CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA)
Istruttoria su morte di Allende lancia
le prime contraddizioni
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Santiago del Cile
(Prensa Latina) Il Servizio Medico Legale (SML) cileno scoprì
contraddizioni legate alla morte dell'ex presidente Salvador
Allende, morto nell'assediato Palazzo di La Moneda l’11 settembre
1973. D’accordo con una relazione del SML pubblicata il passato 8
aprile alle autorità giudiziarie, ci sono punti di vista disuguali
tra l'autopsia realizzata all'ex mandatario e la relazione a carico
delle forze poliziesche che parteciparono al golpe di Stato diretto
da Augusto Pinochet (1973-1990) e progettato da Washington.
La discrepanza è relazionata con la traiettoria del proiettile che
causerebbe la morte del leader dell'Unità Popolare, fatto che portò
al SML a pronunciarsi anche per l'esumazione del cadavere di
Allende, processo annunciato per la seconda quindicina del prossimo
maggio.
Per il giurista cileno Eduardo Contreras risulta midollare che una
volta per tutte si risolva con rigore scientifico e certezza
giudiziaria se la morte dell'ex presidente è stata un suicidio od un
omicidio.
Qualunque sia la conclusione niente potrà diminuire la dignità
dell'ex mandatario nei suoi minuti finali; né niente potrà annullare
la responsabilità dei generali traditori che assediarono e
bombardarono il Palazzo de La Moneda l’11 settembre 1973, sottolineò
Contreras.
L'ex candidato presidenziale della sinistra cileno Jorge Arrate
manifestò che il fatto più importante è che non ci sia impunità con
la quale assassinarono o cercarono di assassinare Salvador Allende.
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LA FOTO
I l
governo Bachelet ha portato in Senato un progetto di riforma
costituzionale che ingabbia ogni diritto indigeno riconosciuto a
livello internazionale
Il governo Bachelet insiste con la riforma
costituzionale improntata a limitare i diritti dei popoli indigeni,
imbrigliando quanto stabilito dal Convegno 169 dell'Organizzazione
internazionale del lavoro e dalla Dichiarazione sui diritti dei popoli
indigeni dell'Onu. Anzi, eludendo quanto richiesto dal
Relatore delle Nazioni Unite - presto in visita in Cile
proprio per discutere della questione - di sospendere la "massima
urgenza" nella votazione del progetto di riforma, il ministro Viera
Gallo e il Comisionado hanno ribadito che occorre votare
subito quello che gli indigeni Mapuche del Cile hanno definito
"il lucchetto costituzionale" ai diritti dei popoli indigeni.
In breve, il Governo sta tentando di incontrare il Relatore Onu a cose
fatte. Ma i nativi non ci stanno.
La sottomissione dei diritti dei popoli
indigeni. Il progetto incriminato negherebbe
espressamente che i popoli indigeni sono soggetti giuridici.
Cominciando dal cancellare ogni diritto delle comunità indios sulle
acque che passano nei territori ancestrali, pretende di sottomettere
tutto il diritto indigeno, il Convegno 169 e gli altri trattati già
appurati, alla Costituzione cilena. Un progetto questo che "violenta
gravemente i diritti dei popoli" e che è già stato approvato dalla
Comisión de Constitución, Legislación y Justicia y Reglamento del
Senato, dopo un dibattito a porte chiuse. E, come se non bastasse, sia
il testo che la sua votazione sono caldamente promosse dalla
Presidenza della Repubblica.
Manovre giuridiche. Mascherando la
manovra con un atto formale di riconoscimento di quei popoli, in
realtà il testo definisce la nazione cilena "una, indivisibile e
multiculturale", riconoscendo semplicemente la presenza dei
popoli in territorio cileno, senza specificarne nessuna rilevanza
politica: "Lo Stato riconosce l'esistenza dei popoli indigeni
che abitano il loro territorio e il diritto delle sue comunità,
organizzazioni, membri...". Vale a dire: degni di diritto non sono
direttamente i popoli, bensì solo le comunità e i singoli. Inoltre,
anche quanto viene riconosciuto a queste comunità, secondo Vera
Millaquén , Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas,
(Caoi), è "molto poco".
Nel testo si riconosce alle comunità indigene il diritto a
"conservare, rafforzare e sviluppare la propria identità, cultura,
lingua, istituzioni e tradizione e a partecipare nella vita economica,
sociale, politica e culturale del paese nella forma che stabilisce
l'ordinamento nazionale". Punto e basta. Nessun riconoscimento
al diritto che i popoli hanno di amministrare secondo la propria legge
ancestrale i propri territori. Niente. E in più, la
suddetta Commissione del Senato ha approvato la riforma senza
rispettare il requisito di "consultare i popoli interessati
mediante procedimenti adeguati" e "attraverso le loro istituzioni
rappresentative". Requisito imposto dal Convegno 169 della Oit,
ratificato dal Cile nel settembre 2008. Anzi, è chiaro che questa
riforma ha lo scopo di limitare proprio i dettami del 169, come
volevano fare i senatori cileni prima della ratifica, con la fall! ita
"dichiarazione interpretativa". L'intenzione, secondo gli indios
andini, è anche limitare quanto stabilisce la Dichiarazione sui
diritti dei popoli indigeni dell'Onu. "Il governo ha fatto un patto
con la Ultra destra per approvare questa riforma costituzionale, un
vero e proprio disconoscimento di diritti", ha precisato la
Coordinatora.
Calpestati in toto. Dicendo, "la
Legge protegge la proprietà sulle terre delle persone e delle comunità
indigene e i loro diritti a sfruttarne le acque in conformità con
quanto stabilito dalla Costituzione e dalle leggi" cilene, la riforma
violenta, sempre secondo l'analisi della Coordinadora Caoi, i diritti
riconosciuti dai trattati internazionali riguardo i territori
ancestrali e le fonti di acqua.
Stessa cosa per il diritto consuetudinario dei nativi, calpestato in
toto. Il testo afferma: "I popoli indigeni potranno organizzare la
loro vita in accordo ai loro costumi, sempre cje questi non
contravvengano la Constitución e le leggi" dello Stato cileno.
Senza reali diritti. In sintesi,
il governo cileno sta cercando di ingabbiare il diritto
indigeno internazionalmente riconosciuto e protetto da convegni e
trattati, ai quali lo stesso Cile si è sottomesso. Una
situazione che i Mapuche e le organizzazioni indigene della regione
andina hanno denunciato con forza agli organismi in difesa dei diritti
umani, alla Oit, all'Onu e alla comunità internazionale tutta.
Mettendo la dicitura "somma urgenza" sul punto che riguarda gli
indios, il governo però vuole anticipare l'arrivo del commissario Onu
accogliendolo con la parte contestata già approvata.
"Siamo stati a Valparaíso per parlare con i senatori - ha spiegato
Abbiamo convocato la Presidente affinché ritiri il progetto. Abbiamo
parlato con gli esponenti della Chiesa Cattolica. Ci siamo rivolti al
Relator Onu e abbiamo parlato con chiunque potesse esercitare
qualsiasi tipo di influenza. Ma il governo Bachelet continua nel suo
irrinunciabile compito di lasciarci senza reali diritti".
LA REGIONE PARTE
CIVILE CONTRO IL “CONDOR” DI PINOCHET
16 gennaio 2009
La Regione Emilia-Romagna
si è costituita parte civile nel processo contro Alfonso Podlech Michaud,
l’ex procuratore militare di Temuco accusato di essere stato uno dei più
feroci torturatori all’epoca della dittatura di Pinochet in Cile.
Podlech, 74 anni, è uno dei 140 indagati per cui
la Procura
di Roma ha emesso un provvedimento di custodia cautelare per la
sparizione di 25 desaparecidos
di origine italiana. Implicato nell’inchiesta “Piano Condor” sul
sequestro e l’uccisione di cittadini di origine italiana, Podlech, che
in patria ha sempre goduto dell’immunità arrivando addirittura a
insegnare all’Università Mayor di Temuco, è stato arrestato lo scorso 27
luglio a Madrid, dove aveva fatto scalo diretto a Praga con la moglie e
i nipoti. In Spagna, infatti, non vale l’immunità e il giudice Baltasar
Garzón ha subito autorizzato la consegna dell’imputato alle autorità
italiane, che l’hanno tradotto nel carcere di Rebibbia.
Tra le numerose vittime di Podlech c’era Omar Venturelli,
ex sacerdote originario di Verica nel modenese, professore di Pedagogia
all’Università di Temuco, scomparso pochi giorni dopo il golpe di
Pinochet dell’11 settembre 1973. Giocando d’anticipo sul giudizio del
tribunale del Riesame sulla scarcerazione, l’Assemblea legislativa della
Regione Emilia-Romagna ha adottato una risoluzione, presentata dai
gruppi PD e SD, primo firmatario Gianluca Borghi, che impegna
la Giunta
regionale a costituirsi parte civile a sostegno della famiglia di Omar
Venturelli.
A torturare e uccidere il giovane modenese sarebbe stato, secondo
l’accusa del pm romano Giancarlo Capaldo, lo stesso Podlech: tesi
sostenuta da numerose associazioni di diritti umani cilene e mapuche,
essendo stata la popolazione indigena particolarmente colpita dalla rete
criminale del Condor. Fresia Cea, vedova di Omar Venturelli, è stata
sempre vicino alle sofferenze dei mapuche: “un popolo – ha
detto - che continua a essere brutalmente calpestato: ieri dalla
dominazione spagnola, poi da Pinochet, oggi dalle imprese forestali e
dai latifondisti”.
Sulla risoluzione della Regione, che nominerà un avvocato per tutelare
gli interessi dell’Emilia-Romagna e supportare l’avvocato della parte
civile, si è espressa con soddisfazione Maria Paz Venturelli, figlia del
desaparecido modenese. “E’ il frutto di molti anni di lavoro fatto
insieme alla Regione e, soprattutto, costituisce un segnale politico
molto forte”, ha detto. “La
Regione – ha aggiunto il consigliere Gianluca Borghi –
ritiene un dovere necessario difendere i discendenti di cittadini
emiliano-romagnoli che hanno subito la violenza delle dittature
sudamericane”.
Sulla vicenda è intervenuta anche la presidente della Consulta degli
emiliano-romagnoli nel mondo, Silvia Bartolini. “E’ arrivato finalmente
il momento della giustizia – ha detto. A nome delle undici associazioni
emiliano-romagnole in Cile, e in particolare di quella di Temuco,
ringrazio
la Regione
per il gesto significativo di proteggere almeno il ricordo dei nostri
corregionali che hanno mantenuto alta, all’estero, la bandiera del
coraggio e della lotta per libertà e la democrazia”.
Urgente
Moira Millan solicita ayuda
A
todas las organizaciones sociales
A los hombres y mujeres del mundo
A
los que caminan empuñando dignidad
A los guardianes de la vida
Nuestra wallj mapa sangra
a ambos lados de la cordillera
un nuevo intento de extermino
Furilofche 4 de
Enero de 2008
Mari mari pu lamguèn
ka pu wenuy
(hermanos,hermanas,
compañeros)
Les escribo
indignada, la rabia anuda la garganta, el sol abraza la ciudad de
Bariloche y allí mismo en la ciudad mas turística de la patagonia,
los mapuches somos reprimidos, encarcelados por hacer visible
nuestro dolor y solidaridad con los lamién del gulumapu, que están
siendo vilmente asesinados por el estado chileno, aquí el estado
argentino al igual que sus pares, levanta su malditas manos sobre
nosotros, enfurecidos por atrevernos a levantar la voz en donde
solo reina el silencio, por mostrar solidaridad cuando solo se
aplaude el individualismo, por asumirnos en un solo pueblo cuando
en casi 200 años han querido borrarnos la memoria de la unidad
fragmentándonos en estados ajenos, nuestros lamién solo querían
acercar un pronunciamiento repudiando el asesinato del lamién
Matías Valentin Catrileo y la indiferencia y desprecio de Michel
Ballelet frente a los casi 90 días de huelga de hambre de nuestra
lamién Patricia Troncoso Robles. La respuesta fue salvaje
represión y dos lamién detenidos, que están en este momento en la
comisaría federal incomunicados.
Hay heridos y una de
nuestra lamién está encadenada en la puerta del consulado chileno.
El verano se tiñe de
rojo sangre para nuestro pueblo, de heridas que desangran
injusticias, de celdas que cercenan nuestros derechos, de botas
policiales pisoteando nuestros reclamos a ambos lados dela
cordillera el pueblo mapuche sufre, la avanzada exterminadora del
poder, cómo le llamarán ahora los estados: campaña al desierto?
Pacificación de la araucanía?
La gente de la
tierra está en peligro, nuestra lucha es por la vida, es por el
resguardo de nuestra mapu, es por las generaciones venideras, es
para hacer mas respirable el aire de este mundo, nuestra lucha
también es por vos, no nos abandones no nos dejes solo.
Les ruego colmen los
consulados chilenos, las embajadas, la casa de Rió Negro Bs.As.
Boicot al estado
chileno bajo la consigna: no visite chile allí están exterminando
al pueblo mapuche, ayúdenos a demostrarles que el pueblo mapuche
no está solo que las voces y las manos del arco iris del mundo nos
abrazan nos sostienen y se alzan en barricadas de voces que griten
ya basta!! No mas represión, no mas cárcel, no mas muerte!!
por territorio justicia y libertad marici weu!!
Sent: Friday, January 04, 2008 7:18 PM
Subject: Urgente Moira Millan solicita
ayuda
Desde Furilofche-Bariloche hacemos un llamado urgente
impregnado de bronca y dolor.
En la mañana de hoy un grupo de pu peñi ka pu lamièn
nos convocamos en el consulado chileno para entregar personalmente
al cónsul un pronunciamiento en repudio por el cruel asesinato
perpetrado por el estado chileno contra nuestro hermano Guluche,(Mapuche
en chile), el cónsul no solo no recibió el pronunciamiento sino que
con las fuerzas represivas federales argentinas arremetió con
impunidad y violencia contra los que allí nos encontrábamos.
En este momento hay dos detenidos, hay varios heridos, y no hay
garantias jurídicas para nosotros.
Bariloche ha mostrado su rostro nazi, racista, y la sociedad toda no
puede mantenerse indiferente, tenemos colectivamente que repudiar
estos hechos para que jamás vuelvan a suceder, es por eso que
convocamos hoy a las 19hs. en el consulado a una conferencia de
prensa,y a una reunión para debatir la derogaciòn de la ley
antiterrorista.
Hoy comienzan con nosotros, la indiferencia ayudará a silenciar a
todo un pueblo.
Amulepe taiñ weichan!!
Marici wev!! Marici wev!!
Mapuche del Nawel Wapi
Contactos y más información:
(02944) 1520 - 1201 / 1561 - 0964
A todos los "periodistas" que "trabajan" en los "noticieros"
de la TV:
Renunien todos !!!
dejen de mentir al pueblo
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